mercoledì 29 dicembre 2010

Filbert Street


Ieri uno dei telecronisti di Sky, il bravo Nicola Roggero, ha affermato che il Manchester City si sarebbe recato al Filbert Street per sfidare il Leicester City in un incontro valido per il terzo turno della FA Cup. Un errore che ci può stare, specialmente agli amanti del calcio inglese d'antan come Ruggero. Dal 2002, infatti, i Foxes non giocano più nell'impianto qui parzialmente ritratto in una foto d'epoca, bensì al nuovo e moderno Walkers Stadium.

martedì 28 dicembre 2010

Il Boxing Day di Premier commentato per Goal.com

Le due compagini di Manchester viaggiano a gonfie vele, mentre quelle di Liverpool non scendono nemmeno in campo a causa dei due rinvii per maltempo che complicano ulteriormente il calendario della Premier. Chelsea, la crisi continua.

COS'E' SUCCESSO – La classicissima della diciannovesima giornata della Premier, il derby tra Arsenal e Chelsea, si chiude con l'ennesima delusione di questo fine 2010 per Carlo Ancelotti. I Blues incassano la quinta sconfitta in campionato e vedono allontanarsi in maniera preoccupante la vetta della classifica. Tutto facile per le altre grandi, guidate rispettivamente da Dimitar Berbatov, Carlos Tevez e Rafa Van Der Vart, tutti autori di una doppietta. Ma se lo United ha avuto vita molto facile contro il Sunderland – dodicesima sconfitta subita da Steve Bruce su sedici match giocati contro Alex Ferguson – meno agevole è stato il compito dei Light Blues e soprattutto degli Spurs, in 10 per oltre un'ora di gioco a causa di un cartellino rosso forse comminato in maniera troppo frettolosa a Jermain Defoe. La sfida tra le due rivelazioni Bolton e West Bromwich Albion arride agli uomini di Owen Coyle, che riagguantano il sesto posto a scapito del Sunderland. Il calendario prevedeva due scontri diretti in fondo alla classifica, entrambi rivelatisi favorevoli alle squadre in trasferta. Mentre il West Ham, vincendo in rimonta al Craven Cottage, abbandona l'ultimo posto, il blitz del Wigan in casa dei Wolves permette ai Latics di uscire addirittura dalla zona caldissima della Premier.

IL TOP – Di recente lo abbiamo criticato per le stucchevoli moine atte a spuntare un ritocco contrattuale. Certi “trucchetti” Carlo Tevez farebbe bene a scordarseli per sempre e pensare solo a giocare. Cosa che gli riesce benissimo, qualsiasi maglia indossi. Al City i tifosi lo venerano come un idolo non solo perché per giocare a Eastlands ha tradito i cugini dello United, ma anche per la facilità con cui fornisce performance come quella contro il Newcastle. Due gol, un assist e determinazione da far invidia al Ringhio Gattuso dei bei tempi e chi si ricorda più della richiesta – poi ritirata – di essere ceduto?

IL FLOP – Il Fulham era reduce da due campionati di alto profilo e da una finale di Europa League persa per un soffio. Adesso la compagine bianconera, passata dalla gestione di Roy Hodgson a quella di Mark Hughes, è invischiata nella lotta per non retrocedere. E se specialmente in difesa si commetteranno errori capitali come quelli palesati domenica contro una diretta concorrente quale il West Ham – quasi sorpreso da tanta grazia – la caduta in Championship è tutt'altro che da escludere. Sempre che Al Fayed non trovi subuto una valida alternativa a Hughes...

LA SORPRESA – Lo aveva detto anche Cesc Fabregas: “L'Arsenal non sa vincere con le grandi”. E allora il sonoro 3-1 inflitto al Chelsea, con il quale i Gunners avevano perso le ultime cinque sfide in campionato, può essere considerato un evento inaspettato. I ragazzi di Arsene Wenger hanno giocato senza dubbio molto bene ma, altra sorpresa, questa volta in negativo, c'è da considerare la pessima prestazione della difesa del Chelsea. Prestazione sulla quale deve riflettere, e molto, Ancelotti.

TOH CHI SI RIVEDE – Ultimamente non aveva giocato moltissimo, vuoi per problemi di natura fisica, vuoi per la rotazione adottata da Ferguson. Ammirare Ryan Giggs dispensare tocchi di classe, come accaduto con il Sunderland nel fine settimana, diventa allora un'occasione da cogliere al volo. Il mago gallese ha 37 anni e la data del suo ritiro si avvicina sempre di più. Purtroppo.

LA CHICCA – Fino al termine degli anni Sessanta la partita del Boxing Day o addirittura del giorno di Natale veniva replicata, ovviamente a campi invertiti, dopo sole 24 o 48 ore. Poteva così capitare che il Manchester United perdesse 6-1 a Burnley il 26 dicembre del 1963, per poi prendersi la rivincita due giorni dopo all'Old Trafford, battendo i Clarets 5-1.

CONSIGLI PER GLI ACQUISTI – Le speranze di salvezza del Wigan sono legate alle giocate del talentuoso colombiano Hugo Rodallega. Uno che ha i numeri da attaccante di spessore e che segna gol di notevole fattura, come quello di vitale importanza rifilato ai Wolves.

giovedì 23 dicembre 2010

Pensierino su Balotelli

Potrebbe sembrare che parlando di Mario Balotelli quasi voglio “sparare sulla croce rossa”. Criticato, difeso, insultato, l’ex interista è continuamente nell’occhio del ciclone. Però, al di là dei suoi atteggiamenti in campo (spesso da deprecare) e di come viene trattato da alcuni pseudo tifosi italiani (che andrebbero sbattuti in galera), il ragazzo farebbe bene a sfruttare al massimo la sua esperienza in Inghilterra, acquisendo un po’ di quella cultura sportiva che tanto manca dalle nostre parti. Quindi basta plateali lamentazioni quando gioca e basta dichiarazioni su un ipotetico futuro al Milan. Pensasse a farsi amare dai supporter del City, no?

lunedì 20 dicembre 2010

Altro record per The Wizard


Alex Ferguson in questi giorni ha superato il record di Matt Busby (24 anni, un mese e 13 giorni) come manager più longevo della storia dei Red Devils. Complimenti.

mercoledì 15 dicembre 2010

Quando a vincere è il maltempo

Il Generale Inverno ha già fatto sentire la sua gelida mano sul calcio inglese e, almeno stando alle previsioni dei metereologi, nelle settimane a venire non mollerà la presa. Se in Premier fino a questo momento l’unica partita rinviata è stata Blackpool-Manchester United, nelle divisioni minori sono numerose le partite da recuperare. A breve, ne siamo certi, ripartirà il dibattito sull’eventualità di introdurre o meno una pausa invernale, sull’esempio di altri campionati illustri, come quello tedesco. Parecchi allenatori delle big, Arsene Wenger in primis, sono favorevoli, ma per il momento dovranno fare buon viso a cattivo gioco e tuffarsi nella solita, splendida, abbuffata di calcio prevista per tutto il periodo delle vacanze natalizie.

La storia del Beautiful Game è punteggiata da inverni freddi e nevosi, con tutto quello che ne consegue, ma la stagione 1962-63 non ha avuto eguali. Il Natale del 1962 è ricordato come il più “tragico” del punto di vista atmosferico, con rinvii a non finire. L’apice si toccò il primo dell’anno: non si giocò nemmeno un match di tutti quelli in programma nelle categorie professionistiche. Il 5 gennaio si tennero solo cinque sfide del terzo turno di Coppa d’Inghilterra che fu poi possibile completare solo l’11 marzo. Il Big Freeze di quei giorni fece registrare temperature intorno ai -20 e abbondanti nevicate su tutto il Paese, stabilendo dei record che ancora resistono negli annali della meteorologia britannica. Roba che nemmeno con le attrezzature attuali – campi riscaldati e altre amenità – si sarebbe potuto ovviare al problema. Il danno a tutto il movimento del football fu talmente esteso che ci si dovette inventare una sorta di “schedina” virtuale per facilitare il compito degli scommettitori – un gruppo di esperti, tra cui gli ex giocatori della nazionale Tom Finney, Tommy Lawton and Ted Drake si riunì “a porte chiuse” per deliberare un pronostico sulle varie partite in programma, pronostico che poi sarebbe valso come risultato finale qualora a vincere fosse stato il maltempo.

Tanto per intendersi, il primo turno di campionato senza intoppi dopo l’ondata di maltempo fu quello del 16 marzo, ovvero quando il Barnsley disputò solo la sua seconda partita in tre mesi e il Blackpool poté allestire la prima sfida casalinga al Bloomfield Road dal 15 dicembre dell’anno precedente. Il terreno di gioco era così ghiacciato che gli storici dei Seasiders narrano di calciatori che a inizio gennaio si divertirono a pattinarci sopra (episodi simili si verificarono anche a Halifax, che allora vantava un club in Third Division). A Norwich si provò, senza successo, a sciogliere il ghiaccio con un incendio pilotato. Una volta scioltosi, infatti, ci metteva pochi minuti a riconsolidarsi…

Il record di rinvii, però, non appartiene al calcio inglese. A battere tutti è stata la gara valida per il terzo turno di Coppa di Scozia tra l’Airdrie e lo Stranraer: ci vollero ben 34 tentativi prima di poter vedere scendere in campo i 22 giocatori. Alla fine si impose l’Airdrie, con il 3-0 più sofferto della storia.

martedì 14 dicembre 2010

Maradona al Blackburn?

Credo che sia altamente improbabile, forse è sola una boutade giornalistica. Se mai dovesse accadere, spero che duri molto poco, anche perché in Inghilterra nessuno, tifosi dei Rovers compresi, lo accoglierebbe a braccia aperte...

Il Punto sulla Premier League – Ferguson batte Wenger, lo United vola in classifica

Torna in vetta il Manchester United, che ha anche una partita in meno rispetto alle dirette rivali. Dopo le partitissime di questo fine settimana, domenica prossima è in programma un succulento Chelsea-Manchester United, con i Blues costretti a vincere ad ogni costo.

COS'E' SUCCESSO – Monday Night di gran lusso all'Old Trafford, i padroni di casa ospitano l'Arsenal capolista. Partita non bellissima, decisa da un gol un po' casuale di Park, ma tutto sommato è giusto che i tre punti siano andati allo United. Poche le palle gol per i Gunners, che falliscono l'ennesimo esame importante degli ultimi anni. Nell’altro big match di giornata il Tottenham non riesce a peggiorare la crisi del Chelsea, vuoi per le papere del suo portiere, vuoi per l’incapacità di sferrare il colpo del ko, e anzi rischia la beffa nei minuti finali, quando Didier Drogba spreca il rigore della vittoria. La grana Tevez mette in secondo piano il successo del Manchester City sul campo di un West Ham sempre più ultimo. Mario Balotelli non incide più di tanto, litigando con l’arbitro e facendosi ammonire prima della giusta sostituzione operata da Roberto Mancini. Meglio, molto meglio Yaya Touré e David Silva, al momento i veri trascinatori di una squadra sempre sull’orlo di una crisi di nervi. Boccata d’ossigeno per il Wolverhampton, che vince il derby con il Birmingham. Sempre in coda deludenti pareggi casalinghi per Everton e Fulham, mentre l’Aston Villa si riprende sconfiggendo un West Bromwich Albion a dir poco sfortunato – nel primo tempo il dominio dei Baggies è stato pressoché totale. Molto delicato il match che il Newcastle, orfano del reietto Chris Hughton, si aggiudica nei confronti di un Liverpool appena discreto. A proposito di allenatori licenziati, la sconfitta al Reebok Stadium di Bolton costa cara a Sam Allardyce, che a sorpresa è stato esonerato dal Blackburn.

IL TOP – Tutti lo davano per partente, con destinazione Spagna. E invece Nemanja Vidic si è ritrovato con un nuovo contratto e la fascia di capitano del Manchester United. Risolto il nodo della sua permanenza nel Lancashire, ha iniziato a sfoderare prestazioni da grande baluardo difensivo. Per informazioni chiedere agli avanti dell'Arsenal.

IL FLOP – Potremmo citare senza difficoltà le “imprese” di Aurelho Gomes o l’ennesima pessima prova di Nicolas Anelka, ma forse per una volta val la pena citare qualcuno che nel fine settimana non ha nemmeno calcato i campi della Premier: Carlos Tevez. Per carità, non conosciamo le sue ragioni per chiedere di lasciare il City. Potranno essere valide e del tutto condivisibili, però destabilizzare un ambiente già sufficientemente esplosivo in un momento così delicato della stagione non ci sembra una mossa tra le migliori fatte da un giocatore che già in passato si era distinto per un carattere tutt’altro che facile.

