giovedì 29 marzo 2012

Correggo l'errore

Giustamente un lettore mi ha fatto notare che nell'ultimo pezzo ho dato del terzino desto, e non sinistro, a Gibbs. Chiedo venia, ogni tanto un abbaglio capita, anche se non dovrebbe. Scrivere i pezzi la sera tardi non aiuta di certo a evitare le topiche.

lunedì 26 marzo 2012

ll Punto sulla Premier – Il Manchester United prova la fuga

City bloccato a Stoke, Red Devils di misura sul Fulham. Il vantaggio dei ragazzi di Ferguson sale a tre punti.
Anche l'Arsenal allunga sul Tottenham, che impatta allo Stamford Bridge. In attesa della ricostruzione estiva, il Chelsea appare ormai destinato a dire addio alla Champions League per il 2012-13.

COS'E' SUCCESSO – Confortato dalle notizie sui sensibili miglioramenti dello stato di salute di Fabrice Muamba, il mondo del calcio inglese si rituffa nel piacevole tran tran della Premier, ormai a ridosso della stretta finale. Dopo la brillante rimonta casalinga contro il Chelsea in infrasettimanale, al Manchester City non riesce l'impresa anche al Britannia Stadium di Stoke. Il siluro da 35 metri di Yaya Tourè basta solo per impattare la prodezza balistica di Peter Crouch. Il Manchester United domina ben al di là dell'1-0 con cui regola un Fulham che forse può recriminare per un possibile fallo da rigore su Danny Murphy nei minuti finali del match dell'Old Trafford. Il Tottenham non ce la fa a vincere in casa del Chelsea per la prima volta in 22 anni, sebbene abbia meritato i tre punti più dei Blues, apparsi meno brillanti delle prime uscite con Roberto Di Matteo in panchina. Ora gli Spurs sono distanziati di tre punti dall’Arsenal, che in casa ha vita facilissima contro un Aston Villa che definire mediocre è un sottile eufemismo. Il Chelsea invece si fa raggiungere dal Newcastle, dilagante nel primo tempo al The Hawthorns di West Bromwich. Mezzo terremoto in coda, con il Wigan dalle mille vite che si impone a un Liverpool svagato e il Bolton che offre una prova di immenso orgoglio sconfiggendo il Blackburn. Niente da fare per Wolverhampton e QPR. Con Norwich e Sunderland rimediano rispettivamente la diciassettesima e diciottesima sconfitta in Premier. I Wolves, in particolare, sono al quarto ko di fila.

IL TOP – La squadra, il manager Owen Coyle e tutti i tifosi accorsi in massa allo stadio, un plauso va a tutto l'ambiente del Bolton, capace di metabolizzare al meglio quanto accaduto nella drammatica serata di White Hart Lane e dare il meglio nel fondamentale scontro diretto per non retrocedere contro il Blackburn. Una vittoria di platino, che i Trotters si sono meritati per mille motivi, non ultima la buona prestazione mostrata al Reebok Stadium.

IL FLOP – E' vero, nelle cinque partite disputate fin qui ha segnato tre goal, però Djibril Cissé ha pure pensato bene di farsi affibbiare ben due cartellini rossi. Una media che di certo non avrà apprezzato il suo allenatore, Mark Hughes, che adesso lo perderà per altre sfide decisive per la sopravvivenza in Premier. D'altronde le doti tecniche del francese non sono mai state messe in discussione, il carattere sì, e anche tanto.

LA SORPRESA – In settimana Steven Gerrard aveva provato a spronare il Liverpool alla rincorsa al quarto posto. Ma l'impegno – o presunto tale – dei Reds non è bastato, il Wigan ha trionfato per la prima volta nella sua storia ad Anfield Road, infliggendo la quarta sconfitta su cinque gare in campionato a un Liverpool che adesso farebbe meglio a concentrarsi solo sulla FA Cup. Per la Champions League ripassare la stagione prossima.

TOH CHI SI RIVEDE – L’anno scorso una sua marcatura aveva deciso la finale di FA Cup contro lo Stoke, riportando un trofeo nella bacheca del Manchester City dopo 35 anni. Nel rematch del fine settimana appena trascorso Yaya Touré ha di nuovo trafitto la retroguardia dei Potters, realizzando il primo goal dal 3 gennaio – sebbene questa volta la sua prodezza non sia bastata a garantire il successo ai Light Blues.

LA CHICCA – Harry Redknapp è convinto che sostenere che la sua possibile nomina a manager dell'Inghilterra sia la causa del cattivo rendimento del Tottenham negli ultimi tempi costituisca una immensa stupidaggine. Sarà, però gli Spurs nelle ultime cinque partite in Premier hanno raccolto due pareggi e tre sconfitte, mentre in precedenza nel 2012 avevano una media superiore ai due punti a partita...

CONSIGLI PER GLI ACQUISTI – Kieran Gibbs si sta ritagliando uno spazio importante nell'Arsenal in piena resurrezione di questi tempi. Terzino sinistro con buone attitudini offensive – come piace ad Arsene Wenger – nell'attuale stagione è riuscito a segnare i primi goal in maglia biancorossa – in coppa di Lega contro lo Shrewsbury e soprattutto sabato la rete d'apertura nel delicato incontro con l'Aston Villa. Non è un caso che per lui si siano già aperte le porte della nazionale.

domenica 25 marzo 2012

A proposito di Rangers v Celtic

Per chi ha dimestichezza con l'accento di Glasgow e vuole provare a saperne di più sull'Old Firm consiglio questo documentario: http://www.vice.com/en_uk/rivals/rangers-celtic-full-length

Lezione sul modello inglese

Copio e incollo dal blog Mister Football che l'amico Roberto Gotta ha sul Guerin Sportivo. Chapeau a Roberto, come al solito...

Riferiscono di critiche e lamentele italiane, anche dei media, per la presunta inciviltà vista e subita a Stamford Bridge per Chelsea-Napoli. Non c’eravamo, l’abbiamo vista dal divano di casa, ma abbiamo sufficiente esperienza di Stamford Bridge e dei metodi per poter chiarire, senza scendere nello specifico di ciò che, appunto, abbiamo visto, e giusto giusto tre giorni fa siamo andati a Spurs-Stoke City per darci un’altra rinfrescata.

