venerdì 30 ottobre 2009

La Champions League ancora di salvezza per il Liverpool (e le sue casse societarie)

È ancora troppo presto per dire se la vittoria in Premier contro il Manchester United sia l’inizio della riscossa dei Reds, oppure solo un raro momento felice di una stagione opaca. È ovvio che i margini di miglioramento ci sono, non fosse altro perché a breve dovrebbero poter dare il loro apporto con continuità giocatori del calibro di Steven Gerrard e Alberto Aquilani, la cui prolungata assenza dai campi di gioco ha indotto i media britannici a dubitare dell’effettiva bontà dell’acquisto da parte di Rafa Benitez. Ma ancora tante sono le nubi che si addensano all’orizzonte.

Come ha spiegato il tecnico spagnolo nella conferenza stampa che ha fatto seguito al match contro il Lione, in Champions League serve un miracolo analogo a quello del 2007-08, quando il Liverpool strappò la qualificazione agli ottavi vincendo le ultime tre partite del girone. Già un pareggio alla Gerland potrebbe significare la fine dei sogni europei e un brutto colpo per le casse societarie. La scorsa stagione il passaggio alla fase a eliminazione diretta fruttò al club una cifra intorno ai nove milioni di euro, destinata a salire successivamente con l’approdo ai quarti di finale. Quest’anno l’importo potrebbe essere più cospicuo. Il calcolo è particolarmente complicato da fare, come spiegava di recente sul Guardian da David Conn, esperto di finanza e football, dal momento che si basa sul numero di squadre di un Paese che si qualificano, però l’aumento dei diritti televisivi dovrebbe incidere in positivo sul bilancio delle 16 squadre che usciranno dai gironi di Champions League.

Insomma, un bel tarlo per il duo americano Hicks & Gillett, proprietari sempre sull’orlo di una crisi di nervi e, pare, con la valigia pronta. Di recente si sono sprecate le voci di una possibile cessione delle quote da parte di George Gillett, che dovrebbe essere sostituito dal solito arabo di turno, il principe saudita Faisal bin Fahad bin Abdulla. Ma per il momento non c’è nulla di concreto.

Dopo una luna di miele durata pochissimo, i tifosi dei Reds hanno a dir poco osteggiato i proprietari americani, ritenuti nella definizione più carina “poco addentro allo spirito Scouser”. Nel match di Champions League contro il Lione, la Kop ha esposto uno striscione che senza troppi mezzi termini apostrofava la coppia Tom & George come “bugiardi”. Il riferimento è non solo al continuo “vendo-non vendo”, ma anche alla grossa questione del debito societario e al contrastato rapporto con Rafa Benitez, un idolo assoluto della Kop.

I kopites hanno inscenato pure una marcia di protesta nelle ore che hanno preceduto il big match con lo United. Si sono contate non meno di 5mila presenze. La manifestazione è stata del tutto pacifica e si è conclusa davanti al pub The Albert, a due passi dalla Kop.

Già, la storica end culla del tifo dei Reds. Fino a qualche mese fa si parlava della nuova Kop, quella da quasi 20mila posti che sarebbe sorta nel nuovo impianto più grande e più moderno da costruirsi non lontano da quello attuale. Un gioiello da quasi 500 milioni di euro che per ora rimane in naftalina. La proprietà attuale non ha i soldi per costruirlo. Anzi, la scorsa estate a stento è riuscita a rinegoziare con la Royal Bank of Scotland un debito superiore ai 300 milioni, in buona parte dovuto ai costi di acquisto del club stesso. Ovvero la stessa procedura adottata dalla famiglia Glazer a Manchester: mi compro la società, che però poi paga i debiti che io ho contratto per l’operazione…

Gli addetti ai lavori d’oltre Manica non escludono che proprio lo stadio sia il nodo gordiano di tutta la storia. Si dice che quando lo sceicco Al Mansour abbia chiesto ai suoi consulenti quale club gli convenisse rilevare in Premier, gli fosse stato consigliato il Mancheser City perché non c’era bisogno di costruire un nuovo impianto, c’era già. I tanti soldi a disposizione si potevano investire subito sui giocatori per tentare un immediato successo. Al Liverpool l’Anfield Road, con i suoi 44mila posti, sta stretto.

Il Manchester United può contare su un’arena con una capienza maggiore di quasi 40mila unità, l’Arsenal e il Chelsea non hanno impianti enormemente più grandi (sebbene i Gunners abbiano fatto un bel passo in avanti con il nuovo Emirates), ma si possono permettere di vendere i biglietti a cifre che a Liverpool, città proletaria per definizione, non prendono nemmeno in considerazione. Non a caso nell’ultimo anno gli introiti dei Red Devils sono stati superiori di 100 milioni a quelli dei Reds e anche le due londinesi hanno incassato molto di più. Con Manchester City, Tottenham e Aston Villa che spingono per entrare nell’elite del calcio inglese e l’incubo di un possibile flop sportivo (e finanziario) in Champions League, al Liverpool non rimane che affidarsi alla passione e all’attaccamento ai colori dei tifosi. Loro saranno sempre lì, chiunque sia il nuovo padrone e qualunque siano le se sue intenzioni.

Scritto per Goal.com

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