LA SORPRESA – Forse è giunto il grande momento: Arsene Wenger ha finalmente deciso di mettere in naftalina i vari Almunia e Fabianski e dare spazio a un giovane polacco dal cognome pressoché impronunciabile ma dal futuro molto brillante: Wojciech Szczesny. Il ventenne ragazzone, che l'anno scorso benissimo aveva fatto durante il periodo di prestito al Brentford, compagine londinese di League One, ha mostrato tutte le sue qualità in un esordio da far tremare le vene dei polsi: nientemeno che in casa del Manchester United. Incolpevole sul gol, the Wall, come lo avevano ribattezzato al Griffin Park, ha compiuto almeno un paio di ottimi interventi. Sulla carta Fabianski era infortunato, però se stava in panchina forse c'era qualcun altro che meritava più fiducia...

TOH CHI SI RIVEDE – Era reduce da una lunga squalifica – l’ennesima della sua travagliata carriera – per aver picchiato a gioco fermo il povero Morten Gamst Pedersen del Blackburn Rovers. Joey Barton è tornato alla grande siglando la rete del 2-1 del suo Newcastle contro il Liverpool. Poter parlare di lui, comunque un centrocampista dalle buoni doti tecniche, per qualcosa di positivo fa sempre piacere. Non a caso sembra che il neo manager Alan Pardew lo voglia tenere in squadra. Speriamo solo di non dover più trattare delle sue “marachelle”.

LA CHICCA – Prima dell'inizio del match del Britannia Stadium, è stato reso omaggio alla leggenda Stanley Matthews, giocatore simbolo sia del Blackpool, con cui vinse la FA Cup nel 1953, che dello Stoke City, con cui esordì a 17 anni e finì la carriera alla veneranda età di 50 primavere. Un simbolo del calcio inglese, nativo proprio dei paraggi di Stoke, ricordato con grande calore da entrambe le tifoserie.

CONSIGLI PER GLI ACQUISTI – Charlie Adam è il regista, la mente pensante del Blackpool. Lo scozzese è stato inspiegabilmente lasciato partire dai Rangers per fare poi le fortune dei Seasiders, che hanno saputo valorizzare al massimo la sua buona visione di gioco. E se potesse tornare utile anche a qualche squadra di caratura medio-alta?

Pubblicato oggi da Goal.com

sabato 11 dicembre 2010

Non c’è pace al St James’ Park

“Continuiamo a farci del male”. Una delle espressioni più usate – e abusate – del cinema morettiano potrebbe essere ripresa come il nuovo motto ufficiale del Newcastle United F.C. Appena le Magpies sembrano uscite dal tunnel, provano a risollevare la cresta bagnata da troppe bufere, ecco che arriva la “mazzata”, troppo spesso auto inflitta. Come definire altrimenti l’enigmatico licenziamento di Chris Hughton, con la scusa che l’ex giocatore del Tottenham e per molti mesi allenatore ad interim dei bianconeri “non era all’altezza di un campionato difficile come la Premier”? Certo, il povero Chris aveva solo riportato il club nella massima divisione inglese stravincendo la Championship e al momento del licenziamento lo United era undicesimo, roba che due anni fa, quando la compagine bianconera perdeva strisce infinite di partite, i tifosi della Toon Army se la sognavano.

E invece via con la sesta panchina saltata in tre anni per la volontà dell’odiato proprietario Mike Ashley di mettere sotto contratto niente meno che Alan Pardew, cacciato dal Southampton (League One) qualche settimana fa. Proprio nella città da dove partì il Titanic il buon Alan stava provando a rifarsi una carriera dopo i fragorosi fallimenti sia al West Ham che al Charlton. Certo, di esperienza in Premier Pardew ne ha, quel che gli difettano sono i risultati… Nel frattempo il capitano Kevin Nolan e il super-veterano Sol Campbell non l’hanno certo mandata a dire: per loro, e il resto dello spogliatoio, con Hughton si lavorava molto bene e non meritava una sorte del genere. Licenziarlo è stato un provvedimento “senza senso”. E oggi la Toon Army promette contestazioni, sia per Ashley che per Pardew. Diciamo che la cosa non mi sorprende.

mercoledì 8 dicembre 2010

8-2 dopo i supplementari!

Se non è un record, poco ci manca. A memoria non ricordo una partita che si sia mai sviluppata in questo modo: ospiti in vantaggio di due reti, rimonta dei padroni di casa, che poi nei tempi supplementari dilagano segnando ben sei gol. E' successo al vecchio Brisbane Road, ora Matchroom Stadium, tra Leyton Orient e Droylsden. Tanto per confermare che la gara è stata a dir poco scoppiettante, entrambe le squadre hanno terminato i 120 minuti di gioco in nove uomini. Ah, dimenticavo, era il replay del secondo turno di FA Cup...

martedì 7 dicembre 2010

Nasri, goal e magie, il Chelsea non vince più, risorge il Liverpool

Il solito punto Premier per Goal.com.

L’Arsenal sale al primo posto grazie all’ennesimo passo falso del Chelsea e al contemporaneo rinvio dell’incontro del Manchester United a Blackpool, causa il terreno ghiacciato del Bloomfield Road.

COS'E' SUCCESSO – Nel secondo cambio al vertice nell’arco di due sole settimane ci mette lo zampino il grande freddo che ha investito tutto il Regno Unito. Se nelle divisioni minori non si è quasi giocato, in Premier l’unico a rimanere ai box è stato il Manchester United, che ha così passato il testimone all’Arsenal neocapolista, vittorioso contro un sempre più malmesso in classifica Fulham. Come riconosciuto dallo stesso Carlo Ancelotti nelle interviste post-partita, al Chelsea non basta un primo tempo giocato a buoni livelli, specialmente se la seconda frazione di gara è deludente e l’Everton ne può comodamente approfittare. Il Manchester City supera il difficile ostacolo del Bolton con il solito timbro di Carlos Tevez, ma Roberto Mancini non si può godere appieno i tre punti a causa dell'espulsione di Aleksandar Kolarov e dell'ennesimo litigio proprio con l'Apache. Nel Monday Night è amarissimo il ritorno ad Anfield Road di Gerard Houllier. In assenza dei titolari, bastano le “riserve” Ryan Babel e David Ngog a schiantare l'Aston Villa, ormai ufficialmente impelagato nella lotta per non retrocedere. Buon per i disastrati Villans che dietro West Ham e Wolverhampton continuino a perdere e anche il Wigan, nel match casalingo con lo Stoke City, riacciuffi a stento il pari.

IL TOP – Vedersi appiccicata l’etichetta di “nuovo Zidane” è quanto di più scomodo e ingombrante possa succedere ai giocatori francesi del nuovo Millennio. Samir Nasri, anch’egli di origini algerine, non ha fatto eccezione. Dopo due stagioni abbastanza buone, sebbene segnate da qualche infortunio di troppo, quest’anno il centrocampista dell’Arsenal è esploso definitivamente. Forse perché ha la possibilità di accentrarsi di più, anche a causa delle continue assenze di Cesc Fabregas, Nasri sta fornendo con continuità prestazioni eccellenti. Il suo momento d’oro, da miglior Gunner di questa parte finale del 2010, ha avuto l’apice nel difficile derby interno con il Fulham. I suoi due goal (che si aggiungono ai sei già segnati in precedenza in Premier) hanno ricordato le movenze e l’abilità tecnica di Zizou. Ça va sans dire…

IL FLOP – Un bell'ex aequo se lo meritano la dirigenza del Newcastle e giocatori e staff tecnico dei Wolves. La prima per aver licenziato in maniera del tutto inaspettata un allenatore come Chris Hughton, che aveva riportato le Magpies in Premier, tenendole poi a galla in questo primo segmento di stagione. I secondi per l'ennesima prestazione molto deludente n casa di una diretta concorrente per evitare il tonfo in Championship. Le tre sberle rimediate all'Ewood Park di Blackburn sono senza dubbio un pessimo segnale per il Wolverhampton.

LA SORPRESA – Negli ultimi quattro precedenti in campionato, l’Everton aveva sempre pareggiato allo Stamford Bridge. Visto il pessimo stato di forma dei Toffees, in pochi credevano nell’impresa anche quest’anno, nonostante pure il Chelsea non attraversi un periodo memorabile di forma. E invece proprio il redivivo Jermaine Beckford ha negato i tre punti alla squadra che lo aveva scartato quando era solo un ragazzino di belle speranze, causando ulteriori problemi a Carlo Ancelotti. La sua panchina, dopo soli cinque punti in sei incontri, non appare più così salda.

TOH CHI SI RIVEDE – Il suo momentaneo calo di rendimento era coinciso con il brutto periodo attraversato dalla sua squadra, il West Bromwich Albion. Contro il Newcastle, Peter Odemwingie ha ritrovato la via della rete, mettendo a segno la sua prima doppietta in Premier. Risultato, per i neopromossi Baggies la parte sinistra della classifica è ormai divenuta una piacevole abitudine.

LA CHICCA – Anche grazie a un prodigioso intervento su un tiro ravvicinato di Gabiel Agbonlahor, Pepe Reina diventa l'undicesimo portiere della storia della Premier a non concedere segnature agli avversari in 100 partite di campionato.

CONSIGLI PER GLI ACQUISTI – Dopo la settimana scorsa con Danny Welbeck, proseguiamo l’elenco delle giovani promesse del Sunderland. Jordan Henderson, a differenza del suo collega attaccante, opera a centrocampo ed è di proprietà dei Black Cats. Parecchi club hanno già messo gli occhi sulle sue doti tecniche e non a caso Fabio Capello lo ha fatto esordire in nazionale alla tenera età di 20 anni. Non segna tantissimo, però quello di domenica al West Ham è stato un goal di ottima fattura.

domenica 5 dicembre 2010

Le due coppe finite nel dimenticatoio

Per il calcio inglese gli anni Ottanta sono sinonimo di declino, violenza e tragedie. Uno dei più terribili eventi luttuosi di quel controverso decennio, il dramma dell'Heysel, tra i tanti suoi strascichi comportò anche l'esclusione delle squadre dell'allora First Division dalle competizioni europee dal 1985 al 1990. Mentre si gettavano i semi per la rinascita del Beautiful Game ripensando come gestire l'ordine pubblico e ricostruire gli stadi, le alte sfere di Federazione e Lega provarono a trovare una soluzione al vuoto, anche economico, lasciato dalla mancata partecipazione alle Coppe continentali – che, ironia della sorte, negli Anni Settanta e nella prima parte degli Ottanta erano spesso appannaggio dei team inglesi.
Nacquero così la Full Members Cup e la Screesport Super Cup. Due tornei dalla vita breve il primo, brevissima (una sola edizione) il secondo.

Creata su idea dell'allora presidente del Chelsea Ken Bates, la Full Members Cup fu osteggiata dai grandi club – quelli che in teoria erano abituati a giocare in Europa – tanto che Liverpool, Manchester United, Arsenal e Tottenham non vi presero mai parte, mentre l'Everton (allora una vera potenza del football d'oltre Manica) si cimentò solo due volte. Nel 1985 furono 21 le compagini iscritte, 41 sette anni dopo, quando ci fu il canto del cigno della coppa in quel momento sponsorizzata dalla Zenith Data Systems. La scarsa affluenza di spettatori fu subito un chiaro sintomo del ridotto interesse per l'evento. Tolte le finali, solo quattro partite in totale fecero registrare più di 20mila spettatori. Certo, dal momento che gli atti conclusivi si disputavano a Wembley, in quelle occasioni il discorso cambiava.
Nel 1990 Chelsea vs Middlesbrough fu seguita sugli spalti da 76mila tifosi.

I Blues non erano ancora diventati ricchi e potenti grazie ai petrorubli di Roman Abramovich. Per la verità non se la passavano benissimo né a livello societario né sul campo, così che le due affermazioni nella Full Members Cup furono festeggiate a dovere dalle parti di Stamford Bridge. Nel 5-4 inferto al Manchester City nel 1986, la tripletta di Gary Speed fu la prima segnata da un giocatore sul sacro suolo di Wembley dopo la ben più celebre di Geoff Hurst nella finale dei mondiali del 1966. Nottingham Forest (due volte), Blackburn Rovers, Crystal Palace e Reading completano l'elenco dei vincitori.

