venerdì 26 febbraio 2010

Brutte notizie

Non è proprio un bel periodo, quello che sta attraversando il calcio inglese. Le notizie sull’addio alla nazionale di Wayne Bridge – per evidente incompatibilità ambientale, finché “l’altro” continuerà a essere convocato – e sull’amministrazione controllata dei Pompey non sono certo piacevoli. Lungi da essere roba da prima pagina dei giornali, ma fa tristezza anche la fine del Chester City, club con una storia di ben 125 anni alle spalle, che oggi è stato espulso dalla Conference per gravissimi impedimenti finanziari (e già aveva iniziato la stagione con il pesantissimo fardello di 25 punti di penalizzazione). I tentativi in extremis di salvare la compagine del Lancashire – messa in vendita al simbolico prezzo di una sterlina – sono andati in fumo. Sfortuntamente c’erano troppi debiti da saldare…

giovedì 25 febbraio 2010

Blues on tour

Ieri a Milano ho incrociato un gruppo di tifosi del Chelsea alla fermata della metropolitana di Duomo. Molto “canterini”, in particolare ho sentito un paio di cori su Gianfranco Zola. Casomai lo facevano pure pensando di irritare gli interisti che c’erano nei paraggi, ma a me piace pensare che l’affetto per il loro ex numero 25 sia rimasto intatto nonostante il sardo ora alleni i “nemici” del West Ham.

domenica 21 febbraio 2010

È l’Everton l’ammazza grandi

L’Everton non ha voluto fare torto a nessuna delle due contendenti al titolo, così ha pensato bene di batterle entrambe nello spazio di una decina di giorni. Un’impresa di quelle memorabili, non c’è dubbio. Simili le “modalità di esecuzione”. Sia con il Chelsea che con il Manchester United l’Everton ha rimontato un gol di svantaggio, per poi chiudere le gare nei minuti finali. Sabato sono stati decisivi i giovani leoni a disposizione di David Moyes: Dan Gosling (uno che è abituato a segnare i gol decisivi, come quello al Liverpool nel derby di coppa dello scorso anno) e Jack Rodwell (diciannovenne difensore che potrebbe infiammare il mercato nei prossimi mesi). Nel secondo tempo del match del Goodison Park i Red Devils hanno avuto un calo fisico di rilievo, figlio delle fatiche di San Siro. Anche Wayne Rooney ha parzialmente deluso, vuoi per la stanchezza pregressa, vuoi perché per lui la partita con l’Everton – team per cui fa il tifo sin da bambino – è sempre a dir poco particolare.

Sale a più quattro in classifica il Chelsea, protagonista di una prestazione piuttosto scialba al Molineux Ground di Wolverhampton – dove non perde dal 1983. Migliori in campo per i Blues Didier Drogba, che ha saputo capitalizzare al meglio le uniche due occasioni procuratesi dal team londinese, e Peter Cech, protagonista di un paio di interventi fondamentali per l’economia della partita. Carlo Ancelotti arriva alla disfida di San Siro con una squadra e un ambiente certamente meno nervosi – a proposito, siamo sicuri che Josè Mourinho in Inghilterra avrebbe fatto la scena delle manette? – un Drogba in piena forma, giunto a 25 gol in 29 partite, ma anche con un’infermeria zeppa di nomi eccellenti. L’ultimo che si è aggiunto alla lista è l’esterno di difesa Yuri Zhirkov che, stiratosi, non scenderà in campo a Milano.