Primo punto. Ci siamo sempre rotolati dalle risate ad ogni invocazione in Italia del cosiddetto modello inglese, perché tale è definito solo in Italia, non certo lassù. È un insieme di norme, comprese agevolazioni ed elargizioni economiche governative: messe assieme, hanno creato una sorta di pace sociale e di progresso che hanno ripulito gli stadi dalla teppaglia che si era sparsa per almeno un ventennio e che però – questo non va MAI dimenticato, e Mister Football lo rivendica orgogliosamente avendolo sperimentato di persona – non aveva offuscato la naturale tendenza del tifoso inglese alla bonomia e allo scherno, più che alla violenza. Stadi nuovi o rifatti, posti tutti a sedere, il cruciale e obbligatorio servizio di telecamere a circuito chiuso con leggi (flagranza differita, ad esempio) che progressivamente hanno reso difficile e pericolosa l’attività teppistica nel recinto degli stadi che, lo ricordiamo, sono per la grandissima maggioranza di proprietà privata, ovvero dei club. E che è dunque sempre stato loro interesse tenere puliti da gentaglia, anche perché nel Regno Unito la forza pubblica in uno spazio privato va pagata, non viene sfruttata gratis come da noi da società che quindi possono in teoria anche fregarsene di tenere sotto controllo la folla. Un controllo che viene applicato anche da entità commerciali contigue: abbiamo letto di tifosi cui è stato rifiutato l’ingresso in locali pubblici, ma è noto – non però a chi vive pensando di applicare agli altri le proprie regole – che nel giorno della partita ci sono pub che portano evidenti le scritte “home fans only” (ingresso consentito solo ai tifosi di casa) oppure “no football colours” (vietato l’ingresso se si hanno indosso capi di abbigliamento che indichino la propria preferenza calcistica). In entrambi i casi i gestori vogliono chiaramente evitare grane, evitare che vengano a contatto i tifosi dei due club e si ripetano scene che si spera appartengano ormai ad un passato lontano. Certo, chi non ha idea di cosa vogliano dire quei cartelli e si vede respingere da un buttafuori protesta, ma ha torto marcio, e non escludiamo che sia andata così quel mercoledì a Stamford Bridge e dintorni.

Secondo punto. Si sono sentite lamentele per una certa agitazione del pubblico della tribuna bassa, dalla medesima parte delle telecamere nelle riprese tv, verso gli inviati. Pur ribadendo che non eravamo lì, abbiamo due punti fermi. Il primo, è che il club italiano medio viene seguito in Europa da un cospicuo numero di inviati tra cui però, specialmente nei casi di squadre non avvezze a tali trasferte, ci sono sempre infiltrati che con il mestiere del giornalista poco hanno a che fare. Anni fa un cronista nostro conoscente andò ad Arsenal-Roma ad Highbury e ci disse testuale che “in tribuna stampa c’erano tantissimi tifosi che si erano fatti accreditare come inviati di testate locali”, magari – solo ipotesi – con il consenso del club come accade nelle competizioni europee, dove le squadre di casa, non conoscendo importanza e classificazione professionale di chi chiede l’accredito, spesso consultano quelle ospiti sui nomi da autorizzare al pass, e crediamo che sia poco sorprendente sapere che ci possono essere stati aumma-aumma. In Inghilterra e in genere nel mondo anglosassone la regola del “no cheering in the press box”, ovvero niente tifo in tribuna stampa, viene osservata al cento per cento, con pochissime eccezioni. E allora è facile che se tra gli inviati non propriamente regolari (e ahimé anche tra quelli regolari: al gol di Fabio Grosso contro la Germania ai Mondiali 2006 un alto numero di inviati ancora un po’ era in piedi sulla sedia) qualcuno si sia lasciato andare ad esultanza al gol di Gokhan Inler i tifosi nei pressi non abbiano gradito. Tifosi, va detto per esperienza personale, non sempre tranquilli, e tra l’altro appartenenti alla vigliacchissima razza, molto diffusa anche da noi specialmente nei settori più costosi, di quelli che fanno gestacci alla curva avversaria ben sapendo che tra sé e i rivali ci sono almeno 20 metri di distanza.

Terzo punto. Non c’è nemmeno bisogno di essere finti-cronisti per rischiare grosso se si esulta. Il regolamento della maggioranza dei club inglesi dice che ai tifosi ospiti è proibito acquistare biglietti per settori a loro non riservati. Vietato, punto e basta. Chi viola la norma, chi venga sorpreso ad esultare, rischia la cacciata immediata dallo stadio. Abbiamo visto con i nostri occhi questa scena ad Highbury nel gennaio del 2006: Arsenal-West Ham, se non andiamo errati 1-3, al primo gol degli Hammers un signore, tra l’altro molto ben vestito, accenna ad un’esultanza, solo che è seduto nel settore basso della North Bank, la “curva” dell’Arsenal, e presto altri occupanti di seggiolini vicini cominciano a protestare fino a che il signore stesso, con molta tranquillità, non viene fatto alzare e accompagnato fuori dagli steward. Dunque il sottile elogio dei tanti tifosi del Napoli venuti in possesso di biglietti per altri settori e “travestitisi” da supporters del Chelsea, udito in tv, altro non è che l’ennesima dimostrazione che la mentalità italiana strizza l’occhio a chi viola le regole, se è “simpatico”.

