lunedì 30 gennaio 2012

In partenza

Salvo (spiacevoli) sorprese dell'ultima ora, domani dovrei partire per Londra. In serata sono al The Den per Millwall v Watford. Era bella anche Palace v Brighton, ma con gli amici con cui vado su dobbiamo "raccattare" un membro della spedizione nel tardo pomeriggio a Liverpool Street, quindi arrivare fino al Selhurst Park ci risultava difficile. Mercoledì ci spostiamo a Birmingham per Villa v QPR. Su questa partita dovrei scrivere un pezzo per Calcio 2000, sull'altra qualcosa farò di sicuro, spero anche in tempi brevi.

Stay tuned!

domenica 29 gennaio 2012

Domenica di coppa

Nemmeno avevo fatto in tempo a scrivere che un sorteggio benevolo avrebbe potuto dare qualche chance in più ai team delle divisioni inferiori, che la sorte ha "colpito duro"...

Leggere di seguito per credere:

Liverpool v Brighton & Hove Albion
Everton v Blackpool or Sheffield Wednesday
Chelsea v Birmingham City
Crawley Town v Stoke City
Stevenage v Tottenham Hotspur
Norwich City v Leicester City
Sunderland or Middlesbrough v Arsenal or Aston Villa
Millwall or Southampton v Bolton Wanderers

sabato 28 gennaio 2012

Sabato di Coppa

Un po' di sana tranquillità, dopo le vicissitudini (risolte) con mio figlio e il trasloco dell'ufficio (che mi ha lasciato la schiena a pezzi). Sana tranquillità che, ovviamente, fa rima con Coppa d'Inghilterra. Al quinto turno potrebbero addirittura approdare otto squadre che non giocano in Premier, qualora il Boro dovesse vincere il derby di domani con il Sunderland (dopo averlo visto nel match contro il Coventry ci credo poco, però). Un sorteggio particolarmente benevolo potrebbe garantire la presenza di qualche "piccola" anche al sesto turno, con possibili margini per semifinali inedite. Speriamo, io intanto inizio a dare un'occhiata a quanto costano i biglietti aerei per il 5 maggio (data della finale).

lunedì 23 gennaio 2012

Perché sempre lui?

Causa problemi familiari - mio figlio più piccolo in ospedale, per fortuna ora va meglio - non ho potuto seguire un granché il fine settimana di Premier. Niente punto, quindi, ma per quel poco che sono riuscito a vedere solo una rapida considerazione: chi fa gesti come quello compiuto oggi dal numero 45 del Manchester City non si può certo aspettare silenzio assoluto da parte degli addetti ai lavori...

venerdì 20 gennaio 2012

Chelsea B

Per far cresce i giovani c’è bisogno del Chelsea B, come accade in Spagna nel caso di Barcellona, Real Madrid e di altre compagini di alto rango. Questa in estrema sintesi l’idea di André Villas-Boas per risolvere uno dei crescenti problemi della Premier, dove i talenti prodotti dal settore giovanile spesso non trovano spazio in prima squadra, mentre si potrebbero fare le ossa in campionati molto competitivi come la Championship. L’academy dei Blues negli ultimi anni ha sfornato un solo giocatore di grande livello – John Terry – e, secondo l’ex allenatore del Porto, mandare le nuove leve in prestito ad un altro club o farli competere nel cosiddetto campionato riserve non avrebbe la stessa ricaduta positiva di gestirli tramite una squadra satellite collegata in maniera diretta alla “casa madre”.

