mercoledì 31 dicembre 2008

Il Liverpool fa sul serio

Ultimo articolo dell'anno scritto per Goal.com. Tanti auguri di un felice 2009!

Mentre nel resto di Europa anche i calciatori santificano le feste godendosi un periodo di meritato riposo (beh, si dice così, no? ma noi non siamo tanto d’accordo), in Inghilterra la tradizione e il rispetto dei tifosi impongono una bella abbuffata di calcio. Anzi, quest’anno non ci sono i soliti quattro turni in dieci giorni, ma il classico Boxing Day, una giornata il 28 e poi nel primo week end dell’anno il terzo turno della mitica Coppa d’Inghilterra. Di cose, come al solito, ne sono successe tante, anche fuori dal campo. Ogni riferimento a Steven Gerrard è assolutamente voluto.

La capolista Liverpool prima scherza in casa contro il malcapitato Bolton, che affonda sotto i colpi di un Robbie Keane molto ispirato, poi dilaga a Newcastle. Record del mondo di palle gol non trasformate nei primi minuti della sfida del St James Park, tutte a favore degli uomini dell’ancora convalescente Benitez, ma alla fine ci pensa il solito meraviglioso Gerrard a sbloccare il risultato e a dare inizio alla goleada del team di Anfield Road. I Magpies, decimati dagli infortuni, crollano miseramente e se non fosse per l’ottimo Given (migliore in campo per i bianconeri) il passivo potrebbe prendere delle dimensioni inopinate.

Anche il Chelsea incamera tre punti facili in occasione del turno di Santo Stefano. Troppo debole il West Bromwich Albion, che alza subito bandiera bianca al cospetto di Drogba, schierato finalmente titolare e in gol dopo soli tre minuti di gioco. La sfida del Craven Cottage – a proposito, che bello il cottage addobbato con le decorazioni natalizie! – sulla carta si presentava molto più insidiosa e in effetti ai Blues i due punti persi in extremis potrebbero costare molto cari. Eppure il Chelsea era stato bravo a ribaltare il risultato, scardinando la muraglia messa i piedi da Hodgson. In una delle rare sortite offensive, i Cottagers però riuscivano a trovare il pareggio con l’americano Dempsey, eroe di giornata con la sua doppietta. Il Fulham porta così a nove i risultati utili consecutivi, mentre per il Chelsea dopo le otto vittorie iniziali quello del derby è il secondo pareggio esterno di fila e i punti di distacco dal Liverpool diventano tre.

Vince di misura sia a Stoke che in casa con il Middlesbrough il Manchester United, reduce dalla trionfale trasferta giapponese. I Red Devils rischiano poco in difesa, nonostante l’assenza di Ferdinand, degnamente sostituito dal giovane Evans, creano tantissimo in attacco, dove però manca il miglior Ronaldo, Park sbaglia troppo e Rooney trova sulla sua strada estremi difensori in grande forma. Ma se proprio in quel reparto di campioni ne hai a iosa – leggi Tevez & Berbatov – ti può capitare di vincere lo stesso partite che si sono maledettamente complicate. Raccogliendo sei punti dai recuperi interni contro Fulham e Wigan, lo United si porterebbe a una sola incollatura dal Liverpool.

Non brilla l’Arsenal, orfano di Walcott e Fabregas (e ti pare poco!). Il 28, in casa contro il malridotto Portsmouth, fatica non poco a trovare i tre punti, mentre a Santo Stefano si fa rimontare nei secondi finali dall’Aston Villa, dopo essere stato in vantaggio di due marcature. Tuttavia i Villans hanno dato una bella lezione di gioco ai ragazzi di Wenger, colpendo ben tre pali nella prima frazione di gioco. Contando le chance di realizzazione non è una bestemmia affermare che il club di Birmingham avrebbe meritato la vittoria. Vittoria che invece è giunta a Hull, sempre in extremis e questa volta con più di un pizzico di fortuna, dal momento che Zayatè ha pensato bene di spedire il pallone nella propria porta sparigliando un match mediocre e privo di spunti di rilievo.

Nel resto della Premier, vola l’Everton dei tanti attaccanti in infermeria. I Toffees raccolgono sei punti d’oro e si issano al sesto posto a sole tre lunghezze dall’Arsenal. Anche il Wigan fa fuoco e fiamme e si attesta a ridosso della compagine del Goodison Park grazie ai successi su Newcastle e Bolton. Risorge il West Ham, prima corsaro al Fratton Park di Portsmouth – grande Bellamy in quell’occasione – e poi anche fortunato – era ora! – contro lo Stoke. A proposito dei Potters, precipitati al terzultimo posto in classifica, forse qualcuno avrà visto le immagini del “diverbio” tra Griffin e Fuller, costato l’espulsione al giamaicano. Bah... Fatica ancora il Tottenham, a secco di gol sia con il Fulham che a West Bromwich, dove lascia l’intera posta in gioco ai padroni di casa. Chiusura su quelli che in tanti vorrebbero i re del mercato di gennaio: i Citizens. Alla passeggiata interna con l’Hull fa da contraltare la pessima prestazione a Blackburn, in uno scontro diretto per non retrocedere. Buon per Hughes che Sturridge e Robinho rimedino nel finale un punto di valore incalcolabile.

lunedì 29 dicembre 2008

Che beffa, povero Droylsden!

Un rinvio per nebbia, una gara interrotta per un guasto al sistema di illuminazione, una partita finita 2-2. Così si poteva riassumere la sfida infinita tra Droylsden (Blue Square North, sesta serie del calcio inglese) e Chesterfield (quarta divisione, ovvero League Two), prima dell’incontro decisivo, vinto per 2-1 dal non-league team. Mettiamoci che nella gara interrotta il Chesterfield vinceva 2-0, nel pareggio proprio gli Spireites avevano lasciato segnare gli avversari per fare ammenda per un gol realizzato dopo una rimessa laterale “non restituita” e, last but not least, che la Football Association ha sbattuto fuori il Droylsden per aver schierato un giocatore soggetto a squalifica, tale Sam Newton, difensore autore di entrambi i gol del 2-1 che aveva regalato ai Bloods un terzo turno da sogno in casa dell’Ipswich Town. Ora la compagine della periferia di Manchester farà ricorso, sebbene le speranze di vittoria siano ridotte al lumicino.

domenica 28 dicembre 2008

Quelli che l'Old Firm

Oggi a Glasgow va in scena il 381esimo episodio della storia infinita tra le due grandi rivali del calcio scozzese: Celtic e Rangers. All'ora di pranzo, per esigenze televisive e di ordine pubblico, gli Hoops proveranno a uscire indenni dalle mura nemiche dall'Ibrox Park, mentre i Light Blues cercheranno di bissare il successo dell'andata e avvicinarsi così in classifica alla formazione guidata dal rosso fumantino Gordon Strachan. Nel mondo del calcio il dibattito su quale sia il derby più sentito, più acceso, potrà andare avanti all'infinito, però è incontestabile che l'Old Firm, come è ribattezzata la stracittadina di Glasgow, racchiuda in sé degli elementi che trascendono la sfida sportiva. Cattolici contro protestanti, Irlanda contro Regno Unito, repubblicani contro monarchici: Celtic contro Rangers è anche questo.

Ripercorrendo a ritroso la storia delle due squadre che dalla loro nascita hanno cannibalizzato il football scozzese collezionando un totale di 93 campionati sui 111 disponibili, in realtà si scopre che per qualche decennio l'odio settario che ha poi intossicato i loro confronti diretti era rimasto quasi del tutto ai margini. Nel 1873 un manipolo di canottieri, i fratelli Moses e Peter McNeil, Peter Campbell e William McBeath, tutti di religione protestante, fondò il club i cui colori, blu-bianco e rosso, si ispiravano dichiaratamente alla Union Jack, mentre il nome fu preso in prestito da una compagine rugbistica inglese. I Rangers erano l'espressione del West End cittadino, un mix eterogeneo di esponenti della classe dei lavoratori e della borghesia benestante. Allora la divisione era netta anche a livello geografico, dal momento che nell'East End più povero e più «irlandesizzato» il cuore batteva forte per il Celtic, ovvero la società creata nel 1887 da Fratello Walfrid per finanziare la Poor Children's Dinner Table, la mensa dove trovavano un aiuto e del cibo caldo i poveri di origine irlandese della città. Ora, fatta eccezione per l'elemento religioso, alcune delle «barriere» di una volta si sono un po' sfumate. Una parte del ceto medio-alto ha origini irlandesi o comunque tifa Celtic, mentre a est ci sono roccaforti dei Blues (il quartiere di Bridgeton) e a ovest dei Bhoys (Govan, appena dietro Ibrox Park).

Ma torniamo in piena epoca vittoriana, agli albori della storia del football, quando le due compagini parevano andare d'amore e d'accordo e condividere un'agenda comune fatta di professionismo e grandi introiti ai botteghini - non a caso l'appellativo Old Firm, vecchia ditta, venne coniato dai tifosi delle altre squadre scozzesi con più di una punta di accezione dispregiativa. Vinta l'opposizione di realtà quasi amatoriali, come il Queen's Park - tuttora unico club dilettantistico delle divisioni professionistiche scozzesi - a Celts e Gers non rimase che spartirsi a fase alterne Coppa nazionale, campionato e competizioni locali (le mitiche e ormai estinte Charity Cup e Glasgow Cup).

