mercoledì 30 marzo 2011

Calciatori, pagate le tasse!

I super pagati calciatori della Premier sono uno degli obiettivi del giro di vite sull’evasione fiscale annunciata dal ministro dell’economia del Regno Unito George Osborne.

Uno schema tipico prevede prestiti versati ai trust registrati in giurisdizioni offshore come le Isole del Canale (Jersey e Guernsey). Le famiglie dei singoli calciatori risultano spesso come beneficiarie. L'imposta è dovuta solo sugli interessi percepiti sui prestiti, di solito circa il 4 per cento. La società che realizza il 'prestito' ovviamente non chiede mai il relativo rimborso e il gioco è fatto.

lunedì 28 marzo 2011

Aggiornamento subbuteistico

Il torneo è andato bene, mi sono divertito a gestire insieme ad altri amici l'organizzazione (cosa che facevo qui a Roma un po' di tempo fa, diciamo pure una ventina d'anni fa). Per la cronaca, alla fine ha vinto l'Union Berlin.

venerdì 25 marzo 2011

Off topic subbuteistico

Il mito del Subbuteo sembra non tramontare mai. Il gioco più diffuso e amato tra le generazioni che lo hanno conosciuto in massa negli anni Settanta e Ottanta continua a vivere momenti di passione genuina. Sono proprio quei bambini ora diventati adulti – con qualche capello in meno e qualche rotolino di ciccia e acciacco in più – a ritrovarsi ancora davanti a un panno verde per sfidarsi a colpi in punta di dito. O meglio “in pinta di dito”, come recita il titolo del torneo che si disputerà domenica 27 marzo a partire dalle ore 9 a Via Galileo Galilei 51, in pieno centro di Roma.

A organizzare l’evento uno dei tanti club romani, il Lupa Capitolina, i cui membri si incontrano ogni lunedì sera presso la storica sede della Romulea Calcio. Ovvero una delle realtà più famose e ricche di tradizione del panorama dilettantistico della Capitale.

Quest’anno il connubio tra Subbuteo e birra, come ben si evince dal nome della competizione, non poteva trovare una “sublimazione” migliore. Il tema del torneo, infatti, è la Coppa di Germania, Paese dove la bevanda è molto apprezzata. Ai 48 partecipanti è stata assegnata una squadra tedesca – il Bayern Monaco e il Borussia Dortmund, ma anche i meno conosciuti Kickers Offenbach o Union Berlin – che si sono poi premurati di trovare (casomai su Ebay) o di dipingersi. Meglio se con qualche maglietta d’epoche passate, perché il subbuteista rimane legato al calcio di una volta e alle sua particolarità. Altrimenti, forse, non giocherebbe nemmeno con i mitici omini importati a inizio anni Settanta dall’Inghilterra dai Parodi, famiglia di imprenditori genovesi che adesso sta provando a rimettere in piedi una produzione di nicchia – il Subbuteo in quanto tale non viene più commercializzato da qualche anno, sebbene ormai circolino tante versioni replica o similari.

Oltre alla competizione sul campo – in palio dei trofei che per la verità assomigliano più al piatto che si aggiudicano i campioni della Bundesliga – gli “eventi” collaterali non mancheranno. Scontata la degustazione di birra, rigorosamente teutonica, oltre che alla consegna di gadgets vari (spille, adesivi, locandine, gagliardetti e album fotografico personalizzato con le immagini dei partecipanti) ci sarà pure una sorta di riffa, in cui come premio ci saranno, tra le altre cose, alcune chicche per collezionisti. Squadre dipinte a mano – quella cosiddette “con la barretta” – sempre in ricordo del bel football andato. Nomi dal fascino antico come Austria Vienna, Ferencvaros o Dukla Praga, club che hanno fatto la storia del calcio europeo ma che in epoca moderna sono sparite dai grandi palcoscenici internazionali.

Insomma, un bell'happening per gli appassionati del Lazio ma anche di altre regioni, visto che sono previsti ospiti anche da fuori i confini regionali.