Un’entità dove si possono testare i progressi compiuti gradualmente e che costituirebbe un serbatoio continuo di campioni in nuce. Difficile che la proposta avanzata da Villas-Boas possa venir messa in pratica, vuoi per gli assetti attualmente esistenti nella Football League (che gestisce Championship, League One e Two ma non ha un rapporto diretto con la Premier League), vuoi per la presenza di numerosi club blasonati e con largo seguito di tifosi soprattutto in Championship. Forse la soluzione potrebbe essere semplicemente seguire l’esempio di Arsenal e Manchester United, che i giovani non hanno paura a farli esordire prestissimo in prima squadra. Nel 2010 il Chelsea ha vinto la FA Youth Cup, quindi non è da escludere che qualche promessa possa già fare il salto tra i “grandi”. Tutto sommato forse è meglio rischiare a costo zero su un giovane dell’academy che investire un 50 milioni di sterline su un centravanti che non segna mai, no?

giovedì 19 gennaio 2012

Una luce all'orizzonte per il Blackburn?

Non c'è pace a Ewood Park. I deludenti risultati dei Rovers fanno il paio con la gestione societaria, che sta suscitando più di una perplessità, tanto per usare un eufemismo. Ormai è passato oltre un anno da quando la Venky India Limited – società indiana che opera nel campo alimentare – ha rilevato il Blackburn e la sensazione che gli assetti societari siano quanto mai incerti e forieri di un futuro molto nebuloso è molto forte, sia tra gli addetti ai lavori che nella tifoseria locale.

Eppure qualche incoraggiante segnale di ripresa c’è, eccome. Alle imprese di Anfield Road e dell’Old Trafford, si è aggiunta la bella vittoria contro il Fulham. L’espulsione dopo soli 20 minuti di Yakubu – nettamente il miglior giocatore dei Rovers nel corso della prima metà della campagna 2011-12 – non ha tagliato le gambe alla squadra, che anzi ha lottato su ogni pallone ed è riuscita ad aggiudicarsi i tre punti con un convincente 3-1.

Con le dovute eccezioni – come la richiesta di trasferimento intavolata dal forte difensore congolese Christopher Samba, cercato da Tottenham, QPR e Paris Saint Germain – i giocatori stanno cercando di fare fronte comune per provare a evitare la retrocessione in Championship. Il problema, e anche di dimensioni notevoli, riguarda piuttosto la società. O quel che ne rimane. La carica di presidente è vacante da mesi, il debito di una ventina di milioni di sterline non è certo risibile, per un club delle dimensioni del Blackburn, però sarebbe “accettabile” se la Venky desse qualche segno di vita (e soprattutto qualche rassicurazione) in più. Per esempio rispondendo alle domande dei tifosi o del quotidiano locale Lancashire Telegraph, cui non viene dato molto ascolto.

Forse perché è uno dei tanti media che ha iniziato a ventilare l'ipotesi che la Venky sia solo una copertura per chissà quale affare poco pulito e che in precedenza aveva già evidenziato come la nuova proprietà avesse “ricompensato” fin troppo lautamente Jerome Anderson. Ovvero colui che aveva fatto da intermediario per il passaggio di mano del club, nonché padre di Myles (mediocre difensore improvvisamente ritrovatosi con un contratto da professionista in Premier) e agente di Steve Kean (il manager nemico pubblico numero uno all'Ewood Park). Per la serie i casi della vita. Se almeno Myles Anderson di danni ne ha causati ben pochi – non ha ancora esordito in campionato e chissà se mai lo farà – l'allenatore scozzese è visto come l'origine di tutti i mali della squadra. La protesta nei suoi confronti ha raggiunto toni quanto mai aspri, con striscioni allo stadio e... in cielo (la scritta “Kean out” è apparsa attaccata alla coda di un aeroplano) e momenti di tensione quando in alcune circostanze gli steward hanno usato modi un po' spicci con i tifosi “dissenzienti”.