Nell'immediato primo dopo guerra l'arrivo a Glasgow dei due armatori dell'Ulster, Edward Harland e Gustav Wolff (quelli del Titanic), contribuì a far esplodere il bubbone del settarismo che ha caratterizzato la rivalità fino ai nostri giorni. In tempi di crisi economica, i due imprenditori nei loro cantieri navali assoldavano solo lavoratori di religione protestante, un principio che estesero dal punto di vista sportivo anche ai Rangers, almeno stando roumors dell'epoca. È un fatto che il duo Harland e Wolff accorse al capezzale dei malmessi Light Blues, rimpinguando le loro esangui casse con un prestito di 90mila sterline e sicuramente rivendicando una certa voce in capitolo in ambito gestionale. È un altro fatto che fino a pochi anni fa i cattolici ad aver vestito la maglia blu arrivavano a stento alla dozzina, e che intanto l'odio tra le due tifoserie aveva superato i livelli di guardia.

Più «tolleranti» invece sono sempre stati i bianco-verdi del Celtic, anche se alla fine del diciannovesimo secolo ci furono dirigenti che si batterono per adottare la medesima politica dell'Hibernian di Edimburgo, che all'epoca mandava in campo solo ed esclusivamente giocatori di religione cattolica. Tuttavia uno dei primi portieri del club del Park Head, che di cognome faceva Duff, apparteneva addirittura all'ordine d'Orange (l'organizzazione paramassonica creata nel 1795 per celebrare la vittoria di Guglielmo Terzo di Orange sull'esercito cattolico di Giacomo Secondo nei pressi del fiume Boyne circa un secolo prima). Duff perse il posto in squadra unicamente per demeriti sportivi, dopo aver incassato ben otto gol in un'amichevole giocata con il Dumbarton nel gennaio del 1892. Protestanti erano anche Ronnie Simpson, Tommy Gemmell, Willie Wallace e Bertie Auld, quattro «Lisbon Lions», come furono soprannominati i membri del team che nel 1967 nella capitale portoghese sconfisse l'Inter di Helenio Herrera e riuscì a portare per la prima volta nella storia la Coppa dei Campioni in Gran Bretagna. Protestante era anche Jock Stein, il tecnico di quella fantastica squadra. Uno che tra il 1966 e il 1974 fu capace di vincere nove campionati di fila (record poi eguagliato dai Rangers a cavallo tra anni Ottanta e Novanta) e che pensava che «il calcio senza i tifosi non è niente».

In quei gloriosi anni Sessanta - che videro anche i Rangers mettersi in evidenza con buone prestazioni in Europa, poi culminate con la vittoria in Coppa delle Coppe all'inizio del decennio successivo - erano già un elemento acquisito le violenze che troppo spesso facevano da corollario ai confronti tra le due compagini. Botte da orbi tra tifosi sul campo, sugli spalti e fuori dallo stadio erano la norma. Ora vuoi per la globalizzazione del calcio - che ha portato un cattolico, l'italiano Lorenzo Amoruso, a indossare la fascia di capitano dei Rangers - vuoi per le normative anti-hooligans o ancora per l'influenza positiva del processo di pace in Irlanda del Nord, roccaforte di tantissimi tifosi di entrambe le squadre, alcuni spigoli molto appuntiti sembrano essersi in parte smussati, anche se c'è tanta strada da fare per poter raggiungere una situazione di piena normalità.

I due club ce la stanno mettendo tutta per far sparire i residui di odio settario che ancora fanno capolino sugli spalti specialmente in occasione dei derby. Ovvero quando cori, bandiere e sciarpe contengono più messaggi politici che incitamenti ai giocatori (i quali, a volte, rispondono per le rime: il portiere polacco Boruc ad esempio indossando una maglietta col volto di Papa Wojtyla). Il dibattito è aperto, l'Old Firm è ancora una fastidiosa propagine dell'odio tra cattolici e protestanti oppure ormai è soprattutto una sfida sportiva? Canzoni come The Fields of Athenry e The Soldiers Song (filo-irlandesi) e Rule Britannia e The Sash (lealiste) sono insulti ad intere comunità oppure parte del retroterra culturale delle due fazioni che per questo andrebbero tollerate?

Forse una risposta a questi interrogativi ce la fornisce un episodio occorso nell'immediato dopo partita del derby dello scorso settembre, allorché Neil Lennon, in precedenza giocatore e adesso membro dello staff tecnico del Celtic, venne aggredito da due tifosi dei Rangers, che lo ricoprirono d'insulti a sfondo religioso. L'ex capitano dei Bhoys è un nordirlandese di fede cattolica e già in passato era stato fatto oggetto di pesanti minacce da parte di esaltati di fede protestante. Come dire che certe brutte abitudini sono dure a morire.

Dal Manifesto di ieri.

martedì 23 dicembre 2008

Fever Pitch, la prima rivista tutta italiana sul calcio inglese del passato

Quelli che i replay di FA Cup devono essere illimitati…quelli che le maglie sono meglio senza sponsor…quelli che le terraces sono molto più di un seggiolino su cui mangiare popcorn mentre guardiamo uno spettacolo qualunque...quelli che Alan Shearer (e tanti come lui) è un mito per quello che ha fatto (tanti, tanti gol), ma anche per quello che NON ha fatto (svendere l’anima per un pò di soldi e di gloria in più)…quelli che il calcio è un amore congenito, pressoché inguaribile, a volte disperato, quasi sempre irrazionale…quelli che il pallone è altro che una sfera di cuoio che rotola su un prato, è comunità, tradizione, cultura...FEVER PITCH, appunto…

Per scaricare il numero zero: http://feverpitch2009.blogspot.com/

Per qualsiasi info su Fever Pitch e per abbonamenti: giacomomallano@studiocvm.com, gmallano@yahoo.it, info@oldbritishfootball.com

In attesa dell’abbuffata natalizia, ancora pareggi per le grandi

Il solito punto Premier scritto per Goal.com

La settimana pre-natalizia del calcio inglese verrà probabilmente ricordata più per il sorteggio di Champions League, che propone un triplo scontro Premier-Serie A, che per il titolo di campione del mondo conquistato in Giappone dal Manchester United. I Red Devils, che ovviamente hanno dovuto posticipare il match casalingo contro il Wigan, chiudono con l’ennesimo trionfo un 2008 da favola, ma l’attrattiva dell’ex Coppa Intercontinentale rimane piuttosto bassa – e noi siamo tra quelli che provavano scarso interesse, in particolare per questa edizione senza grandi team brasiliani o argentini a contendersi il trofeo.

Sul suolo inglese, invece continua a regnare l’equilibrio al vertice, con Liverpool e Chelsea che rimangono distanziate di un solo punto.

Al di là delle polemiche per la severissima espulsione di Adebayor, la gara tra Arsenal e Liverpool mantiene solo in parte le attese. Troppe le assenze da un parte e dall’altra per assicurare un grande spettacolo ai 60mila dell’Emirates. Van Persie illude i Gunners con una perla di rara bellezza, ma l’ex Spurs Robbie Keane risponde con un gol altrettanto bello. Pareggio sostanzialmente giusto, con entrambe le compagini che non riescono a centrare il tris di vittorie contro le grandi (sia i ragazzi di Benitez che quelli di Wenger avevano infatti sconfitto Chelsea e Manchester United).

Gli euro-rivali della Roma confermano di giocare meglio contro le squadre di rango, però adesso si ritrovano a meno tre dall’Aston Villa, salito al terzo posto grazie al successo sul West Ham e al contemporaneo turno di riposo del Manchester United. A essere onesti al Boleyn Ground i Villans pescano un jolly immeritato, soprattutto per quanto (non) mostrato nel secondo tempo. Irons spuntati e sfortunati e al momento pericolosamente quartultimi.

Si ferma a otto la striscia di successi in trasferta del Chelsea, che al Goodison Park strappa a fatica un punto a un Everton molto combattivo nonostante la totale assenza di punte, tutte relegate in infermeria. I Blues pagano la cattiva giornata di Anelka e l’espulsione a fine tempo di Terry, reo di un fallo da codice penale sul povero Osman.

Continua l’ascesa del Fulham, facile vincitore su un Middlesbrough impalpabile. I Cottagers dell’ottimo Roy Hodgson ora sono ottavi, a un passo dalla zona Uefa. Se il neo-nazionale Jimmy Bullard dovesse rimanere – ma è improbabile – al Craven Cottage si potrebbe sognare in grande.

La ricorsa a un posto in Coppa Uefa dell’Hull viene invece bruscamente interrotta dal Sunderland, corsaro al KC Stadium. Nelle due partite del post-Keane i Black Cats hanno incamerato sei punti, segnando otto gol, tanto che si vocifera già che l’interim a Ricky Sbragia si possa protrarre fino al termine della stagione.

Nelle parti basse della classifica risorgono Blackburn e West Bromwich Albion, rispettivamente a secco di vittorie da undici e dodici giornate. Ai Rovers giova immediatamente il cambio di allenatore. Curioso come Sam Allardyce ritorni in panchina proprio contro lo Stoke, ultima squadra affrontata nella sfortunata avventura al St James’ Park di Newcastle. I Potters alzano ben presto bandiera bianca, subendo tre gol già nel primo tempo. Vince in extremis il WBA, sempre ultimo ma confortato dal 2-1 interno inflitto al pessimo Manchester City di questi tempi. Senza Robinho infortunato e con una difesa da dopolavoro ferroviario, i Citizens sprofondano al terzultimo posto. Mark Hughes mangerà il pudding di Natale?