Quarto punto. Non è permesso in Inghilterra comprare biglietti da fonti non autorizzate. E le uniche autorizzate sono i club. Nel 1995 entrò in vigore una norma che rendeva illegale la compravendita di biglietti per manifestazioni sportive anche se la transazione avviene ad un prezzo inferiore a quello ufficiale. In teoria dunque un passaggio di un tagliando tra due fratelli, anche al 50% del costo del biglietto, sarebbe illegale, il che porta alla medesima domanda di quando si seppe di quella vecchia norma che nello stato americano della Georgia vietava un certo tipo di rapporto sessuale tra coniugi, ovvero “ma chi va a controllare?”. Tra due fratelli seduti a tavola è un po’ difficile, ma in ambito pubblico i controlli ci sono: e non per nulla da alcuni anni i club più evoluti hanno istituito un servizio interno di rivendita biglietti da parte di tifosi che non siano in grado di andare allo stadio e vogliano cedere il loro biglietto ad altri. Una sorta di bagarinaggio autorizzato, per mantenere il giro di tagliandi in un ambito civile. Pratica favorita dall’istituzione, ormai da tanti anni, dell’ingresso mediante tesserina ricaricabile: in pratica una sorta di carta di credito che contiene i dati di chi la possiede ma soprattutto il “biglietto” virtuale alle partite acquistate. Chi è “member” del Tottenham, ad esempio, riceve una tesserina e può farvi caricare sopra l’ingresso alle partite che acquista (tutte, in caso di abbonamento, che sostituisce l’antico metodo del librettino con singoli tagliandi da staccare): facile capire che in questo modo, assente un biglietto cartaceo, non sia nemmeno possibile la pratica del bagarinaggio, perché l’eventuale bagarino dovrebbe farsi poi ridare dall’acquirente la tesserina per poterla poi usare in altre occasioni. Ovvio che per ogni gara ci siano comunque tantissimi biglietti cartacei in vendita (sui quali compaiono i nomi degli acquirenti, ma non viene mai controllato se l’identità di chi entra coincide con il nome sul biglietto), ma bisogna fare attenzione e le regole vietano ESPLICITAMENTE l’acquisto di essi al di fuori del circuito autorizzato. Il tifoso-turista che si rechi con fare cospiratorio in quei chioschi nel centro di Londra che vendono biglietti per il teatro ma portano pure una sibillina scritta “football information” rischia molto. Perché il gestore potrà anche allungarti sottobanco il biglietto per QPR-Liverpool cedutogli al nero da qualcuno, ma se per caso il club ha nel proprio database come “sospetto” proprio quel numero di serie, tu all’ingresso corri il pericolo della confisca. Anni fa un signore italiano scrisse una lettera a un quotidiano, che per ovvia ignoranza della situazione la pubblicò dandole pure enfasi, protestando per il trattamento ricevuto dal Chelsea, dove gli avevano fatto storie per un biglietto che aveva regolarmente pagato. Il tizio, che a giudicare da alcuni elementi della lettera rappresentava al meglio (cioé peggio) la tipologia di turista italiano assai poco pratico delle lingue e delle consuetudini straniere e convinto che si possano applicare le norme nostrane, se l’era presa e aveva montato un casino tale che per metterlo buono il Chelsea gli aveva dato un rimborso o un biglietto per un altro settore (non ricordiamo), ma quel che era palese dalla lettera era che il biglietto in realtà era stato acquistato proprio da un rivenditore illegale e dunque il turista-tifoso aveva torto marcio, solo che ignorava – come il quotidiano che aveva pubblicato la sua protesta – quali fossero le procedure inglesi. Che è poi il sospetto che abbiamo avuto ascoltando alcune delle lamentele post Chelsea-Napoli, anche da parte degli inviati.

Il che porta ad una conclusione, amara: non è da escludere che quelli che hanno protestato siano i medesimi che invocano l’importazione del modello inglese in Italia. Purché non venga applicato a loro stessi…

giovedì 22 marzo 2012

Diritti TV Premier, arrivano Google e Apple?

Mio articolo uscito oggi sull'Unità.

Manca ancora un anno alla rinegoziazione dei diritti Tv della Premier League inglese, ma le grandi manovre sembrano già iniziate. Il predominio di Sky è sotto assedio, almeno a dar retta alle voci provenienti da oltre Manica che vorrebbero addirittura Apple e Google interessate al business del football in tv. Per il momento non c'è nulla di ufficiale, ma sia il Guardian che il Daily Mail nelle settimane passate hanno riportato l'intenzione dell'azienda di Cupertino di aumentare le vendite della Apple TV e dell'Ipad tramite la trasmissione dei match della massima divisione inglese. La compagnia fondata da Steve Jobs non ha mai puntato forte sullo strumento televisivo e per invertire questa tendenza, almeno sul mercato britannico, sembrerebbe volersi affidare a eventi live di grande richiamo come il football.

Google ha acquistato i diritti della Premier League di cricket indiana da mandare su You Tube, le sue app hanno invaso gli sport americani e in Inghilterra ci sono squadre di alto profilo come il Manchester City che sempre su you Tube hanno un canale molto ben organizzato e ricco di contenuti. L'idea di guardare una partita su internet, poi, non costituisce più una novità. Lo era nel 2009, quando l'ininfluente sfida per le qualificazioni ai Mondiali sudafricani tra la nazionale dei Tre Leoni e l'Ucraina i sudditi della regina la poterono seguire – a pagamento – dai computer di casa e non in televisione. Ma quando nei primi mesi dell'attuale stagione è arrivata la notizia che l'incontro del turno preliminare di FA Cup tra Ascot United e Wembley sarebbe andato in streaming sulla pagina Facebook di una nota birra statunitense, nessuno ci ha fatto troppo caso.

Avviso ai naviganti: i diritti della Premier costano molto cari. Quelli relativi al periodo 2010-13 sono stati venduti alla ragguardevole cifra di 1,7 miliardi di sterline (in euro fanno poco più di due miliardi). A differenza di quanto accade da noi, si possono trasmettere in diretta solo gli anticipi e i posticipi, non gli incontri del sabato pomeriggio – uno dei motivi per cui gli stadi inglesi sono sempre affollati. Su un totale di 138 partite l'anno, 115 vanno sono un'esclusiva di Sky, 23 spettano alla ESPN (di proprietà della Disney), che dopo essere subentrata all'irlandese Setanta quando quest'ultima dichiarò bancarotta nel 2009, ha poi deciso di continuare a partecipare al gran ballo della Premier. Però la ESPN ha fatto sapere di non essere disposta a fare follie qualora le due compagnie Hi Tech e soprattutto Al Jazeera – soggetto più “istituzionale” anch'esso già apparso all'orizzonte – dovessero fare sul serio.

Insomma, in vista della prossima asta di ipotesi e di nomi se ne fanno parecchi. Perso il monopolio nel 2007-08 a seguito di un pronunciamento dell'Unione europea, ora la tv satellitare di Rupert Murdoch rischia di ricoprire un ruolo secondario nel campionato di calcio che dal 1992, anno di fondazione della Premier, ha contribuito a valorizzare ma che senza il quale non avrebbe potuto costruire una buona fetta delle sue fortune. Prima del fatidico 1992, infatti, Sky perdeva 10 milioni di sterline a settimana. La soluzione si chiamava football. La prima asta se l'aggiudicò grazie a un offerta finale di 304 milioni di sterline, una cinquantina in più di quelli messi sul piatto dalla ITV, la televisione privata che, forte dell’appoggio dei grandi club come Liverpool, Arsenal e Manchester United, aveva provato a opporsi al gruppo di Murdoch, e che in precedenza deteneva i diritti televisivi.

Sky poteva contare sull’appoggio dei club minori, guidati dall’allora ancora “povero” Chelsea, e dal Tottenham di Alan Sugar, in ottimi rapporti con il miliardario australiano e fornitore tramite la sua società (l’Amstrad) dei sistemi per la piattaforma digitale. Una figura molto discussa, quella di Sugar. Oltre a rompere il fronte delle Big, il nostro favorì Sky con una soffiata sulle cifre offerte dalla ITV, in barba all’etica e al conflitto di interessi (ammettendo però le sue colpe in un secondo momento). Ma Sugar fece anche di più. Il suo voto – ovviamente decisivo – contribuì ad assegnare i diritti televisivi all’amico Murdoch. Uno che, a giudicare anche dagli ultimi scandali che lo vedono coinvolto, non si è mai fatto scrupoli nell'utilizzo di metodi poco ortodossi. Chissà che cosa si inventerà questa volta per non lasciarsi sfuggire la sua “amata” Premier.

mercoledì 21 marzo 2012

martedì 20 marzo 2012

Leeds v Nottingham Forest 3-7

Che risultato! Chissà come se la starà ridendo Brian Clough da lassù! Adesso le speranze del Leeds di accedere ai play offs sono veramente ridotte al lumicino, in una Championship dove il Southampton è ormai a un passo dalla promozione e il West Ham sembra in evidente debito d'ossigeno.
P.S. all'Elland Road è stata la grande serata di Garath McCleary, che ne ha fatti ben quattro.

domenica 18 marzo 2012

Omaggio allo Swansea

Scritto per il numero scorso di Calcio 2000.