mercoledì 23 marzo 2011

Sheffield, una crisi senza fine

C’erano una volta due squadre capaci di infiammare la Steel City, come fu ribattezzata Sheffield ai tempi della rivoluzione industriale. Negli anni Novanta lo United e il Wednesday giocavano il loro sentitissimo derby in Premier, e non di rado a Hillsborough e al Bramall Lane le grandi del campionato uscivano con le ossa rotte. Bei tempi, che ormai entrambe le tifoserie ricordano con un mare di nostalgia. Le Blades sembrano vivere ancora dello spiacevole ricordo dell’amara retrocessione del 2007, quando sul filo di lana furono beffate da un West Ham che forse avrebbe meritato una penalizzazione di qualche punto e non una multa onerosa per le irregolarità legate all’acquisto di Carlos Tevez. Le Owls mancano dalla Premier addirittura dal 2000 e pareggiando in un drammatico match interno con il Crystal Palace lo scorso maggio sono retrocesse per la seconda volta in League One nell’arco di soli sette anni. Nonostante il blasone di assoluto rilievo (tre campionati e quattro coppe per il Wednesday, quattro FA Cup e un titolo di campioni d’Inghilterra per lo United), quest’anno le due compagini di Sheffield stanno inanellando una delusione dopo l’altra e rischiano l’ennesima retrocessione. Ai biancorossi serve quasi un miracolo per rimanere nell’equivalente della nostra Serie B, mentre i biancoblu, dati come favoriti per un immediato ritorno in Championship, sono incappati in una lunga serie di risultati negativi che li ha fatti precipitare nelle parti bassi della classifica di League One. Sul fronte finanziario le cose vanno anche peggio, specialmente per l’indebitatissimo Wednesday. Sheffield è una della culle del beautiful game (i dilettanti dello Sheffield F.C., fondati nel 1857, sono il club più antico del pianeta), merita bel altri palcoscenici e assetti societari. Ma all’orizzonte si intravedono solo nubi minacciose e nessuna traccia di sereno.

lunedì 21 marzo 2011

Berbatov torna al gol, l’Arsenal continua a rallentare, il Chelsea affossa il City

Il punto Premier scritto per Goal.com

I Red Devils perdono difensori, ma salgano a più cinque in classifica. Tra i risultati più eclatanti della giornata, il 4-0 con cui lo Stoke City surclassa il Newcastle.

COS'E' SUCCESSO – Continua il marzo da incubo per l’Arsenal, che pareggia sul campo del West Bromwich Albion, dove a inizio secondo tempo si era pure trovato sotto di due reti. Una zampata di Dimitar Berbatov (capocannoniere con 20 reti) garantisce in extremis la vittoria al Manchester United, che soffre le belle geometrie del Bolton e sembra giocare meglio quando va sotto di un uomo – giusta l’espulsione di Jonny Evans per un'entrataccia su Stuart Holden. I Trotters hanno così perso le ultime otto partite all’Old Trafford. Nel derby tra i due allenatori italiani Carlo Ancelotti e Roberto Mancini vince con grande merito il Chelsea, che punisce il solito atteggiamento fin troppo rinunciatario dei Light Blues, i quali ormai devono difendere il quarto posto per non veder sfumare l'ennesimo obiettivo di una stagione fin qui ricca di delusioni. Il Tottenham spreca palle gol in quantità industriale e finisce per concedere lo 0-0 al West Ham, che così fa un passettino verso la salvezza in un derby molto sentito anche per la recente disputa sull’aggiudicazione dello stadio Olimpico di Londra 2012. Rimane ultimo ma coglie un successo fondamentale il Wigan, per di più contro una diretta rivale come il Birmingham. Il Wolverhampton si impone nel derby con l’Aston Villa, risucchiato pericolosamente nella zona calda della classifica. Bel pareggio tra Blackburn e Blackpool, anch’esse invischiate in una delle lotte per non retrocedere più incerte ed equilibrate degli ultimi anni. Per finire, il Liverpool passa per la quinta volta nelle ultime sette partite a Sunderland anche grazie al gentile omaggio dell’arbitro e del suo assistente, i quali regalano ai Reds un rigore per un fallo commesso su Jay Spearing che si trovava fuori dall’area di rigore.

IL TOP – Annulla un attaccante del calibro di Edin Dzeko e segna un gol prezioso quanto bello. David Luiz al Chelsea è costato tanto, circa 30 milioni di euro, ma ha già dimostrato di valere ogni singolo penny speso per assicurarsi i suoi servigi.

IL FLOP – Proprio Dzeko e Fernando Torres nel recente mercato invernale hanno fatto pagare alle loro rispettive nuove squadre un conto complessivo di quasi 100 milioni di euro. In un paio di mesi in Premier non hanno segnato nemmeno un gol. Giocatori sopravalutati? Staremo a vedere, per adesso il loro periodo non è certamente dei migliori. Anzi.