Chi non traballa più è Joe Kinnear, che ha condotto il Newcastle fuori dalla zona retrocessione, ridando carattere e determinazione a una squadra fino a poche settimane fa confusionaria e sempre sull’orlo di una crisi di nervi. La vittoria in volata sul Tottenham garantisce finalmente un po’ di serenità alla Toon Army. Se la merita tutta!

venerdì 19 dicembre 2008

Il punto sul Game 39

“Non credo che si terrà mai un Game 39. Io sono contrario e penso che non si debba organizzare”. Così si è espresso di recente Alex Ferguson, notoriamente uno che non ha peli sulla lingua, sul progetto di giocare una giornata supplementare di Premier in giro per il pianeta. La sua voce, ovviamente molto autorevole, si va a unire alle tante che del “Game 39” – come lo hanno ribattezzato in Inghilterra perché si aggiungerebbe alle attuali 38 giornate di campionato – hanno detto peste e corna. Tantissimi tifosi e anche un buon numero di addetti ai lavori sono nella migliore delle ipotesi scettici, nella peggiore disgustati da questo (ennesimo) possibile strappo alla tradizione in nome del Dio soldo. Eppure Richard Scudamore, il potentissimo amministratore delegato della Premier League, da quasi un anno porta avanti la sua idea di campionato con appendice globale. Dopo una prima levata di scudi e un apparente ridimensionamento dell’idea, Scudamore è ritornato alla carica. Nel 2010-11 potremmo assistere a un Chelsea-Portsmouth a Tokyo piuttosto che a un Manchester United-Middlesbrough a Singapore o ancora a un Arsenal-Sunderland in quel di New York – non sarebbero previsti scontri diretti tra le grandi, così da non concentrare l’interesse solo su una manciata di partite.

La scadenza temporale non è scelta a caso. All’inizio di quella stagione scadono i contratti per i diritti tv della Premier (che al momento garantiscono alla lega inglese introiti che si aggirano sui tre miliardi di euro a triennio). Il Game 39 potrebbe quindi permettere un’ulteriore impennata ai guadagni della stessa Premier, che per la verità sta addirittura valutando la possibilità di mettere in piedi un canale satellitare tutto suo. Quasi scontato che a ospitare gli incontri sarebbero ricchi stati asiatici, gli Usa o l’Australia, il tutto sulla scorta dei tornei e delle amichevoli estive che le compagini della Premier – dietro lauti compensi – disputano proprio in quelle parti del globo. Grazie a un sapiente uso dello strumento del marketing la massima divisione inglese è ormai il campionato più popolare del mondo.
Il revival della diabolica pensata di Scudamore si è avuto verso la metà dello scorso ottobre, quando Mohamed bin Hammam, presidente della Federazione Asiatica, ha manifestato il suo interessamento per il Game 39, dopo un primo giudizio negativo espresso a febbraio. Ripensamento merito di un chiarimento intercorso con l’amministratore delegato della Premier, “reo” di non aver consultato Hammam in precedenza. Insomma, “questo matrimonio si ha da fare”, sembrerebbe di capire. Considerata la scarsa attenzione che di solito viene riservata dagli spin doctors del football inglese alle opinioni dei consumatori – pardon, dei tifosi – forse un aiuto al fronte del no potrebbe arrivare da altri personaggi di spicco del calcio ai tempi della globalizzazione. Michel Platini e Sepp Blatter, rispettivamente presidente di UEFA e FIFA, sono nettamente contrari. Blatter ha addirittura prefigurato che una mossa del genere potrebbe pregiudicare la corsa dell’Inghilterra all’aggiudicazione del mondiale 2018. Per onor di cronaca anche il governo di Sua Maestà britannica non sembra troppo a favore del progetto.
È ancora presto per dire come andrà a finire, se il numero dei presidenti e allenatori dei club di Premier vogliosi di andare a cimentarsi all’estero aumenterà vertiginosamente oppure se rimarrà limitato come è adesso.
Come già evidenziato da molti osservatori, non solo oltre Manica, la sostanza dei fatti è che spostare baracca e burattini – anche se una tantum – fuori dal suo habitat naturale potrebbe rivelarsi un flop proprio perché si verrebbero a perdere quegli elementi fondanti (stadi, tifo, atmosfera) che sono motivo del fascino e dell’unicità del football inglese. Fulham-Everton al Craven Cottage, a due passi dal Tamigi e con sullo sfondo la Johnny Haynes Stand vecchia come il cucco, sarà molto più allettante dello stesso match disputato in qualche modernissima arena giapponese, al di là delle giocate mostrate dai 22 in campo – e a dirla tutta va rimarcato come anche in Premier ci siano partite dal livello tecnico non eccelso. Chissà se Scudamore, tra un business plan e un contratto di sponsorizzazione, saprà rendersene conto.

Scritto per Goal.com

martedì 16 dicembre 2008

Cacciato pure Ince

Era nell'aria, ora è ufficiale: Paul Ince non è più l'allenatore dei Blackburn Rovers. E' la sesta panchina che cambia in Premier dall'inizio stagione. Tante, forse troppe per gli standard britannici...

lunedì 15 dicembre 2008

Le grandi rallentano il passo

È stato il turno dei quattro pareggi delle Big Four e dei grandi ex (Berbatov e Zola) accolti con reazioni diametralmente opposte dalle tifoserie del loro recente passato. Ma tutto sommato è stata altresì la giornata dei grandi rimpianti, sia per chi non ha potuto allungare in classifica, sia per chi non si è avvicinato alla vetta.

Ancora una volta i match di Liverpool e Chelsea ricalcano un copione del tutto simile. Entrambe le grandi si trovano a rincorrere le avversarie, per poi dominare la seconda frazione di gioco, che però non regala i tre punti alle compagini della Merseyside e di Londra.

I Reds vanno addirittura sotto di due gol contro l’Hull, ormai splendida realtà e non più solo sorpresa, si buttano a testa bassa alla ricerca del pari – centrato con una doppietta del solito Gerrard – e sono anche sfortunati in più di un’occasione. Il Liverpool fa registrare il quarto pareggio casalingo stagionale anche a causa dell’eccessiva prudenza di Benitez, che non schiera Keane insieme all’unica punta Kuyt e inserisce troppo tardi Babel. Chissà come l’avrà presa l’attaccante irlandese, per il quale si parla di un addio anticipato da Anfield Road…

Per il Chelsea continua la “maledizione” dello Stamford Bridge, quest’anno non più fortezza inespugnabile e serbatoio di punti come negli anni passati. Se non ci fosse il percorso netto in trasferta, i Blues si troverebbero in ben altra posizione di classifica, considerate le due sconfitte e i quattro pareggi interni collezionati finora. Nella gara dei tanti ex (Joe Cole e Lampard da una parte, Carlton Cole e Parker dell’altra in campo) l’accoglienza riservata a Gianfranco Zola è da brividi. Solo applausi e cori per Magic Box, che sfata il tabù Chelsea (gli Irons avevano perso gli ultimi sette derby) grazie a una prova maiuscola di Bellamy e Berhami. Ai Blues non basta il quattordicesimo gol in Premier del capocannoniere Anelka. Sorpasso fallito e Liverpool ancora a meno uno.

Al White Hart Lane Berbatov viene spernacchiato per tutto l’incontro dai tifosi degli Spurs, che certo non hanno preso troppo bene il suo trasferimento allo United. Tottenham e Man U mettono in piedi una bella partita, sebbene priva di realizzazioni. Nel complesso il pareggio è sostanzialmente giusto, con i Red Devils a manovrare di più ma con i padroni di casa che riescono a creare un buon numero di palle gol. Il team di Sir Alex non scenderà in campo nel prossimo turno, dal momento che volerà in Giappone per il mondiale per club – appuntamento che forse ha un po’ distratto Ronaldo e compagni.

Non convince l’Arsenal orfano del talento di Walcott. Al Riverside Stadium di Middlesbrough i Gunners trovano il gol del vantaggio con Adebayor, ma non reggono l’urto delle offensive del Boro che – a proposito di ex – pareggia poi con Aliadiere. L’Arsenal, poco brillante soprattutto nel secondo tempo, scala al quinto posto, superato dall’Aston Villa dei giovani fenomeni Agbonlahor e Young. Villans implacabili con il Bolton, che pure era passato in vantaggio con una prodezza di Elmander.

Consueta ammucchiata nelle retrovie, anche se il Blackburn (arrivato alla sesta sconfitta consecutiva) e il West Bromwich Albion iniziano a perdere contatto. I Rovers crollano a Wigan, il WBA fa altrettanto a Sunderland. Ai Black Cats evidentemente la fuoriuscita di Roy Keane non deve aver fatto tanto male…

Colpaccio del Newcastle, corsaro al Fratton Park di Portsmouth. Apre le danze Michael Owen, sempre più oggetto del desiderio di molti club in vista del mercato di gennaio.

Chi sembra aver imboccato un tunnel sempre più buio è il Manchester City, adesso terzultimo in classifica. Il gol in extremis di Cahill al City of Manchester Stadium regala all’Everton la sesta vittoria esterna della campagna 2008-09 e il settimo posto, in attesa del Monday Night della settimana prossima.