Tutto facile per l’Arsenal, che inguaia un Sunderland giunto alla tredicesima partita senza vittorie in Premier (l’ultima, curiosamente, fu l’1-0 dell’andata proprio contro i Gunners). Arsene Wenger prova a dimenticare la figuraccia di Oporto godendosi un Almunia meno pasticcione di Fabianski – ma ci voleva poco – e un TheoWalcott finalmente in crescita di condizione. Il gol del definitivo 2-0 su rigore lo sigla Cesc Fabregas. Uno degli ultimi in maglia biancorossa, almeno stando a quanto dice radio mercato…

Al City of Manchester Stadium va in scena uno spareggio per la Champions League tra i padroni i casa e il Liverpool che fa contenti solo Tottenham e Aston Villa e non entrerà di sicuro negli annali della storia del calcio. Troppi falli, poche occasioni da rete, lo 0-0 è giusto. Craig Bellamy, secondo i tabloid inglesi uno di quelli in prima fila nella possibile fronda a Roberto Mancini, è stato schierato nell’ultimo spezzone di incontro. Sulle voci di un possibile avvicendamento sulle panchina dei Citizens qualora sfumasse il quarto posto, ci permettiamo di essere un pizzico scettici. Se davvero la proprietà avesse dei dubbi sulle capacità dell’ex tecnico interista, allora perché gli ha allungato il contratto di tre anni da pochissimo?

Finale su una curiosità e sulla lotta per non retrocedere. Dopo l’1-9 dell’andata, il Wigan ben difficilmente poteva far peggio contro il Tottenham. Però beccare tre gol in casa – ben due dal redivivo Roman Pavlychenko – non è poi roba di cui esser troppo fieri.

In coda fa un bel balzo in avanti il West Ham. Da quando è stato minacciato il taglio dei salari del 25 per cento da parte dei nuovi proprietari, al Boleyn Ground sembrerebbe tornato il sereno. Al di là delle spiegazioni ai margini del populismo, più verosimilmente la ragione del tanto atteso revival claret & blue è da imputare al ritorno in campo di Carlton Cole (sua la preziosa marcatura del 2-0 nella partita da “sei punti” contro l’Hull). Una notizia che farà piacere anche a Fabio Capello.

mercoledì 17 febbraio 2010

Play off sì, play off no

La Premier League sta valutando l’ipotesi di introdurre i play off per l’aggiudicazione del quarto posto disponibile per giocare in Champions League, con sfide all’ultimo sangue tra la quarta, la quinta, la sesta e la settima della classifica finale. Nelle tre divisioni minori i play off sono una realtà che dura ormai da 14 stagioni, e con grande successo. La doppia sfida nelle semifinali e soprattutto la finalissima a Wembley rappresentano ormai uno dei momenti più avvincenti e spettacolari dell’intera annata calcistica, tanto che alcune partite decisive sono ormai entrate di diritto nella storia del calcio inglese – tanto per citarne una, la finale tra Manchester City e Gillingham del 1999 per un posto in Championship, con i Light Blues che, sotto di due reti a un solo minuto dalla fine, finirono poi per vincere ai rigori grazie alle prodezze dell’estremo difensore Nicky Weaver. In questi anni non sono mancate le sorprese, con le squadre piazzatesi all’ultimo posto disponibile per l’accesso alla fase a eliminatoria diretta, casomai per il rotto della cuffia, a strappare una promozione insperata solo poche settimane prime – vedi su tutte il West Ham nel 2004-2005. L’imprevedibilità dei play off è uno dei fattori che preoccupa di più le Big Four, ormai da un bel po’ monopoliste quasi incontrastate dei primi quattro posti della Premier.

I giudizi negativi sulla nuova idea da parte di esponenti di Manchester United, Liverpool, Chelsea e Arsenal non si sono fatti troppo attendere, mentre le altre grandi o presunte tali si sono dette molto più possibiliste. Per Arsene Wenger “la Premier League è già molto appassionante nel formato attuale e poi dopo 38 partite deve contare la classifica, senza ulteriori appendici”. Insomma, non sarà semplice modificare l’assetto attuale della massima divisione inglese. A meno che le Big Four non rimangano le sole a voler mantenere lo status quo e si crei un fronte esteso tra le cosiddette piccole e le altre.

lunedì 15 febbraio 2010

Play off anche in Premier?