La nazionale in forte ripresa grazie a giovani promettenti e un fenomeno come Gareth Bale, lo Swansea City promosso in Premier League, il Cardiff City tra le squadre più forti del campionato di Championship. Aggiungiamoci che la storica compagine del Wrexham grazie al decisivo contributo dei suoi tifosi si è finalmente scrollata di dosso annose difficoltà finanziarie e sta provando a risalire la china, e avremo un quadro quasi idilliaco del calcio gallese. Purtroppo, però, alla fine del 2011 un'ombra pesantissima si è posata sull'intero movimento: l'improvvisa morte del tecnico della nazionale Gary Speed.

Uno shock profondo per una popolazione fiera delle sue tradizioni e della sua complicatissima lingua, che vive di rugby ma per il momento si gode il successo delle squadre di calcio di punta e ricorda con affetto quel grande uomo di calcio che era Speed.

Chiariamolo subito, da sempre i top team gallesi sono “ospiti” dei campionati professionistici inglesi. Da una ventina d'anni c'è una Premier gallese, ma è composta da squadre semi-dilettantistiche e l'attenzione del grande pubblico è rivolta altrove.

Negli anni Venti il Cardiff è stato addirittura una potenza del calcio britannico tout court. I Bluebirds hanno figurato a lungo in First Division, rischiando di vincerla nel 1924, quando si classificarono secondi per un soffio. Persero il titolo per una media goal di 0,024 inferiore all’Huddersfield Town (allenato dal grande Herbert Chapman) solo perché all'ultima giornata il centravanti Len Davies sbagliò un rigore nel match poi terminato 0-0 con il Birmingham City. Il risultato che ha fatto epoca è senza dubbio il successo nella finale di FA Cup del 1927 (passata alla storia anche per essere stata la prima trasmessa per radio dalla BBC). L'eroe di giornata fu lo scozzese Hugh Ferguson, per la verità aiutato da una gigantesca papera del portiere dei Gunners Dan Lewis, il quale, nemmeno a farlo apposta, era gallese! La colpa del misfatto fu addossata alla maglia “troppo nuova” di Lewis, che avrebbe contribuito a far schizzare via il pallone, e non ovviamente alle sue origini. Sia come sia, mai una squadra non inglese aveva vinto la competizione più antica del mondo del calcio. Il Cardiff aveva già sfiorato il prestigioso trofeo nel 1925 (sconfitta di misura 1-0 per mano dello Sheffield United) ed è andato vicino al bis una manciata di anni fa, quando nel 2008 una zampata maligna di Nwanku Kanu del Portsmouth ha spento i sogni dei 40mila supporter biancoblu accorsi fino a Wembley. Quello è stato il primo segnale di riscatto del football dei dragoni, reduce da anni grami, infarciti solo di delusioni. Il Cardiff ha sfiorato a più riprese il salto in Premier (clamoroso il 4-3 subito dal Blackpool nella finale dei play offs del 2010) e ha continuato a brillare nelle coppe (come dimostra la bella cavalcata nell'edizione attuale di Carling Cup).

Tuttavia la vera sorpresa è rappresentata dallo Swansea. In pochi si sarebbero immaginati che i Jacks l'anno scorso avrebbero raggiunto e poi dominato l'atto conclusivo dei play offs contro il Reading salendo così in Premier. Merito dell'ottimo lavoro svolto dal nord-irlandese Brendan Rodgers, che ha aggiunto un pizzico di grinta e concretezza tutta britannica all'ottimo impianto di gioco prettamente latino messo su da Paulo Sousa e prima di lui da Roberto Rodriguez (ora manager del Wigan dei miracoli) tra il 2007 e il 2010. Al Liberty Stadium, il moderno impianto che ha sostituito il vetusto Vetch Field dopo 93 anni di onorato servizio, sono abituati a vedere la squadra fare tanto possesso palla, a eleganti triangolazioni e a un numero risibile – soprattutto per un team d'oltre Manica – di palle lunghe. Insomma una sorta di Barcellona in sedicesimo, anche perché la compagine bianconera non difetta certo di gente con i piedi buoni come Joe Allen, George Graham, Nathan Dyer e Scott Sinclair. Quest’ultimo, prodotto del vivaio del Chelsea forse lasciato partire troppo presto dallo Stamford Bridge, è stato l’eroe dello storico match con il Reading, al quale ha rifilato una fantastica tripletta.

Dopo il traumatico esordio a Eastlands contro il Manchester City di uno scoppiettante Kun Aguero, lo Swansea ha iniziato a macinare punti, offrendo prestazioni di ottimo livello soprattutto in casa, dove il tutto esaurito è garantito e la passione incontenibile. La prima squadra gallese a farsi onore in Premier è stata anche l'ultima a competere nella vecchia First Division, dopo la retrocessione del Cardiff nel 1961.

Era l'ormai lontano 1981. In Galles le miniere chiudevano una dopo l'altra e la crisi economica lasciava voragini nel tessuto sociale del Paese, ma incredibilmente i piccoli Swans inanellavano la terza promozione in soli quattro anni. Sì, avete capito bene, nel 1978 i bianconeri se la vedevano ancora con squadre nel calibro del Torquay United o dell'Halifax Town nella quarta serie del football inglese. Dopo decenni passati in Second Division e varie capatine nelle divisioni inferiori, i in quel fatidico 1981-82 i Jacks ruppero il ghiaccio con la massima categoria umiliando per 5-1 il Leeds, che non era più una potenza come lo squadrone messo su da Don Revie negli anni Settanta, ma costituiva pur sempre un bello scalpo da mettere nel carniere. Sulla panchina bianconera sedeva una delle leggende del football gallese: John Toshack. Uno che al Liverpool faceva coppia con King Kevin Keegan prima di dover interrompere la carriera di giocatore ad altissimi livelli in maniera prematura a causa di una serie di brutti infortuni, vedendosi costretto ad accettare il ruolo di player-manager allo Swansea. Il futuro allenatore del Real Madrid e della nazionale dei dragoni fu l'artefice del triplo salto dei Jacks, contribuendo alla promozione in Second Division anche con un goal in un match contro il Chesterfield. I giovani leoni guidati da Jeremy Charles (il nipote del grande John che negli anni Cinquanta fece la fortuna della Juventus) e Alan Curtis nel corso degli anni avevano mandato a memoria le lezioni impartite dal loro sapiente allenatore e i consigli dei veterani Phil Boersma, Tommy Smith e Ian Callaghan – tutti ex compagni di Toshack ai tempi del Liverpool – e si apprestavano a beneficiare del prezioso apporto di un altro transfuga della Merseyside, il bomber Bob Latchford (però prelevato dall'Everton).