Da Goal.com di oggi

venerdì 12 dicembre 2008

Tetto salariale

Premier contraria, Championship possibilista. Così si potrebbero sintetizzare le posizioni dei massimi dirigenti dei due principali campionati inglesi sul tetto salariale, o salary cap, per dirla come i sudditi di Elisabetta Seconda (o i concittadini di Barack Obama, che in materia sono alquanto esperti). In tempi di crisi come i nostri è del tutto fisiologico che se ne torni a parlare, soprattutto in considerazione dei bilanci deficitari dei club di Premier League e delle crociate di Michel Platini per un calcio libero dai debiti. Se Alex Scudamore, il deus ex machina della Premier, ha preso le distanze con nettezza, prefigurando eventuali impatti negativi per la competitività dei team inglesi, Adam Pearson, presidente del Derby County, è sicuro che l’unica soluzione è quella del tetto salariale. In molti, tra i chairmen della Championship, iniziano a pensare che senza dei limiti alle spese e con il credit crunch che avanza inesorabile ci sia il rischio concreto che numerose società debbano far fronte all’amministrazione controllata e chissà a quant’altro. Due settimane fa, per esempio, Sheffield United e Coventry City hanno annunciato perdite nell’ordine dei quattro milioni di euro. Val la pena ricordare che la Serie B inglese non può contare sui contratti televisivi miliardari della Premier né, salvo rare eccezioni come il QPR, sui capitali di ricchi imprenditori stranieri. Per la verità ha degli introiti derivanti da botteghini e merchandising che le compagini della nostra serie cadetta si sognano, ma ciò nonostante i problemi non mancano.

Al di là delle possibili illazioni, di mettere una stretta sugli emolumenti percepiti dai calciatori se ne parlerà seriamente alla prossima riunione della Football League (che comprende tutti i club professionistici, Premier esclusa), in programma il prossimo 18 dicembre.

lunedì 8 dicembre 2008

L'addio di Darren Anderton

Ex nazionale inglese e stella del Tottenham, a causa dei tanti infortuni che lo hanno martoriato Anderton ha sicuramente reso meno di quanto ci si potesse attendere dal suo enrme talento. Ora lascia il Bournemouth, malridotto team di Fourth Division, e il football regalando però ai tifosi dei Cherries e a tutti i veri appassionati un ultimo bagliore di classe: gol al volo a pochi minuti dalla fine nel match casalingo contro il Chester City. Ovviamente è stata la marcatura che ha deciso la sfida. Bye bye Darren!

giovedì 4 dicembre 2008

Sorteggi FA Cup

Prima le cose serie. Al terzo turno della Coppa d'Inghilterra è approdato un discreto drappello di squadre non-league. Dopo le ripetizioni potrebbero ammontare addirittura a otto, per il momento cinque sono sicure di giocarsi l'opportunità storica di arrivare al quarto turno. Il 3 gennaio si avvicina e mai come quest'anno, con la riduzione del numero di giornate di campionato da disputare durante le festività natalizie, la Coppa sarà attesa con trepidazione dai fan di calcio inglese.

Passiamo all'altro sorteggio, quello "subbuteistico". A dicembre al campo Roma si prospettano sfide epiche: Everton v Tottenham, Barnet v West Ham (derby londinese quasi inedito), Cardiff v Millwall (e qui la memoria va ad alcune "turbolenze" del passato).

martedì 2 dicembre 2008

Liverpool e Chelsea, guardatevi le spalle

La domenica dei derby non tradisce le aspettative e regala quello spettacolo che era parzialmente mancato nei match disputati sabato. Chi si attendeva un verdetto negativo sulle chance dell’Arsenal di potersi ancora battere per il titolo è stato prontamente smentito dai Gunners, sempre più imprevedibili. Dopo aver battuto il Manchester United, i biancorossi hanno messo sotto il Chelsea niente meno che a Stamford Bridge. Indubbiamente la topica del guardialinee sulla rete del pareggio di Van Persie ha inciso molto sull’esito finale della gara, però nel complesso ci sentiamo di poter dire che l’Arsenal ha meritatamente portato a casa i tre punti.

Pessime notizie per i Blues, che contro le grandi hanno raccolto la miseria di un punto (per di più giocando tutte e tre le partite in casa). A colpire in negativo è stata la scarsissima capacità di reazione dopo il 2-1 di Van Persie. Un’apatia già notata soprattutto nella rovinosa trasferta di Roma in Champions League.

Non si comporta tanto meglio il Liverpool, che senza Torres fatica in attacco contro un West Ham chiuso a riccio. Per i Reds il Monday Night si trasforma in un incubo che si concretizza nel secondo 0-0 consecutivo ad Anfield, per di più contro squadre di secondo piano. L’unica nota positiva è il primo posto in solitario, sebbene con un solo unto di margine sul Chelsea. Bene gli Irons. E se Bellamy, invece di centrare il palo, avesse buttato dentro il classico gol dell’ex chissà come sarebbe andata a finire…

Il Manchester United riesce a vendicare la doppia sconfitta nei derby della scorsa stagione. L’1-0 finale, siglato da un sempre ottimo Rooney, non rispecchia appieno la superiorità nel gioco e nelle occasioni palesata dai ragazzi di Sir Alex. Cristiano Ronaldo bagna il trionfo nel Pallone d’Oro rimediando due cartellini gialli (e il susseguente rosso) nella maniera più sciocca possibile, “coronamento” di una partita giocata ben al di sotto dei suoi standard abituali. Nel City meglio Wright-Phillips che Robinho, ma nel complesso è stato tutto il team dell’ex centravanti dello United Mark Hughes a deludere.

Al Villa Park l’euforia per il quarto posto dura poco. I ragazzi di Martin O’Neill disputano una partita a dir poco scialba contro un Fulham attento e intenzionato a racimolare il secondo punto consecutivo in trasferta dopo lo 0-0 di Anfield Road della settimana scorsa. Missione compiuta per i Cottagers di Mr Roy Hodgson, ma quanta noia…

Finisce in parità la sfida tra le due matricole terribili Stoke e Hull, sebbene i Tigers si siano fatti preferire sul piano del gioco. Il team di Phil Brown rimane al sesto posto con un solo punto di vantaggio sull’Everton, corsaro al White Hart Lane. Per Moyes la gioia della trecentesima panchina per i Toffemen è offuscata dal grave infortunio all’attaccante nigeriano Yakubu, fuori per tutto il resto della stagione.

Gli Spurs compiono un passo indietro, non riuscendo a tirarsi completamente fuori dalla zona calda della classifica, occupata ormai in pianta stabile dal Sunderland, che incassa la quinta sconfitta in sei partite, per di più subendo un umiliante 4-1 da parte di una diretta concorrente come il Bolton del ritrovato Elmander.

Derby bruttino al Riverside Stadium. Middlesbrough e Newcastle puntano più a non prenderle. Molto soddisfatto dello 0-0 finale il manager dei Magpies Joe Kinnear, confermato fino al termine della stagione.

In coda continuano a fare male il West Bromwich, che pure a Wigan era passato in vantaggio e a poi finito per capitolare nei minuti finali, e il Blackburn. Al Fratton Park ai Rovers era riuscita la stessa impresa del Milan, ovvero rimontare due gol ai padroni di casa del Portsmouth nello spazio di poco tempo. Ma poi ci ha pensato Davis a far precipitare Ince e i suoi ragazzi nella disperazione più totale.

Da Goal.com di oggi

mercoledì 26 novembre 2008

La FA Cup di...Subbuteo!

Forse qualcuno dei miei pochi (ma buoni) lettori sa della mia passione per il Subbuteo e del fatto che gioco in un club che ha la sede presso lo storico Campo Roma della Romulea Calcio. Ora al club stiamo organizzando una versione su panno verde della FA Cup. Niente turni preliminari infiniti e tabellone a 64 squadre a partire dal terzo turno. Siamo "solo" 16, però si andrà avanti con ripetizioni ad oltranza e senza gli odiati rigori. Replay anche per la finale, ovviamente. Ai nastri di partenza squadre storiche come il Manchester United finalista di Coppa del 1957, il Millwall degli anni Trenta o il West Ham di Bobby Moore, ma anche "piccole" come il Doncaster, il Barnet e il Bristol Rovers. Insomma, ci sarà da divertirsi. Il sorteggio, chiaramente senza teste di serie o altre diavolerie simili, si svolgerà il 1 dicembre. Chissà che, in base agli accoppiamenti decisi dalla sorte, non mi riesca di buttar giù qualche articoletto con curiosità e aneddoti...

lunedì 24 novembre 2008

Le grandi restano a secco

Il punto settimanale sulla Premier scritto per Goal.com

Le quattro grandi che non segnano nemmeno un gol e collezionano solo tre punti in totale. È questa la notizia del giorno di questo quattordicesimo turno di Premier.

Chelsea e Liverpool erano attesi da impegni casalinghi sulla carta più che abbordabili. Qualche difficoltà in più era prevista per i Reds, che in effetti contro il Fulham in un paio di occasioni hanno addirittura rischiato di capitolare – grande Reina su Bullard. Per ampi tratti di match la compagine dell’Anfield Road ha però dominato, senza poi concretizzare la supremazia territoriale. Se Schwarzer è stato prodigioso su Keane, l’estremo difensore del Newcastle Shay Given ha dato ragione al Trap, che lo ritiene all’altezza di Buffon, parando tutti i (numerosi) tiri scagliati contro la sua porta dai fuoriclasse del Chelsea, per una volta rimasti a bocca asciutta. Il suo collega Peter Cech di maglie bianconere nei suoi paraggi ne ha viste pochine, ma forse per salvare le Gazze dalla retrocessione in Championship serve proprio una sana mentalità da provinciale e qualche iniezione di catenaccio ogni tanto.