Il massimo campionato inglese sta valutando l’ipotesi di introdurre i play off tra la quarta, la quinta, la sesta e la settima della classifica. Ovviamente chi vince si ritrova a giocare il turno di qualificazione della Champions League. Non una brutta idea, secondo me. Pare che le Big Four però non abbiano gradito troppo. Vedremo come andrà a finire…

domenica 14 febbraio 2010

Football Tabloid

John Terry, l'ormai ex capitano della nazionale inglese, è solo l'ultimo dei vip britannici ad avercela a morte con il mondo dei tabloid. Non potrebbe essere altrimenti, visto che le sue tante scappatelle extraconiugali - la più famosa con la fidanzata del suo ex compagno di squadra Wayne Bridge - sono state esposte al pubblico ludibrio dai giornali popolari britannici. A nulla è servito il tentativo in extremis di bloccare la pubblicazione degli articoli sulla vita privata del difensore del Chelsea, al quale però Carlo Ancelotti ha lasciato la fascia di capitano. I vari scoop non sono stati smentiti, evidentemente perché i quotidiani avevano a disposizione prove inconfutabili delle «malefatte» di Terry.

Insomma, con i tabloid non si scherza. Per mettere le mani su una notizia da prima pagina sono letteralmente disposti a tutto, spesso oltrepassando i paletti fissati dall'etica e dal buon gusto. Il fine giustifica i mezzi, anche un travestimento, come quelli del fantomatico Mazher Mahmood. Nel 2006 il nostro, giornalista del News of the World, domenicale del Sun, si travestì da facoltosissimo sceicco arabo, in teoria determinato a investire nel calcio, per intervistare in incognito l'allora manager della Nazionale inglese Sven Goran Eriksson. Dopo avere conquistato la fiducia dell'ex allenatore di Roma e Lazio e dei suoi avvocati, complice anche un viaggio in prima classe a Dubai, alberghi a cinque stelle e una gita in uno sfarzoso yacht, Mahmood riuscì a strappare ad Eriksson una serie di dichiarazioni controverse che alla fine costarono allo svedese il posto di allenatore dei Tre Leoni. Tra le atre cose Eriksson espresse giudizi poco lusinghieri su alcuni giocatori della nazionale inglese, criticò qualche illustre collega e, infine, accusò di corruzione tre manager della Premiership - i cui nomi non sono però mai stati resi noti, sebbene al proposito siano state aperte delle inchieste ufficiali.

Eriksson è stato soltanto l'ultimo di una lunga serie di vittime di Mahmood, diventato celebre proprio per la sua abilità nei travestimenti che gli permettono di intrappolare criminali e VIP. Tra i quali vanno fatti rientrare anche alcuni massimi esponenti della dirigenza del Newcastle United. Il «finto sceicco» nel 1998 accompagnò in una casa d'appuntamenti di Marbella Freddie Shepherd e Douglas Hall, rispettivamente presidente e membro del board dei Magpies. Mentre i due sperperavano in donne ed alcool un po' degli enormi profitti accumulati grazie alla quotazione in borsa della squadra, Mahmood carpì la loro opinione sui tifosi del Newcastle. «Scemi sempre pronti a pompare soldi nelle casse del club, spendendo fino a 50 sterline per una maglia che ne costa solo 5, mentre le loro donne sono delle cagne in calore», fu la loro confessione al giornalista - ovviamente sempre in incognito. Inutile dire che anche in questo caso scoppiò uno scandalo di proporzioni bibliche, con tanto di dimissioni e vari atti di contrizione.

