mercoledì 31 marzo 2010

Un po' di sana pubblicità


Riprendo l'avviso della quinta uscita della rivista Fever Pitch, grande intuizione dell'amico Giacomo Mallano. Di Seguito un po' di info.
P.S. il reportage da Liverpool è farina del mio sacco...

E’ finalmente disponibile il numero cinque, che gli abbonati stanno già ricevendo mentre scriviamo. Di fianco la cover, confermato il super-formato e tantissimi argomenti all’interno, fra gli altri: Bubbles, Jimmy Hill, Old Trafford, Reportage da Liverpool, Hearts vs Hibs, e poi foto, rubriche, lettere. Per info su come ricevere il numero 5 e su come abbonarsi: www.feverpitch.it

martedì 30 marzo 2010

Red Devils e Blues dilaganti, in attesa della partita dell’anno

L’antipasto al sabato di Pasqua più infuocato degli ultimi anni, quello della partitissima tra Manchester United e Chelsea, è stato più che godibile. La trentaduesima giornata di Premier conferma l’ottimo stato di forma delle due grandi rivali, ma non tralascia una mezza sorpresa, ovvero lo stop dell’Arsenal.

Una volta il Bolton Wanderers era il bogey team, la bestia nera del Manchester United. Invece sabato è arrivata la decima vittoria in undici partite contro i Trotters. A spianare la strada ai Red Devils ci pensa Jlloyd Samuel con un clamoroso harakiri. Quello del difensore ex Aston Villa è l’undicesimo autogol a favore dello United, che però al Reebok Stadium domina anche grazie alla doppietta di Dimitar Berbatov, giunto così a dodici gol in Premier. Insomma, Alex Ferguson si può addirittura permettere il lusso di tenere a riposo precauzionale un “tale” Wayne Rooney, e nello scontro diretto di sabato all’Old Trafford potrebbe non disprezzare troppo un eventuale pareggio.

È evidente, infatti, che dopo la delusione della Champions League il Chelsea ha ritrovato uno stato di salute più che soddisfacente, a cui va aggiunta un’enorme voglia di rivincita. Ai cinque gol del recupero di Portsmouth, hanno fatto seguito i sette infilati all’Aston Villa, tra due settimane avversaria nella semifinale di FA Cup. Da segnalare il poker di reti di Frank Lampard, il secondo della sua carriera (il primo lo rifilò al Derby County due anni fa). I Villans avevano avuto un crollo verticale anche nel marzo scorso. Da quanto visto allo Stamford Bridge, il team di Martin O’Neill nel momento topico della stagione è di nuovo a corto di fiato. Colpa di una rosa fin troppo ristretta e – almeno per il 2009-10 – delle numerose partite giocate nelle coppe nazionali.

Brutta battuta d’arresto per l’Arsenal. Il quarto gol in campionato – tutti segnati nei minuti finali delle poche partite disputate – del veterano Kevin Phillips annacqua le speranze di titolo dei Gunners, per la verità penalizzati da una delle non rarissime papere di Almunia. Il St Andrew’s non porta per niente bene ad Arsene Wenger e ai suoi ragazzi. Nel febbraio 2008 fu proprio a casa dei Blues che l’Arsenal iniziò a rallentare la sua corsa al successo finale in campionato. In quell’occasione, poi, si registrò anche il terribile infortunio a Eduardo.

Mentre il Tottenham approfitta del facile impegno interno con il Portsmouth (altro anticipo della semifinale di Coppa), il Liverpool gioca una delle migliori partite dell’anno. Con una splendida doppietta Fernando Torres raggiunge quota 20 nelle 29 gare affrontate in tutte le competizioni. Le belle azioni mostrate contro il Sunderland sono sì un ottimo viatico per la lotta al quarto posto, ma anche fonte di rimpianti per quello che poteva essere ma non è stato. In attesa della squalifica per il litigio con David Moyes, Roberto Mancini tira un sospiro di sollievo grazie alla meravigliosa tripletta di Carlitos Tevez (25 gol in stagione) che nel finale stende un coriaceo Wigan.