L’Aston Villa era reduce da una drammatica striscia di 14 sconfitte consecutive a spese del Manchester United. Ma la versione attuale dei Villans è forse la migliore dal 1992-93, stagione conclusa con il secondo posto nell’allora neonata Premier League. Lo 0-0 finale del Villa Park forse sta un pizzico stretto ai Red Devils, più volenterosi degli avversari, ma certifica al meglio il valore del team claret & blu, che con una forte impronta britannica voluta dal suo ottimo allenatore Martin O’Neill ha definitivamente scoperto le carte e punta deciso al quarto posto. Occasione sprecata per i ragazzi di Sir Alex, meno pericolosi di altre occasioni – Ronaldo ha meritato a stento la sufficienza, mentre Rooney ha sbagliato un gol facile per i suoi standard.

Il Manchester City risorge a spese dell’Arsenal, travagliato dalle polemiche interne che hanno portato alla momentanea esclusione del ribelle Willy Gallas, privato anche dei gradi di capitano poi passati a Fabregas. A dirla tutta la gara del City of Manchester è tra le meno spettacolari della giornata, anzi, a tratti è proprio noiosa. I Citizens sono più bravi a sfruttare le occasioni a loro disposizione e poi possono contare su un campione come Robinho che, sebbene non brilli sempre, regala una perla come quella del gol del 2-0. Il City, tra una voce di mercato e un’altra, può guardare al futuro con più serenità. L’Arsenal spera di poter contare presto sul ritorno di Fabregas e Adebayor (assenti nel Lancashire) e su meno faide interne, sebbene la lotta per il titolo sia ormai compromessa e sia addirittura a rischio un posto nella prossima Champions League.

Prima vittoria in otto partite per il West Ham. Ci pensa Valon Behrami a regalare un sorriso – e la tredicesima posizione – agli Irons di Gianfranco Zola, mettendo nei guai il Sunderland, giunto alla quarta sconfitta interna della stagione. I Black Cats avrebbero meritato qualcosa di più, ma sotto porta hanno sprecato troppo.

Dopo il passo falso del derby del Craven Cottage torna, il sereno in casa Tottenham. Decisivo il gol del russo Pavlychenko, che sembra essersi ormai ambientato dalle parti del the Lane, e anche la sciocca espulsione del difensore del Blackburn Olsson. Spurs fuori dalle ultime tre, Rovers sempre più in difficoltà e ora penultimi, due lunghezze sopra il West Bromwich Albion. Contro la sorprendente neopromossa Stoke, i Baggies si sono resi protagonisti dell’ennesimo capitombolo (solo un punto negli ultimi sette match per loro).

In coda bene il Bolton, autore di un blitz sul campo del Middlesbrough, e il Wigan, che nel Monday Night sconfigge l’Everton. Toffees deludenti nonostante i miracoli di Howard (la sua parata sul colpo di testa ravvicinato di Cattermole è stata una delle più belle dell’anno).

Rimane al sesto posto l’Hull, che al Fratton Park di Portsmouth l’Hull strappa un pareggio in extremis grazie a un gol a metà tra il “vecchio” Windass e il difensore dei Pompey Pamarot.

Domenica prossima due derby da urlo: City vs United e Chelsea vs Arsenal. Buon divertimento!

venerdì 21 novembre 2008

La bella favola dell’Hull City

Il pezzo per la rubrica "British Corner", che tengo ogni settimana su Goal.com

Chissà, forse a Kingston upon Hull, centro industriale dell’Est Yorkshire reduce da lunghi anni di declino economico, si saranno addirittura stufati di sentir parlare del “miracolo Tigers”. Forse loro sapevano già tutto e non si stupiscono più di tanto delle imprese della loro squadra.

Sia come sia, il dato di fatto è che la compagine nero-arancio ha già smentito tanti pundits, come vengono chiamati gli “opinionisti” al di là della Manica, evitando di “migliorare” il record negativo di punti stabilito la scorsa stagione dal Derby County, la miseria di 11 in 38 partite. I Tigers di punti ne hanno ben 21, e guardano da vicino più un piazzamento in Coppa Uefa che la lotta per non retrocedere, per la verità quest’anno molto serrata. Nelle settimane passate i ragazzi di Phil Brown hanno violato l’Emirates e il White Hart Lane e fatto tremare il Manchester United all’Old Trafford, uscendo sconfitti dopo un pirotecnico 4-3. Già, abbiamo menzionato Phil Brown. È lui uno dei segreti, invero di “Pulcinella”, di questo Hull rivelazione dell’anno. Tecnico molto bravo e preparato, oltre che sanguigno quanto basta, nel dicembre 2006 l’ex difensore di Bolton e Hartlepool giunse al capezzale dei Tigers agonizzanti nei bassifondi della Championship con l’improbo compito di salvarli da una retrocessione quasi scontata.

Brown non solo riuscì nella sua prima missione, ma ne compì un’altra ancora più difficile: portare l’Hull in Premier per la prima volta nella sua storia ultracentenaria (il club è stato fondato nel 1904). Il tutto passando per la vetrina di Wembley, dove la compagine dello Yorkshire vinse i play-offs con un meritato 1-0 sul Bristol City.

Il resto è storia dei nostri giorni. La società ha condotto una campagna acquisti oculata, spendendo solo otto milioni di euro, spicciolo più, spicciolo meno. In realtà quelli che si sono rivelati i pezzi forti del mercato, Geovanni, Daniel Cousin, Kamil Zayatte, Paul Mc Shane e Marlon King, sono arrivati a costo zero (svincolati i primi due, in prestito gli altri). Gente con voglia di riscatto per troppi fallimenti passati e uno zoccolo duro di giocatori uscito alla grande dalla lotta serrata per emergere dalle sabbie mobili della Championship, questo il mix vincente che sta facendo sognare i tifosi dei Tigers.

L’attuale dirigenza, guidata dal presidente Paul Duffen e dall’azionista di maggioranza Russell Bartlett (che nel 2006 provarono senza successo a mettere le mani sul West Ham), ha quindi saputo investire in maniera saggia i tanti milioni di sterline dei diritti televisivi di cui beneficiano i club di Premier – a differenza di altre neo-promosse del recente passato.

Eppure non tanto tempo fa, nel 2001, all’ora proprietario Stephen Hinchliffe si vide affibbiare quattro anni di prigione per un caso di corruzione legato al fallimento da quasi 100 milioni di euro della sua compagnia, la Facia. e l’Hull se la vide brutta, entrando in amministrazione controllata per debiti. Fortuna volle che i proprietari subentrati a Hinchliffe dimostrarono maggior onestà e avvedutezza del loro predecessore e soprattutto che le autorità comunali arrivarono in soccorso con il regalo più gradito della storia dei nero-arancio: il KC Stadium, costato circa 60 milioni di euro. KC sta per Kingston Communications, ovvero la compagnia di telefonia che fa capo proprio al comune di Hull (unico caso nel Regno Unito). L’impianto è utilizzato anche dal locale team di rugby a 13 – sport popolarissimo in questo spicchio d’Inghilterra. Insomma, una perfetta combinazione di sinergie ha fatto sì che venissero poste le basi per il rilancio di una compagine troppo spesso incapace di tener fede alle tante aspettative dei supporter. Abbandonato il vecchio e decrepito Boothferry Park, l’esordio al KC davanti a 22mila persone per un match di quarta divisione con l’Hartlepool dimostrò subito quale e quanta era la passione anche per il football da quelle parti.

Adesso il KC fa registrare il tutto esaurito in ogni occasione i Tigers scendano in campo (lo stadio può contenere circa 26mila spettatori). Se dovesse arrivare la “conquista” dell’Europa forse bisognerà iniziare a pensare a qualche lavoro di ampliamento…

mercoledì 19 novembre 2008

Il ritorno di Dario

Nel momento del bisogno Dario Gradi non se l’è sentita di tirarsi indietro. Il suo Crewe Alexandra ha raccolto la miseria di 9 punti in 16 partite nella vecchia Third Division (ora League One), dove occupa l’ultimo posto in classifica, a meno sei dalla salvezza. La dirigenza del piccolo club del Cheshire, largamente insoddisfatta dell’allenatore Steve Holland, ha deciso di sostituirlo con il vecchio leone. Il sessantasettenne Gradi ha fatto la storia del Crewe, occupandone la panchina per ben 24 stagioni fino al 2007. Un periodo d’oro per i Railwaymen, spesso e volentieri protagonisti di bei campionati in Second Division dopo lunghe annate trascorsi nei bassifondi della Fourth Division. Tanti i giocatori di buon livello scoperti dal manager di origini italiane (da parte di padre): Rob Jones, Danny Murphy, Dean Ashton, David Platt e Neill Lennon, tanto per citarne alcuni. Il buon Dario è un gran conoscitore di calcio e non ho dubbi che farà del suo meglio per salvare il Crewe da una retrocessione che al momento sembra quasi inevitabile.

lunedì 17 novembre 2008

Lotta a tre?

Uscito oggi su Goal.com

Tempi duri per Didier Drogba. Prima gli infortuni, poi l’episodio della monetina lanciata in Carling Cup contro i tifosi del Burnley – anche loro da stigmatizzare – che gli costerà ben tre turni di squalifica, ora la definitiva rinascita di Nicolas Anelka, che minaccia di relegarlo in panchina per buona parte della stagione. Già, Anelka. Quello che litigava con tutti (Avram Grant era solo l’ultimo di una lunga serie), quello che sbagliava il rigore decisivo nella finale di Champions League ma non sembrava farsene un cruccio particolare, quasi che fosse pronto a lasciare lo Stamford Bridge per l’ennesimo trasferimento della sua carriera. Invece con l’arrivo di Felipao Scolari il nostro ha ritrovato fiducia e soprattutto un posto in squadra, complice proprio l’infortunio di Drogba. Dopo un inizio Premier non ottimale, il buon Nicolas non sbaglia più un colpo. La sua doppietta in pochi minuti lo ha issato ai vertici della classifica dei marcatori con 12 gol e ha mantenuto il Chelsea in vetta al campionato (per i Blues anche sette vittorie su sette in trasferta). Il West Bromwich Albion, autore di una prova dignitosa, ha dovuto alzare bandiera bianca e rimanersene all’ultimo posto, posizione che forse non merita.