La Screensport Super Cup ebbe sorte ancor peggiore. Già la formula di due gironi composti da tre squadre, con una sola eliminazione, non lasciava presagire nulla di buono e nemmeno la presenza delle prime cinque della classifica 1984-85 (Everton, Liverpool, Tottenham, Manchester United e Southampton, mentre la sesta era il Norwich City, vincitore della Coppa di Lega) face mai decollare una competizione snobbata dai tifosi come nulla in passato – tanto per citare un esempio, i 7.548 che si scomodarono per assistere al match casalingo contro l’Everton contribuirono a stabilire un record negativo per gli Spurs dal 1947 a quella parte. Il Times bollò la coppa come “una versione allargata del Trivial Pursuit” e le due finaliste, i due club di Liverpool, erano così vogliose di disputarsi il trofeo che la doppia finale si disputò addirittura all’inizio della stagione 1985-86! I Reds ebbero vita facile – 3-1 ad Anfield, 4-1 al Goodison Park – ma non ci sono dubbi che la coppa (una brutta copia della vecchia Coppa Intercontinentale) suscita la curiosità della maggioranza dei tifosi che visitano la sala dei trofei dello stadio del Liverpool.

Poi la nottata passò, il bando europeo fu levato e la neonata Premier portò con sé vagonate di quattrini e di sponsor. E nessuno si ricordò più di un esperimento andato male.

venerdì 3 dicembre 2010

Inghilterra, un’altra delusione Mondiale

Una volta deciso che il Mondiale del 2018 sarà organizzato dalla Russia e non dall’Inghilterra, si è scatenata la caccia alle ragioni del fallimento del progetto messo in piedi dalla Football Association e dal governo di Sua Maestà. La solita arroganza britannica – vista la presenza a Zurigo per la decisione finale del principe William e del Premier David Cameron – e i media troppo ficcanaso, le motivazioni più gettonate.

Al di là del mea culpa subito recitato da David Beckham – “chiediamo scusa ai tifosi per quanto accaduto”, dal campo inglese si sono invece sprecate le accuse, sia da parte dell’inquilino di Downing Street – “secondo la Fifa noi abbiamo presentato la migliore candidatura sia da un punto di vista tecnico che commerciale, siamo anche appassionati di calcio, ma tutto questo stranamente non è bastato” – che del presidente del comitato organizzatore, Andy Anson, il quale non ci è andato certo leggero. "Non sono sicuro di quello che è successo. È chiaro che ci hanno promesso il loro voto e poi non ci hanno scelti.

Non siamo stati ingenui, sapevamo tutto quello che stava accadendo” si è lamentato, paventando complotti di palazzo che hanno sbarrato la strada alla candidatura inglese sin dal primo turno di votazioni. La real politik e gli interessi geopolitici della Fifa hanno quindi avuto il sopravvento. Le inchieste di BBC e Sunday Times sui comportamenti poco puliti di alcuni membri del governo mondiale del calcio avranno pure inciso, ma, visto che scoperchiavano un vaso di pandora e denotavano un accurato lavoro giornalistico non possono subire alcun tipo di critica – oltre Manica c’è chi le ha definite “antinazionalistiche”, temendo i possibili impatti negativi che poi forse ci sono stati – ma vanno solo elogiate.

La delusione è tanta. Certo è singolare che il Paese che ha dato il football al mondo e che al momento ha degli impianti e un’organizzazione magistrale ha sinora ospitato solo una fase finale della Coppa del Mondo – peraltro nel lontano 1966. I puristi e i tradizionalisti, però, se ne sono subito fatti una ragione, pensando che alcuni stadi – City Ground di Nottingham in primis – non andranno così in pensione e centri con poca tradizione calcistica come Milton Keynes non ospiteranno (un po’ immeritatamente, visto che fino a pochi anni fa non aveva una squadra di calcio e l’ha dovuta “scippare” al Wimbledon) niente meno che qualche gara di un Mondiale.

mercoledì 1 dicembre 2010

No allo stadio Olimpico

Questo più o meno il messaggio che campeggiava su una bandiera che alcuni tifosi del West Ham presenti nella East Stand del Boleyn Ground hanno esposto in maniera continuativa durante il match di Carling Cup stravinto dagli Irons contro il Manchester United. Stando però alle ultime notizie sembra proprio che lo stadio olimpico dopo i Giochi del 2012 sarà la nuova casa del West Ham.

lunedì 29 novembre 2010

Il punto sulla Premier

Per la prima volta dallo scorso aprile il Chelsea abbandona la vetta della Premier, facendosi scavalcare da un dilagante Manchester United, che con i sette gol al Blackburn raddrizza anche la differenza reti. Tra le grandi solo Arsenal e Tottenham tengono il passo dei Red Devils.

COS'E' SUCCESSO – Da un po’ la Premier non proponeva risultati roboanti come il 7-1 con cui il Manchester United ha schiantato un Blackburn troppo brutto per essere vero. Le goleade del Chelsea sembrano ormai un lontano ricordo, ma almeno al St James’ Park di Newcastle i Blues hanno evitato di rimediare la quarta sconfitta nelle ultime cinque partite. Al nono gol in campionato di Andy Carroll, favorito dall’ennesima papera difensiva dei londinesi, ha risposto il sempre valido Salomon Kalou. Bene l’Arsenal, che ha gioco facile sull’Aston Villa grazie al solito, immenso Samir Nasri. Delude il Manchester City, che a Stoke prima subisce, poi si risolleva e trova il gol del vantaggio, finendo per farsi trafiggere nei minuti di recupero. Sempre oltre il 90esimo un buon Liverpool lascia l’intera posta in palio al Tottenham, ormai “abituatosi” a capovolgere gli incontri di cartello. In coda continua a non vincere il Fulham, mentre tornano al successo sia il Wolverhampton che il West Ham, nel quale segnano due vecchie conoscenze del campionato italiano: Valon Berhami e Victor Obinna.

IL TOP – E’ pur vero che il Blackburn Rovers sembrava una squadra arrivata all’Old Trafford solo per fare da sparring partner e nulla più, ma segnare cinque gol in Premier non è mai impresa da poco. Dimitar Berbatov è balzato in testa alla classifica dei capocannonieri (11 in totale le sue marcatute) gettandosi alle spalle alcune settimane di forma un po’ precaria, anche a causa di qualche acciacco che gli aveva impedito di continuare sulla falsariga dell’inizio stagione. Ovvero quando i gol fioccavano come la neve che sta imbiancando mezza Inghilterra. La partnership con Wayne Rooney sembra funzionare alla grande, visto che l’attaccante della nazionale inglese sta tornando ai suoi livelli abituali. Ferguson ringrazia sentitamente…

IL FLOP – Aveva già buttato punti al vento sia con il Manchester United che con il Blackburn, ma la condotta di gara nel match che lo vedeva opposto all’Arsenal ha messo in evidenza ancora di più il pessimo momento di forma che sta attraversando l’Aston Villa. Il 2-4 finale è addirittura bugiardo per difetto; i Villans hanno prodotto pochissimo e si sono ritrovati ancora in partita solo ed esclusivamente per le amnesie difensive dei Gunners e per la loro quasi atavica incapacità di chiudere sfide dominate sin dal primo minuto. Ormai le attenuanti del caso O’Neill non reggono più e Gerard Houllier deve fare in fretta a recuperare alcune pedine fondamentali del Villa, in primis Ashley Young, apparso anche sabato vittima di un’involuzione a dir poco preoccupante.

LA SORPRESA –
Il fine settimana non ha proposto risultati o episodi particolarmente eclatanti. Una mezza sorpresa è stato il pareggio in extremis dello Stoke City, non perché i Potters fossero dati come sicuri perdenti al cospetto del Manchester City, ma proprio perché dal team allenato da Roberto Mancini non ci si aspettava un’ingenuità come quella che ha permesso l’1-1 di Matthew Etherington. Fa abbastanza sensazione pure la vittoria del disastrato Wolverhampton sul Sunderland, tra le squadre più in forma del momento.

TOH CHI SI RIVEDE – L’esordio stagionale da titolare di Sol Campbell è coinciso con il big match interno del Newcastle con il Chelsea, e il trentaseienne difensore ex Tottenham e Arsenal tutto sommato se l’è cavata in maniera egregia contro Drogba e compagni. La sua esperienza ormai ultra-decennale può senza dubbio tornare molto utile alle Magpies, brave a tenere testa a un Chelsea ancora non al meglio.

LA CHICCA – Tim Cahill arriva a stento al metro e ottanta, eppure ha segnato 16 dei suoi ultimi 20 gol di testa. Un vero fenomeno, se non addirittura il migliore della specialità, almeno in rapporto alla sua stazza. Peccato per i Toffees che la sua ottava realizzazione stagionale non abbia evitato loro il terzo tracollo casalingo contro un West Bromwich peraltro di recente in calo.

CONSIGLI PER GLI ACQUISTI – Ancora non è dato sapere se Danny Welbeck è uno dei tanti giovani prodotti dal vivaio del Manchester United che sarà venduto per fare cassa, come si è verificato negli anni passati per altri casi. Certo, dopo le quattro reti messe a segno in tre partite in cui il ragazzino se l’è cavata alla grande, Ferguson potrebbe fare più di un pensierino a tenerlo in rosa una volta rientrato dal prestito al Sunderland.

Scritto per Goal.com

giovedì 25 novembre 2010

Carroll, la speranza del Newcastle

In campo ricorda Alan Shearer, fuori Paul Gascoigne. Andy Carroll è già pronto per entrare nel Pantheon della Toon Army, la caldissima tifoseria del Newcastle United, deve solo decidere se per le sue imprese sportive o per le sue bravate extra-calcistiche. Per il momento le buone prestazioni in Premier si accompagnano ancora con qualche marachella di troppo, eppure anche il tanto bistrattato Fabio Capello – uno che alla disciplina tiene abbastanza – sembra credere in lui, visto che lo ha schierato titolare nella recente amichevole persa malamente contro la Francia a Wembley. Carroll non ha incantato, ma è molto probabile che avrà altre occasioni per mostrare quanto vale. Le sue doti sono quelle del classico centravanti che una volta si definiva di “sfondamento”: ottimo colpitore di testa, protegge molto bene la palla, è dotato di un tiro fortissimo e di un fiuto del gol sopraffino.

Al di là della potenza fisica – ha la corporatura di un taglialegna – le sue capacità tecniche non sono disprezzabili, un po' come quelle dei suoi illustri predecessori con la maglia numero nove delle gazze: il già citato Alan Shearer, Malcolm Macdonald e Jackie Milburn. Proprio Wor Jackie, lo zio di un'altra leggenda come Bobby Charlton, che da bambino lo andava ad ammirare dalle gradinate del St James' Park, è stato il primo idolo del dopo-guerra dei supporter bianconeri. In 14 anni di militanza con il Newcastle, Milburn realizzò 177 reti in 354 partite, un record solo avvicinato da Shearer (148 gol in 3030 match), che però a sua disposizione ebbe quattro stagioni di meno. Chissà che avrebbe pensato Milburn, venuto a mancare nel 1988 e che proveniva da una famiglia di minatori, della vezzosa coda di cavallo e delle abitudini extra-calcistiche del suo successore…

È molto probabile che Carroll, appena ventunenne, si accontenterebbe semplicemente di arrivare vicino ai grandi risultati delle icone del passato, sebbene nell'ultimo anno e mezzo se la sia cavata alla grande. Nell'anno di purgatorio trascorso dalle Gazze in Championship, la serie B d'oltre Manica, si è conquistato un posto di titolare a suon di realizzazioni (17, miglior marcatore della squadra in campionato), per poi fare il definitivo salto di qualità quest'anno. La tripletta all'Aston Villa e la rete decisiva all'Emirates sono tra gli highlights della stagione, ma non va dimenticata la prestazione di grande livello nel derby dominato per 5-1 dal Newcastle contro gli eterni rivali del Sunderland.

Proprio per festeggiare quella splendida vittoria, Carroll ha deciso di darsi alla pazza gioia per una notte intera, tanto che i segugi dei tabloid britannici lo hanno scovato alle sei del mattino del giorno successivo alla gara che faceva colazione in un McDonald's del centro cittadino, alquanto “provato” da oltre una decina d'ore di abbondanti libagioni. Insomma, una cosa in tipico stile Gazza Gascoigne.

Purtroppo il vizio di alzare il gomito non è l'unico che l'aitante centravanti dei Magpies condivide con l'ex centrocampista della Lazio. Entrambi hanno picchiato le loro compagne, ragazze o moglie che fossero, e qualche altro avventore dei pub, tanto che il nostro è in attesa di giudizio per una rissa risalente allo scorso dicembre. Per la verità Carroll qualche scazzottata se l'è fatta anche con i compagni di squadra in allenamento. Nel 2009 ebbe uno focoso “scambio d'opinioni” con Charlie N’Zogbia, ma fu un episodio del marzo scorso ad attirare maggiormente l'attenzione dei media.