In coda si aggrava la posizione del West Ham, incappato nella sesta sconfitta consecutiva nel match casalingo contro lo Stoke City. Dopo una breve pausa di riflessione nella sua Sardegna, Gianfranco Zola ha deciso di rimanere sino al termine della stagione, sebbene la fiducia nei suoi confronti della nuova coppia di proprietari Sullivan & Gold sia ai minimi storici. Quasi spacciato il Burnley, che perde in casa il derby con il Blackburn. Anche a causa del controverso rigore assegnato al team di Sam Allardyce, la partita ha avuto dei pesanti strascichi dal punto di vista dell’ordine pubblico. Gli incidenti sia dentro che fuori il Turf Moor hanno costretto la polizia a effettuare ben quaranta arresti. Purtroppo il sogno dei Clarets si sta trasformando in un incubo, da tutti i punti di vista.

venerdì 26 marzo 2010

Due parole su Rafa Benitez

L’eroe della quinta Coppa dei Campioni, oppure l’ennesimo allenatore che ha allungato la striscia di anni senza il trofeo di campioni d’Inghilterra in bacheca? Chissà come preferiranno ricordare Rafa Benitez, dato sul piede di partenza, i tifosi del Liverpool. A caldo peserà, e tanto, la pessima campagna 2009-10; a freddo, come spesso accade, riaffioreranno pure i bei ricordi. Conterà più la qualità del gioco, gli schemi che in alcuni frangenti hanno deliziato il popolo della Kop, oppure l’aurea mediocritas espressa in match importanti, come quello perso domenica scorsa all’Old Trafford? I critici di Benitez, che in Inghilterra sono in crescita esponenziale, gli rinfacciano un approccio fin troppo pavido agli appuntamenti di rilievo. Tanto per citare un esempio recente, con lo United Alberto Aquilani, che appena sei giorni prima era stato il migliore in campo contro il Portsmouth, è finito in panchina, a fronte del “solito” centrocampo” fatto di tanti muscoli e poca fantasia.

Per carità, la rotazione dei giocatori è sempre stata una delle costanti del tecnico originario di Madrid. Le buone performance in Champions League hanno spesso fatto da presupposto per una gestione conservativa dei titolari in campionato. Il nodo gordiano della questione, però, non è tanto se valeva la pena far riposare lo Steven Gerrard o il Fernando Torres di turno, quanto il valore reale dei loro sostituti. La stampa britannica ha di recente sbattuto in faccia a Benitez l’elenco dei suoi acquisti flop. Josemi, Jan Kromkamp, Fernando Morientes, Craig Bellamy, Robbie Keane, Andrea Dossena e Jermaine Pennant sono i più eclatanti e soprattutto costosi dei suoi sei anni alla guida del Liverpool. A questo elenco andrebbero aggiunti ragazzi volenterosi ma mediocri come Lucas Leiva, Emiliano Insua e David N’Gog e reietti che rispondono al nome di Albert Riera e Ryan Babel (quest’ultimo arrivato sulla Merseyside per quasi 12 milioni di sterline). Il dissidio con il giovane attaccante olandese va ormai avanti da mesi, tra sfoghi clamorosi e parziali ricomponimenti, quello con l’ex esterno del’Espanyol è scoppiato in tutta la sua virulenza da pochi giorni ma già appare insanabile. Riera ha accusato Benitez di avere “qualcosa di personale nei suoi confronti”, motivo per cui è stato messo ai margini della squadra e non vede quasi più il campo da gioco in un match ufficiale. Si parla già di una sua futura cessione al CSKA Mosca per circa sei milioni di sterline (era costato otto). Ma per la verità anche degli insospettabili come El Nino Torres – uno ce non rischierà ma il posto da titolare – hanno messo in dubbio le sue capacità di gestire i rapporto umani…

Tutto sommato lo spagnolo non gode della simpatia nemmeno della maggior parte dei suoi colleghi. Sempre all’Old Trafford è andato in scena un siparietto molto pepato con Alex Ferguson, da oltre un anno oggetto degli strali dell’ex tecnico del Valencia in quanto ritenuto una sorta di “anima nera” della Premier, capace di condizionare gli arbitri e addirittura la federazione, rea di stilare calendari modellati sulle esigenze dello United. Sarà pur vero che Ferguson, specialmente nei momenti di difficoltà, utilizza sempre più spesso i suoi “giochetti mentali” per fare pressione sulle giacchette nere, però a posteriori le sparate di Benitez sembrano un chiassoso diversivo per mascherare gli insuccessi dei Reds. Ad Anfield Road il titolo di campioni d’Inghilterra manca dall’ormai lontanissimo 1990 e con il buon Rafa la squadra ha lottato per il primo posto solo nella scorsa stagione. Troppo poco, per chi ha ancora nella mente i ricordi dei trionfi di Bill Shankly e Bob Paisley.

Uno strano poker di gol


Curioso questo aneddoto su Chris Nicholl pescato su Soccernet.com. L’ex difensore dell’Aston Villa fu capace di infilare la palla in rete ben quattro volte in un match del 1976 contro il Leicester City. Peccato che la partita, valida per la vecchia First Dvision, terminò 2-2…
P.S. nella foto molto “subbuteosa” Nicholl, che poi dal 1977 al 1983 giocò nel Southampton, è quello a sinistra.

giovedì 25 marzo 2010

Dammi la palla!