Non perde colpi il Liverpool, che esce alla grande dalla trasferta di Bolton, dove in passato aveva sofferto più di una volta. I Reds dominano il primo tempo, trovando il gol con Kuyt, poi rischiano un po’ prima di chiudere la pratica con la fantastica giocata sull’asse Torres-Gerrard – che cross perfetto quello dello spagnolo per il capitano del club di Anfield! Vincere con le piccole è quello che preme di più a Benitez, sempre più convinto che questo possa finalmente essere l’anno buono. Se il vecchio Hyypia regge in difesa e Kuyt continua a offrire un rendimento così costante i fatti potrebbero dargli ragione.

Sir Alex Ferguson festeggia i 50 anni di football godendosi il solito show casalingo dei suoi ragazzi, che ne rifilano cinque al malcapitato Stoke City. Sugli scudi un ritrovato Ronaldo – doppietta e centesimo gol in maglia United – e i soliti grintosissimi Fletcher e Carrick. Menzione speciale per Welbeck, esordio con gran gol per l’ennesimo giovane del floridissimo vivaio del club dell’Old Trafford. I Red Devils ora sono di nuovo terzi, a otto punti dal duo Chelsea-Lverpool ma con una partita da recuperare.

Avete presente l’Arsenal concreto e implacabile visto contro il Manchester United, oppure quello spumeggiante e fantasioso dei “bimbi” che ha schiantato il Wigan in Coppa di Lega? Bene, dimenticateveli. I Gunners scesi in campo contro l’Aston Villa sono apparsi lontanissimi parenti di quelle due squadre che tanto bene avevano fatto solo pochi giorni prima. Certo, parte del merito va a un ottimo Villa, in netta ripresa dopo qualche recente affanno, ma l’Arsenal ci ha messo del suo per rimediare la seconda sconfitta interna della campagna 2008-09. La compagine di Birmingham è ora a pari punti con i Gunners, attualmente favoriti dalla miglior differenza reti.

Brodino caldo ma nulla più per Zola, che vede gli attacchi del suo West Ham infrangersi contro il muro eretto dal Portsmouth. Lo 0-0 finale non risolve i tanti problemi degli Irons, primo fra tutti quello della classifica che langue (quattordicesimo posto a una sola lunghezza dalla zona retrocessione).

Maluccio anche il Newcastle – pareggio interno con un Wigan ridotto in dieci – e il Manchester City – 2-2 a Hull in un match caratterizzato dalle topiche difensive di Ben Haim e Zayatte. Fa peggio il Tottenham, sconfitto nel derby del Craven Cottage contro il Fulham. I Cottagers si mantengono in decima posizione dietro Portsmouth, Everton e Middlesbrough (che chiudono in parità lo scontro diretto), gli Spurs precipitano di nuovo al penultimo posto. “Merito” di Gomes, che sul primo gol del Fulham combina un pasticcio che non si vede nemmeno sui campi delle Sunday Leagues. Sicuri che Robinson fosse più scarso? Il portiere brasiliano non è alla prima papera dell’anno…

Per finire una delle tante stranezze del calcio: Blackburn e Sunderland che si scontrano nello spazio di quattro giorni tra campionato e coppa e la squadra ospite che si impone in entrambe le occasioni – in Carling Cup si giocava a Sunderland, in Premier a Blackburn. I Rovers ora navigano in brutte acque.

giovedì 13 novembre 2008

Qualche aneddoto sul Chelsea

Questo esce domani su Goal.com

“You’ve got no history”. Quante volte da quando Roman Abramovich ha rilevato la loro squadra i tifosi del Chelsea si sono sentiti sbeffeggiare con cori nei quali il club dello Stamford Bridge viene dipinto senza mezzi termini come privo di storia, di tradizione. Insomma, un completo intruso al gran ballo del calcio inglese. In realtà le canzoncine intonate negli stadi della Premier sembrano troppo spesso motivate da una sana dose d’invidia per i successi collezionati dai Blues, soprattutto grazie ai petrorubli del serafico Roman. Certo, a voler essere proprio pignoli, si dovrebbe ammettere che il Chelsea è la più giovane tra le squadre professionistiche londinesi, ma è pur sempre nata più di 100 anni fa, nel 1905. Inoltre nel secolo di vita pre-Abramovich qualche trofeo (per la verità pochini) lo hanno pur portato a casa, di frequente sciorinando un football di qualità grazie a campioni del calibro di Peter Osgood e Gianfranco Zola.

E poi, se proprio di storia vogliamo parlare, come non narrare la particolare genesi dei Blues? In quell’epoca parecchi erano i club nati per rimpiazzare il popolarissimo cricket nei mesi invernali (tanto per citarne due, Sheffield Wednesday e Preston North End) su iniziativa dei proprietari o dei lavoratori impiegati nella pletora di fabbriche sparse per il Paese (Arsenal nel primo caso, West Ham United nel secondo). Ma numerosi furono anche i team fondati per volere di uomini di chiesa o di istituzioni religiose – ci vengono in mente Bolton Wanderers, Everton e Southampton. Nessuna compagine, però, fu creata per “colpa” di uno stadio.

Sfogliando le foto del vecchio Stamford Bridge si scopre che prima della ristrutturazione aveva una inusuale – per gli impianti britannici – forma circolare. Questo perché in epoca vittoriana fu ideato per ospitare eventi sportivi di vario genere: atletica, ciclismo e ovviamente football. Ma inizialmente nessun club calcistico si dichiarò disponibile a trasferirsi in pianta stabile in quei paragi. Il nuovo proprietario del terreno dove sorgeva l’arena, Gus Mears, rampollo di una nota famiglia di costruttori londinesi, non riuscì infatti a convincere l’allora presidente del Fulham Henry Norris a spostare poche miglia più a nord la sua compagine. Mears, che dall’operazione ci voleva tirar fuori un bel gruzzolo di quattrini, si sentì sbattere in faccia un fragoroso no proprio a causa dell’elevato affitto richiesto. Norris, anche lui imprenditore senza scrupoli e, si vocifera, personaggio di spicco della massoneria, preferì continuare a far giocare il Fulham al Craven Cottage, tutt’ora uno degli stadi più belli e romantici d’Inghilterra, che così si risparmiò una fin troppo precoce demolizione. Poi, una volta abbandonati i Cottagers e approdato all’Arsenal, fu proprio Norris a far emigrare i Gunners da Woolwich (Londra sud) alla sede attuale nel nord della capitale, quasi sullo zerbino di casa del Tottenham – che infatti non prese benissimo la cosa. Ma questa è un’altra storia.

Torniamo allo Stamford Bridge e a un delusissimo Mears, che in un primo momento sembrò riporre in soffitta l’idea di sfruttare a fini commerciali l’arena sportiva e manifestò invece l’intenzione di cedere il terreno alla Great Western Railway, che necessitava di uno spazio per costruire un deposito per il carbone. Ma all’improvviso il buon Gus cambiò idea e decise di farsi il suo football club. Lo Stamford Bridge aveva finalmente trovato un inquilino.

In quei primi anni di vita arrivò subito una promozione in First Division, allora monopolizzata dalle compagini del Nord del paese. Un inizio scoppiettante a cui però fecero seguito un mucchio di stagioni deludenti. In quel Chelsea d’antan c’era già un personaggio leggendario: il portiere William Foulkes, anche detto Fatty (grasso) a causa della sua mole “imponente”. Narra la vulgata del West end londinese che Foulkes un giorno arrivò per primo nella sala da pranzo dell’albergo che ospitava il Chelsea e pensò bene di spazzolarsi anche tutte le colazioni dei suoi compagni. Ma non andatelo a raccontare a un preparatore atletico dei nostri giorni...

lunedì 10 novembre 2008

Peccato

E' andata male. Niente magia della Coppa, niente giant killing, l'AFC Wimbledon ha perso 4-1 in casa contro il Wycombe (due categorie più su), non riuscendo ad approdare al secondo turno della FA Cup. Sarà per la prossima volta, si spera.

Mourinho dixit

«In Italia, come in Portogallo, tifosi e giornalisti si sentono tutti allenatori, mentre in Inghilterra è sempre una festa. Per questo - conclude - la cosa che mi manca di più della Premier è il Natale, perché si gioca alla vigilia e a Capodanno».

Dal Corriere online, ogni commento è superfluo...

La rivincita di Nasri

Il match clou della dodicesima giornata di Premier era ovviamente quello tra Arsenal e Manchester United, ma a fare notizia in questo fine settimana è anche la grandissima bagarre in zona retrocessione, con 11 squadre racchiuse in soli tre punti, un record a questo punto del campionato.