LA SORPRESA – Il West Bromwich Albion ferma di nuovo l'Arsenal, dopo l'inatteso 3-2 dell'andata all'Emirates. I Baggies erano dati in ripresa, ma che potessero “rischiare” di vincere non era nelle previsioni della vigilia. Certo, va sempre considerato “l'effetto Almunia”, una vera calamità e una sorta di 12esimo in campo per gli avversari...

TOH CHI SI RIVEDE – Era stato sul punto di finire al Liverpool, dopo aver suscitato l’interesse di numerose squadre di Premier. Alla fine Charly Adam è rimasto al Blackpool, risentendo un po’ a livello di rendimento delle tante voci di mercato. Sabato a Blackburn è tornato a comandare il centrocampo, segnando pure una bella doppietta, che però i Seasiders non hanno saputo sfruttare al meglio per aggiudicarsi i tre punti.

LA CHICCA – Sotto la casacca di gioco Jermain Defoe aveva già pronta la maglietta commemorativa dei 100 gol in Premier e con gli Spurs. Invece di festeggiare, si è dovuto mangiare le mani per le tante occasioni sprecate, di cui una clamorosa a porta praticamente vuota. Per una volta la legge dell’ex – Defoe ha giocato cinque anni con il West Ham – non ha funzionato.

CONSIGLI PER GLI ACQUISTI – David Wheater è uno dei tanti prodotti del vivaio del Middlesbrough, uno dei più floridi di tutta l’Inghilterra. Il Bolton ci ha visto lungo ad affiancarlo a Gary Cahill, con cui forma una delle migliori coppie di difensori centrali del Paese.

mercoledì 16 marzo 2011

In bocca al lupo, Bryan

Bryan Robson, leggenda del West Bromwich Albion e soprattutto del Manchester United, è stato operato per un cancro alla gola. Speriamo che tutto proceda per Robbo, attualmente tecnico della Thailandia. Certo, la sua carriera di allenatore non è stata molto brillante, ma da allenatore era un vero trascinatore - tanto che era uno degli idoli della mia gioventù. Get well soon, Bryan.

lunedì 14 marzo 2011

Fever Pitch

Fatevi un giro sul sito feverpitch.it per abbonarvi alla rivista-fanzine. E' appena uscito il numero 9, da non perdere!

giovedì 10 marzo 2011

Spurs-Milan, un commento

Fantastica serata al White Hart Lane, che ho cercato di sintetizzare in un articolo che uscirà domani sul Manifesto e che metto a seguire. Peccato che la mia macchina fotografica sia giunta al capolinea e che io sia particolarmente scarso a usarla. Ieri il mio posto in tribuna stampa era a pochi passi dalle panchine e dal tunnel d'ingresso dei giocatori - e quindi dal campo. Ripeto, uno bravo avrebbe fatto un bel reportage fotografico, io preferisco non postare nulla...

Meglio riportare quanto scritto la sera in albergo, con ancora nelle orecchie il bellissimo "When the Spurs go marching in" cantato dai tifosi del Tottenham.

Nelle coppe europee continua il de profundis del calcio italiano, ormai sempre più in crisi. Dopo Napoli e Roma, anche il Milan saluta la compagnia, non senza rimpianti per qualche occasione sprecata di troppo. In casa del Tottenham, vincitore per 1-0 all'andata, ai rossoneri non sono bastati un gran primo tempo e tanta determinazione. L'andamento del doppio confronto ha in questo modo ricalcato quello della semifinale di Coppa Uefa 1971-72, l'unico precedente tra le due compagini, con una vittoria e un pari per gli Speroni. Ma almeno all'epoca il Milan un paio di gol li fece (2-1 e 1-1 I risultati finali). Quest'anno, compreso il match del Meazza, i ragazzi di Allegri non sono mai riusciti a superare l'estremo difensore dei londinesi, il brasiliano Aurelho Gomes. Uno che spesso si sveglia con la luna storta e ne combina di tutti i colori, ma che contro il Milan ha fatto meglio delle stelle Rafa van der Vart e Gareth Bale, per la verità un po' acciaccate. Va detto che al White Hart Lane, dove si è vissuto un revival del tifo inglese dei bei tempi andati – cori incessanti per 90 minuti, roba che troppo spesso le gare di Premier si sognano – i rossoneri sono arrivati con un centrocampo monco, causa le pesanti assenze di Andrea Pirlo, Massimo Ambrosini e Rino Gattuso (squalificato per il pepato “scambio d'opinioni” con Joe Jordan a San Siro). E poi c'è stata la sorpresa, che a ben vedere tale non è: la serataccia di Zlatan Ibrahimovic e di Robinho. Lo svedese non è nuovo a prestazioni balbettanti in Europa, per informazioni chiedere ai tifosi interisti e a Josè Mourinho. Il brasiliano, la “ciliegina” sulla torta della faraonica campagna acquisti berlusconiana della scorsa estate, da queste parti lo conoscono bene per il suo flop totale ai tempi del Manchester City. Non che in precedenza al Real Madrid avesse ben impressionato l'esigente pubblico del Bernabeu, ma in Inghilterra è riuscito a dare il peggio di sé, palesando sempre una certa idiosincrasia per i big match, tanto che alla sua cessione Roberto Mancini, l'allenatore del City, ha tirato un bel sospiro di sollievo.