In pieno Terry Gate – ricordate la piccante storia della relazione che il capitano del Chelsea ebbe con l'ex ragazza del compagno di squadra Wayne Bridge? – ruppe la mandibola al povero Steven Taylor, reo di aver ricevuto dei messaggini dalla precedente fidanzata dello stesso Carroll. Il ragazzo rischia di abituarsi ad arresti e gite nelle patrie galere. Chissà, qualche consiglio del solito Shearer potrebbe tornare utile. L’importante è non prendere esempio da Gazza.

mercoledì 24 novembre 2010

Cantona ora prende a calci le banche

Calciatore, attore, produttore cinematografico, ora anche attivista contro lo strapotere dei grandi istituti di credito internazionali. Eric Cantona non la finisce di stupire, nel suo eclettismo che lo rende un personaggio a tutto tondo, distante anni luce dal prototipo moderno dell’ex calciatore che pensa solo a godersi i tanti milioni guadagnati in carriera e se ne infischia del mondo che lo circonda. Prendendo come spunto il movimento di protesta contro la riforma delle pensioni volute dal presidente Nicolas Sarkozy – che in Francia ha generato affollatissime manifestazioni in tutto il Paese – l’ex numero sette del Manchester United si è spinto oltre.

“Che senso ha scendere in piazza? Per dimostrare? Non è più questa la strada. La rivoluzione è veramente facile oggi: il sistema è costruito sulle banche, quindi deve essere distrutto attraverso le banche. Se i 3 milioni di persone che hanno manifestato si recassero presso gli istituti di credito e ritirassero i propri soldi, le banche collasserebbero” ha dichiarato in un’intervista che, rilanciata su You Tube, ha subito fatto il pieno di contatti: ben 40mila in una manciata di ore. King Eric, come lo avevano soprannominato gli adoranti supporter dei Red Devils, ha ormai stretto un legame operativo con il movimento transalpino StopBanque, tanto da fissare una data per chiudere i conti correnti bancari: il prossimo 7 dicembre.

Chissà se l’iniziativa avrà successo e soprattutto se Cantona si troverà a suo agio nel nuovo ruolo così come capitato in passato con le sue precedenti attività. Le sue parole avranno fatto piacere al suo amico Ken Loach, per cui ha co-prodotto e interpretato se stesso nel fil “Il mio amico Eric”. Nel corso della pellicola, tra una perla di saggezza e una battuta fulminante, spuntavano le strabilianti giocate dei cinque anni passati fra il 1992 e il 1997 alle dipendenze di Alex Ferguson allo United. Senza di lui il team dell’Old Trafford era una bella squadra, che però non vinceva mai (tanto che non si laureava campione d’Inghilterra dal 1967).

Con lui è iniziato un ciclo di successi che dura ancora adesso. In campo e fuori dal campo Cantona è sempre stato un “personaggio a parte”, a volte pazzerello, a volte anticonformista, sempre al di sopra della media. Nel film di Loach rammenta che la sua giocata preferita ai tempi in cui vestiva la maglia dei Red Devils fu un assist, perché in quell’occasione poté esprimere tutto il suo immenso genio calcistico. In Inghilterra, ma non solo, è ricordato anche per un altro episodio, che ormai è entrato di diritto nella storia del football d’oltre Manica.

Nel 1995, nel corso di un Crystal Palace-Manchester United rimediò un cartellino rosso – non esattamente una novità per lui. Mentre si avviava verso gli spogliatoi, dagli spalti tale Matthew Simmons riservò parole poco gentili nei confronti della madre e dei compatrioti di The King. Cantona vide rosso e si esibì nel famosissimo “kung fu kick”, trasmesso migliaia di volte in televisione e immortalato anche su un disco di un gruppo abbastanza di successo all’epoca (The Ash). Quel gesto di follia molto probabilmente costò ai Red Devils la vittoria in campionato, al francese ben nove mesi di squalifica e 120 ore di servizi sociali, che sostituirono la prima sentenza di due settimane di prigione. Qualche tempo fa Cantona in un’intervista rilasciata al Daily Mirror ha affermato che l’unico suo rimpianto in tutta quella storia è di “non aver colpito Simmons più forte”. Ai tempi dell’incidente fu però molto più diplomatico e in certo qual modo “poetico”. Riferendosi a come da quel fatidico giorno in poi la stampa avrebbe costantemente posto sotto una lente d’ingrandimento le sue azioni, pronunciò una delle sue frasi culto “quando i gabbiani seguono il peschereccio è perché pensano che verranno gettate in mare delle sardine”.

Adesso ha deciso di essere meno criptico e molto più diretto e di mollare un bel calcione alle banche. Beau chance, Eric.

Articolo pubblicato sul Manifesto di ieri

martedì 23 novembre 2010

La crisi del Chelsea

Il punto sulla Premier scritto per Goal.com

La terza sconfitta del Chelsea nelle ultime quattro partite disputate accorcia tantissimo la classifica di Premier, che ora vede Blues e Manchester United a pari punti – con i londinesi ancora in vantaggio grazie alla differenza reti – e Arsenal e Manchester City a un passo dalla vetta. Continua a stupire il Bolton, tanto che i Trotters cominciano a fare più di un pensierino alla qualificazione in Europa League.

COS'E' SUCCESSO – Se con il Sunderland avevano giocato malissimo, almeno contro il Birmingham ce l’hanno messa tutta e sono stati a tratti anche poco fortunati. Il dato di fatto, però, è che gli uomini di Carlo Ancelotti sono in profonda crisi di risultati, se non di gioco. Ne approfitta il Manchester United, guidato da un Patrice Evra scopertosi goleador e sempre ottimo in fase difensiva. Contro il Wigan, i Red Devils non hanno incantato, faticando a chiudere la partita quando in vantaggio di ben due uomini. Finalmente tira un sospiro di sollievo anche Roberto Mancini, che al Craven Cottage può ammirare i suoi, trascinati da Carlitos Tevez, prendere a pallonate un Fulham svagato in attacco e pasticcione in difesa. L’allenatore dei Cottagers Mark Hughes non è così riuscito a prendersi la rivincita contro il suo ex club, come è invece successo a Willy Gallas nello splendido derby di Londra nord. Sotto di due reti, il Tottenham ha rimontato e vinto la prima partita in casa dell’Arsenal da 17 anni a questa parte. Migliore in campo, ovviamente, il difensore francese mandato via da Arsene Wenger. Per il resto da segnalare la pessima prestazione del West Ham, sempre più ultimo, in casa del Liverpool, il roboante 5-1 del Bolton al Newcastle e lo scoppiettante 2-2 nel Monday Night tra Sunderland ed Everton.

IL TOP – Alex Ferguson lo aveva lasciato partire senza nessun particolare rimpianto, dal momento che si era illuso solo per poche settimane che potesse sostituire Edwin Van Der Sar, qualora l'olandese si fosse deciso ad appendere le scarpette al chiodo. Sabato con il Chelsea Ben Foster ha sfoderato una prestazione da vero campione, negando la gioia del gol a più riprese agli esterrefatti giocatori allenati da Carlo Ancelotti. Quando non ci sono arrivate le sue manone, è entrata in ballo la fortuna (vedere la traversa colpita da Didier Drogba per credere). Ora a Foster serve trovare un po' di continuità, ovvero quell'elemento imprescindibile che gli era mancato all'Old Trafford.

IL FLOP – Perdere ad Anfield Road ci può stare, anche contro un Liverpool non proprio d’annata. Farsi umiliare, come ha fatto il West Ham nel primo tempo del posticipo di sabato scorso, no. Senza l’unico trascinatore della squadra, il grintosissimo Scottie Parker, gli Irons sono sembrati belle statuine alla mercé degli avversari. Anche se non tutte le colpe sono sue, forse per dare una scossa all’ambiente è finalmente arrivato il momento di mettere fine al legame con Avram Grant – la cui scarsa volontà di puntare sui giovani è per noi la colpa maggiore della sua gestione.

LA SORPRESA – Se le vittorie del Bolton non fanno più notizia, quelle dello Stoke, specialmente nelle proporzioni, sì. Forse almeno uno dei due rigori concessi ai Potters a the Hawthorns è stato a dir poco generoso, ma il team allenato da Tony Pulis è stato bravissimo ad approfittare delle carenze manifestate da un West Bromwich Albion decisamente in calo, così da issarsi fino a un inaspettato ottavo posto in classifica.

TOH CHI SI RIVEDE – E’ stato una delle pedine fondamentale dell’Arsenal degli invincibili. Ora Robert Pires, 37 anni appena compiuti e quattro stagioni appena trascorse al Villareal dopo l’esperienza ai Gunners, è riuscito a rimediare un contratto di qualche mese all’Aston Villa guidato dal suo connazionale Gerard Houllier. Domenica ha anche esordito con la nuova maglia all’Ewood Park di Blackburn, dove però i Villans hanno sprecato troppe palle gol, finendo per venire trafitti due volte da Gamst Pedersen.

LA CHICCA – Al calcio d’inizio del match dell’Emirates in campo c’erano solo due inglesi, a fronte di un Arsenal che schierava addirittura una linea difensiva formata solo da giocatori francesi. Non una novità assoluta, specialmente per quanto riguarda i Gunners, ma certo una cosa che colpisce un po’, visto che si trattava di una delle classicissime del calcio d’oltre Manica.

CONSIGLI PER GLI ACQUISTI – Charlie N'Zogbia. Nel Wigan che soprattutto nella prima frazione di gioco, in parità numerica, ha impensierito parecchio il Manchester United, il migliore in campo è stato il francesino ex Newcastle. La tecnica di questo veloce centrocampista offensivo è ben al di sopra della media. Se riuscisse a trovare il gol con maggiore continuità, potrebbe diventare uno dei pezzi forti del mercato.

lunedì 22 novembre 2010

Coyle, l’uomo dei miracoli

Prima del “tradimento”, a Burnley Owen Coyle era semplicemente God, la divinità pallonara di quello spicchio un po’ disagiato del Lancashire. Durante la scorsa stagione, il tecnico di nazionalità irlandese ma scozzese di nascita, pensò bene di trasferirsi qualche chilometro più a sud, per la precisione a Bolton, dal momento che per lui i Clarets non potevano sopravvivere in un campionato difficile come la Premier e la nuova sistemazione al Reebok Stadium gli avrebbe garantito un futuro più ricco di soddisfazioni. Risultato: il Burnley è retrocesso, i Trotters si sono salvati. Il 2010-11, invece, in quel di Bolton è iniziato all’insegna della scalata della classifica. Dopo anni di strenue lotte per evitare il capitombolo in Championship, lo storico club della cittadina a due passi da Manchester – ben quattro coppe d’Inghilterra in bacheca – sta addirittura assaporando la possibilità di giocare in Europa, frutto di prestazioni di ottimo livello, come il 4-2 casalingo al Tottenham, il 5-1 rifilato al Newcastle e il 3-2 al Molineaux di Wolverhampton. Partita, quest’ultima, in cui Johan Elmander ha realizzato uno dei gol più belli dell’anno, districandosi alla perfezione in mezzo a tre difensori dei Wolves. Il centravanti svedese è uno dei simboli della rinascita dei Trotters. Arrivato due anni e mezzo fa per la cifra record di dieci milioni di sterline, ha faticato molto a imporsi e a trovare la porta. Coyle lo ha rigenerato, così come ha aiutato Kevin Davies a meritarsi la convocazione in nazionale. Loro due, insieme al promettentissimo difensore centrale Gary Cahill, sono le stelle di una squadra che per parecchio tempo, sotto Sam Allardyce e Gary Megson, è stata sinonimo di un football poco spettacolare e molto sparagnino. Adesso si inizia a vedere qualche bella trama di gioco, uno dei tratti distintivi di Coyle, che sta così confermando tutto il suo valore – val la pena rammentare che il Bolton ha operato in maniera marginale sul mercato estivo. Una delle poche delusioni di questa fine 2010 è giunta in Coppa di Lega, allorché, ironia della sorte, il Bolton ha perso di misura proprio al Turf Moor di Burnley. Una sorta di risarcimento minimo per i suoi ex tifosi, per i quali ora il buon Owen è diventato Giuda.

venerdì 19 novembre 2010

Ricominciamo

Finalmente sto recuperando le tante ore di fuso che mi hanno parecchio scombussolato dopo i viaggi in Cile e Corea del Sud. Un buon motivo per tornare a scrivere sul mio povero blog, abbandonato da circa un mese. Quale storia migliore da segnalare se non il mancato scontro tra AFC Wimbledon e MK Dons nel secondo turno di FA Cup. Il “vero” Wimbledon ha fatto il suo dovere, sconfiggendo per 3-2 nel replay l’Ebbsfleet in una partita decisa al 120° e dopo che i Dons avevano impattato solo all’ultimo minuto dei regolamentari. La “franchigia”, come definiscono in maniera spregiativa il Milton Keynes nel sud-ovest di Londra, è andata fuori ai rigori contro lo Stevenage. Peccato, sarebbe stata una sfida da non perdere, che però fra qualche hanno si potrebbe giocare in campionato, specialmente se il Wimbledon continuerà la sua scalata della piramide calcistica inglese.

martedì 19 ottobre 2010

Piccola pausa

Fino a metà novembre sarò in giro tra Cile e Corea del Sud per vari impegni di lavoro (che mi hanno già impedito di aggiornare con regolarità il blog negli ultimi giorni). Ho paura che a breve termine avrò ancora meno tempo da dedicare al calcio inglese...Però almeno a dicembre dovrei rimanere sempre a Roma - e trovare il modo di scrivere anche un nuovo libro, che dovrebbe avere una gestazione molto lungo. Il tempo è poco, le cose da fare tante.