Nessuno però, nemmeno il più ottimista dei frequentatori del Vetch Field, si sarebbe immaginato che lo Swansea a Pasqua del 1982 potesse guardare tutti gli avversari dall'alto. Un primato in classifica giustificato da epiche affermazioni contro praticamente tutte le grandi del calcio inglese (Arsenal, Liverpool, Manchester United e Tottenham). La bella favola dei “cigni neri” - allora come oggi capaci di un football di ottima qualità – non ebbe il sospirato lieto fine. Un finale da incubo (una sola vittoria nelle ultime sei partite) relegò i gallesi al sesto posto della classifica. Ma il peggio doveva ancora venire. Alla vigilia del calcio d'inizio della campagna 1982-83, Toshack si autoproclamò il miglior manager britannico dopo Bob Paisley e Brian Clough. Mal gliene incolse. Lo Swansea non solo non riuscì a riconfermarsi, ma finì per retrocedere. I pezzi pregiati dell'argenteria di famiglia furono venduti per far cassa, sebbene nel 1985-86 la bancarotta fu evitata solo per il rotto della cuffia. In quei mesi i Jacks erano di nuovo “ospiti” della Fourth Division, a vedersela con i soliti Torquay e Halifax (per la verità anche con il Cardiff...) dopo aver provato il brivido di Anfield o Highbury. Esonerato in maniera definitiva Toshack nel 1983, nemmeno un tourbillon di allenatori che sarebbe piaciuto tanto a Maurizio Zamparini riuscì infatti a evitare il peggio. Per 24 anni si è vissuto di ricordi e di scialbe prestazioni in terza e quarta serie. Poi dei preparati tecnici iberici hanno spezzato l'incantesimo del ritorno in Championship (raggiunta nel 2008) e gettato le basi per un eclatante ritorno nell'élite del football inglese – per la rabbia degli arci-rivali del Cardiff. Al Liberty Stadium tutti sperano che la storia non si ripeta e che la compagine bianconera possa rimanere a lungo al top.

Di certo adesso la stabilità finanziaria assicurata anche dal grande contributo offerto nell'ultimo decennio dallo Swansea Supporters Trust è quanto mai incoraggiante. Gli Swans sono l'unico club della Premier con un tifoso tra i membri del consiglio d'amministrazione e in cui il Trust dei supporters detiene il 20 per cento delle quote (il suo contributo finora è ammontato a circa 200mila sterline). In Galles c'è un altro club storico come il Wrexham, oggi in quinta serie ma per anni ben più in alto nella piramide calcistica inglese, dove i supporters sono addirittura proprietari della totalità delle azioni e gestiscono quindi in prima persona la società che hanno contribuito a salvare dal baratro dell'estinzione solo lo scorso agosto. Al Racecourse Ground, dove nel 1984 giocò anche la Roma per un incontro di ottavi di finale dell'ormai defunta Coppa delle Coppe, sognano in grande, sperando di giocare quanto prima un derby con il Cardiff o lo Swansea. La rinascita del calcio gallese è appena iniziata.

giovedì 15 marzo 2012

Dilemma gallese

Swansea e Cardiff forse potranno scegliere: rinunciare a giocare la FA Cup, così da poter disputare la coppa nazionale gallese ed eventualmente, in caso di vittoria, qualificarsi per l'Europa League, oppure continuare a tentare la sorte nella competizione più antica del globo. L’Uefa è stata chiamata a decidere in merito alla questione e potrebbe dare parere positivo sull’ipotesi di un ritorno delle due big gallesi nella coppa nazionale, nella quale non si cimentano dal 1995 proprio per volere del massimo organismo calcistico europeo.

Prima Swansea, Cardiff e anche Wrexham ogni anno si presentavano ai nastri di partenza delle due coppe, così da qualificarsi agevolmente per l’ormai defunta Coppa delle Coppe (nel 1967-68 i Bluebirds raggiunsero addirittura le semifinali, eliminati di un soffio da un fortissimo Amburgo).

mercoledì 14 marzo 2012

London Calling sul programma di Arsenal-Milan!


Una bella soddisfazione. Ovviamente della cosa se n'è occupato l'amico gooner Max Troiani...

martedì 13 marzo 2012

Il Punto sulla Premier – Il sorpasso è servito

Il City si fa sorprendere dallo Swansea e lo United ne approfitta subito per tornare al comando della classifica.

Delude ancora il Tottenham, piegato dall'Everton. L'Arsenal passa in extremis contro il Newcastle, mentre il Chelsea batte a fatica lo Stoke. Situazione molto ingarbugliata in coda, dove sono di Bolton e Blackburn i colpi di giornata.

COS'E' SUCCESSO – Paradossi del calcio: un club dal conto in banca praticamente illimitato grazie alla proprietà dello sceicco al Mansour, il Manchester City, perde e deve abbandonare la vetta della classifica contro una squadra che può contare su fondi ridotti e il cui 20 per cento delle azioni è in mano ai tifosi, lo Swansea City. Con la sua bella realizzazione di testa Luke Moore, entrato in campo da pochi minuti, ha così dato uno scossone alla Premier, punendo dei Citizens molto deficitari soprattutto nella prima frazione di gara. Se la ride la metà rossa di Manchester, che contro il West Bromwich Albion non entusiasma ma si impone con un classico 2-0 grazie al “solito” Wayne Rooney. Al Goodison Park il Tottenham perde il terzo match consecutivo in campionato e vede Arsenal e Chelsea avvicinarsi pericolosamente in classifica. I Gunners approfittano appieno del passo falso dei “cugini” e con il 26esimo goal in Premier di Robin Van Persie, ma soprattutto un realizzazione in pieno recupero di Thomas Vermaelen, hanno ragione del Newcastle. Secondo successo consecutivo per Roberto Di Matteo, il manager ad interim del Chelsea, che così raccoglie anche i primi tre punti in campionato, dopo la qualificazione al sesto turno della Coppa d'Inghilterra. Ci pensa il “vecchio” Didier Drogba a ridare fiducia a un ambiente intossicato da troppe polemiche. Ennesimo passaggio a vuoto del Liverpool – 0-1 a Sunderland – ormai con la testa solo alla FA Cup. Prima vittoria in casa dopo otto partite dell'Aston Villa, che così fa un bel passo avanti nella lotta per non retrocedere. A proposito di zona calda della classifica, i due scontri diretti in calendario arridono alle compagini del Lancashire. Il Bolton strappa in maniera alquanto immeritata tre punti al QPR, mentre il Blackburn manda in depressione il Molineux Ground. Buon pareggio in rimonta del Wigan a Norwich. I Latics sono ancora ultimi, ma a un passo (due punti) dal paradiso.