Il Milan fallisce così per il quarto anno consecutivo l'obiettivo dei quarti di finale, dove approdano invece gli Spurs – che possono vantarsi di aver fatto meglio dei già eliminati e odiatissimi cugini dell'Arsenal. Harry Redknapp per una volta ha sopravanzato Arsen Wenger, ridando lustro alla categoria dei manager inglesi (l'ultimo ad aver allenato un club di Premier iscritto alla Champions League era stato il compianto Bobby Robson con il Newcastle nel lontano 2002-03). Gettatosi alle spalle storie un po' oscure di presunte mazzette versate ad agenti di alcuni giocatori, il buon Harry adesso studia da futuro commissario tecnico della nazionale inglese. Fabio Capello – a proposito di milanisti – lascerà nel 2012. Lui è pronto, ma intanto prova a portare il Tottenham a Wembley, come cantano e si augurano i tifosi. Ovvero alla finale della Champions League, che, salvo un miracolo dell'Inter, non vedrà protagonista nessuna squadra italiana.

martedì 8 marzo 2011

In partenza

Domani sono a Londra per gustarmi la grande atmosfera che sicuramente ci sarà al White Hart Lane in occasione di Spurs-Milan. Spero di riuscire a postare qualcosa di interessante, se non direttamente domani sera, quanto meno giovedì mattina. Non vedo l'ora di partire...

Il Punto sulla Premier – Il Liverpool fa lo sgambetto allo United, l’Arsenal non ne approfitta

Le due capofila arrancano, il Manchester City non brilla ma si riavvicina alla vetta. Il Chelsea fa suo il Monday Night a Blackpool grazie a una doppietta di Frankie Lampard.

COS'E' SUCCESSO – La classica del calcio inglese termina con un trionfo per il Liverpool e uno United che si lecca le ferite e recrimina per la mancata espulsione di Jamie Carragher dopo il fallaccio commesso su Nani – fuori per oltre un mese. Ma al di là degli episodi, il team dell’Old Trafford è apparso in calo e ha meritato la sconfitta molto più della partita con il Chelsea. Occasione persa per l’Arsenal, che sbatte contro il muro eretto dal Sunderland e nei minuti finali rischia addirittura di capitolare sui brucianti contropiedi dei Black Cats. Accorciano le distanze sia il Manchester City che il Chelsea. La squadra allenata da Roberto Mancini è fortunata a raccogliere i tre punti con il Wigan, che si mangia le mani per le tante occasioni sprecate. Bene i Blues, che soffrono solo nel primo tempo contro un Blackpool sempre coriaceo. Nella partita del ricordo del compianto Dean Richard, Wolves e Spurs danno spettacolo, terminando con un pirotecnico 3-3. Di conseguenza il Tottenham rallenta nella lotta per un posto in Champions League. Perdendo il derby casalingo con il West Bromwich Albion, il Birmingham precipita al terzultimo posto. La troppa euforia per la vittoria in Carling Cup sembra aver fatto male ai Brummies. Continua il revival del West Ham, che al Boleyn Ground schianta 3-0 lo Stoke. Si tira fuori dalla zona calda della classifica il Fulham, che invece inguaia un Blackburn furioso per il rigore un po' generoso accordato da Mark Clattenburg nei minuti di recupero.

IL TOP – Nell’ottima prestazione di squadra dei Reds, finalmente ai livelli che gli competono, spiccano due nomi: Dirk Kuyt e Luis Suarez. L’olandese mette a segno una tripletta da favola nella giornata forse più bella della sua permanenza ad Anfield Road, l’ex centravanti dell’Ajax fa impazzire la difesa dei Red Devils, per la verità priva di Rio Ferdinand e Nemanja Vidic, con dribbling e giocate ubriacanti.