Partendo dal match dell’Emirates, non possiamo non lodare il bel colpo di reni dei Gunners, reduci da prestazioni deludenti (Stoke e Fenerbache) e colpiti da infortuni e squalifiche (Adebayor e Van Persie si sono accomodati in tribuna) e dalle voci di un possibile addio di Arsene Wenger. È vero che i Red Devils hanno costruito più chance e forse un pareggio sarebbe stato il risultato più giusto, ma l’Arsenal è stato bravissimo ad approfittare delle distrazioni degli avversari e a bloccare Rooney e Ronaldo, apparsi non al top delle loro capacità. Con la doppietta di sabato si è finalmente sbloccato in maniera definitiva l’ex genietto del Marsiglia, quel Samir Nasri sul quale il tecnico alsaziano punta moltissimo e che fino ad ora non aveva sempre giustificato i quasi 16 milioni di sterline pagati per i suoi servigi. Ora il team del nord di Londra è terzo, a sei punti dal duo Chelsea-Liverpool.

Proprio il Chelsea riscatta la debacle di Roma e sotto una pioggia battete a Blackburn infligge ai Rovers la terza sconfitta casalinga stagionale. Determinante la doppietta di Anelka (per lui cinque gol nella ultime due partite di Premier, per un totale di dieci segnature), sebbene la prima rete sia viziata da un fallo di mano. Nel complesso il Chelsea merita i tre punti, creando più opportunità – ottimo Frankie Lampard – e affidandosi a un redivivo Cech, prodigioso nelle due occasioni nelle quali si rendono pericolosi i padroni di casa.

Ad Anfield Road l’uomo del giorno è Robbie Keane. Sue le due belle marcature che affondano il West Bromwich Albion, ora ultimo in classifica, e riconsegnano la vetta della classifica ai Reds, sebbene in coabitazione con il Chelsea che al momento avrebbe la meglio grazie alla differenza reti favorevole. L’ex attaccante del Tottenham, già a segno in Champions League, trova finalmente i primi gol in campionato per la squadra per cui fa il tifo sin da bambino – e nel suo caso il bacio allo stemma del club è più che giustificato e non sa di ruffianeria. Dopo una prova ben poco convincente contro l’Atletico Madrid, il Liverpool torna al successo grazie a un ottimo primo tempo, in cui schiaccia nella sua metà campo il WBA. Altre buone notizie per Benitez: Torres è di nuovo a disposizione, come dimostrano i minuti finali disputati dalla stella spagnola.

In zona Uefa cadono sia l’Aston Villa che l’Hull. I Villans pagano gli errori difensivi che permettono a Tuncay di regalare il successo al Middlesbrough, mentre i Tigers trovano sulla loro strada uno Jaaskalainen versione para-tutto e sono anche sfortunati a capitolare su una delle poche azioni degne di nota prodotte dal Bolton. I Trotters si risollevano, ma rimangono comunque immischiati in quel calderone che è la zona retrocessione.

In coda, oltre a quello del Bolton, gli altri squilli sono del Fulham e del Tottenham, miracolato dalla cura Redknapp (dieci punti in quattro partite, a cui si va aggiungere il poker rifilato alla Dinamo Zagabria in Coppa Uefa). Per gli Spurs è ormai divenuto esiziale il buon Darren Bent, che alla tripletta in Europa aggiunge un paio di gol al City of Manchester Stadium. Tottenham fuori dalle ultime tre e Citizens ufficialmente in crisi – e dopo tre batoste consecutive ora non vorremmo essere nei panni di Mark Hughes…

Al Craven Cottage le topiche di Cacapa e Coloccini permettono al Fulham di passare dalla diciottesima alla decima posizione. Tutto sommato però il Newcastle (ora terz’ultimo), conferma i progressi evidenziati negli ultimi tempi. Malissimo il Sunderland (penultimo dopo la sconfitta in extremis in casa contro il Portsmouth) e il West Ham. È vero che gli Irons dovevano far a meno di molti giocatori, soprattutto in attacco, ma un solo punto nelle ultime sei gare e il crollo interno con l’Everton – capace di segnare tre gol negli ultimi dieci minuti – sono un pessimo segnale per Gianfranco Zola, cui ora spetta risolvere un bel po’ di problemi.

Da Goal.com di oggi

domenica 9 novembre 2008

FA CUP

Direi che è del tutto pleonastico che io mi perda nei soliti sbrodolamenti sulla FA Cup. Ogni vero appassionato di calcio inglese la adora - e adora le immagini di campetti come quello dell'Hornchurch, appena mandate in onda da Sky inglese. Ben felice delle imprese del Curzon Ashton o del "solito" Blyth Spartans, giant killer di giornata, in realtà per una volta vorrei fare il politicamente scorretto. Insomma, visto che il Franchise FC – sorry, il Milton Keynes Dons – ha perso con il Bradford City, come non tifare domani per l’AFC Wimbledon, che superando il turno sopravanzerebbe almeno in coppa gli “usurpatori” di Milton Keynes? Ovviamente in attesa di uno scontro diretto nella vecchia terza o quarta divisione…

martedì 4 novembre 2008

Il fattore Redknapp

Un buon numero di addetti ai lavori prima dell’inizio della Premier li reputavano la quarta forza del campionato. E invece agli Spurs nelle sette partite iniziali avevano incamerato solo due punti, frutto di una serie di pessime prestazioni. Il tutto per la felicità dei tabloid, pronti a dare in pasto al pubblico le mille polemiche che avevano pesantemente inquinato l’atmosfera del White Hart Lane. Poi è arrivato il colpo di teatro, con il licenziamento di Juande Ramos e l’arrivo dell’ex Portsmouth Harry Redknapp. Risultato: il Tottenham in sette giorni vince la sua prima partita (2-0 al Bolton), poi pareggia 4-4 un derby pazzesco con l’Arsenal, in cui era sotto di due reti fino all’89°, infine supera la capolista Liverpool in rimonta e, sebbene ancora ultima, fa ben sperare per un buon proseguo di stagione.

Vuoi per sapienza tattica, vuoi per fortuna, vuoi perché tra tanti giocatori e Ramos il rapporto si era fortemente compromesso, Redknapp ha riportato il sorriso in un club sull’orlo di una crisi di nervi. Accennavamo al fattore “buona sorte”, con i Reds ne è servita tanta, se è vero che i ragazzi di Benitez hanno giocato meglio e avuto tante occasioni per chiudere in maniera definitiva la contesa. I pali colpiti da Gerrard e compagni sono serviti solo per rendere ancora più amara la prima sconfitta stagionale, coincisa con l’aggancio in classifica da parte del Chelsea.

Proprio il club dello Stamford Bridge continua a perdere i pezzi – dopo Carvalho, questa settimana out anche Ashley Cole – ma infila la seconda cinquina in quattro partite di campionato. Vittima di turno il Sunderland, di recente apparso in un buon periodo di forma, ma capace di un solo tiro in porta contro i 23 degli avversari. Per onor di cronaca va detto che le prime due segnature realizzate dai Blues erano in sospetto fuorigioco, ma ciò nulla toglie alla impressionante prova di forza fornita dagli uomini di Scolari, che sugli scudi hanno avuto Anelka (autore di una tripletta), il solito Lampard (giunto al centesimo gol in Premier) e un redivivo Joe Cole.

Tanti gol e tanto spettacolo all’Old Trafford, con Ronaldo a fare il mattatore (seconda doppietta in quattro giorni) e il solito gioco entusiasmante dei Red Devils a esaltare i tifosi dei campioni d’Europa. Non finisce di stupire l’Hull, reduce dalla batosta infrasettimanale con il Chelsea, che nelle ultime fasi della gare è quasi riuscito a recuperare un deficit di tre reti. Per Phil Brown, manager dei Tigers, i complimenti di Sir Alex sono del tutto meritati.

Non segna, ma è determinante in entrambi i gol che uno Stoke molto coriaceo infligge a un Arsenal privo di smalto e forse ancora sotto shock per il 4-4 con gli Spurs. Si chiama Rory Delap e i suoi cross – pardon, le sue rimesse laterali – ancora una volta propiziano le marcature dei Potters (comica la seconda di Olofinjana, con tunnel involontario di petto ai danni di Almunia!). Lo Stoke conferma che quest’anno le matricole vogliono dire la loro fino in fondo, mentre l’Arsenal “è stanco”, come afferma Wenger, e forse troppo incostante per lottare per il titolo.

Nel Monday Night l’Aston Villa gioca la peggior partita di questo inizio stagione e si fa trafiggere due volte da uno scatenato Martins. Newcastle momentaneamente fuori dalle ultime tre e in netto miglioramento di forma.
Per completare il capitolo retrocessione, va sottolineata la sorprendente vittoria del Wigan in casa del Portsmouth del neo-manager Tony Adams (match giocato sotto un vero e proprio diluvio), la sconfitta del Fulham nei minuti finali al Goodison Park (l’ex Cottager Saha regala a un balbettante Everton il primo successo davanti al pubblico amico), il mezzo passo falso del West Bromwich Albino, che non riesce ad avere la meglio di un Blackburn in dieci per buona parte del match, e per finire il sorprendente 2-0 con cui il disastrato Bolton supera un Manchester City ancora molto deludente. Per i Citizens si tratta del secondo rovescio consecutivo, che li relega a un anonimo decimo posto. Chissà quanto saranno contenti i nuovi proprietari arabi, che però intanto meditano uno shopping in grande stile in vista del mercato invernale.