IL TOP – Nove goal nelle ultime sei partite giocate, coppe comprese. Wayne Rooney ha evidentemente deciso di innalzare il suo livello di gioco in vista dei momenti topici della stagione. Allo United di questi tempi serve un trascinatore e il ragazzo di Croxteth lo è di sicuro.

IL FLOP – Le prime partite con Terry Connor alla guida della squadra avevano fatto ben sperare. I Wolves, però, hanno subito smentito chi era tornato a credere in loro. Una settimana fa le cinque sberle con il Fulham, sabato la sanguinosa sconfitta casalinga contro una diretta rivale per la lotta per non retrocedere, il Blackburn Rovers. Al Molineux c'è ben poco da essere ottimisti.

LA SORPRESA – Quello del Liberty Stadium era senza dubbio un risultato inaspettato, così come il successo dell'Everton sul Tottenham, nonostante i Toffeemen siano un'ammazza-grandi molto temibile e gli Spurs fossero reduci da un periodo di appannamento. Mai dare nulla per scontato, però, con le squadre allenate da David Moyes.

TOH CHI SI RIVEDE – John Terry non giocava in campionato da fine gennaio e sembrava destinato a un periodo di assenza forzata ancora più lungo. Invece dopo la panchina a Birmingham in FA Cup, contro lo Stoke è tornato titolare. E il suo Chelsea non solo ha vinto, ma ha anche mantenuta inviolata la porta per la seconda volta nelle ultime sei partite di Premier.

LA CHICCA – Per la serie certe cose non succedono solo in Italia. Avete presente l'ormai celebre goal fantasma di Sulley Muntari in Milan-Juventus? Quello non accordato a Clint Hill nella sfida salvezza tra Bolton e QPR forse lo “supera” - la palla era entrata di oltre un metro e il portiere era quasi tutto in porta quando ha effettuato la parata. Una ben magra consolazione per Adriano Galliani...

CONSIGLI PER GLI ACQUISTI – Nikica Jelavic era il pezzo pregiato che i Rangers di Glasgow hanno venduto a gennaio per circa sette milioni di euro, cercando, senza successo, di evitare l'amministrazione controllata. All'Everton l'attaccante croato sta già mettendo in evidenza le sue capacità realizzative, come si sono accorti Harry Redknapp e i suoi.

lunedì 12 marzo 2012

I Rangers a rischio fallimento

“Il nostro club non morirà mai”. I tifosi ne sono certi e lo hanno scritto a chiare lettere in vari striscioni apparsi all'Ibrox Park nelle ultime settimane: i Rangers di Glasgow riusciranno a superare la crisi finanziaria più dura e problematica della loro storia. Per il momento sono in amministrazione controllata, che nel Regno Unito comporta una penalizzazione automatica di dieci punti in campionato. La distanza dai cugini dei Celtic, che già non era trascurabile, ora è abissale. Addio sogni di poker di vittorie consecutive per la squadra che detiene il record di titoli in Scozia (ben 54). Ma quest'ultima è veramente la meno tragica delle notizie che hanno investito i Light Blues. Il debito nei confronti dell'erario che ha causato l'entrata in amministrazione ammonta a una decina di milioni di euro, ma già si vocifera che l'entità sia maggiore, forse “scavando” nei registri di bilancio e conteggiando multe e interessi raccolti per strada si potrebbero superare i 50 milioni.

L'ex azionista di maggioranza David Murray aveva a lungo nascosto la reale entità del problema, per poi dover finalmente gettare la spugna. Ma a rilevare il testimone, purtroppo per i Rangers, è stato uno degli avventurieri che solcano i mari del calcio moderno, tale Craig Whyte. Per comprarsi le quote dei Rangers ha usato lo stesso trucchetto adottato dai padroni americani del Manchester United: accollare la spesa alla società appena acquistata. Per far ciò ha “impegnato” gli introiti derivanti dagli abbonamenti dei prossimi quattro anni, facendosi anticipare il denaro dalla Ticketus, una compagnia specializzata in questo tipo di operazioni.

Insomma, Whyte ha finito per peggiorare, e non di poco, le cose. Adesso è scattata la corsa contro il tempo per abbattere i costi e racimolare il denaro per pagare le varie pendenze. Mentre i giocatori più forti, tra cui i nazionali Steven Whittaker, Allan McGregor e Steven Naismith, hanno concordato una riduzione del 75 per cento dei salari pur di evitare che buona parte dello staff si ritrovi senza un lavoro ancor prima dell'estate, un paio di giovani di belle speranze che rispondono al nome di Mervan Celik e Gregg Wylde hanno già chiesto e ottenuto di poter lasciare Ibrox Park. Nelle trattative con i membri della squadra (quelli del livello medio hanno accettato una decurtazione del 50 per cento) ha contato in positivo che molti calciatori fossero tifosi dei Rangers fin da bambini.

Se è certo che per la situazione finanziaria i Light Blues non potranno prendere parte alle prossime competizioni europee (non sarà infatti rispettato il termine del 31 marzo 2012 per presentare bilanci “in regola” all'Uefa) ci sono addetti ai lavori e un ex esponente del consiglio d'amministrazione che temono che la società finirà in liquidazione e il club debba così ripartire dalla quarta serie, a meno che il 90 per cento dei presidenti della Scottish Premier League decida altrimenti. Tuttavia se dovessero essere accertati pagamenti irregolari eseguiti nei confronti dei giocatori dal 1998 a pochi mesi fa – come si bisbiglia – l'espulsione dalla massima divisione scozzese scatterebbe in automatico.

Ora si parla, senza troppo costrutto, di un interessamento di fantomatiche cordate statunitensi o asiatiche. Comunque vada, sarà difficile cancellare l'onta, l'umiliazione per la compagine espressione dell'elite protestante della città. Da sempre considerato per questa ragione un club ricco, i Rangers a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta, complice anche l'esclusione delle squadre inglesi dalle coppe europee, erano riusciti addirittura a strappare molti campioni all'allora Prima Divisione inglese.