Il City si avvicina alla vetta

Nessuna delle grandi incanta, in un fine settimana scombussolato dalle voci di mercato che vorrebbero Wayne Rooney sul punto di lasciare l’Old Trafford. Intanto aumenta l’equilibrio in vetta alla classifica, dove il Manchester City consolida il suo secondo posto.

COS'E' SUCCESSO – Senza Drogba e Lampard, la capolista Chelsea non va oltre il pareggio al Villa Park e allora il Manchester City riduce a soli due punti il divario in classifica. La squadra allenata da Roberto Mancini non brilla, ma a Blackpool si impone nel finale grazie ai lampi di Carlitos Tevez e di Silva. Torna alla vittoria dopo due passi falsi l’Arsenal, bravo a rimontare un coriaceo Birmingham City. Anche il Tottenham recupera un gol di svantaggio e infligge la prima sconfitta stagionale al Fulham. Il Manchester United getta alle ortiche un doppio vantaggio e il West Bromwich può così festeggiare un altro fine settimana passato al sesto posto. Il derby della paura andato in scena al Goodison Park finisce in trionfo per l’Everton e nel dramma per il Liverpool (che con Rafa Benitez aveva vinto le ultime tre stracittadine consecutive). Non è da escludere che la nuova proprietà stia già pensando a un cambio di allenatore, visto che Roy Hodgson ha sempre meno estimatori dalle parti di Anfield Road.

IL TOP – Servivano le sue giocate e la sua fantasia, per rivitalizzare una manovra fin troppo prevedibile come quella palesata per oltre un’ora a Bloomfield Road dal Manchester City. David Silva ha senza dubbio dato la scossa alla sua squadra, contribuendo con un gol e un assist alla conquista di tre punti di fondamentale importanza nella lotta per il titolo. Probabile che in futuro Mancini lo utilizzi con maggiore continuità.

IL FLOP – Di papere come quelle fatte sabato, in particolare in occasione del gol del definitivo pareggio del West Bromwich Albion, Edwin Van Der Sar non ne combinava forse dai tempi in cui giocava alla Juventus. La sua squadra non sta sicuramente attraversando un momento felicissimo, ma lui ha contribuito a tenerla lontana dalla vetta. Che sia arrivato il momento delle pensione per il portiere olandese, che a brevissimo compirà 40 anni?

LA SORPRESA – Roberto Di Matteo aveva iniziato la sua avventura in Premier con il tragico pomeriggio dello Stamford Bridge (0-6). Non si è scomposto, ha serrato i ranghi e spiegato alla perfezione i suoi schemi, tanto che ora il suo West Bromwich si ritrova in piena zona Europa League ed è andato vicino all’impresa di vincere all’Old Trafford dopo 32 anni. Il premio di allenatore del mese per settembre fa già bella mostra di sé in bacheca, la possibilità di fare il bis “rischia” di diventare molto concreta.

TOH CHI SI RIVEDE – La sua acquisizione dal Lens stava per costare al Chelsea il blocco del mercato e a lui quattro mesi di squalifica. Poi tutto si è risolto per il meglio e ora, nonostante la sua giovane età, Gael Kakuta è a tutti gli effetti un membro della rosa dei Blues. Al Villa Park ha giocato la sua prima partita da titolare in Premier, senza però impressionare. Avrà tempo per rifarsi.

LA CHICCA – Ben tre gol realizzati nel corso dell’ottava giornata andavano annullati per fuori gioco. Due, il raddoppio di Mikel Arteta nel derby di Liverpool e il 2-1 di Tom Huddleston al Craven Cottage, per un fuori gioco passivo che tale non era – e che arbitri e guardialinee fanno sempre più fatica a notare –, il terzo, l’1-0 di Tevez a Blackpool, perché l’Apache era oltre la linea difensiva dei Tangerines, doppiamente sfortunati, dal momento che avevano impressionato più degli avversari e si sono pure visti penalizzare dal direttore di gara.

CONSIGLI PER GLI ACQUISTI – Arsene Wenger lo ha prelevato dal Bordeaux a parametro zero. Dopo un primo periodo di ambientamento, Marouane Chamakh sta dimostrando di essere un attaccante di buon livello e con un discreto fiuto del gol – quello di sabato al Birmingham è stato il terzo realizzato in Premier. Certo, ora il suo cartellino non è proprio a buon prezzo…

Scritto per Goal.com

giovedì 7 ottobre 2010

Bebè, l'oggetto misterioso dello United

Finora ha giocato solo una manciata di minuti in Coppa di Lega con lo Scounthorpe e in Premier contro il Sunderland, senza peraltro impressionare un granché. A dirla tutta il ventenne attaccante portoghese Bebè non ha suscitato grande entusiasmo nemmeno nel campionato riserve, dove si esibisce con più costanza con indosso la maglia del Manchester United. Eppure i Red Devils lo hanno prelevato dal piccolo club lusitano del Vitoria Guimaraes per una cifra importante: poco più di otto milioni di euro. Il Vitoria lo aveva appena preso per una manciata di euro dalla compagine di terza divisione Estrela Amadora, ricavando da tutta l’operazione un bel gruzzolo di denari. Non è andata male nemmeno al nuovo agente di Bebè, Jorge Mendes. Lo stesso dell’ex allenatore del Portogallo – cacciato da poco per le figuracce rimediate nei primi match di qualificazione a Euro 2012 – Carlos Queiroz, a sua volta ex vice di Alex Ferguson al Manchester United e colui che pare abbia consigliato allo scozzese di mettere sotto contratto il giovane attaccante. L’unico a uscirne male da tutta questa storia è il vecchio agente ai tempi dell’Estrela, Gonçalo Reis, intenzionato a fare ricorso alla FIFA per presunti abusi da parte di Mendes.

Ad affare concluso, il tecnico scozzese dello United ha candidamente ammesso di non aver mai visto giocare Bebè. Né dal vivo, né quanto meno in televisione. Chissà, forse non sapeva nemmeno che il nostro, che in realtà si chiama Tiago Manuel Dias Correa, lo scorso anno allo European Street Football Festival tenutosi in Bosnia segnò ben 40 gol in sole sei partite. Purtroppo per lui lo sforzo non gli valse una convocazione per il Mondiale degli Homeless di Milano, in quanto le scelte per la selezione portoghese erano già state fatte. Già, la strada. Bebè ha imparato a giocare a calcio proprio nei vicoli della periferia di Lisbona, nel quartiere di Loures, dove era ospite di un orfanotrofio. La sua infanzia, infatti, non è stata per nulla semplice. I genitori, originari di Capo Verde, erano così poveri da non poterlo mantenere e si videro costretti ad affidarlo alle cure dello Stato.

I ben informati lo dipingono come una sorta di erede di Cristiano Ronaldo – un altro che arrivò al Manchester United un po’ a sorpresa. Destro ben “educato”, buon colpitore di testa, dotato di una velocità ragguardevole e in grado di giocare come esterno offensivo, prima e seconda punta, questo in estrema sintesi il tabellino degli osservatori che lo hanno ammirato sciorinare una serie di prestazioni convincenti nelle amichevoli stagionali disputate dal Vitoria. Certo, gli avversari rispondevano al nome di Bragança e Groningen, non esattamente la crema del football europeo ma tant’è, nei suoi confronti si era vociferato anche di un possibile interessamento del Real Madrid (in passato allenato, con pessimi risultati, dal solito Queiroz). Ora, per contraddire l’impressione che il suo sia il classico esempio di affare “spinto” molto bene da un agente abile e un po’ maneggione, servirebbe che la favola di Bebè avesse un lieto fine. Ovvero che il ragazzo portoghese iniziasse a segnare gol a raffica, casomai sostituendo nei cuori dei tifosi del Manchester United quel Wayne Rooney al momento alle prese con infortuni e piccanti vicende extra-coniugali. Ma tra le favole e la realtà, la strada, è proprio il caso di dirlo, è fin troppo lunga.

martedì 5 ottobre 2010

Il Venezia e il modello inglese

La storia recente del Venezia è punteggiata di fallimenti e retrocessioni a tavolino, un destino purtroppo comune a quello di numerose realtà “minori” del calcio italiano. Una volta abbandonato dall’attuale patron del Palermo Maurizio Zamparini, il club è precipitato in una spirale di debiti che non sembrava aver fine. Già nel 2005, però, a un gruppo di tifosi balena l’idea di mettere su una forma di azionariato popolare. È l’anno del pasticciaccio dell’ultima di campionato in B con il Genoa (per salire in A i rossoblu “comprarono” la vittoria su un Venezia già precipitato in C1), dell’implosione finanziaria e della ripartenza dalla C2 grazie al Lodo Petrucci. Il tentativo di aprire la società alla partecipazione dei tifosi non va a buon fine, ma serve a fissare un importante precedente. Dopo una manciata di stagioni passate tra gli estremi dei play off e dei play out della Serie C1, nel 2009 arriva l’ennesima mazzata. Rea di aver commesso gravi irregolarità di bilancio, l’Unione si ritrova fuori dal calcio professionistico.

L’estate dell’anno scorso è di quelle caldissime dal punto di vista societario. Il Comune gioca un ruolo decisivo per rivitalizzare il povero Venezia. Non a caso l’attuale presidente, Mauro Pizzigati, è alla guida anche della società che amministra il Casinò, controllata proprio dall’amministrazione comunale. Dopo l’iniezione di liquidi da parte del nuovo patròn Enrico Rigoni, si riparte dalla Serie D e da ben 1.500 abbonamenti. La squadra, messa su in fretta e furia, sfiora la promozione. I costi di gestione, però, rimangono alti: intorno al milione e 200mila euro. Un gruppo di tifosi capisce che è giunto il momento di riprovarci. Il 30 giugno scorso nasce il Venezia United. “Ci siamo fatti aiutare dalla Supporters Direct, l'organizzazione inglese che aiuta i tifosi a mettersi insieme, a formare dei trust per poter far sentire la propria voce nella gestione dei club e poi, a partire dallo scorso marzo, abbiamo tenuto varie assemblee pubbliche per stimolare l’interesse dei sostenitori veneziani” ci spiega Franco Vianello Moro, presidente dell'associazione che come obiettivo ha il raggiungimento della quota di 3mila soci e 300mila euro di capitale. “Per il momento siamo a poco più di un migliaio; per diventare soci basta versare una quota simbolica di soli 10 euro” chiarisce Vianello Moro, consapevole che non sarà semplice anche solo avvicinarsi all’ambizioso traguardo fissato in termini economici.

Il Venezia United si affiancherà all'attuale dirigenza della società, seguendo un modello più simile ai trust dei club inglesi che a quello del Barcellona – dove i soci contano in base alle azioni sottoscritte. “All'interno della nostra associazione ci si basa su un principio del tutto democratico: una testa, un voto, a prescindere dal denaro versato”. A proposito dei trust, in Inghilterra tutte le squadre professionistiche – e molte anche tra i dilettanti – ne hanno uno. In alcuni casi (Chesterfield, Brentford e Stockport) hanno addirittura preso il posto delle precedenti fallimentari gestioni di soggetti privati, rilevando la maggioranza delle azioni, sebbene poi le difficoltà incontrate nell’amministrazione quotidiana di una società di calcio si siano dimostrate fin troppo complesse per la loro struttura.