Sono ormai passati i tempi di quando l'ex presidente John Williams invitata i supporter delusi dai risultati della squadra a prendere una tazza di the da lui per spiegare le sue decisioni. Nemmeno a parlarne dei fasti del compianto Jack Walker. Un imprenditori locale – ma residente per motivi fiscali nelle isole della Manica – che dopo aver fatto la sua fortuna con l'acciaio aveva rilevato la squadra per cui faceva il tifo fin da bambino sull'orlo della retrocessione in terza serie nel 1990, per poi portarla al successo in Premier nella stagione 1994-95. D'altronde il centravanti dei Rovers a quell'epoca era un certo Alan Shearer...

martedì 17 gennaio 2012

ll Punto sulla Premier – Riparte la sfida tra City e United

Entrambe vittoriose le squadre di Manchester, che così staccano il Tottenham, bloccato in maniera inaspettata dal Wolverhampton.

In una giornata ricca di risultati a sorpresa spicca l'impresa dello Swansea ai danni dell'Arsenal. Delude invece il Liverpool, che inizia ad allontanarsi anche dalla zona Champions League.

COS'E' SUCCESSO – Archiviato un terzo turno di FA Cup vibrante ma senza troppi risultati clamorosi (eccezion fatta per la bella affermazione dello Swindon contro il Wigan), il calcio inglese si rituffa nel tran tran del campionato. Proprio il malridotto Wigan ha provato senza successo a ostacolare il cammino della capolista City, cui basta una bella marcatura di Edin Dzeko (che era a secco in Premier dal 5 novembre scorso) e tanto possesso palla per tenere a bada gli uomini allenati da Roberto Martinez. Nonostante la pessima giornata di Wayne Rooney (al secondo rigore consecutivo sbagliato), i cugini dello United hanno vita facile contro un'altra pericolante quale il Bolton. Sugli scudi Paul Scholes e Danny Welbeck. Dietro rallentano un po' tutte, eccetto il Chelsea. La quattordicesima vittoria nelle ultime 15 partite dei Blues contro il Sunderland è contraddistinta dai progressi fatti registrare da Fernando Torres. Se il Tottenham spreca una bella occasione per tenere la scia del duo di testa pareggiando contro il Wolverhampton, non la finisce invece di perdere fuori casa l'Arsenal (contro lo Swansea è giunto il terzo rovescio su quattro gare), mentre il Liverpool si fa imporre il pari casalingo da un abbottonatissimo Stoke. Il Newcastle rovina l'esordio sulla panchina del QPR di Mark Hughes, succeduto a Neil Warnock – secondo noi cacciato con troppa fretta dalla dirigenza dei Super Hoops. In zona retrocessione colpaccio del Blackburn, di cui parliamo qui di seguito.

IL TOP – Una società allo sbando, un allenatore (Steve Kean) contestatissimo e qualche pezzo pregiato ansioso di scappar via (Christopher Samba). Eppure nonostante una caterva di problemi, il Blackburn contro il Fulham ha saputo vincere nonostante l'inferiorità numerica durata 70 minuti causata dall'espulsione del suo miglior giocatore (Yakubu). Se il campionato finisse oggi i Rovers sarebbero salvi. Tutto si può dire di loro, tranne che sono una squadra che si arrende facilmente.

IL FLOP – E' vero, contro lo Stoke City ha giocato solo poco più di mezzora. Però tanto è bastato per rendersi conto di come finora l'investimento di 35 milioni di sterline fatto dal Liverpool per Andy Carroll sia stato abbastanza mal consigliato. Il lungagnone di Newcastle non ne azzecca una. Non a caso da quando è arrivato ad Anfield Road di goal ne ha segnati pochini...

LA SORPRESA – Steven Fletcher è diventato l’incubo del Tottenham, cui segna con regolarità ormai da tre partite. Grazie alla sua marcatura i Wolves hanno rischiato di espugnare il White Hart Lane. Alla fine anche il punto rimediato con qualche patema d’animo nel finale è più che sufficiente per tenere viva la speranza salvezza.