Un giornalismo rampante e senza scrupoli, quello dei tabloid, la cui scarsa autorevolezza ha a che vedere con precedenti molto spiacevoli. Il più noto di tutti è anche quello fonte di rancore per un'intera comunità. Se a Liverpool provate a comprare il Sun, il più diffuso giornale popolare di tutto il Regno Unito con circa tre milioni di copie vendute ogni giorno, l'edicolante potrebbe guardarvi male. Poi, con il suo cantilenante accento scouse, potrebbe addirittura dirvi che da anni non si fa recapitare nemmeno una copia. Dal 1989, infatti, nella Merseyside è in atto un boicottaggio contro il Sun, a causa del modo in cui il quotidiano ha trattato i fatti dell'Hillsborough (lo stadio di Sheffield dove persero la vita 96 supporter dei Reds). La colpa di cui si era macchiato il tabloid era di aver pubblicato informazioni non verificate su tifosi che avrebbero derubato i morti, picchiato poliziotti che stavano aiutando i feriti, urinato sugli altri soccorritori. Il tutto in base ad alcune «voci» fatte trapelare ad arte dalla polizia del South Yorkshire, desiderosa di veder ricadere altrove le proprie responsabilità. La prima pagina del Sun sbandierava un titolo eloquente quanto traditore: «The Truth». Tutta la verità su Hillsborough, cari lettori, e ve la forniamo noi. Era tutto falso. La gente di Liverpool decise di boicottare in massa il popolare quotidiano, che passò dalle 200mila copie al giorno alla miseria di sole 12mila. Tanto per far capire che sull'informazione non si scherza.

A volte i tabloid sono costretti a fare pubblica ammenda davanti alle loro vittime. Come nel caso di Ashley Cole, terzino del Chelsea che nel 2006 vinse una causa per diffamazione, persecuzione e violazione della privacy contro i fogli scandalistici di Rupert Murdoch (sempre loro Sun e News of the World) che avevano pubblicato una serie di articoli su un'orgia gay tre due calciatori della Premier League e un famoso dj. Il nome di Cole non era stato fatto esplicitamente ma insinuazioni e riferimenti mirati avevano fatto capire senza troppi problemi chi fosse il giocatore che usava il proprio telefonino come vibratore. Titoli pesantemente ironici, foto solo parzialmente oscurate per consentire ai lettori di fare due più due. Infinite le discussioni sulle chat tanto che i legali di Cole chiesero conto a Google del perché il nome del loro cliente fosse automaticamente collegato alla parola gay. Del caso si interessarono eminenti avvocati, incuriositi dai possibili sviluppi di una causa basata su accuse contro individui in teoria anonimi. Finì con un bel risarcimento e il seguente testo, pubblicato dai tabloid mentre il difensore era ai Mondiali in Germania. «Siamo felici di comunicare che Mr. Cole e Mr. Masterstepz non erano assolutamente coinvolti in simili attività. Pagheremo i danni per la sofferenza causata».

Pochi giorni fa Cole si è gravemente infortunato alla caviglia e ieri il Sun lo ha accusato di essersi scambiato sms hot con una modella pur essendo sposato. Lui nega tutto («qualcuno ha usato il mio telefono») ma difficilmente recupererà in tempo per i mondiali. Indovinate un po' chi è candidato a prendere il suo posto in nazionale, al fianco di John Terry? Wayne Bridge ovviamente.

Pubblicato ieri dal Manifesto

venerdì 12 febbraio 2010

New Goodison

Il Goodison Park e uno degli stadi più antichi (118 anni di onorato servizio) e belli del calcio inglese. Avendolo appena visitato, posso dire che entrare nell’impianto dell’Everton lascia una sensazione meravigliosa. Visto che i Toffees non potranno costruire la loro nuova casa nella periferia estrema di Liverpool, in località Kirkby, adesso stanno provando a rimodernare e ad aumentare la capienza del loro glorioso stadio. Compito non facile. Goodison Park deve tanto del suo fascino, almeno esternamente, al fatto che è circondato da file e file di casette schiera (in un angolo c’è pure una chiesa, quella di St Luke), però proprio per questo motivo i margini di manovra sono alquanto limitati. Ora ci si è affidati a un architetto mai interpellato in passato e si stanno muovendo i primi passi per capire come “allargarsi” – acquistando alcune delle case poi destinate ad essere abbattute per far spazio all’ampliamento delle tribune) Ciò che conta è che non stiano a sentire l’amministrazione comunale, che vorrebbe una sola arena per Liverpool ed Everton. Non sia mai…