Intanto la squadra, che gioca ancora al vecchio stadio Pierluigi Penzo sull'isola Sant’Elena, sta riprovando la scalata verso la vecchia Serie C2. Non sarà facile, visto che nello stesso girone milita il Treviso, un’altra nobile decaduta che sta tentando di tornare ai fasti del recente passato. I tempi delle sfide con Juventus e Inter, dei gol di Pippo Maniero e Alvaro Recoba o di allenatori del calibro di Cesare Prandelli sono ormai lontani, e allora ci si accontenta di vincere 2-1 il derby con il Chioggia e di affidare la fascia di capitano a un onesto artigiano del pallone come il veneziano purosangue Mattia Collauto (ex Bari e Cremonese)

Nel frattempo il Venezia United ha in programma altre iniziative. “Per i prossimi mesi stiamo organizzando un meeting con i rappresentanti di vari trust, tra cui anche quelli di realtà italiane come la Cavese e l'Ancona. Sarà un'ottima occasione per condividere le nostre rispettive esperienze e scambiarci idee per il futuro” si augura Vianello Moro.

lunedì 4 ottobre 2010

Punto Premier: Il supergol di Drogba manda in orbita il Chelsea

Il tredicesimo gol in altrettante partite dell'attaccante ivoriano all'Arsenal – centotrentasettesimo con la maglia dei Blues – consolida la prima posizione in classifica del club dello Stamford Bridge. Il Manchester City prova a fare l'anti-Chelsea e si insedia al secondo posto.

COS'E' SUCCESSO – L'ottimismo di Arsene Wenger, convinto di poter vendicare le due sconfitte dell'anno scorso, si scontra con la dura realtà del campo: nonostante una bella partita, giocata a dispetto delle tante assenze, i Gunners soccombono ancora con i rivali londinesi. Tra le grandi tengono il passo il Manchester City e il Tottenham, che però devono sudare le proverbiali sette camicie per avere la meglio di Newcastle e Aston Villa. Prova molto opaca del Manchester United, che non va oltre il pareggio a Sunderland. Steve Bruce è ancora a secco di vittorie contro il suo maestro Alex Ferguson, però quest'anno in casa ha già battuto il City e impattato con l'Arsenal. Le due squadre di Liverpool questa stagione rischiano di dover giocarsi tra loro la salvezza, ma se l'Everton centra la prima vittoria in Premier andando a violare il sempre difficile campo del Birmingham, i Reds si fanno sorprendere ad Anfield dalla matricola Blackpool, collezionando la terza sconfitta su sette partite.

IL TOP – Il Real Madrid ormai si è specializzato a vendere olandesi che poi dimostrano tutto il loro valore altrove. Dopo Wesley Sneijder e Arjen Robben, ecco Rafa Van Der Vart. Decisivo in Champions League con una doppietta, rifila un paio di gol (di destro, lui che è un mancino puro!) anche all'Aston Villa in Premier. Buon per l'Inter che non potrà giocare il primo scontro diretto con i nerazzurri per aver rimediato un cartellino rosso nel match contro il Twente.

IL FLOP – Considerando che ormai le cattive prestazioni del Liverpool non fanno più notizia, è invece da biasimare all'ennesima potenza il comportamento del centrocampista dei Wolves Karl Henry. Nel delicato match per la lotta per non retrocedere disputatosi a Wigan, si fa espellere dopo soli 10 minuti per un fallo da codice penale commesso su Jordi Gomez. Proprio lui, che poche settimane fa aveva rotto una gamba al povero Bobby Zamora. Per la serie, errare humanum est, perseverare autem diabolicum...

LA SORPRESA – Onestamente era difficile pronosticare che dopo sette giornate di Premier il Blackpool fosse nono. I Seasiders sperano di non fare la fine del Burnley, altra matricola che iniziò alla grande, rimediando poi unicamente batoste a non finire. Intanto si regalano una bella vittoria in casa del Liverpool, dove non si affermavano dal 3-1 del 1967. Dettaglio da non sottovalutare, il Blackpool finora ha giocato cinque partite in trasferta e solo due in casa per i lavori di ristrutturazione del Bloomfield Road.

TOH CHI SI RIVEDE – Dopo il gol in nazionale contro la Svizzera e quello in Europa League alla Juventus, l'ex esterno sinistro del Middlesbrough Adam Johnson è andato a segno pure in campionato, regalando tre punti molto preziosi al suo City. Bellissimo il fendente che ha lasciato senza speranze il giovane estremo difensore olandese Tim Krol. Un ottimo biglietto da visita per conquistarsi la fiducia di Roberto Mancini.

LA CHICCA – Allo Stadium of Light la partita è iniziata con 20 minuti di ritardo perché lo scoppio di un tubo ha allagato lo spogliatoio riservato al Manchester United, rallentandone la preparazione alla gara. Visto come hanno giocato soprattutto il primo tempo, dominato in lungo e in largo dal Sunderland, forse ai Red Devils sarebbe servito ancora più tempo per concentrarsi sull'impegno. Non che un pareggio in trasferta quest'anno sia una novità, considerando che quello di sabato è stato il quarto consecutivo in Premier.

domenica 26 settembre 2010

L'analisi della sesta giornata di Premier

Articolo scritto per Goal.com

La sesta giornata della Premier sembra aver voluto smentire tutti quelli che a inizio stagione avevano bollato il campionato inglese come privo di equilibrio e ricco solo di goleade subite dalle piccole a spese delle grandi. E invece nel fine settimana appena trascorso le sorprese si sono sprecate. La stessa presunta “dittatura” del Chelsea è andata a farsi benedire per merito di un Manchester City finalmente degno delle sontuose campagne acquisti condotte per allestirlo.

COS'E' SUCCESSO – A Eastlands i Light Blues hanno sconfitto per la terza volta consecutiva in campionato i londinesi. Il conto “inglese” tra Roberto Mancini e Carlo Ancelotti va sul 2-0 per lo jesino, che può così rivendicare la bontà della sua ostinazione nello schierare una sola punta in attacco. Del passo falso del Chelsea non approfittano né il Manchester United, bloccato sul pareggio al Reebok Stadium da un ottimo Bolton, né tanto meno l'Arsenal, sconfitto a domicilio dal West Bromwich Albion. Da dimenticare, come spesso accade, la prestazione di Manuel Almunia. Sempre male il Liverpool, che non va oltre il 2-2 interno con il Sunderland. Prima vittoria per il West Ham, che si impone dopo un digiuno di quattro anni nel derby con il Tottenham. A proposito di derby, l'Aston Villa passa al Molineux di Wolverhampton, dove non perde dal 1978.

IL TOP – Carlos Tevez è entrato in forma, dopo qualche passaggio a vuoto di troppo nello scorcio iniziale di stagione. Lo testimoniano la rete a Wigan e soprattutto la bellissima realizzazione nella gara con il Chelsea. Se gira lui – e se trova la strada del gol con continuità – il Manchester City può diventare una legittima aspirante al titolo, come ha riconosciuto anche Ancelotti.

IL FLOP – Una sola vittoria in sei partite, una clamorosa eliminazione in Carling Cup contro una compagine di quarta serie come il Northampton. Senza voler affondare il dito nella piaga, narrando del caso societario, per fare il punto del pessimo periodo che si sta vivendo dalle parti di Anfield Road basta raccontare delle scarse prestazioni sul campo di Gerrard e compagni. Per Roy Hodgson il cammino si fa sempre più in salita. Vista l'attuale posizione in piena zona retrocessione, se già i Reds riuscissero ad acciuffare un posto in Europa League sarebbe un grande risultato...

LA SORPRESA – L'avevamo già menzionato la scorsa settimana, ma dopo il trionfo all'Emirates non possiamo esimerci dal rinominare il West Bromwich Albion. Guidato dall'ex dal dente avvelenato Jerome Thomas (scartato da Arsene Wenger sei anni fa), il team di Roberto Di Matteo si è preso il lusso di sprecare anche un rigore a fine primo tempo. L'inizio della seconda frazione di gioco, però, ha mandato letteralmente in solluchero i tifosi dei Baggies.

TOH CHI SI RIVEDE – Ai tempi del Fulham, Zat Knight era considerato una grande promessa del calcio inglese. Nel 2005 ha collezionato anche due presenze in nazionale, prima di fallire miseramente all'Aston Villa. Al Bolton sta ritrovando la forma di una volta. Domenica ha segnato un meraviglioso gol di tacco e annullato Dimitar Berbatov, reduce dalla fantastica tripletta al Liverpool. Una prestazione veramente da incorniciare. Che una parte del merito sia da ascrivere al bravissimo tecnico Owen Coyle?

LA CHICCA – Harry Redknapp ha vissuto gran parte della sua carriera calcistica sia da giocatore che da allenatore al West Ham. Da quando ha lasciato il Boleyn Ground, contro la sua ex squadra non aveva mai perso, collezionando otto vittorie e due pareggi. Sabato a sporcare il suo record ci ha pensato Frederic Piquionne, che nell'aprile scorso gli aveva già regalato una cocente delusione segnando il primo gol della semifinale shock tra il suo Portsmouth e gli Spurs.

venerdì 24 settembre 2010

I dolori del giovane Rooney

Buon sangue non mente, o forse sì. Le enormi aspettative su John Rooney rischiano di essere mal riposte, dal momento che il diciannovenne fratello di Wayne si sta perdendo negli oscuri meandri delle divisioni minori – anzi, non lo vogliono nemmeno lì. Certo, questo è il classico caso in cui il cognome non aiuta, anzi, forse è solo un fardello troppo gravoso. Però il nostro ci sta mettendo parecchio del suo per non brillare come in tanti credevano avrebbe fatto. E sì, perché alla tenera età di 12 anni gli addetti ai lavori già prefiguravano un futuro radioso per il ragazzino, appena entrato a far parte dell’Academy dell’Everton (la squadra del cuore di tutta la famiglia). Il Sun ipotizzava di vederlo presto a fianco del più illustre parente, addirittura in nazionale. “È meglio di Wayne a 17 anni”, scrisse il popolare tabloid britannico. Mal gliene incolse. Dopo una discreta trafila nelle giovanili dei Toffees, nel 2008 John provò a saggiare le sue qualità nelle divisioni minori della Football League. Per la precisione il piccolo Rooney fu messo sotto contratto dal Macclesfield Town, club dalla scarse ambizioni ma allenato da un tecnico molto bravo a valorizzare i giovani talenti che rispondeva al nome di Keith Alexander (poi morto prematuramente a inizio 2010).

Le doti tecniche di John – il cui raggio d’azione è leggermente più arretrato rispetto a quello del fratello – spiccarono subito, così come, purtroppo per lui, fu evidente la sua totale mancanza di continuità in un campionato duro e faticoso come la League Two. All’inizio della stagione 2009-10 due gol meravigliosi contro Carlisle e Cheltenham attirarono di nuovo l’attenzione dei media inglesi, che non vedevano l’ora di lanciare un “nuovo” personaggio. Si vociferò anche di un’offerta di 500mila euro intavolata dal Southampton per il suo cartellino, per la verità sempre smentita dalla dirigenza del Macclesfield. Ma al di là di qualche picco di gioco, il rendimento del piccolo Rooney continuò a essere molto incostante. Le sue “comparsate” in panchina divennero una costante e il club decise di non rinnovargli il contratto al termine della stagione 2009-10. Nonostante le lodi ricevute dopo i provini con il Derby County e il Preston North End (entrambe compagini di Championship), John si è ritrovato con un pugno di mosche tra le mani. Le belle parole spese per lui da Nigel Clough, tecnico dei Rams, non hanno trovato alcun seguito a livello contrattuale. Nell’estate appena passata, dopo una fugace presenza in amichevole con l’Huddersfield Town, Rooney si gioca la carta dell’esperienza all’estero, per la precisione negli Stati Uniti. Ma i due periodi di allenamenti con Seattle Sounders e Portland Trailblazers non gli valgono una chiamata nel Superdfraft della MLS (la lega professionistica americana).

Spiragli per rimettere in sesto una carriera evidentemente in pericolo non sembrano essercene tanti, e non è da escludere che a breve John debba rassegnarsi a tirare due calci al pallone solo in ambito amatoriale. Altro che maglia con i Tre Leoni sul petto…

giovedì 23 settembre 2010

Quante emozioni in Carling Cup

Se quella del Brentford è stata un’impresa, allora che dire di quanto fatto dal Northampton ieri sera ad Anfield? Tra l’altro i Cobblers, prima di imporsi ai rigori, sono andati vicini a una eclatante vittoria ai supplementari. Il quarto turno (gli ottavi di finale) della Coppa di Lega, quindi, vedrà la presenza non solo di una squadra di League One, ma anche di una di League Two. E intanto quattro big – Chelsea, Liverpool, Manchester City e Tottenham – sono già fuori. Che sia l’anno delle sorprese fino in fondo?

mercoledì 22 settembre 2010

Grande Brentford!