Non avevo dubbi che prima o poi il Mancio avrebbe messo da parte la condotta da baronetto mostrata finora in Inghilterra...

lunedì 22 marzo 2010

I Red Devils a caccia del Poker

Manchester United e Liverpool sono ormai da decenni divise da una rivalità sportiva che ha pochi eguali al mondo. Le due tifoserie, però, di recente hanno trovato un singolare “punto di contatto” nella battaglia contro le rispettive proprietà americane, fonti di grande preoccupazione per i milioni di sterline di debiti che hanno portato con sé. Ma se i Reds Devils continuano ad andare a gonfie vele sia in Premier che in Europa, i Reds balbettano su tutti fronti, come si è avuto la conferma nel match di domenica. Al Liverpool, vincitore degli ultimi tre scontri diretti, non è bastato il lampo di Fernando Torres (brutto però il suo gesto in occasione del rigore per lo United), prima Rooney e poi Park – sempre più decisivo, dopo la meravigliosa prestazione contro il Milan – hanno inflitto un duro colpo alle speranze di qualificazione in Champions League degli ospiti. Peccato aver visto Alberto Aquilani solo nel quarto d’ora finale, specialmente dopo la bella prova con il Portsmouth. Forse Rafa Benitez era più occupato a litigare a bordo campo con Alex Ferguson, con il quale da tempo è in corso un’accesa diatriba, o a badare alla polemica scoppiata con il dissidente Alberto Riera…

Un altro allenatore che vive un momento molto complicato è Carlo Ancelotti. Dopo la delusione con l’Inter, sembrava che in Premier il Chelsea potesse riprendere senza troppi patemi la rincorsa al quarto titolo della sua storia. All’Ewood Park erano stati proprio le due principali delusioni della gara di Champions League, Nicolas Anelka e Didier Drogba, a confezionare il gol del vantaggio dopo una manciata di minuti. Il ventottesimo gol stagionale dell’ivoriano non è invece servito a spianare la strada ai Blues, poco determinati a chiudere la partita e incapaci di reggere la fisicità del Blackburn, sempre sconfitto nelle ultime quattro gare con il Chelsea. Adesso, come ha ammesso pure Ancelotti, bisognerà vincere tutte le partite che mancano per evitare che il 2009-10 sia ricordata come la campagna dei flop.

“Ora sappiamo soffrire”, potrebbe essere lo slogan del “nuovo” Arsenal. Dopo le difficoltà in trasferta, sono arrivati i patemi all’Emirates, provocati dall’espulsione di Thomas Vermaelen a fine primo tempo del derby contro il West Ham. Al di là del rigore ben parato da Almunia a Diamanti, i Gunners non hanno rischiato troppo, non riuscendo però a costruire con continuità le solite giocate strabilianti. Ma la vetta della classifica è ancora lì a un passo, e questo è ciò che conta, anche in vista dell’imminente ritorno in campo di Robin Van Persie.

Nella lotta per il quarto posto fondamentali vittorie esterne di Tottenham e Manchester City. I Light Blues hanno approfittato dell’evidente stanchezza del Fulham, beneficiando poi della sedicesima rete in campionato di Carlitos Tevez. Rallenta invece l’Aston Villa, salvato dalla doppietta di John Carew nel derby contro il Wolverhampton, che così non è stato in grado di cogliere la prima vittoria in 30 anni ai danni dei Villans.

I Wolves fanno lo stesso un bel balzo in avanti nella corsa salvezza. Male l’Hull City. Non ha sortito gli effetti sperati il cambio di allenatore. Iain Dowie, infatti, ha esordito con una sconfitta sul campo del Portsmouth. Onore al merito ai Pompey, che nonostante siano praticamente retrocessi si sono giocati fino in fondo la partita contro le tigri dello Yorkshire. Nel recupero infrasettimanale riceveranno la visita del Chelsea. Altre sorprese dietro l’angolo?

venerdì 19 marzo 2010

Che Fulham!


Un giusto omaggio alla grande impresa dei Cottagers e al loro meraviglioso stadio.

giovedì 18 marzo 2010

It’s the economy, stupid!

Dal 2005 il costo degli abbonamenti per il Manchester United è aumentato in media del 48 per cento, con picchi del 69 per cento per alcuni settori. Ora, nonostante le proteste dei tifosi e le pressioni dei cosiddetti Red Knights, i Glazer hanno deciso di fare cassa per pagare i debiti e accrescere ulteriormente l’importo per le tessere annuali. Chissà come saranno contenti gli abbonati…

martedì 16 marzo 2010

Il punto sulla Premier scritto per Goal.com

L’equilibrio in vetta permane e, continuando di questo passo, il rebus-Premier si risolverà solo nelle battute finali. L’unico scontro diretto rimasto tra Manchester United e Chelsea, in programma all’Old Trafford il 3 aprile, rischia di favorire l’Arsenal, che potrebbe approfittare di un calendario piuttosto agevole, eccezion fatta per il derby con il Tottenham.