Se la situazione dovesse precipitare, sarebbe tutto il movimento scozzese a subire un danno, almeno dal punto di vista economico. Le ricadute negative investirebbero anche i rivali cittadini dei Celtic. Senza il derby tra cattolici e protestanti (l'Old Firm) diminuirebbero le presenze negli stadi e anche i contratti televisivi sarebbero rivisti considerevolmente al ribasso. Ma non è nemmeno da escludere che senza l'Old Firm, la vecchia ditta al lavoro, possa regnare finalmente un po' più di equilibrio, come si augurano i supporter delle “altre”. L'ultima squadra ad aver vinto il campionato, a parte le solite due, è stato l'Aberdeen nel 1985, quando il manager era addirittura un mito vivente come Sir Alex Ferguson.

Al di là di tutti i tipi di considerazioni, i primi a volere la scomparsa dei Light Blues sono i tifosi dei Celtic, che da settimane non fanno che cantare e scrivere ovunque una frasetta beffarda quanto macabra, che li vedrebbe gustarsi un bel gelato quando i Rangers saranno morti.

domenica 11 marzo 2012

Tanto per ribadire quanto scritto nel pezzo sul Chelsea di qualche giorno fa: l'anno scorso i Blues hanno lasciato andare via Fabio Borini senza guadagnarci nemmeno una sterlina, visto che era in scadenza di contratto. Dopo averlo ammirato ieri sera in Palermo v Roma e considerando tutti i goal che ha segnato quest'anno, fare paragoni con giocatori dell'attuale Chelsea sarebbe molto impietoso...

sabato 10 marzo 2012

Massive Attack

Segnalo la bella intervista dell'amico Matteo Patrono al leader dei Massive Attack Robert Del Naja, pubblicata oggi da Alias, il supplemento del sabato del Manifesto Va bene, Del Naja viste le chiari origini partenopee tifa per il Napoli, di cui si parla molto, però ci sono delle belle citazioni per il Subbuteo e per il Bristol City di inizio anni Ottanta. Quello che, dopo la storica promozione in First Division, pensò bene di infilare tre retrocessioni consecutive. Roba da matti...

venerdì 9 marzo 2012

Profondo Blues

“Io nuovo manager del Chelsea? Non ci penso nemmeno, mi distruggerebbe la carriera!”. Non ha tutti i torti Brendan Rodgers, tecnico che tanto bene sta facendo allo Swansea City: la panchina dei Blues è ormai ufficialmente la più calda e difficile di tutta l’Inghilterra, anche più di quella della nazionale. Le statistiche parlano chiaro: dal 2004 a oggi Roman Abramovich ha cambiato sette manager. Quasi uno l’anno, compreso il ruolo ad interim affidato a Roberto Di Matteo.

Uno che si mormora non sia proprio amatissimo dalla vecchia guardia, ovvero i veterani di mille battaglie (e successi) come Frankie Lampard, John Terry e Didier Drogba che, sempre a dar credito ai media britannici, “comandano” all’interno dello spogliatoio. Uno spogliatoio che a dir la verità è sempre più spaccato, come ha lasciato intendere in maniera molto netta Raul Mereiles durante il replay di FA Cup a Birmingham di martedì scorso.

Dopo aver segnato il goal del 2-0 con uno splendido tiro da fuori area, il portoghese non ha festeggiato e anche nel dopo partita non ha avuto contatti 'amichevoli' con i compagni. Lui, che era uno dei pupilli di André Villas-Boas, evidentemente non ha preso troppo bene il licenziamento dell’ex allenatore del Porto, cui ha contribuito parecchio la condotta dei senatori.

Sempre a dar credito ai bene informati, adesso al Chelsea è però giunto il momento del redde rationem un po’ per tutti. Domenica scorsa Abramovich ha tenuto a rapporto la squadra e ha chiarito senza troppe perifrasi che continuando di questo passo in estate ci sarà un bel ripulisti.

Già, le cose non vanno e ci si butta sul mercato. Ma siamo sicuri che non siano state proprio le scelte della dirigenza – e del miliardario russo in particolare – a determinare la situazione di crisi attuale?

Anche in questo caso un po’ di numeri ci sono d’aiuto: dalla doppietta Premier-FA Cup del 2010, il club dello Stamford Bridge ha speso circa 180 milioni di euro per rafforzare la squadra (senza contare i denari buttati via per assicurarsi Villas-Boas), a fronte di entrate derivanti da cessioni che arrivano a stento a 25 milioni e con tanto di contratto non rinnovato a Fabio Borini.

Come siano stati investiti quei quattrini è sotto gli occhi di tutti: cifre folli per flop clamorosi come Fernando Torres o David Luiz, per non parlare dell’oggetto misterioso Romelu Lukaku (quasi mai impiegato, sebbene all’Anderlecht siano entrati in cassa una ventina di milioni).

Adesso si parla con insistenza di uno sforzo titanico per strappare Ronaldo al Real Madrid, qualora dovesse ritornare l’idolo della piazza, ovviamente Josè Mourinho. A proposito, i tifosi vogliono unicamente lo Special One, il solo bisbiglio che allo Stamford Bridge possa arrivare uno dei grandi 'nemici' del portoghese, Rafa Benitez, li ha fatti trasalire – ed esprimere tutto il loro dissenso nel match del St Andrew’s.

Tuttavia il duo lusitano non basta. L’ideale sarebbe dare tempo e spazio ai giovani di crescere. Tra quelli acquistati e i prodotti del vivaio – coloro che nel 2010 hanno vinto la prima FA Youth Cup nell’arco di 49 anni – in teoria gente di valore ci sarebbe, però spedirli in prestito (come accaduto ai vari Josh McEachren, Jeffrey Bruma e Gael Kakuta) non è la migliore delle soluzioni.

Paradossalmente se i Blues non si dovessero qualificare per la prossima Champions League ci potrebbe essere qualche margine in più per puntare sulle nuove leve. Ma non andatelo a raccontare ad Abramovich che, ci scommettiamo, ha già messo in caldo il libretto degli assegni. Con l’augurio per tutti i tifosi del Chelsea che non sperperi soldi come fatto nel recente passato.

giovedì 8 marzo 2012

West Ham v Watford 1-1


Alla fine sono riuscito a vedere la partita, sebbene per un pelo - sono entrato alle 19.42... Tutto sommato un match godibile, con un West Ham non eccezionale, ma che ha sprecato un bel po' di opportunità eclatanti. In considerazione della sua classifica non eccelsa e del fatto che giocava fuori casa, bene il Watford, che ha pure rischiato di fare il colpaccio. Ultima annotazione, come si puo' vedere dalla foto, io stavo nella parte bassa della Sir Trevor Brooking Stand. I 90 minuti lì si seguono tutti in piedi, così come accade nella Sir Bobby Moore Stand.

martedì 6 marzo 2012

Si torna a Londra

Mi sarebbe piaciuto assistere a Tottenham v Stevenage, mi dovrò accontentare, si fa per dire, di West Ham v Watford. Per il replay di FA Cup, infatti, i biglietti erano molto a buon mercato e sono finiti prima che io ricevessi la conferma della trasferta di lavoro in quel di Londra. Tra l’altro non è sicuro al 100 per cento che riuscirò ad arrivare al Boleyn Ground in tempo, ma varrà sicuramente la pena provare. Giovedì spero di riuscire a fare un piccolo resoconto della serata nell’East End.

lunedì 5 marzo 2012

ll Punto sulla Premier – Chelsea flop, tutto invariato in vetta

La sconfitta a West Bromwich costa il posto a Villas Boas. Importante successo del Manchester United in casa del Tottenham, definitivamente tagliato fuori dalla lotta per il titolo.