Bye bye Svengo

Sven Goran Eriksson lascia il Notts County, promettendo dichiarazioni esplosive sull’ormai ex proprietà, sempre contraddistinta da una grande opacità. Comunque vada, in bocca al lupo ai bianconeri di Nottingham. Anche perché il loro nuovo direttore esecutivo Jim Rodwell è quello che affossò in maniera inesorabile il Boston United, per cui non c’è da essere troppo allegri…

mercoledì 10 febbraio 2010

La crisi si fa sentire anche in Premier…

Il Portsmouth rischia seriamente di entrare in amministrazione controllata, ergo di ricevere una penalizzazione di 10 punti in classifica. Sarebbe il primo club della Premier a subire una simile onta. Quasi pleonastico evidenziare che la retrocessione dei Pompey, già altamente probabile, diverrebbe così certa. Il taglio del 25% degli stipendi di tecnici e giocatori del West Ham ha fatto sbottare Gianfranco Zola. “I proprietari avrebbero prima dovuto parlare con me e dopo con i giornali. Si poteva scegliere un altro momento per far uscire la notizia e non alla vigilia di un match importante per la salvezza. Da quando sono al West Ham ho dovuto affrontare un sacco di speculazioni di problemi, adesso sono stanco”. Zola non ne fa una questione economica. “Quando sono arrivato qui non sapevo nemmeno quanto avrei guadagnato, non sono al West Ham per soldi”.
Insomma, il sardo è già ai ferri corti con la nuova proprietà. E francamente dubito che possa rimanere ancora a lungo al Boleyn Ground, specie se i risultati positivi si continueranno a far attendere.

A Wolverhampton ne hanno abbastanza di McCarthy e rimpiangono le leggende del passato

Stranezze del calcio. La scorsa stagione il Wolverhampton dominò il campionato di Championship, mentre il Birmingham City ottenne sì la promozione diretta, ma solo dopo mille patemi d’animo e nonostante fosse partita come favorita d’obbligo nella competizione. Quest’anno i Blues si battono per un posto in Europa, i Wolves rischiano seriamente di tornare subito nella serie cadetta del calcio inglese. Nel recentissimo derby al St Andrew’s, la compagine allenata da Alex McLeish ha vinto in rimonta una partita che potrebbe rivelarsi decisiva per il destino di entrambi i club. I tifosi dell’Old Gold masticano amaro, amarissimo. La rosa formata da oltre 30 elementi si sta rivelando più un handicap che un vantaggio. Colpa del vituperato Mick McCarthy e di come cambi in continuazione l’undici titolare? Sembrerebbe proprio di sì. L’ex difensore di Barnsley e Manchester City e allenatore dell’Irlanda – celeberrimo il suo litigio con Roy Keane prima del mondiale nippo-coreano che determinò l’addio alla nazionale da parte dell’allora centrocampista del Manchester United – non sembra un raffinato stratega tattico ma nemmeno uno che sappia gestire al meglio il materiale umano a sua disposizione.

Davanti l’alternanza tra i vari Sylvan Ebanks-Blake, Kevin Doyle e Chris Iwelumo ha prodotto solo una manciata di reti, in difesa i primi flop di Michael Mancienne, giovane di belle speranze in prestito dal Chelsea, ne hanno determinato uno sciagurato avanzamento a centrocampo. L’apice, o sarebbe meglio dire il nadir, di quello che in Italia, sbagliando, chiameremmo turnover, ma che in Inghilterra si definisce rotation, McCarthy lo ha raggiunto prima di Natale. Contro il Manchester United ha schierato una sorta di formazione riserve onde preservare i titolari per il match contro il Burnley, in programma quattro giorni dopo. E pur vero che i Wolves hanno almeno vinto la sfida con i Clarets, ma la resa anticipata all’Old Trafford – il match è poi terminato 3-0 – ha fatto andare su tutte le furie i supporter locali e non solo.