Il Chelsea non perde in casa un derby con il West Ham dal settembre del 2002 – allora fu decisiva una doppietta di Paolo di Canio – e la gara di sabato ha confermato la superiorità schiacciante dei Blues, costretti a schierare in porta la giovane promessa ex Middlesbrough Ross Turnbull a causa delle contemporanee assenze di Peter Cech e Hilario. Ma con un Florent Malouda straripante sulla fascia sinistra e il solito implacabile cecchino che risponde al nome di Didier Drogba i ragazzi di Carlo Ancelotti hanno avuto vita facile, cancellando i sogni di gloria degli Irons dell’ex Scott Paker – bello il suo primo gol stagionale. La panchina di Gianfranco Zola traballa sempre di più, e secondo la nostra modesta opinione non è stata una grande idea lasciare in panca Alessandro Diamanti e Carlton Cole. Domenica prossima si va all’Emirates…

All’Old Trafford il Manchester United “restituisce” al Fulham i tre gol rimediati all’andata. Ovvero quando la difesa soffriva per le pessime condizioni di forma di Rio Ferdinand e Nemanja Vidic, mentre Wayne Rooney non segnava ancora almeno un gol a partita. Adesso il reparto arretrato appare tornato sui livelli della scorsa stagione, quando Edwin Van Der Sar rimase imbattuto per ben 1.311 minuti. Sul numero 10 dei Red Devils abbiamo finito gli aggettivi. Lui nel frattempo è a meno 10 dal record di 42 realizzazioni di Cristiano Ronaldo e si gode la crescita di Dimitar Berbatov, che da quando ha giocato alla grande la finale di Coppa di Lega ha alzato di parecchio la qualità delle sue prestazioni.

Nonostante gli infortuni e l’evidente stanchezza accumulata durante il match infrasettimanale di Champions League contro il Porto, l’Arsenal riesce ad acciuffare i tre punti sul difficile campo dell’Hull. Partita opaca, priva di smalto, quella dei Gunners, che però come già accaduto a Stoke piazzano la rete decisiva in pieno recupero e allungano così a cinque la serie di vittorie consecutive. Dopo la tripletta in Coppa, ancora a bersaglio Niklas Bendtner. Per i Tigers, invece, continua il periodo nero. Pochi giorni prima del match Jimmy Bullard e Nick Barmby erano addirittura venuti alle mani in un parco pubblico, dopo la sconfitta con l’Arsenal è giunto pure l’esonero di Phil Brown. Ora si parla di Mark Hughes come probabile sostituto dell’allenatore della storica promozione in Premier.

Così come Bendtner e Berbatov, un altro attaccante che sembra rinato è Roman Pavlyuchenko, alla terza doppietta in cinque partite tra Coppa d’Inghilterra e campionato. Gli Spurs non hanno faticato a liquidare il Blackburn e ora credono sempre di più al quarto posto, visto poi che il Manchester City ha lasciato due punti a Sunderland, dove ha disputato un pessimo primo tempo. Meraviglioso però il gol del pareggio in extremis di Adam Johnson.

Finalmente da Anfield Road arrivano delle buone notizie su Alberto Aquilani. L’ex romanista gioca titolare – e già è una notizia – e pure bene. Ciliegina sulla torta, segna sotto la Kop. Un sogno che si realizza e che, speriamo per lui, possa rappresentare un nuovo inizio dopo mesi ricchi di problemi e delusioni.

venerdì 12 marzo 2010

Il nuovo re dell'Old Trafford

Wayne Rooney veste la maglia numero dieci, non quel sette che nel recente passato per il Manchester United è stato sinonimo di leggenda – George Best, Eric Cantona, David Beckham e Cristiano Ronaldo, e scusate se è poco. Nel calcio però, è cosa nota, il dieci spetta al genio, al fuoriclasse, al Maradona o al Pelé di turno. Non a caso già ai tempi dell’Everton uno dei suoi soprannomi era il Pelé Bianco. Già, l’Everton. Scouser con lontane origini irlandesi, ha da sempre nel cuore i colori della prima squadra di Liverpool – almeno in termini di fondazione e, narra la vulgata, di sostegno da parte dei locali doc. In blu esordì alla tenera età di 16 anni, segnando il suo primo gol con una prodezza balistica che lasciò di stucco David Seaman, mica l’ultimo arrivato. Come non si stanca mai di ripetere Bill Kenwright, il proprietario dei Toffees, per riportare in vetta al calcio inglese il club di Goodison Park servirebbe un miliardario, per cui quando nel 2004 il Manchester United mise sul piatto una trentina di milioni di euro per portarsi a casa il talentino – che nel frattempo aveva fatto sfracelli all’Europeo portoghese – nessuno si fece troppi scrupoli.