TOH CHI SI RIVEDE – Giustamente Paul Scholes ha voluto “imitare” quell'altro splendido “vegliardo” di Titì Henry, regalando al suo pubblico una rete fondamentale nell'economia del match contro il Bolton. Ce ne fossero di centrocampisti della sua classe in giro per il mondo. Fortuna vuole che potremmo addirittura vederlo dettare legge in mezzo al campo per un altro anno e mezzo. Bentornato, Scholsie!

LA CHICCA – Aston Villa v Everton è il match che si è disputato più volte nel football inglese: 212 match con quello di sabato. Al Villa Park i Toffees hanno vinto una sola volta negli ultimi 25 anni, confermando la loro “idiosincrasia” allo storico impianto dei Villans con il pareggio per 1-1 raccolto sabato pomeriggio.

CONSIGLI PER GLI ACQUISTI – Gli otto goal realizzati finora nella sua stagione d’esordio in Premier fanno di Steve Morison del Norwich City uno degli attaccanti rivelazione dell’anno. E pensare che prima di firmare un contratto da professionista con il Millwall nel 2009 il centravanti della nazionale gallese, ora quasi ventinovenne, ha giocato a lungo nei dilettanti…

domenica 15 gennaio 2012

Villa Park

Mi sono arrivati i biglietti per Aston Villa v QPR del prossimo 1 febbraio, che mi godrò con alcuni amici. Sebbene il Villa Park - e soprattutto la Holte End e la Trinity Road Stand - non sia più quello di una volta, rimane uno dei miei impianti preferiti. A Birmingham sono stato solo una volta, per vedere il City contro il Blackpool, per cui ci torno più che volentieri. Prometto reportage, spero con articolo corredato da un po' di foto per Calcio 2000.

giovedì 12 gennaio 2012

Torna l'incubo del razzismo?

Di recente l'immagine del calcio inglese è stata sporcata da episodi conclamati o meno di razzismo che hanno avuto protagonisti in negativo niente meno che una stella del Liverpool (Luis Suarez) e il capitano della nazionale dei Tre Leoni (John Terry). Se per la bandiera del Chelsea è atteso ancora un pronunciamento della giustizia sportiva e di quella ordinaria, il forte attaccante dei Reds si è beccato una punizione esemplare – otto giornate di stop – per aver apostrofato ripetutamente Patrice Evra con l'appellativo di “negretto”. Insomma, visto anche il caso degli insulti rivolti da un tifoso del Liverpool al giocatore dell'Oldham Athletic Tom Adeyemi durante un recente match di Coppa d'Inghilterra, c'è di che preoccuparsi. A essere onesti, però, tutte le campagne inscenate negli ultimi decenni per debellare il fenomeno del razzismo hanno sortito dei risultati molto positivi.

Basta fare un raffronto con quanto succedeva negli anni Settanta e Ottanta per rendersi conto di quanto siano realmente cambiate le cose. Tanto per fare un breve excursus storico, i flussi migratori dalle ex colonie – le isole caraibiche prima e soprattutto Pakistan e India in un secondo momento – a partire dagli anni Cinquanta iniziarono a modificare in maniera profonda il tessuto sociale del Regno Unito, e in particolare di Londra, dove ancora nel 1951 solo un abitante su 20 era nato fuori dai confini nazionali (nel 1991 gli asiatici e i neri ammonteranno invece a 1,35 milioni, un quinto della popolazione totale).

Il percorso di integrazione non fu affatto semplice, oltre a essere marcato da episodi di intolleranza sfociati in atti di violenza su larga scala come i già menzionati riots di Notting Hill nel 1958. “Keep England White”, era lo slogan dei Teddy Boys e dei movimenti parafascisti che avevano in Edward Mosley il loro mentore in quei difficili anni dell'inizio del processo di integrazione. La crisi economica che investì l'Inghilterra negli anni Settanta finì per acuire il problema.

Il disorientamento della working class londinese era palese. A celebri discorsi improntati alla xenofobia come quelli del politico conservatore Enoch Powell – che prefigurò “fiumi di sangue” per la rivolte causate dalla questione razziale e invitò a più riprese a cacciar via i migranti – ebbero una eco molto forte nelle porzioni dell'East End più povere e afflitte dalla disoccupazione.