Non oso immaginare l'atmosfera che ci può essere stata ieri sera al Griffin Park, dove le Bees hanno eliminato ai rigori l'Everton in una gara valida per il terzo turno della Coppa di Lega. Il Brentford è l'unica squadra di League One ad approdare alla fase successiva, in una serata che ha visto il Burnley prendersi una parziale rivincita sull'odiato transfuga Owen Coyle. I Clarets, infatti, hanno vinto contro il Bolton allenato da colui che a inizio 2010 ha clamorosamente abbandonato il Turf Moor, cessando così di essere "Dio" per i supporter locali.

martedì 21 settembre 2010

Un po' di storia, come è nato il campionato inglese

In principio fu la FA Cup, nel lontanissimo 1871-72. Poi, negli ultimi anni dell’epoca vittoriana, arrivò il primo campionato della neonata Football League. Era il 1888 e a contendersi il titolo di campioni d’Inghilterra si presentarono 12 squadre. Il professionismo era stato appena introdotto (nel 1885) e su proposta di un dirigente dell’Aston Villa, lo scozzese William McGregor, si provò a dare un po’ d’ordine a un calendario fatto ancora di tantissime amichevoli. Non è un caso che la brillante idea fosse venuta proprio a un esponente dei Villans, squadra in grande ascesa e reduce da una storica vittoria in Coppa d'Inghilterra. Un campionato comportava la possibilità di incontrare in maniera finalmente sistematizzata le compagini più importanti dell'epoca e di conseguenza attirare più persone allo stadio. Il tutto per la felicità dei cassieri dei club.

Le regole dei due gironi di andata e ritorno con l’alternanza dei match in casa e trasferta, poi così imitate ovunque nell’orbe terracqueo, furono fissate durante la riunione costitutiva tenutasi il 17 aprile 1888 al Royal Hotel di Manchester. Un albergo che non esiste più, così come l’Accrington F.C., l’unica delle fantastiche 12 a non essere sopravvissuta fino ai nostri giorni – le successive due versioni dell’Accrington Stanley non sono una filiazione di quella società. Tanti degli altri club hanno fatto la storia del calcio inglese: Aston Villa, Blackburn Rovers, Everton, Wolverhampton Wanderers. Curioso notare l’assenza di squadre londinesi, a testimonianza di come allora il Beautiful Game si fosse sviluppato di più in altre parti dell’Inghilterra, soprattutto nelle Midlands e nel Lancashire. Non c’erano nemmeno le altre grandi dell’era del corporate football, ma c’era il Preston North End. Gli Invincibili, come ricorda una delle tribune del loro impianto, il Deepdale. Non persero nessuna delle 22 gare disputate e quella stagione misero in bacheca anche la FA Cup, oltre, ovviamente, alla coppa di campioni nazionali. Per trovare un’altra compagine in grado di vincere il campionato senza nessuna macchia sul proprio cammino ci sono voluti 115 anni. Parliamo dell’Arsenal di Wenger e Henry. Altri tempi, altro football. Quel mitico Preston seppe fare il bis l'anno successivo, ma poi non riuscì più a ripetersi.

Nel frattempo era nata anche la Football Alliance, su spinta del Nottingham Forest, grande esclusa dalla Football League. Nel 1892, i Garibaldi Reds, come erano soprannominati per il colore delle maglie, confluirono nella Football League insieme ad altre compagini della Alliance. La First Division – ufficialmente denominata così da quell'anno – si allargava a 16 squadre, mentre compariva per la prima volta la Second Division. Chissà se lo sceicco Al Mansour e Roberto Mancini sanno che al suo esordio il secondo livello della lega inglese poteva contare tra le sue fila l'Ardwick. Ovvero i progenitori del Manchester City (che in realtà fino al 1887 si chiamavano Garton e giocavano in maglia nera e pantaloncini bianchi). Tornando alla Prima Divisione, non deve stupire se dopo il breve dominio del Preston a fare man bassa di titoli fu l'Aston Villa – e chi altri! Alla fine del secolo, il team di Birmingham aveva già messo in bacheca tre FA Cup e ben cinque campionati, con tanto di double nel 1897. Gli aristocratici del calcio inglese, come venivano indicati allora, ebbero un tale impatto sull'intero movimento dal punto di vista tecnico e non solo che numerose squadre adottarono negli anni le loro eleganti divise Claret & Blues (vedi, a Londra, il West Ham e il Crystal Palace). Dopo McGregor, fu ancora uno scozzese a risultare determinante nelle sorti del club. Dopo aver giocato e capitanato l'Aston Villa, George Ramsey ne fu anche il manager dal 1884 al 1926. Roba da far invidia ad Alex Ferguson.

Pubblicato ieri dal sito www.calcio3000.com

lunedì 20 settembre 2010

Che spettacolo all’Old Trafford! Intanto il Chelsea asfalta anche il Blackpool

Continua il percorso netto del Chelsea, favorito da un calendario piuttosto agevole. Alle spalle dei Blues si fa sotto il Manchester United, mentre rallenta l'Arsenal, bloccato nei minuti finali della sfida dello Stadium of Light. In coda primo punto del West Ham, che però non riesce ad approfittare di un gol di vantaggio sul campo dello Stoke. Non appare aver fine il momento no dell'Everton.

Cos’è successo – Il big match della giornata era senza dubbio Manchester United-Liverpool, che in settimana Alex Ferguson non aveva esitato a definire la partita per antonomasia del campionato inglese. A livello di gioco i 18 titoli di campioni a testa sono stati legittimati dai Red Devils, dominanti per ampi tratti della partita, ma anche ingenui a farsi recuperare il doppio vantaggio costruito nei primi 60 minuti di gioco. Fortuna per Rooney e compagni che Berbatov è tornato quello dei suoi giorni londinesi. Con il Blackpool solita passeggiata del Chelsea, che chiude la pratica già nel primo tempo. Da segnalare la doppietta di Florent Malouda, capocannoniere della Premier con sei realizzazioni complessive. Arsene Wenger se la prende con l'arbitro per aver concesso un lungo recupero nel match con il Sunderland, ma forse farebbe bene a rampognare i suoi per le occasioni fallite – in primis il rigore sbagliato da Rosicky – e per la mezza distrazione sul gol di Darren Bent. Passo in avanti del Manchester City, corsaro sul campo del Wigan. In gol anche Yaya Tourè, uno dei migliori dei Light Blues in questo primo scorcio di campagna 2010-11.

Il Top – Per farsi perdonare due annate non brillantissime e conquistare in maniera definitiva l'affetto dei tifosi, Dimitar Berbatov non poteva trovare di meglio che segnare una tripletta al Liverpool (la prima di un giocatore dello United contro gli storici rivali dal lontano 1946). E che tripletta! Due magnifici colpi di testa e una rovesciata da manuale del calcio. In attesa del miglior Rooney, le sei reti del bulgaro sono un ottimo viatico per il resto della stagione.

Il Flop – L'Everton aveva illuso un po' tutti con il rocambolesco pareggio con il Manchester United, tuttavia il rovescio interno contro il Newcastle ha confermato le enormi difficoltà che il team del Goodison Park sta incontrando durante questo deficitario inizio di stagione (solo due punti in cinque partite, peggio ha fatto solo il West Ham). Si attende con trepidazione il ritorno di Louis Saha, visto che in attacco la squadra balbetta tantissimo. Certo, se poi Marouane Fellaini si divora occasioni come quella dei secondi finali del match di sabato, diventa tutto più complicato.

La Sorpresa – Non ce ne voglia Roberto Di Matteo, ma vedere il suo West Bromwich Albion decimo dopo cinque giornate appare alquanto inusuale, considerando i precedenti delle ultime, deludenti stagioni dei Baggies in Premier. Tutto cuore e determinazione il successo nel derby contro il quotato Birmingham, prima riacciuffato e poi superato con un gol del promettente attaccante nigeriano Peter Odemwingie.

Toh chi si rivede – Roman Pavlyuchenko viene ormai usato da Harry Redknapp per risolvere le partite che gli Spurs si complicano in maniera indicibile. Era già successo nel preliminare di Champions League a Berna (decisivo il suo gol del 2-3), è accaduto nel fine settimana nell'importantissimo match casalingo con i Wolves. Senza la sua fondamentale marcatura del 2-1, il Tottenham si sarebbe ritrovato già troppo distante delle posizioni che contano.

La Chicca – Avram Grant non era presente al Britannia Stadium di Stoke perché impegnato a osservare la festività ebraica dello Yom Kippur. Ma se gli Irons continueranno di questo passo, il tecnico israeliano potrebbe ritrovarsi ad avere fin troppi sabati liberi…

Scritto per Goal.com

venerdì 17 settembre 2010

La seconda parte del reportage sulle squadre di Liverpool scritto per Fever Pitch

I tifosi dell’Everton sono fin troppo silenziosi. Lungi dal non esprimere interesse nei confronti del match, che si mette subito bene grazie a un mortifero uno-due di Tim Cahill e Landon Donovan, ma di cantare non sembra abbiano troppa voglia. Quasi si stessero conservando la voce per un appuntamento più importante, più sentito, come può essere un derby con la metà rossa della Merseyside. In effetti una decina di giorni dopo la gara interna con il Sunderland alla quale abbiamo assistito, vinta facilmente per 2-0, i Toffeemen si ritroveranno di fronte i rivali cittadini. Quelli che li battono (quasi) sempre e che anche nel secondo derby della stagione avranno la meglio per 1-0, ottava affermazione negli ultimi undici scontri diretti in campionato. Quelli che sono arrivati dopo – l’Everton è stato fondato nel 1878, il Liverpool nel 1892 – e che hanno vinto di più. Tanto di più. Ma che per gli evertoniani doc saranno sempre la seconda squadra della città, sostenuta da migranti e gente che a Liverpool casomai non ci ha mai messo piede. Loro, i Toffeemen, sono il People’s Club, la squadra dei “nativi” (leggi alla voce Wayne Rooney ma anche Steve McManaman e Jamie Carragher), come ci rammentano le sciarpe messe in bella mostra dalle bancarelle che fanno da corona al Goodison Park. Un impianto storico, distante solo dieci minuti a piedi dall’Anfield Road. Come avrete letto spesso, basta attraversare lo Stanley Park e dalla roccaforte rossa si passa a quella tutta blu. I paraggi dello stadio sono meno tetri di quelli dell’arena del Liverpool, anche perché una delle strade dà direttamente sul parco. Dopo aver reso il dovuto omaggio alla statua di Dixie Dean, prolifico centravanti icona che tra il 1925 e il 1937 fece esultare i supporter dell’Everton per ben 383 volte (un record assoluto per il beautiful game), la prima cosa che cerco con gli occhi è la chiesa di St Luke’s. Ovviamente è lì, all’angolo tra il Main Stand e la Gwladys End.

Costruita oltre un secolo fa (nel 1901) ha messo il bastone fra le ruote anche al grande Archibald Leitch, il celeberrimo architetto di stadi che nel 1907 fu chiamato per ingrandire e rendere più funzionale il Goodison Park. Un compito che lo accompagnerà per i successivi 30 anni. Non bastavano le file ordinate di casette a schiera con cui venire a patti, ci si doveva mettere pure un luogo di culto, avrà pensato Leitch. D’altronde ai tempi non si costruiva in lande desolate ai bordi della città, bensì in quartieri popolosi e dove lo spazio era scarso, limitato. Al di là delle battute, è evidente che la conformazione urbana del quartiere ha condizionato lo sviluppo di Goodison Park, che più di tanto non può essere ampliato, prova ne sia che solo una tribuna, la Park Stand, è stata abbattuta e poi riedificata (ma era l’unica delle quattro a non essere opera del genio di Leitch). Le altre, per l’immenso piacere dei cultori delle arene del passato, sono state ammodernate e rese più funzionali alla bell’e meglio, ma conservano ancora la struttura del passato. Prendete per esempio la Bullens Stand, dove troviamo posto per il match contro il Sunderland. I seggiolini dove appoggiamo le nostre terga sono quelli in legno (pure parecchio consumato) che hanno ospitato generazioni e generazioni di supporter. Certo, la visuale è leggermente disturbata dalle colonne che sorreggono il piano superiore. Quello con il marchio distintivo di Leitch: la balconata adornata con una serie di decorazioni in acciaio a linee incrociate che richiamano i colori del club. Una “chicca” che non smettiamo di ammirare, come non riusciamo a distogliere lo sguardo dai tre piani della mastodontica Main Stand. Se si vuole respirare qualche alito d’aria del passato, bisogna assolutamente fare una capatina da queste parti.