I tifosi dell’Everton la presero malissimo, bollando Rooney di alto tradimento. Un’accusa alquanto ingenerosa, che il ragazzotto di Croxteth – quartiere tra i più poveri e difficili di Liverpool – non ha mai mandato giù, tanto da baciare polemicamente la maglia dello United in occasione di un gol segnato alla sua vecchia compagine. Ma quello era il gesto di un amante deluso, stizzito per i fischi e gli insulti che non pensava di meritare. Proprio lui, che a Croxteth dovette subire le angherie dei veri nemici – i tifosi del Liverpool – che una volta tirarono delle pietre sui vetri della sua vecchia casa popolare e, successivamente, lo bersagliarono addirittura con un telefonino dopo un gol che il nostro infilò sotto la Kop. A dirla tutta, in quell’occasione Rooney ebbe un’esultanza un po’ sopra le righe, “consona” al suo comportamento in campo a inizio carriera.

A quei tempi il giovane Wayne era proprio un discolaccio, un po’ come il suo idolo di gioventù, il gigante scozzese Duncan Ferguson. Trattava indifferentemente arbitri e avversari come i compagni di giochi del suo vecchio quartiere, ovvero in maniera tutt’altro che oxfordiana. Fioccavano le ammonizioni, ma anche qualche cartellino rosso, come quello rimediato in Germania nei quarti di finale dei Mondiali contro il Portogallo. Di pari passo andavano le polemiche su scala nazionale per il suo frequente abuso della “parolina di quattro lettere” (pure quella ben poco signorile). Fuori dal campo si è mormorato di una sua eccessiva passione per le scommesse, mentre lui stesso ha riconosciuto di aver fatto sesso a pagamento prima di andare a vivere con il grande amore della sua vita, Coleen, la fidanzatina dei tempi della scuola media. Ora Wayne e Coleen sono sposati e hanno un figliolo (Kai Wayne). Sono una coppia di successo, tra contratti milionari con il Manchester United e con sponsor di livello mondiale (lui) e lucrosi articoli e DVD su fitness e moda (lei). Nulla di paragonabile alla premiata ditta iper-glamour David &Victoria, ma tanto da potersi permettere ville e appartamenti lontani dal grigiore di Croxteth.

Vuoi per la paternità, vuoi per le ramanzine di Alex Ferguson e Fabio Capello (“la prima volta che lo incontrai mi ha spaventato”, ha affermato la stella dei Red Devils), Rooney si è dato una bella calmata.

Sul rettangolo di gioco le sue qualità sono ormai sotto gli occhi di tutti. Smussata qualche asperità caratteriale, sono rimaste la grinta e la straordinaria abnegazione che lo hanno portato a giocare in quasi tutti i ruoli possibili e immaginabili, escluso il centrale difensivo (ma il terzino l’ha fatto) e il portiere. Ora che Cristiano Ronaldo si è trasferito al Bernabeu, gli è “toccato” segnare più di prima, stabilendo il suo raggio d’azione ben dentro l’area di rigore. Risultato? A metà marzo è già arrivato a quota 30 reti stagionali, ha superato la barriera delle 100 marcature in Premier (per uno scherzo del destino sempre contro l’Arsenal) e si è pure messo a impallinare i portieri avversari di testa – come sanno bene Dida e Christian Abbiati, ma anche l’estremo difensore dell’Aston Villa Brad Friedel, trafitto nella recente finale di Coppa di Lega. Una novità, dal momento che dei suoi primi 100 gol in campionato, solo cinque sono stati frutto di una bella inzuccata. Ferguson e Capello si augurano che Rooney non si fermi più, in vista del finale di stagione e dei mondiali sudafricani. Il record di segnature di Pelé è irraggiungibile, però tentar non nuoce, come recita il vecchio adagio. Specialmente se i tifosi ti chiamano il Pelé Bianco.

Pubblicato oggi su Goal.com

giovedì 11 marzo 2010

Mezzo off topic sul Subbuteo

Bell'articolo apparso oggi sulla Stampa. I Parodi li ho conosciuti di persona, persone squisite e che hanno importato in Italia uno dei più bei giochi mai inventati oltre Manica.