IL FLOP – È stata la giornata delle papere dei portieri. Figuracce le hanno rimediate anche illustri estremi difensori come Edwin van der Sar e Paul Robinson, ma il liscio di Asmir Begovic dello Stoke sul primo goal del West Ham e il goffo intervento di Alì Al-Habsi del Wigan sul tiro di David Silva a Eastlands (con la palla che rotola beffardamente sotto la gambe dell’estremo difensore originario dell’Oman) si aggiudicano senza dubbio l’Oscar!

LA SORPRESA – Reduce da ben quattro sconfitte consecutive, ancora in attesa di riprendersi del tutto dalla partenza di un bomber di razza come Darren Bent, il Sunderland era ben poco accreditato di poter fare risultato all’Emirates. Certo, c’è voluto pure un pizzico di fortuna, vedere la traversa colpita da Marouane Chamakh per credere, ma tutto sommato il pareggio in casa dell’Arsenal ci può stare.

TOH CHI SI RIVEDE – Non segnava in Premier da circa un anno, dopo la splendida doppietta ai Wolves Jermain Defoe spera di centrare il 100esimo goal in maglia Spurs contro il Milan. Il suo stato di forma appare sensibilmente migliorato, i rossoneri faranno meglio a tenerlo d’occhio.

LA CHICCA – Con quello rimediato contro il West Bromwich Albion, Lee Bowyer ha raggiunto quota 100 cartellini gialli in campionato. È il giocatore più ammonito della storia della Premier (ne ha “raccolti” 56 con il Leeds United, 17 con il West Ham, 14 con il Newcastle e 13 con il Birmingham, la sua attuale squadra).

CONSIGLI PER GLI ACQUISTI – Era dato per sicuro partente, ora che è rimasto al Reebok Stadium Gary Cahill potrebbe essere uno dei pezzi pregiati del mercato estivo. Difensore nel giro della nazionale inglese, sabato contro l’Aston Villa ha tenuto fede alla grande al suo ruolo di ex, segnando addirittura una doppietta.

Scritto per Goal.com

lunedì 7 marzo 2011

Aspettando Tottenham-Milan

Confermarsi ai vertici della Premier, fare più strada possibile in Europa, ma anche “trovare” una casa più grande e confortevole. Non c'è che dire, il Tottenham, giustiziere del Milan nell'andata degli ottavi di Champions League, sta provando in tutti i modi ad affermarsi come una delle potenze assolute del football d'oltre Manica e mondiale. La questione del nuovo stadio è prioritaria, ma non di facile risoluzione. Il glorioso White Hart Lane, che si appresta ad ospitare una delle partite più importanti della storia recente degli Spurs, è ormai tristemente sulle soglie della pensione. L'impianto che dal 1900 ospita le gesta della compagine del nord di Londra è troppo piccolo, visto che può contenere solo 36mila spettatori e fa sempre il tutto esaurito – roba che dalle nostre parti susciterebbe l'invidia di tanti club, compresa qualche grande. E poi si trova in una posizione fin troppo scomoda; la fermata della metropolitana è lontana e la viabilità delle strade adiacenti va in tilt alla fine di ogni partita.

Il pensiero di abbandonare questa storica arena frulla nelle menti dei dirigenti del Tottenham da qualche anno. Le alte sfere societarie avevano anche presentato il progetto di uno stadio molto avveniristico che sarebbe dovuto sorgere nei paraggi di quello attuale (e tutt'ora c'è la possibilità che questo accada), poi hanno provato con un pizzico di furbizia ad accaparrarsi l'Olimpico una volta terminati i giochi del 2012. Un tentativo nato male e finito peggio. Al comitato organizzatore non piaceva l'idea del Tottenham di abbattere quasi tutto lo stadio per costruirne uno nuovo (senza pista), a fronte della promessa di ristrutturare l'attuale stadio nazionale per l'atletica (vetusto e poco capiente). Meglio dare le chiavi dell'impianto al West Ham, che si tiene la pista e non snatura le sue origini – l'Olimpico si trova a Stratford, nell'East End londinese, a un tiro di schioppo dal Boleyn Ground, dove giocano attualmente gli Irons.

A dirla tutta di esempi di “migrazioni” di squadre all'interno della metropoli inglese ce ne sono, sebbene risalgano a parecchi decenni fa. Il Millwall si è spostato dall'Isle of Dogs, nell'East End, a sud, l'Arsenal dalle propagini meridionali a nord, proprio a due passi dalla sede del Tottenham. Era il 1913 e il White Hart Lane era in fase di ristrutturazione e ampliamento per mano del leggendario architetto scozzese Archibal Leitch. Per intenderci, colui che disegnò buona parte degli stadi più importanti del Regno Unito.