Ormai dalle parti del Molineux Ground ci si prepara al peggio, iniziando a contestare apertamente McCarthy. Dopo una sconfitta come quella rimediata al Selhurst Park nel replay del quarto turno di FA Cup, con le Eagles londinesi a segno per ben tre volte con il terzino improvvisato attaccante Danny Butterfield e i Wolves a fare catenaccio dal primo minuto con ben sei difensori messi in campo, ai sostenitori del club delle Midlands non rimane che fare qualche nostalgico tuffo nel passato. Quando il Wolverhampton dominava il calcio inglese, come negli anni Cinquanta, oppure quando ci pensava un tale Steve Bull ad infiammare i cuori della tifoseria nero e arancio. Il club languiva addirittura in Quarta Divisione, era indispensabile un “salvatore della patria”, un giocatore simbolo in grado di risollevare le sorti di una delle compagini più gloriose della storia del Beautiful Game. Serviva uno come Bull, che in 561 presenze tra il 1986 e il 1999 stabilì il record di gol segnati per i Wolves, 306 (250 dei quali in campionato), il record di marcature in una singola stagione (52 nel 1987-88) e di triplette (ben 18). Nonostante ciò, il buon Steve non riuscì a riportare il Wolverhampton nella massima divisione inglese dove, anzi, in vita sua giocò solo una manciata di minuti il 12 aprile del 1986 con la maglia del West Bromwich Albion. Non fosse entrato in campo quel giorno avrebbe eguagliato un altro record, quello ancora in possesso dell’attaccante del Bristol City John Atyeo, unico ad aver vestito la maglia dei Tre Leoni nel Secondo Dopo Guerra senza aver mai disputato una partita di First Division e Premier League che dir si voglia. E sì, perché Bull in nazionale ci ha giocato 13 partite (quattro ad Italia 90), trovando il modo di insaccare quattro gol.

Nel 2003 una delle tribune del Molineux ha cambiato nome da John Ireland Stand in Steve Bull Stand, un giusto omaggio alla leggenda vivente dei Wolves. Ma un onore che ben difficilmente sarà riservato a McCarthy.

lunedì 8 febbraio 2010

Ormai per il titolo è corsa a due

Evviva, finalmente il gossip dai toni boccacceschi lascia spazio al campo e si torna a parlare (quasi) solo di calcio giocato! In tutta onestà non se ne poteva più dello stillicidio di notizie sulla vita privata dell’ex capitano dei Tre Leoni, che però al Chelsea ha mantenuto la fascia – e nelle interviste del dopo partita Carlo Ancelotti si è riferito più volte a John Terry chiamandolo “il mio capitano”…

Al di là delle opinioni personali sulla condotta del fedifrago impenitente, il suddetto nel derby con l’Arsenal ha disputato un ottimo match, al pari del fenomeno Drogba (che con la doppietta di domenica raggiunge quota 12 reti contro i Gunners). Terry ha ricevuto un sostegno incredibile dai suoi tifosi, consci che in trasferta il trattamento che gli sarà riservato dai supporter avversari sarà ben altro – come si è già potuto notare in quel di Hull nel recupero di martedì scorso. Grazie alle ottime performance dei suoi campioni, il Chelsea ha mantenuto invariato il vantaggio sul Manchester United, vincendo il quarto confronto su quattro contro una cosiddetta Big Four.