Davide contro Golia. Da una parte una piccola azienda italiana, a conduzione familiare, sette dipendenti e dall’altra il colosso americano Hasbro, numero due del mondo, 4,07 miliardi di dollari il fatturato 2009. In mezzo c’è il Subbuteo, il calcio da tavolo che negli Anni Sessanta faceva giocare 10 milioni di appassionati in 50 Paesi. La «guerra» è quella del mercato. Nel 2005 i diritti di registrazione del vecchio Subbuteo sono scaduti e la Edilio Parodi Snc, sede a Manesseno di Sant’Olcese, nell’entroterra di Genova, ha lanciato una nuova versione del «calcio in miniatura», che ha chiamato «Zeugo» (in dialetto genovese, gioco). Versione che aveva ideato fin dagli Anni Novanta, ma soltanto a livello di hobby, e sulla quale oggi ha focalizzato il suo business. Sfidando sullo stesso terreno, i negozi di giocattoli, il colosso americano, che con il marchio originale (di sua proprietà) qualche anno fa aveva riproposto un nuovo Subbuteo con giocatori bidimensionali. Senza dimenticare il «vecchio», quello dei calciatori tridimensionali, ricomparso nel 2009 con una collana edita dalla Fabbri su licenza Hasbro e distribuita nelle edicole. Un passo indietro.

Storia vuole che una prima forma del calcio da tavolo sia stata ideata dai marinai inglesi che, non potendo giocare a football sulle navi, fabbricarono, con il piombo, delle sagome di giocatori in miniatura: era la fine dell’Ottocento. La English Football Association commercializzò l’idea, ma il vero gioco prende forma nel 1929, sempre in Gran Bretagna, con il «New Footy» creato da W.L. Keeling, che poi venderà nel 1965 alla Subbuteo Sports Game, che nel frattempo conquistata il mercato col Subbuteo che conosciamo. La data di nascita dell’«originale» è il 9 agosto 1946, quando Peder Adolph, un impiegato del Kent con la passione per l’ornitologia brevetta una versione perfezionata del «New Footy», ideata nel garage di casa. E che battezza, dopo aver tentato col più generico «The Hobby», col nome scientifico del falco lodaiolo: (falco) Subbuteo.

Nasce, così, la Subbuteo Sports Game, e la leggenda del «calcio in punta di dita». Avrà successo, tanto che nel 1968 il gruppo J. Waddington, sedi a Leeds e Londra, proprietaria del Monopoli, acquisisce il marchio e lo diffonde. Il Subbuteo sfonda anche in Italia, dove tocca l’apice negli Anni Settanta e Ottanta. Poi, comincia il declino. Intanto la Subbuteo Sports Games Ltd passa nel 1996 al colosso americano Hasbro. E la Edilio Parodi? «Siamo stati sin dal 1971 importatori del Subbuteo in Italia. Mio padre Alfredo ha contribuito al suo successo, proponendo squadre, accessori» racconta Arturo Parodi, titolare della Snc genovese col fratello Giovan Battista. «Ma nel ‘97 la Hasbro interrompe il rapporto con tutti i distributori. Così, ci siamo trovati all’improvviso senza lavoro». Seguono cause legali, ma nulla da fare.

Finché nel 2000 il gigante Usa annuncia lo stop alla produzione del Subbuteo, surclassato nei sogni dei bambini delle nuove generazioni dai videogiochi. I Parodi ottengono ancora dalla Hasbro di produrre il Subbuteo in Italia dal 2002 al 2003, poi gli americani li fanno fuori definitivamente. E allora, parte la controffensiva: «Zeugo». «È una versione migliorata, di qualità. I giocatori dipinti a mano, la pallina che gira meglio, le porte più robuste». La confezione costa 50 euro, 10 una squadre: a catalogo ce sono già 200, comprese le Nazionali dei Mondiali del Sudafrica. «I papà fanno da traino, poi i bambini si appassionano». E la concorrenza dei videogiochi? «Il giocattolo tradizionale è manualità, socialità. Ai miei figli di videogame non ne ho mai comprato uno».

Fabio Pozzo

martedì 9 marzo 2010

Wembley come San Siro

O meglio, il terreno del nuovo stadio nazionale sembra “degno” di quello dell’impianto milanese. Si parla di una ormai sicura decima rizollatura in tre anni, un bel record negativo. Le recenti partite di Carling Cup e della nazionale hanno provocato infortuni (Owen & Rooney in primis) e parecchie proteste. Il centrocampista dell’Aston Villa James Milner ha dichiarato che il campo era peggiore di quello di un paio di squadre delle divisioni minori incontrate quest’anno. Insomma, il nuovo Wembley non smette di far discutere.

lunedì 8 marzo 2010

Derby (quasi) mancati

Se le cose fossero andate per un certo verso (tra risultati del sesto turno e sorteggio), le semifinali di FA Cup avrebbero potuto mettere in scena due derby di quelli da ricordare: Aston Villa v Birmingham City e Tottenham (o Fulham) v Chelsea. Però una finale tra Blues e Spurs (o Cottagers) è ancora del tutto possibile. Peccato che sabato 15 maggio – il giorno della partita decisiva – la Ryan Air abbia cancellato il volo la mattina presto da Roma, però si possono valutare altre opzioni…

sabato 6 marzo 2010

Play up Pompey!