I Gunners si resero ancora più antipatici agli occhi dei loro nuovi vicini soffiandogli a tavolino il posto nell'allora First Division una volta finita la Prima Guerra Mondiale. Tutto “merito” dell'allora presidente dell'Arsenal, Henry Norris e, narra la vulgata, della sua comune militanza nella massoneria con il massimo responsabile della lega, John McKenna.

Le numerose vittorie collezionate dalla compagine biancorossa furono ulteriore motivo di attrito per i supporter degli Spurs, che solo molto di recente hanno rivisto la loro squadra tornare a livelli consoni al suo blasone. Tanto che dopo 17 stagioni hanno anche vinto un derby in casa degli odiati nemici.

Al principio degli anni Sessanta, però, i rapporti di forza erano invertiti, eccome. Mentre l'Arsenal rimediava figuracce, Gli Spurs vincevano, e tanto. Merito di un grande tecnico: Bill Nicholson, colui che sta al Tottenham come Alex Ferguson e Matt Busby stanno al Manchester United o Bill Shankly e Bob Paisley stanno al Liverpool. Come Paisley, Nicholson aveva vestito la maglia della squadra che ha poi finito per allenare. Nel 1951, da giocatore, vinse il titolo di campione d'Inghilterra, bissato poi nel 1961 da manager. Tre anni prima la partita d'esordio sulla panchina degli Spurs aveva lasciato presagire i tratti distintivi di quello che sarebbe stato un regno quasi ventennale: vittorie e calcio spettacolo (i londinesi si imposero addirittura 10-4 sull'Everton). Il suo credo stravolgeva un po' i canoni del calcio inglese di quel periodo: niente palla lunga e pedalare, ma palla a terra e una fitta rete di passaggi per ubriacare gli avversari. Non a caso quello del 1961 viene ricordato come uno dei team più forti e pregevoli dal punto di vista estetico della storia del beautiful game. Grazie alla tecnica sopraffina di Danny Blanchflower, il fiuto del gol di Bobby Smith e le ruvide ma efficaci maniere del difensore Dave Mackay, al White Hart Lane arrivò anche la Coppa d'Inghilterra – il Tottenham fu il primo club del Ventesimo Secolo a centrare il double. La FA Cup divenne una sorta di piacevole consuetudine (fu vinta tre volte in sette anni), ma anche in campo continentale i bianchi si fecero valere. Furono il primo club inglese ad aggiudicarsi un trofeo continentale (la Coppa delle Coppe edizione 1962-63), dopo essere stati eliminati solo dal grande Benfica di Eusebio nella Coppa dei Campioni della stagione precedente. Prima di dimettersi nel 1974, disgustato dalla brutta piega che stava prendendo il football, tra hooligan e interessi economici in crescita esponenziale, Nicholson fece in tempo a portare a casa un paio di Coppe di Lega e soprattutto la Coppa Uefa del 1972, nella finale tutta inglese con il Wolverhampton.

Anche in quell'epoca d'oro non mancarono le delusioni e i momenti tristi. A fronte dell'imponente potenziale tecnico (a metà 1961 fu messo sotto contratto anche l'ex milanista Jimmy Greaves), il Tottenham non seppe ripetersi in campionato, condizione indispensabile per giocare la Coppa dalle grandi orecchie. Nel 1964 il talentuoso centrocampista scozzese John White, soprannominato il “fantasma di White Hart Lane” per la sua capacità di comparire dal nulla in area di rigore, morì a soli 27 anni per colpa di un maledetto fulmine che lo colpì sui campi di golf di Enfield, a due passi dallo stadio dove era diventato un beniamino dei tifosi.

Finita l'era Nicholson, agli Spurs è rimasto il peso dei ricordi, con cui è stato difficilissimo convivere. Nonostante i tanti campioni messi sotto contratto dalla società, i fallimenti si sono sprecati, mentre “gli altri” collezionavano trofei sotto la guida di George Graham prima e Arsene Wenger poi.

Adesso sembra finalmente giunto il momento della redenzione, della rivincita. Battere il Milan ed entrare così nelle otto formazioni più forti d'Europa rappresenterebbe l'omaggio migliore alla memoria di Nicholson, che non c'è più dal 2004, e di quella mitica squadra del 1961, di cui proprio in questi mesi si celebra il cinquantennale.

venerdì 4 marzo 2011

Povera coppa, sempre più svalutata...