Balotelli continua a essere croce e delizia per il City. Fuori dal campo non smette di essere scapestrato, sul rettangolo di gioco è sempre decisivo. Con la vittoria a Liverpool l’Arsenal si rimette in corsa per il terzo posto.

COS'E' SUCCESSO – Prosegue la maledizione-Manchester United per il Tottenham. Come già accaduto in passato, gli Spurs giocano bene ma vengono superati dai Red Devils, cinici all’ennesima potenza ma anche consapevoli che un passo falso al White Hart Lane avrebbe potuto pregiudicare in maniera quasi definitiva le chance di riconfermarsi campioni d’Inghilterra. Il Tottenham ha perso 20 e pareggiato 6 degli ultimi 26 faccia a faccia in campionato con il team dell’Old Trafford, mentre quella di Wayne Rooney a fine primo tempo è stata la settima marcatura in otto match contro i londinesi. Il Manchester City eguaglia il record dello United di vittorie consecutive in casa (19, di cui 14 nel 2011-12) e mantiene il vantaggio di due punti sui cugini. Troppo morbida la difesa del Bolton (la peggiore della Premier dopo il Blackburn) per impensierire Balotelli e compagni. A proposito di Super-Mario, come è noto ne ha combinata un'altra della sue (ore piccole in locale notturno), ma ha ripagato la fiducia di Roberto Mancini con il goal del definitivo 2-0. Buone notizie per il Napoli. A pochi giorni dalla gara di ritorno degli ottavi di Champions League, il Chelsea perde a West Bromwich per la prima volta dal 1979, palesando i soliti problemi in tutti i reparti. Il destino di André Villas-Boas, licenziato dopo una caterva di risultati negativi, appariva segnato a prescindere dall’esito dell’incontro di The Hawthorns. Nella lotta per il quarto posto grande passo avanti dell'Arsenal, che a Liverpool forse avrebbe meritato di perdere, ma che con il fenomeno Robin Van Persie infligge la prima sconfitta casalinga dell'anno ai Reds, quasi fuori dalla corsa per un posto ai preliminari di Champions League. Il derby del Tyne-Wear finisce in parità, dopo una partita molto ruvida e caratterizzata da controverse decisioni arbitrali. In un paio di occasioni si è addirittura rischiato il contatto fisico tra Alan Pardew e Martin O’Neill… In coda piccolo passo avanti solo per Blackburn e QPR, che non vanno al di là del pareggio casalingo rispettivamente con Aston Villa e Everton. Malissimo i Wolves (che rimediano una goleada in casa del Fulham) e il Wigan (brutta battuta d’arresto al DW Stadium con lo Swansea).

IL TOP – In buone condizioni fisiche, Robin Van Persie è veramente una forza della natura. All’Anfield Road trasforma in oro i pochi palloni giocabili che gli capitano a tiro. Con 25 reti è il capocannoniere indiscusso della Premier.

IL FLOP – Chissà se Roman Abramovich e la dirigenza del Chelsea adesso si staranno pentendo di aver dato il benservito a Carlo Ancelotti nei corridoi del Goodison Park lo scorso maggio. L’investimento sull’ex allenatore del Porto André Villa-Boas si è rivelato fallimentare da tutti i punti di vista. Ma, al di là degli errori del portoghese, di decisioni sbagliate i vertici dei Blues ne hanno prese fin troppe negli ultimi tempi.

LA SORPRESA – Se tutti i risultati del fine settimana appena trascorso rientrano abbastanza nelle previsioni – anche l’ennesimo capitombolo del Chelsea – fa sensazione che una neo-promossa poco accreditata come lo Swansea già a inizio marzo possa considerarsi salva. Un plauso va a tutti gli esponenti del club, compresi i tifosi che gestiscono il 20 per cento del pacchetto societario.

TOH CHI SI RIVEDE – Per Ashley Young quella appena trascorsa è stata una settimana da incorniciare: goal in nazionale e splendida doppietta al White Hart Lane. Messi da parte i problemi fisici che lo hanno assillato negli ultimi mesi, il guizzante esterno offensivo dello United è ormai pronto per fornire il suo contributo decisivo in questo ultimo scorcio di stagione.

LA CHICCA – Bellissimo il lungo applauso che tutto il pubblico dell'Anfield Road ha dedicato a Mikel Arteta, uscito in barella dopo una brutta botta rimediata a seguito di un contatto fortuito con Jordan Henderson. Il basco Arteta è stato per sette stagioni una bandiera dei rivali cittadini dell'Everton, ma i tifosi del Liverpool per un momento hanno messo da parte i ricordi e dimostrato tutto il loro fair play. Da questo punto di vista in Italia abbiamo ancora tanto da imparare.

CONSIGLI PER GLI ACQUISTI – Per la serie l'usato sicuro. Matthew Etherington è un esterno di centrocampo con buona predisposizione offensiva e un discreto dribbling. Ogni tanto, come si sono accorti quelli del Norwich sabato, riesce anche a imbroccare la giocata e il goal spettacolare. Da quando è arrivato al Britannia Stadium di Stoke (estate 2009) è rinato, almeno rispetto agli ultimi tempi di permanenza al West Ham.

venerdì 2 marzo 2012

Portsmouth sull'orlo del baratro

Niente “fondi paracadute” dalla Premier e soldi dalla Football League. Questo è quanto ha affermato Trevor Birch, la persona che sta gestendo l’amministrazione controllata del Portsmouth. In conseguenza di ciò, Birch ha paventato un’ipotesi quanto mai drammatica: i Pompey potrebbero non riuscire a finire la stagione, a meno che nel frattempo non sopraggiunga un possibile compratore che proceda con un’iniezione di denaro fresco. Il Portsmouth è sempre più a rischio estinzione, ma per il momento il mondo del calcio inglese non sembra curarsene troppo.