Al di là del gol-non-gol di Liam Ridgewell, il Portsmouth ha meritato la vittoria nel sesto turno di FA Cup. I Pompey si sono così assicurati almeno un viaggio a Wembley, in quella che forse è la stagione più disgraziata e difficile (almeno dal punto di vista societario) della loro storia. La magia della Coppa? Sembra fin troppo scontato, ma è proprio così…

venerdì 5 marzo 2010

Newton Heath

“Love United, hate Glazer”. È questo il coro-tormentone che ormai da qualche settimana all’Old Trafford accompagna i gol di Wayne Rooney e i cross perfetti di Antonio Valencia. Amiamo il Manchester United, detestiamo i Glazer, la famiglia americana che sta seppellendo i Red Devils sotto una montagna di debiti – si parla di oltre 700 milioni di euro. Dopo le critiche di imborghesimento da eccesso di vittorie e di corporate football rivolte nei loro confronti ciclicamente da personaggi del calibro di Roy Keane e Alex Ferguson, dopo la creazione di un club autonomo (l’F.C. United of Manchester) da parte dei dissidenti estremi, i supporter della compagine del Lancashire si sono finalmente svegliati dal torpore che li attanagliava. Adesso la protesta contro i Glazer non coinvolge solo una nutrita e rumorosa minoranza, come avvenne all’epoca dell’avvento dei ricconi yankee (2005), ma una larga fetta della tifoseria biancorossa. Per manifestare il loro dissenso i membri del Manchester United Supporters Trust hanno avuto un’idea brillante e di impatto immediato: rispolverare i colori della tradizione. In casa e in trasferta sono così spuntate migliaia di sciarpe gialloverdi, che ricordano la prima maglia indossata dallo United nel 1878. In realtà in quegli anni anche il nome della compagine era differente. La lunghissima denominazione ufficiale recitava Newton Heath Lancashire and Yorkshire Railway. Furono infatti i lavoratori di una delle principali compagnie ferroviarie dell’età vittoriana, la prima a impiegare linee a trazione elettrica, a fondare il nuovo club di calcio e cricket, come era d’uso a quei tempi per impiegare il tempo libero nell’intero arco dell’anno (il football si giocava nei mesi freddi, il cricket in quelli caldi). Il giallo e il verde, nemmeno a dirlo, erano i colori della società “madre”, mentre Newton Heath è tuttora un quartiere operaio della periferia orientale della città mancuniana.

Ai suoi albori il team non si distinse per le prestazioni sul campo da gioco, sebbene nel 1889 gli furono aperte le porte della Football Alliance, l’associazione poi assorbita dalla Football League nel 1892. Ovvero lo stesso anno in cui il Newton Heath dimezzò il suo nome, affrancandosi dalla Lancashire and Yorkshire Railway, che nel frattempo aveva deciso di revocare al club la concessione semi-gratuita dei campi di North Road. Il trasferimento all’impianto di Bank Street sostituì il fumo delle locomotive con quello delle vicine 30 ciminiere della Albion Chemical Works. Insomma, ci sono pochi dubbi sul fatto che le squadre avversarie non amassero far visita agli Heathens (il soprannome di quei giorni), tanto che una vittoria per 14-0 sul Walsall Town Swifts fu annullata a seguito del ricorso presentato dagli ospiti per le pessime condizioni “ambientali” in cui si giocò la partita. Il Newton Heath si aggiudicò solo una Lancashire Cup nel 1898, finendo ben presto nelle posizioni di rincalzo della allora Second Division. Intanto i debiti si accumulavano. Per la serie corsi e ricorsi storici… La leggenda vuole che fu il cane san Bernardo dell’allora capitano Harry Stafford ad attirare l’attenzione del proprietario delle Manchester Breweries a un evento organizzato per raccogliere fondi. John Henry Davies, questo il nome del titolare del birrificio, non riuscì a persuadere Stafford a cedergli il suo prezioso quadrupede, ma in compenso si fece convincere dal giocatore a investire qualche centinaia di sterline nella disastrata compagine. Per dare un segnale di discontinuità con un passato non proprio mirabile, si cambiarono nome e colori sociali. Si narra che fu un immigrato italiano, Louis Rocca, a suggerire la mutazione da Newton Heath a Manchester United. Le maglie mezze gialle e mezze verdi andarono in pensione, sostituite da altre rosso fuoco e da braghe bianche. Il resto è storia del calcio, non solo inglese.