Bastava leggere la formazione iniziale, per rendersi conto come all'Aston Villa – e soprattutto al suo allenatore – il match contro il Manchester City interessasse ben poco. Vedere la reazione (!) dei Villans dopo il gol del 2-0 di Mario Balotelli non ha fatto che darmi la riprova del fatto che uscire dalla Coppa per la compagine di Birmingham fosse tutt'altro che un dramma. Anzi.

giovedì 3 marzo 2011

Amarcord scozzese

Il campionato 1985-86 nella terra dei castelli e del buon whisky viene generalmente ricordato come uno dei più equilibrati, rocamboleschi e drammatici della storia, almeno per quello che riguarda l’esito finale e solo da un punto di vista sportivo. Per fortuna. Però provate a mettervi nei panni dei tifosi degli Hearts di Edimburgo, che videro la possibilità di rivincere un titolo nazionale dopo 26 anni per “colpa” di un carneade qualunque in un partita troppo scontata per essere vera, e forse vi accorgerete che quella cocente delusione vi sarà rimasta per sempre in mente, che proprio non riuscite a cancellarla.

Ma andiamo con ordine e atteniamoci ai fatti. In quell’epoca il duopolio Rangers-Celtic era stato intaccato dall’Aberdeen di un giovane, ma già vincente, Alex Ferguson, e dal Dundee United poi semifinalista (sconfitto dalla Roma di Pruzzo e Falcao) della Coppa dei Campioni edizione 1983-84. Dalle parti di Edimburgo gli Hearts, quelli vestiti di granata, con la tifoseria protestante e un anno di fondazione remoto come il 1874, speravano di imitare le due compagini appena menzionate. E ne avevano ben donde.

All’inizio della campagna le favorite erano proprio Aberdeen e Dundee United, insieme al Celtic. Poco accreditati i Rangers – che infatti terminarono addirittura in quinta posizione – e gli stessi Hearts, che sembrarono subito dar ragione agli scettici perdendo due delle prime tre partite di campionato (una 2-6 con il St Mirren). Ma dopo Natale la squadra di Edimburgo riuscì a imbroccare una serie di brillanti risultati, garantendosi così la vetta della classifica.

I fulcri della squadra erano l’idolo dei fan John Robertson (attaccante molto prolifico), Sandy Jardine (eletto poi giocatore scozzese dell’anno) e il roccioso difensore Craig Levein (attuale commissario tecnico della nazionale).

Gli Hearts arrivarono all’ultima giornata con due punti di vantaggio sul Celtic. Si badi bene, allora non era stata ancora introdotta la regola dei tre punti per la vittoria. Insomma, bastava un pareggio al Tannadice Park, in casa di un Dundee United che aveva ormai la certezza del terzo posto. Gli Hoops non solo dovevano vincere ma, per superare i rivali in virtù di una miglior differenza reti, avevano l’impellente necessità di fare una scorpacciata di reti contro il St Mirren. Saranno state forse le notizie proprio della gara dei bianco-verdi, subito straripanti e poi impostisi per 5-0, sarà stata la classica paura di vincere, gli Hearts furono protagonisti di una partita nervosa, ben al di sotto del loro abituale standard. Ma tutto sommato lo 0-0 reggeva e a ogni minuto che passava il titolo si avvicinava sempre di più. Poi entrò in campo Albert Kidd, un modesto attaccante che non aveva insaccato un pallone in rete per tutta la stagione.

Negli ultimi dieci minuti di quel match maledetto – almeno per i Jambos – Kidd trafisse l’estremo difensore degli Hearts ben due volte, diventando un eroe assoluto per la metà di Glasgow cattolica e filo-irlandese.

Sfumato il titolo di campioni nazionali, il club del Tynecastle Stadium finì per perdere anche la Coppa di Scozia (0-3 contro l’Aberdeen). Per molti anni a seguire ai poveri Jambos è toccato ascoltare le tifoserie avversarie cantare “You’re forever blowing doubles”, sulle note del meraviglioso inno del West Ham. Ovvero, “Buttate sempre al vento i double”…

mercoledì 2 marzo 2011

Club Shop del Dag & Red


Una foto della trasferta di inizio febbraio che avevo intenzione di postare da un bel po' di tempo...

martedì 1 marzo 2011

Il Punto sulla Premier – Il Manchester United non si ferma, il City balbetta ancora

Dopo la cocente delusione in Carling Cup, ad Arsene Wenger non rimane che rituffarsi nella Premier sperando in qualche passo falso dei rivali di sempre.