Per l’Arsenal, che invece con i Blues e lo United ha sempre perso, la gara dello Stamford Bridge è stata altamente paradigmatica sotto vari punti di vista. I Gunners hanno giocato bene, costruito un buon numero di occasioni da rete ma non hanno mai concretizzato, subendo i “soliti” gol sui calci piazzati e sulle ripartenze. Ormai lo ha ammesso anche Arsene Wenger: l’Arsenal non ha quasi più nessuna chance di riconquistare il titolo di campione d’Inghilterra che al club manca dal 2004.

Nel giorno delle celebrazioni del cinquantaduesimo anniversario della sciagura di Monaco di Baviera, che decimò i celeberrimi babes di Matt Busby, il Manchester United maramaldeggia sul povero Portsmouth. I Pompey, giunti nel frattempo al terzo cambio di proprietà in meno di un anno, ci hanno pure messo del loro, segnandosi due autogol e mezzo. Con un Wayne Rooney così, sempre più capocannoniere con 21 gol all’attivo, i Red Devils possono sognare un sorpasso che tutto sommato avrebbe del clamoroso.

Il quarto gol di Dirk Kuijt in un derby della Merseyside decide una sfida tra Liverpool ed Everton povera dal punto di vista dello spettacolo, infarcita di nervosismo, falli ed entrate criminali come quella che a fine primo tempo costa il rosso al difensore greco Sotiros Kyrgiakos – ma in precedenza era da cacciare anche Pienaar per un intervento tra i più brutti visti quest’anno. I Reds, con Alberto Aquilani ancora “bloccato” in panchina, approfittano del pari bello ma senza reti tra Tottenham e Aston Villa e si insediano al quarto posto. Ovvero quanto basta per salvare una stagione da dimenticare.

Una delle storie del giorno ha per protagonista il “vecchio” Kevin Phillips. Uno che di smettere di segnare gol non ne vuole proprio sapere. A 36 anni suonati fa fatica a trovare il posto in squadra – ieri ha affermato che “è stato bello entrare in campo, dal momento che non mi capita più tanto spesso” – ma nel derby con il Wolverhampton è riuscito a regalare i tre punti al suo Birmingham con una doppietta negli ultimi minuti. I fasti di Sunderland (113 gol in 208 partite), che gli valsero otto convocazioni in nazionale, sembrano ormai solo un bel ricordo, ma quando serve una mano il buon Kevin non si tira indietro. E una mano Phillips l’ha data anche al West Ham, sconfiggendo una concorrente nella lotta per non retrocedere. Peccato che gli Irons non ne abbiano approfittato, perdendo lo scontro diretto con il Burnley. Insomma, considerato il pessimo week end di Gianfranco Zola e Roberto Mancini (che tonfo, a Hull!), l’unico allenatore italiano a sorridere è stato ancora una volta Ancelotti.

Scritto per Goal.com

martedì 2 febbraio 2010

Ok il prezzo è giusto

Saranno i tifosi a decidere quanto saranno disposti a spendere per un biglietto di Mansfield Town vs Gateshead, match di Blue Square Premier (la quinta serie del calcio inglese) in programma sabato prossimo. Quarti in classifica, ma con una media spettatori di sole 3mila unità a fronte dei 10mila posti di capienza del Field Mill, gli Stags provano così ad attirare tifosi per la faticosa risalita in League Two, da dove sono retrocessi nel 2008 dopo 77 anni di onorato servizio nella Football League – per la verità senza troppe soddisfazioni.

Rooney lancia la sfida al Chelsea

Sembra passata un’eternità da quando un promettentissimo ragazzo delle giovanili dell’Everton trafiggeva il portiere dell’Arsenal David Seaman con un tiro da cineteca. Wayne Rooney, ragazzotto di Croxteth, quartiere difficile della periferia di Liverpool, segnò in quell’epico match di esordio il suo primo gol in campionato. Poi sono arrivati la notorietà, l’affermazione in nazionale, il passaggio multimilionario al Manchester United e altri 99 gol nella lega d’oltre Manica. Il nostro, che a Liverpool ci assicurano tutti tifi ancora tantissimo per l’Everton, ora ha 24 anni ed è molto probabilmente il giocatore più forte di tutta la Premier.