Di recente è stata la traballante situazione societaria dei Red Devils più che le loro imprese sportive a tenere banco sulle prime pagine dei giornali. Un gruppo di sostenitori molto facoltosi – tratto distintivo, si definiscono Red Knights e hanno tutti la loro sfera di interessi nella City di Londra – sarebbe pronto a raccogliere una somma di oltre un miliardo di euro per convincere i Glazer a cedere le loro azioni. Ma gli americani non mollano la presa. Anzi, rilanciano e ventilano l’ipotesi di rimanere nel Lancashire almeno fino al 2017. L’escalation delle proteste non sembra turbarli troppo, sebbene in occasione dell’andata degli ottavi di Champions League con il Milan un comunicato del club invitava i tifosi a non esibire le sciarpe gialloverdi in quanto in Italia sarebbe stato vietato vestire colori differenti da quelli “ufficiali”. Ma anche a San Siro la protesta contro i Glazer è andata avanti. In ricordo dei ferrovieri del Newton Heath e delle loro bluse un po’ vistose ma dal fascino immenso.

Scritto per Goal.com

lunedì 1 marzo 2010

Il fine settimana ideale del Manchester United

I debiti sono sempre lì, pronti a scatenare un effetto domino sulla società e sulla squadra, che in un futuro nemmeno troppo remoto potrebbe perdere qualche pezzo pregiato, ma sul campo i Red Devils continuano a dare il meglio di sé e a collezionare trofei. La seconda Coppa di Lega consecutiva, vinta grazie al solito, immenso Wayne Rooney, rappresenta un segnale di grande forza e uno stimolo per i prossimi impegni nazionali e internazionali.

Poi, per una volta, il team dell’Old Trafford deve ringraziare i cugini del City, capaci di infliggere la prima sconfitta interna della stagione al Chelsea. I Light Blues sono stati finalmente spietati nello sfruttare al meglio tutte le – poche – occasioni capitate allo Stamford Bridge. E con Hilario in porta diventa tutto più facile – il primo gol di Carlitos Tevez Peter Cech lo avrebbe evitato anche un con una gamba ingessata. Inutile negarlo, i contenuti tecnici della partita – tra l’altro molto bella – sono passati in secondo piano rispetto al tanto atteso “incontro” tra John Terry e Wayne Bridge. Chi aveva scommesso sulla mancata stretta di mano ha raggranellato qualche sterlina (la quota era sette a due), mentre la doppia espulsione (un succoso duecento a uno) non ha reso felice nessun temerario, visto che non c’è stata. Di cartellini rossi, però, se ne sono visti, e tutti sventolati sul naso a giocatori del Chelsea…

Ci cospargiamo il capo di cenere per aver cancellato l’Arsenal dalla lista delle pretendenti al titolo – anche se eravamo in buona compagnia. I Gunners non mollano e nonostante mille difficoltà, non ultimo il terribile infortunio occorso ad Aaron Ramsey, passano a Stoke riducendo il loro distacco dalla vetta a soli tre punti. Al Britannia Stadium i ragazzi di Wenger hanno ampiamente meritato il successo, contro una squadra che punta tutto sulla fisicità e le giocate da palla inattiva – due dei punti deboli dell’Arsenal – e non più tardi di un mese fa si era aggiudicata per 3-1 lo scontro diretto in FA Cup.

A conferma del ritrovato equilibrio che regna quest’anno in Premier League, c’è la lotta molto serrata per il quarto posto. Fatta eccezione per l’Aston Villa, che recupererà prossimamente il match con l’Hull, vincono tutte. Il Tottenham domina il primo tempo contro l’Everton – meravigliosa la seconda rete in campionato di Luka Modric – ma poi rischia molto nella seconda frazione di gioco. Landon Donovan, l’ex “nemico” di David Beckam, commette l’errore del week end sbagliando un gol facile facile a pochi passi dalla parta, così gli Spurs mantengono l’ultima posizione utile per la Champions League, sebbene solo per differenza reti sul City. Se la cava bene pure il Liverpool, 2-1 allo sfortunato Blackburn, che non vince all’Anfield Road dal 1993. Dopo due mesi di astinenza forzata, causa infortunio, torna al gol el Nino Torres. Ancora inutilizzato Alberto Aquilani, ma questa ormai non è quasi più una notizia.

Chiusura sulle parti basse della classifica. Colpo di coda del Portsmouth che, in attesa della malaugurata penalizzazione di nove punti, spinge verso la Championship il Burnley. Da quando sono orfani di Owen Coyle, i Clarets hanno iniziato una lenta ma inesorabile discesa agli inferi. C’è chi sostiene che la scelta di sostituire lo scozzese dal passaporto irlandese con Brian Laws, di recente licenziato dallo Sheffield Wednesday, fosse un chiaro segno che al Turf Moor si stavano già preparando a un ritorno alla serie cadetta. Forse non avevano tutti i torti…

Scritto per Goal.com