Proprio in una squadra dell'East End, il West Ham, a quell'epoca giocava Clyde Best, un ragazzo dal fisico da pugile che nel 1968 passò dalle spiagge dorate e dal sole di Bermuda ai campi fangosi e al cielo uggioso di Londra. A soli 18 anni debuttò in Prima Divisione in un derby contro l'Arsenal.

In sette stagioni in claret & blue Best, che di ruolo faceva l'attaccante, disputò 218 partite, segnando 58 goal. Insomma, grazie alla sua determinazione e voglia di fare se la cavò benino, nonostante l'atteggiamento ostile e smaccatamente razzista che spesso il pubblico avversario – e a volte amico – teneva nei suoi confronti. Clyde non si curava dei versi della scimmia e delle banane lanciate al suo indirizzo. Li considerava inconvenienti del mestiere, come i tanti fallacci che subiva dai difensori avversari. Forse aveva compreso che negli anni a venire le cose sarebbero migliorate, i giocatori neri non sarebbero più stati un'eccezione (un po' come fu l'ottimo centravanti Walter Tull degli Spurs a inizio secolo), ma in alcuni casi addirittura la regola e che la società inglese avrebbe pian piano posto un argine alle manifestazioni di razzismo. È vero, per tanto tempo ancora ci sarebbero stati segmenti di alcune tifoserie che non “contavano” i goal dei black players. Capitava al Chelsea, dove nella Shed le infiltrazioni dei gruppi fascisti National Front e Combat 18 si fecero sentire. Ma per fortuna in altri casi, come per l'Arsenal, il credo politico di queste organizzazioni non attecchì tra il popolo delle gradinate.

Anche a livello istituzionale ci fu un'inversione di tendenza. Quanto accaduto al londinese Jack Leslie, che nonostante le caterve di goal segnati nel Plymouth Argyle (oltre 400 fra il 1920 e il 1935) non giocò mai in nazionale e l'unica volta che fu convocato ricevette una comunicazione di scuse per l'errore, dal momento che in federazione non si erano accorti che era un “uomo di colore”, non si sarebbe mai più ripetuto. Almeno a partire dal 1978, quando nell'amichevole vinta per 1-0 nei confronti della Cecoslovacchia debuttò in nazionale il primo giocatore di colore della storia dei Tre Leoni, Viv Anderson. Poco più di 20 anni dopo, ai mondiali nippo-coreani del 2002, di neri nella rosa dell'Inghilterra ce n'erano nove e gli episodi di razzismo negli stadi inglesi erano diminuiti in maniera sensibile, a dispetto del crescente numero di colored in campo.

Considerato quanto accaduto di recente, però, c’è ancora bisogno di tanto lavoro. A partire dall’”educare” alcune stelle della Premier.

mercoledì 11 gennaio 2012

Titì Henry

Ma benedetto ragazzo, nemmeno abbiamo fatto in tempo a pubblicare "London Calling" che lui ha già provveduto a "modificare" il suo record di goal segnati con la maglia dell'Arsenal (ora è a quota 227). Toccherà fare una seconda edizione del libro...
Certo che quanto accaduto lunedì sera ha dell'incredibile, se fossi un tifoso dell'Arsenal sarei impazzito di gioia!

lunedì 9 gennaio 2012

Un film sul Subbuteo

La vecchia passione del Subbuteo rimane sempre viva, anche se ultimamente non riesco più a cimentarmi sul panno verde. Di seguito c'è un articolo interessante pubblicato ieri dall'Avvenire.​

Dici Subbuteo e nella mente di tanti (ex) ragazzi si apre un mondo. Fatto di dita che corrono su un campo verde di panno e che colpiscono minicalciatori di plastica dalla base semisferica, con la concentrazione e l’impegno di una finale dei Mondiali di calcio. Un mondo nato oltre 60 anni fa. Visto che il Subbuteo lo inventò nel 1947 l’ornitologo Peter Adolph. Non potendolo chiamare The Hobby, come voleva, Adolph scelse il nome di un falchetto: Subbuteo, appunto.