Domenica all’Emirates il suo centesimo gol nel massimo campionato inglese ha affossato l’Arsenal e lasciate intatte le speranze di poker di titoli consecutivi dello United. Rooney è stato finalmente sostenuto da un Nani bello ed efficace e da una difesa meno traballante del solito. I Gunners non sono ancora tagliati fuori dal discorso Premier, però la terza sconfitta su tre partite con le altre grandi non lascia presagire nulla di buono. Il team di Arsene Wenger, così come successo anche nella semifinale di Champions League dello scorso anno sempre contro il Manchester United, negli appuntamenti importanti pecca, e tanto, di esperienza, sebbene rimanga la squadra più giovane e spettacolare da veder giocare. Stendiamo poi un velo pietoso sulle “prodezze” di Almunia. E c’era pure chi lo voleva naturalizzare per farlo andare in nazionale…

Stenta un po’ ma vince il Chelsea, scosso dall’affaire John Terry. Dopo le disavventure del padre e qualche peccatuccio veniale di varia natura, il capitano (forse ancora per poco) della nazionale inglese si è fatto pescare a fare il fedifrago con la ragazza di un ex compagno (Wayne Bridge). Però poi ha tolto le castagne del fuoco a Carlo Ancelotti con un’inzuccata vincente a dieci minuti dalla fine. Un pareggio al Turf Moor, contro una squadra reduce da sette sconfitte e cinque pareggi in dodici partite, non sarebbe stato troppo gradito al tecnico italiano.

A proposito di allenatori italiani, Roberto Mancini si è parzialmente consolato per la rocambolesca sconfitta in Coppa di Lega raccogliendo i tre punti contro il Portsmouth e ritrovando Emmanuel Adebayor – che ha aperto lo score. Però i Light Blues hanno sofferto troppo e giocato maluccio. Nei Pompey, sempre più sull’orlo del baratro, da segnalare il clamoroso sbaglio sotto porta di Danny Webber, che contende il titolo di errore della settimana a David Ngog del Liverpool. Almeno i Reds hanno vinto a spese del Bolton, sebbene non abbiano brillato. Tutt’altro che eccelso Aquilani, che però ha regalato un meraviglioso assist di testa a Dirk Kuyt per l’1-0.

In attesa di conoscere il destino di Rafa Benitez, la compagine dell’Anfield Road rimane in scia del Tottenham. Al St Andrew’s di Birmingham lo spettacolo non è esattamente di casa – solo 17 gol segnati su un totale di 12 partite di Premier – però gli Spurs qualche sprazzo di classe lo hanno mostrato. Per Jermain Defoe e compagni il sogno di mantenere tre lunghezze di vantaggio sul Liverpool muore allo scadere, anche per colpa di una mezza disattenzione difensiva.

Ultime annotazioni sul bruttissimo Monday Night dello Stadium of Light. Ennesima prestazione molto deludente del Sunderland, a secco di vittorie da dieci partite. Se nell’infrasettimanale in casa dell’Everton i Black Cats avevano impiegato 80 minuti per trovare il primo tiro in porta, contro lo Stoke non è andata poi meglio. Anzi, vista la pochezza del suo gioco, il Sunderland ora come ora è la peggior squadra della Premier. Peggio anche del Portsmouth, ed è tutto dire.

Scritto per Goal.com

lunedì 1 febbraio 2010

Pronostico

John Terry perderà la fascia di capitano, ma NON il posto in nazionale. Non credo che la reprimenda del ministro dello Sport, Gerry Sutcliffe, possa portare all'esclusione del difensore del Chelsea dai 23 che andranno in Sud Africa. Poi casomai Capello & Baldini mi potranno sorprendere, ma dubito molto...