E poi quella sulla Goodison è una sede storica, “attiva” già in epoca vittoriana. Per la precisione dal 1892, da quando per una disputa economica il club si spostò di qualche centinaia di metri dalla “sistemazione precedente”. Ovvero dall’Anfield Road, la prima casa dell’Everton, “lasciata” ai neonati cugini del Liverpool. In realtà in quell’anno i Reds si chiamavano Everton F.C. and Athletic Grounds e la loro fondazione si deve proprio al padrone dei terreni dove sorgeva l’impianto impiegato dai Blues, tale John Houlding. Un po’ come accadrà con il Chelsea una dozzina di anni dopo, per non dismettere uno stadio si mise insieme una squadra. La quasi omonimia – bella forza, erano entrambe originarie dello stesso quartiere! – e l’iniziale similitudine cromatica – il rosso “cittadino” fu scelto solo nel 1896 – crearono non pochi imbarazzi alla Football League, che infatti intimò ai nuovi arrivati di cambiare nome. Il resto è storia.

Quella dell’Everton è punteggiata da tanti momenti di gloria, da sole quattro stagioni passate nel limbo della Second Division, ma anche da un bel po’ di bocconi amari. I bocconi trangugiati a causa del già accennato dominio dei cugini. A livello domestico i Toffees si sono difesi benino, affermandosi in campionato già nel 1890-91, godendo di stagioni d’oro a cavallo tra la Prima e la Seconda Guerra mondiale, rialzando la testa dopo qualche momento buio negli Anni Sessanta, per poi avere uno spettacolare revival a metà degli Ottanta. La meravigliosa quadra guidata da Howard Kendall nel 1985 si aggiudicò una fantastica doppietta campionato-Coppa delle Coppe, sfiorando di poco anche la FA Cup. Ma a causa dei tragici fatti dell’Heysel non poté competere nell’edizione successiva della Coppa dei Campioni.

Un rimpianto enorme, una ferita mai completamente guarita per tutto l’ambiente, che infatti si dice da allora porti ancora maggiore rancore ai rivali cittadini – che invece devono la loro fama mondiale proprio alle numerose coppe europee messe in bacheca. I vari Neville Southall, Kevin Ratcliffe, Trevor Steven e Grame Sharp riusciranno a bissare il titolo inglese nel 1987, ma il dovuto ricambio non ci fu, anche a causa della crisi che colpì in quel periodo il calcio d’oltre Manica e dei mancati introiti derivanti dalle competizioni continentali. Attualmente l’Everton è tra quelle grandi che raccolgono solo le briciole (poche) che cascano dal piatto delle Big Four. Per aumentare i guadagni si era pensato di affidarsi a uno stadio più grande, alle porte della città. L’impianto di Kirkby, è notizia di qualche mese fa, però non si farà. I suoi impatti sarebbero stati troppo gravosi sulla comunità locale, motivo per cui il governo lo ha rispedito al mittente. Tutte le polemiche che avevano fatto seguito alla decisione della dirigenza, sostenuta da una parte minoritaria della tifoseria, si sono sciolte come neve al sole. Meglio così, la prossima volta che capiteremo dalle parti di Goodison Road prima di una partita lo Spellow Pub sarà ancora pieno di tifosi storici che sostenevano il People’s Club già dai tempi di Ray Wilson, l’unico campione del mondo della storia dell’Everton. Parliamo, ovviamente, del 1966, e di quando al Goodison Park si giocarono ben cinque partite dei mondiali, compresa la semifinale Germania-Urss. Un motivo d’orgoglio per la città di Liverpool e un segno distintivo di cui non si può fregiare l’Anfield Road, rifattosi poi nell’Europeo del 1996. Volete mettere con il fascino dei mitici Sixties?

martedì 14 settembre 2010

Il Punto sulla Premier – Solo l’Arsenal tiene il passo del Chelsea

Il ritorno della Premier dopo la pausa per gli impegni della nazionale, finalmente vincente, ha confermato lo strapotere del Chelsea e le difficoltà delle altre big, Arsenal escluso. Agevolati da un calendario sicuramente facile, al momento i Blues appaiono una macchina perfetta, prolifica in attacco e molto ermetica in difesa. E poi gli immancabili scandali sessuali che ormai investono in maniera ciclica il calcio inglese questa volta non hanno investito i londinesi, bensì il Manchester United, tanto che Alex Ferguson ha preferito evitare al fedifrago Wayne Rooney le forche caudine del Goodison Park.

Cos’è successo – Il derby del Boleyn Ground dura solo un quarto d’ora, poi prima Michael Essien e poi la solita papera di Robert Green spianano la strada a un Chelsea bello e concreto. Vince anche a dispetto delle assenze l’Arsenal. Il neo acquisto Laurent Koscielny trova il suo primo gol in maglia biancorossa ma regala il pareggio al Bolton, “massacrato” poi nel secondo tempo. Maluccio le due compagini di Manchester. Lo United butta alle ortiche un doppio vantaggio nei secondi finali della gara contro un Everton indomito, il City arranca in casa contro un Blackburn agevolato dalla topica di Joe Hart e Kolo Touré. Certo, se le castagne dal fuoco a Roberto Mancini le deve levare Patrick Vieira, c’è poco da essere ottimisti dalle parti di Eastlands. Un’altra squadra che fa tanta fatica è il Liverpool, che a Birmingham è stata più vicina alla sconfitta che alla vittoria. Le polemiche innestate dall’ex Reds Jamie Redknapp sul presunto scarso impegno del Nino Torres non aiutano certo un ambiente già depresso dall’attuale situazione societaria.

Il Top – Se adesso si mette a segnare anche le doppiette, per di più di testa, finisce che non ce n’è più veramente per nessuno. Essien sembra aver finalmente riposto nel dimenticatoio tutti i guai e i malanni della scorsa annata ed è tornato a guidare il centrocampo dei Blues con la consueta classe e grinta.

Il Flop – Dopo il 6-0 inflitto all’Aston Villa, la Toon Army si era illusa che questa potesse essere la stagione della definitiva resurrezione del Newcastle anche in Premier. Il doppio schiaffo interno rimediato dall’altra neo-promossa Blackpool sembra ridimensionare, e anche di molto, le ambizioni dei Magpies, che forse invece dell’Europa farebbero bene a guardarsi con molta attenzione alle spalle.

La Sorpresa – Moussa Dembelé. Già in rete in Coppa di Lega, il ventitreenne attaccante belga ha rotto il ghiaccio anche in Premier. La sua doppietta contro il Wolverhampton ha fruttato i tre punti al Fulham, ora sesto in classifica. Buon per i Cottagers che il suo ambientamento in Inghilterra – Dembelé è arrivato in estate dall’AZ Alkmaar – procede benissimo, visto che proprio nel match con i Wolves il neonazionale Bobby Zamora si è rotto una gamba dopo un brutto contrasto con Karl Henry e resterà fuori per circa quattro mesi.

Toh chi si rivede – Mikel Arteta, un po’ come Essien, ha passato mesi da incubo a causa di un brutto infortunio. Dopo qualche apparizione alla fine dello scorso campionato, è stato l’oggetto del desiderio di molti club importanti durante il mercato estivo e a un passo dal vestire i colori della nazionale inglese – che però per questioni burocratiche rimarrà solo un sogno. Il gol del pareggio nel big match contro il Manchester United può rappresentare un punto di svolta per l’Everton, che fin qui ha giocato bene ma raccolto pochissimo.

La Chicca – La parata di Pepe Reina sul colpo di testa di Cameron Jerome a metà primo tempo di Birmingham-Liverpool. Un intervento prodigioso, a mano aperta, su un’incornata perfetta dell’attaccante dei Brummies. Grazie anche ad almeno altri tre interventi decisivi, l’estremo difensore dei Reds ha in parte cancellato i recenti brutti ricordi delle papere contro l’Arsenal e in nazionale contro l’Argentina.

Scritto per Goal.com

lunedì 13 settembre 2010

Stati pieni, ma non esauriti

Venerdì scorso ho notato che sul sito del West Ham c’erano ancora disponibili dei biglietti per il derby con il Chelsea del giorno dopo. Certo, non tantissimi, ma c’erano. Gli Irons staranno pur passando un momento a dir poco negativo, ma le motivazioni di questa storia del mancato tutto esaurito va ricercata altrove. Prezzi molto alti (dai 40 euro in su) e crisi che in Inghilterra si fa sentire, eccome. A Newcastle la prima di campionato c’erano 43mila spettatori a salutare il ritorno dei Magpies in Premier. Anche lì niente sold out (il St James’ Park ne tiene 52mila). Tuttavia fare paragoni con altri Paesi, e altre situazioni, mi sembrerebbe comunque ingeneroso…

giovedì 9 settembre 2010

I mille problemi dell'Aston Villa

“Noi siamo il vostro incubo”. Così recitava un immenso striscione dei tifosi del Rapid Vienna accorsi al Villa Park per il preliminare di Europa League dello scorso fine agosto. Frase quanto mai azzeccata, se è vero che per il secondo anno consecutivo il team di Birmingham non è riuscito a spuntare l’accesso ai gironi di qualificazione della seconda competizione europea proprio a causa della fiera opposizione dei viennesi. Uscire dall’Europa due anni consecutivi contro una squadra austriaca – un calcio tra i più malridotti del Vecchio Continente – non è esattamente il massimo, anzi. Ma se quanto occorso l’anno passato poteva sembrare un brutto incidente di percorso, il rovescio interno e l’inattesa eliminazione di qualche giorno fa è la fotografia di un ambiente sull’orlo di una crisi di nervi.

Paradossalmente i Villans sono messi in maniera discreta in campionato – occupano la quarta piazza – però anche su quel fronte sono reduci da una batosta inenarrabile, lo 0-6 al St James’ Park di Newcastle. Le partenze di James Milner e Martin O’Neill, legate a doppia mandata tra di loro, sono alla base di questo balbettante inizio di stagione. Al loro posto sono arrivati uno dei reietti di Roberto Mancini – Stephen Ireland – e il manager “a tempo” Kevin MacDonald, appena sostituito da Gerard Houllier. Il tecnico francese torna a sedere in panchina dopo tre anni di assenza. In Inghilterra Houllier ha già allenato il Liverpool, con alterne fortune. Tutti ricordano il suo anno magico, il 2001, quando i Reds portarono ad Anfield ben cinque trofei, ma anche il suo gioco non sempre brillante e ben poco redditizio in campionato, visto che in Premier il suo Liverpool non ha quasi mai combattuto per il titolo. Ma sempre nel 2001, per la precisione a ottobre, ebbe un malore durante la partita contro il Leeds che lo costrinse a una complessa operazione alla aorta e a un lungo periodo di riposo. A 63 anni Houllier ha forse l’ultima occasione di guidare una squadra di buon livello, ma si dovrà accontentare di una rosa che può al massimo ambire a un posto nella solita Europa League. Il presidente Randy Lerner, il milionario americano che ha messo fine agli oltre 30 anni di regno del mai troppo amato Doug Ellis, l’ha dichiarato senza mezzi termini, il Villa si può solo autofinanziare, per cui i tanto attesi – da O’Neill e dalla maggior parte dei tifosi – acquisti per il famigerato salto di qualità rimarranno per molto tempo una chimera.

È quindi un miracolo che siano rimasti a Birmingham – ma chissà per quanto ancora – le giovani stelle Ashley Young e Gabriel Agbonlahor. Con tutto il rispetto per Ireland, l’assenza di un giocatore molto tecnico e in grado di coprire vari ruoli come Milner si sta facendo già sentire tantissimo. I cross per gli arieti John Carew e Emile Heskey, c’è da scommetterci, diminuiranno in maniera esponenziale. A proposito dell’ex pupillo di Fabio Capello, in Inghilterra quotano a 11/10 la possibilità che segni non più di tre reti nell’intera campagna 2010-11. Un dato eloquente…E che sia bollito lo testimoniano le scarse presenze collezionate lo scorso anno. Più che a recuperare Heskey, la nuova gestione dovrà provare a far crescere le promesse Ciaran Clark e Marc Albrighton, rimaste scottate dai recenti risultati shock. Se già Houllier riuscisse a ridare fiducia alle nuove leve e mantenere il rendimento difensivo dei vari Richard Dunne e James Collins alto come lo scorso anno (quarta miglior difesa del campionato) ci sarebbe già da stare allegri. La “piazza” però è sul piede di guerra, tanto che circola voce che buona parte dei supporter non abbia preso bene l’arrivo del nuovo manager. Il direttore generale Charles Krulak difende la scelta del club e chiede alla tifoseria di dare all’ex allenatore del Lione “il rispetto che merita”. L’unica valvola di sfogo di una stagione che si preannuncia molto dura potrebbero essere le coppe nazionali, competizioni in cui il Villa ha brillato nel 2009-10. Un’ancora di salvezza che, visti i precedenti quando stava nella Merseyside, Houllier sta sicuramente già prendendo in considerazione.

Scritto per Calcio3000.com