A raccontare cos’è oggi il mondo del Subbuteo ci prova ora un film, Subbuteopia. Nato da un’idea di Enrico Fontanelli e Pierr Nosari (che ne è anche il regista), Subbuteopia, uscirà in primavera. E per farlo punta sulla partecipazione e sul crowdfunding, il sistema di finanziamento dal basso che permette di condividere e supportare progetti creativi. In pratica, chiunque potrà finanziare la pellicola, a diversi livelli, «Collegandosi al sito specializzato Verkami www.verkami.com/projects/1168-subbuteopia – spiegano gli autori – sarà possibile supportare il progetto e garantirsi, ad esempio, un posto d’onore all’anteprima del documentario, una copia del dvd (è un’edizione limitata e sarà stampato solo in 200 copie) o assicurarsi l’emozione di vedere il proprio nome immortalato nei titoli di coda». Per finire il progetto servono 15mila euro, 3.595 sono già stati raccolti.

«In fondo quella del Subbuteo è la classica storia di Davide contro Golia, come questo film rispetto alle grandi produzioni. All’inizio del Terzo Millennio, la multinazionale americana Hasbro, proprietaria del marchio Subbuteo, ha deciso di fermare la produzione del gioco. Per chi ha amato il Subbuteo poteva significare la fine della propria passione. Ma due fratelli italiani, Arturo e Giovanni Battista Parodi, si ribellano. Hanno una piccola ditta con 7 impiegati nel Nord Italia e, insieme al padre Edilio, sono stati tra i maggiori distributori di Subbuteo in Europa sin dal 1971. Decidono di sfidare la multinazionale americana e di continuare comunque la produzione e la distribuzione del leggendario gioco. Grazie a loro ci sono ancora millioni di appassionati giocatori ed anche tornei agonistici in più di 30 differenti Paesi in tutto il mondo (Europa, USA, Singapore, Argentina, Canada, Sud Africa...)». Un mondo che Subboteopia vuole raccontare. Intraprendendo una bella sfida: in tempi di crisi, troveranno finanziatori per un film così particolare?

Gigio Rancilio

venerdì 6 gennaio 2012

I dati sulla sicurezza negli stadi

Meno arresti e meno banning order (l'equivalente delle nostre diffide). La stagione 2010-11 ha rappresentato un ulteriore passo avanti del football d'oltre Manica nello scacciare la violenza dagli stadi? A leggere le statistiche sembrerebbe proprio di sì. Da quando si registrano i dati relativi alla sicurezza (1984-85), non c'era mai stato un numero così basso di persone arrestate (3.173), mentre i banning order sono passati da 3.248 a 3.173.

Vai a capire, però, se nella compilazione dei dati sono considerati anche eventuali crimini commessi molto lontano dagli impianti di gioco. Più facile che alcuni episodi "stile anni Ottanta" non si verifichino nei pressi delle arene, presidiate da frotte di telecamere a circuito chiuso.

lunedì 2 gennaio 2012

ll Punto sulla Premier – Crollo in vetta

Clamorose sconfitte per le due compagini di Manchester. Tra le inseguitrici ne approfitta appieno solo l'Arsenal, mentre il Tottenham pareggia a Swansea. L'Aston Villa acuisce la crisi del Chelsea. Nonostante tutte le rassicurazioni del caso, la panchina di André Villas-Boas potrebbe essere in grande pericolo.