COS'E' SUCCESSO – Ventottesima giornata di Premier “monca”, causa la concomitante disputa della finale di Coppa di Lega tra Arsenal e Birmingham City (vinta a sorpresa da questi ultimi) e velata di tristezza per la notizia della prematura scomparsa di Dean Richards. L'ex difensore di Tottenham e Wolverhampton non ce l'ha fatta, dopo anni passati a combattere con coraggio contro una brutta malattia. Spurs e Wolves ricorderanno il povero Richards sabato prossimo, quando per uno scherzo del destino il calendario ha previsto lo scontro diretto al Molineux Ground. Ritornando al fine settimana appena passato, quasi tutto facile per il Manchester United sul campo del Wigan. Oltre alla doppietta del Chicharito Hernandez, infatti, buona prestazione anche del vecchietto Edwin Van Der Sar, autore di due parate decisive nel primo tempo. Il City ripone definitivamente nel cassetto i sogni del primi titolo nel campionato inglese da 43 anni a questa parte pareggiando in casa con il Fulham. In coda importantissima vittoria del Wolverhampton, che in casa schianta il Blackpool, forse un po' stanco dopo l'impegnativo recupero infrasettimanale con il Tottenham. Bene anche l'Everton, “classico” 2-0 al Sunderland, e il West Ham, 3-1 al Liverpool degli ex Glen Johnson e Joe Cole. Pari in extremis del West Bromwich Albion sul campo dello Stoke, ma va segnalato che il gol di Carlos Vela (il secondo consecutivo) era da annullare per una netta posizione di offside. Nella sfida che può valere un posto in Europa League, bel pareggio tra Newcastle e Bolton.

IL TOP – Il nuovo Ole Gunnar Solskjaer, attaccante norvegese degli anni Novanta con un incredibile rapporto minuti giocati-gol segnati, viene dal Messico e si chiama Chicharito Hernandez. Nonostante la giovane età e le difficoltà di ambientamento che spesso i giocatori sudamericani vivono alla prima stagione in Premier, l’ex centravanti del Guadalajara si fa valere ogni qualvolta Alex Ferguson lo mandi in campo, sia da titolare – come accaduto a Wigan – sia come sostituto di Dimitar Berbatov o Wayne Rooney. I numeri parlano chiaro: fin qui ha segnato 9 goal in 18 partite di Premier. Una media in pieno stile Solskjaer.

IL FLOP – La vendetta di Mark Hughes – protagonista di un piccolo screzio a fine match con Roberto Mancini – si abbatte su un Manchester City che però fa ben poco per ostacolare i bellicosi propositi del suo ex manager. Come detto dallo stesso Mancio, nonostante il gol Mario Balotelli deve dare di più, ma nel complesso è l’intera squadra a prendersi troppe pause e a non riuscire a chiudere match sulla carta non impossibili come quello con i Cottagers. Ora i Light Blues farebbero bene a guardarsi alle spalle, Chelsea a Tottenham non sono troppo distanti. Non qualificarsi per la Champions League 2011-12 equivarrebbe ad apporre la parola fine sull’avventura di Mancini a Eastlands.

LA SORPRESA – Un West Ham finalmente concreto in fase offensiva e non troppo pasticcione in difesa – gol di Glen Jonhson a parte – pone termine alla striscia di otto partite senza sconfitte del Liverpool. Che proprio gli Irons, da mesi “affezionati” alla zona retrocessione, potessero riuscire nell’impresa è cosa quanto mai inaspettata.

TOH CHI SI RIVEDE – Una delle grandi promesse del calcio inglese, l'ex attaccante del Watford Ashley Young era reduce da qualche mese di totale appannamento, coinciso con il periodo di vacche magre della sua attuale squadra, l'Aston Villa. La doppietta al Blackburn è un confortante segnale di ripresa, che Young aveva già palesato nelle ultime settimane, segnando anche un gol nella recente trasferta danese della nazionale inglese.

LA CHICCA – In 12 partite in Premier, il Wigan ha sempre perso con il Manchester United, subendo 41 gol a fronte di solo 4 segnati. Anche il precedente in Coppa di Lega (0-4 nella finale del 2006) non contribuisce certo a migliorare le statistiche per i poveri Latics.

CONSIGLI PER GLI ACQUISTI – Il ventiquattrenne centrocampista di origini ivoriane Cheik Tiote ha appena rinnovato il contratto con il Newcastle fino al 2016-17, a riprova dall’immenso valore aggiunto che ha subito garantito alla compagine del nord dell’Inghilterra. Ma attenzione, sembra che alcune grandi squadre, tra cui il Chelsea, abbia messo gli occhi su di lui, per cui non è sicuro che possa rimanere al St James’ Park per così tanti anni.

Scritto per Goal.com