COS'E' SUCCESSO – Chi l'ha detto che la Premier è un campionato fin troppo prevedibile, dove le partite tra le grandi e le squadre di livello medio-basso sono sempre scontate? A cavallo fra il vecchio e il nuovo anno capita allora che il Manchester United del settuagenario Alex Ferguson perda in casa contro il disastrato e ultimo in classifica Blackburn Rovers (per di più imbottito di riserve) e che il Manchester City sprechi l'impossibile e venga punito al tramonto del match da un Sunderland combattivo come il suo neo-allenatore Martin O'Neill. E ancora, che il Chelsea crolli in casa contro l'Aston Villa guidato dai “desaparecidos” Stephen Ireland e Darren Bent e che il Tottenham a Swansea butti alle ortiche un'occasione più unica che rara di avvicinarsi alla testa della classifica. Le uniche big a non uscire con le ossa rotte da questa diciannovesima giornata sono l'Arsenal (35esimo goal di Robin Van Persie nel 2011) e il Liverpool. Nella classica di Anfield Road con il Newcastle, i Reds beneficiano ancora di una grande giornata di Craig Bellamy. Dopo un anno di purgatorio al Cardiff, il gallese è tornato a farsi valere in Premier. Buona parte del merito va a Kenny Dalglish, che ha creduto in lui. Nel resto degli incontri ci sono da segnalare un po' di pareggi che lasciano del tutto incerta la situazione in fondo alla classifica. Il Bolton sperava in qualcosa di più contro la diretta rivale del Wolverhampton, mentre è stato bravissimo il Wigan a impattare nonostante l'inferiorità numerica sul difficile campo dello Stoke.

IL TOP – Dieci punti in cinque gare, con la ciliegina sulla torta della vittoria sul Manchester City. Questo il bottino raggranellato da Martin O'Neill da quando è ufficialmente il nuovo manager del Sunderland. Per noi, al di là del carattere non proprio facile da gestire, rimane uno dei migliori tecnici nel panorama britannico, come abbondantemente dimostrato a Leicester o ai tempi dei Celtic.

IL FLOP – E' proprio vero, la riconoscenza non è più di questo mondo. Alex Ferguson ha speso una ventina di milioni di euro per portare il giovane David De Gea a giocare titolare in Premier League, per di più in uno dei club più popolari del Pianeta, e lo spagnolo ha pensato bene di rovinargli il settantesimo compleanno con un paio di papere da incubo. Il problema ulteriore è che non sono le prime – e, temiamo, nemmeno le ultime – di una stagione fin qui da dimenticare.

LA SORPRESA – Come visto c'è solo l'imbarazzo della scelta. In un'ipotetica classifica, metteremmo per prima l'impresa del Blackburn, poi l'affermazione sul filo di lana del Sunderland e quindi il recupero dell'Aston Villa in casa del Chelsea, che così vendica il 7-1 rimediato nel marzo del 2010.

TOH CHI SI RIVEDE – Victor Anichebe era assente dai campi da gioco da fine agosto. Un infortunio gli ha impedito di dare il suo contributo all'Everton nella seconda parte del 2011. Per mettersi alle spalle il periodo nero, il nigeriano ha pensato bene di iniziare il nuovo anno alla grande. A West Bromwich ha segnato una marcatura fondamentale, regalando così un futuro senza troppi patemi d'animo ai Toffees.

LA CHICCA – Quarant'anni e non sentirli. Brad Friedel ha appena centrato la 284esima presenza consecutiva in Premier e si appresta a diventare il sesto più anziano giocatore ad aver disputato una gara nel massimo campionato inglese. Peccato per la mezza papera al Liberty Stadium, dove però sono arrivati anche un paio di interventi da grande campione.

CONSIGLI PER GLI ACQUISTI – E' il classico centravanti britannico anni Ottanta. Lo scozzese Steven Fletcher non ha certo i piedi più raffinati della Premier, ma finora per il Wolverhampton ha già messo a segno otto reti. Un bottino di tutto riguardo, che il buon Steven spera di incrementare presto.