Inuscita domani su Goal.com

venerdì 31 ottobre 2008

Testa calda Barton

Per la rubrica British Corner di Goal.com

Fare l’elenco delle sue mascalzonate potrebbe esaurire lo spazio a nostra disposizione. In campo e soprattutto fuori Joey Barton, ventiseienne nativo di Huyton, sobborgo povero di Liverpool, è quella che con un eufemismo potremmo definire una testa calda. Botte ne ha date tante, per informazioni chiedere ai suoi ex compagni Richard Dunne e Ousmane Dabo, calcioni anche – rimediando più di un’espulsione in carriera – ma il repertorio di bravate del nostro Joey comprende anche un sigaro spento sulla palpebra di un portiere delle giovanili del Manchester City, le terga mostrate senza alcun pudore ai tifosi dell’Everton dopo un gol segnato nei secondi finali di un match disputatosi al Goodison Park e una pletora di altri gesti non esattamente oxfordiani, spesso provocati dall’abuso continuo di alcool che lui stesso ha di recente ammesso. Tra squalifiche varie e il trasferimento dal City al Newcastle United (dovuto all’affaire Dabo), Barton ha “trovato il tempo” di trascorrere 74 giorni in prigione per una rissa fuori a un Mc Donald’s di Liverpool, nella quale picchiò selvaggiamente un ragazzo di appena 16 anni. Uscito dalle patrie galere e scontate sei giornate di sospensione comminategli dalla Football Association sempre per la vicenda legata al pestaggio dell’attuale centrocampista della Lazio, il nostro è da qualche giorno tornato a far parlare di sé soprattutto per le gesta su un campo da calcio. Per la verità a Sunderland, dove ha disputato gli ultimi minuti del derby del Tyne-Wear, il suo bacio allo stemma dei Magpies ha subito attirato le attenzioni della tifoseria locale, che lo ha bersagliato di monetine. Al di là del pessimo comportamento dei tifosi dei Black Cats, Barton non si è certo impegnato per placare gli animi fin troppo surriscaldati dei 49mila accorsi allo Stadium of Light.

Meglio è andata – sotto tutti i punti di vista – la sua seconda uscita. Suo il gol (su rigore) che ha sbloccato il match poi vinto contro il West Bromwich Albion, come nella più scontata delle favole a lieto fine. Ma proprio questo è il punto, sarà una favola a lieto fine? In un’intervista al tabloid inglese The Sun, Barton ha recitato un lungo mea culpa, assicurando di essersi affrancato dalla dipendenza dall’alcool (dopo essere passato per le abili cure della Sporting Chance Clinic di Tony Adams) e riconoscendo la miriade di errori compiuti in passato. “Penso di poter divenire un esempio per i giovani, l’aver trascorso un po’ di giorni dietro le sbarre mi ha fatto capire tante cose” ha affermato il buon Joey uno che, non va dimenticato, ha avuto un’infanzia difficile, segnata dalla povertà, e che non molto tempo fa (nel 2005) ha subito un altro forte trauma familiare – il fratello Michael è stato condannato a 17 di prigione per il coinvolgimento in un omicidio a sfondo razziale).

Il numero sette delle Magpies ha sicuramente le qualità tecniche per aiutare il club del St James’ Park a risalire la classifica e convincere Fabio Capello a tenerlo in considerazione per la nazionale dei Tre Leoni – dove Barton ha giocato una sola partita nel 2007. Intanto i tifosi del Newcastle sembrano già avergli perdonato le malefatte del passato, tanto che lo hanno incitato a più riprese nella sfida contro il WBA. Che sia l’inizio di una nuova vita, non solo dal punto di vista sportivo. Noi glielo auguriamo di cuore.

mercoledì 29 ottobre 2008

Per qualche spicciolo in più

Mentre giocatori, tecnici e dirigenti guadagnano migliaia di sterline alla settimana, il resto dello staff delle squadre di Premier viene pagato un miseria, poco più del minimo salariale di 5,52 sterline all’ora. Questo quanto emerge da una ricerca condotta dal Fair Pay Network, in cui si evidenzia come soprattutto i club londinesi siano particolarmente taccagni, considerato l’alto costo della vita della capitale inglese (ragione per la quale la paga oraria dovrebbe essere adeguata a 7,45 sterline)

Il sindaco di Londra, il conservatore Boris Johnson, ha preso carta e penna e ha scritto alle cinque compagini della sua città che attualmente disputano la Premier (Arsenal, Chelsea, Fulham, Tottenham e West Ham), chiedendo di adeguarsi agli aumenti salariali suggeriti dal Fair Pay Network. Lo staranno a sentire?

lunedì 27 ottobre 2008

Derby turbolento

Nulla di paragonabile alle infinite scazzottate sulle terraces occorse negli anni Ottanta e Settanta, ma anche sabato scorso il derby del Tyne-Wear ha avuto il suo strascico di violenze e arresti. A visitare le patrie galere sono finiti in 29. Tra loro anche un tifoso entrato in campo dopo il gol-vittoria di Kieran Richardson per insultare il portiere del Newcastle Shay Given – scena che ricorda tanto quella di un derby di Birmingham di qualche anno fa. Al fischio finale un gruppetto di supporter del Sunderland ha invaso il terreno di gioco e trovato il tempo di fare a botte con alcuni fan avversari, mentre fuori dallo Stadium of Light un cavallo della polizia è rimasto ustionato da un razzo tiratogli contro da qualche testa calda locale. Mettiamoci pure le monetine lanciate all’indirizzo di Joey Barton – che tanto per calmare gli animi non ha trovato di meglio da fare che sbaciucchiare lo stemma dei Magpies – e avremo la cronaca più o meno completa di un sabato non esattamente tranquillo. La Football Association ha già chiesto che ai tifosi resisi protagonisti degli atti di violenza sia impedito a vita l’ingresso in un’arena inglese.

È finalmente l’anno del Liverpool?

Il nono turno della Premier edizione 2008-09 sarà ricordato come quello del crollo di due record di lunghissima data, uno positivo e l’altro negativo, almeno per quel che riguarda le due compagini “padrone di casa”. Ci riferiamo ovviamente alla sconfitta del Chelsea a Stamford Bridge, che interrompe un’imbattibilità che durava 86 partite (ovvero da quando nel novembre 2004 l’Arsenal batté i Blues allora guidati da Ranieri). Ma per gli amanti del calcio inglese non va sottovalutato il risultato del Sunderland, capace di piegare il Newcastle in un derby del Tyne-Wear quanto mai accesso e appassionante e vincere un confronto diretto in casa dopo ben 28 anni – nel 1980 si giocava ancora all’ormai defunto Roker Park, c’erano le terraces e nessuno straniero in campo.

Torniamo ai Reds, autori della partita perfetta soprattutto nel reparto difensivo. Benitez è stato magistrale nello schierare la squadra un po’ sulla falsariga del modulo spallettiano (centrocampo affollato e una sola punta in avanti), che già qualche grattacapo aveva creato al Chelsea nella sfida di Champions League. Forse sarà una chiave di lettura troppo semplicistica, ma Scolari non ha il buon Drogba a togliergli le castagne dal fuoco e si vede. Non vanno però sminuiti i meriti del Liverpool capolista solitario, che senza Torres trova nell’altro spagnolo Xabi Alonso il match winner e migliore in campo – e chissà come devono fischiare le orecchie all’attuale allenatore della Juventus…

La meravigliosa favola dell’Hull City si arricchisce di un ulteriore capitolo. Al The Hawthorns di West Bromwich i Tigers soffrono, si affidano alle prodezze del portiere americano Myhill, ci provano in contropiede e alla fine escono con i tre punti che permettono alla matricola dello Yorkshire di affiancare nientemeno che il Chelsea al secondo posto. A dirla tutta il WBA non meritava lo 0-3 maturato tra il 46° e il 65° del secondo tempo – anzi, forse non meritava proprio di perdere – però andatelo a spiegare ai tifosi dell’Hull, che ormai devono pensare di vivere in un sogno perenne!

Mezzo passo falso del Manchester United al Goodison Park. Questa volta ai Red Devils non serve una frazione di gara per lavorare ai fianchi gli avversari, il vantaggio arriva quasi subito grazie all’ottimo Fletcher di questi tempi. Poi i ragazzi di Sir Alex si perdono un po’. Rooney è troppo nervoso, Ronaldo non concretizza e Ferdinand si distrae quel tanto che basta per rimettere in corsa un Everton fino a quel momento apparso poca cosa. Il centrocampista belga Fellaini mostra di valere almeno una buona parte dei 15 milioni di sterline che il club di Liverpool ha investito su di lui e i Toffees rischiano addirittura di uscire vincitori di un match in cui per circa un’ora sono stati dominati.

Un tempo e mezzo in panchina fa bene ad Adebayor. Nel derby contro il West Ham al Boleyn Ground il togolese entra, propizia il primo gol e segna la marcatura del definitivo 2-0 che mantiene i Gunners nella posizioni di testa e fa entrare in crisi gli Irons, alla terza sconfitta consecutiva in Premier. Tra problemi finanziari della proprietà islandese e cospicui risarcimenti per l’affaire Tevez, per Zola il futuro non sembra troppo roseo.

Vola l’Aston Villa del fantastico duo d’attacco Agbonlahor-Carew. Quattro gol al JJB Stadium al Wigan che solo una settimana prima stava per fare il colpaccio ad Anfield Road sono un ottimo biglietto da visita per la corsa a un posto in Champions League.

Nelle retrovie, accennato al Newcastle meritatamente sconfitto a Sunderland e che ora sempre più impelagato nella lotta per non retrocedere, fa scalpore il cambio di panchina al Tottenham – via Ramos, dentro Redknapp, che così lascia il Portsmouth nelle mani del suo vice Adams. Gli Spurs vincono la loro prima partita contro il Bolton, diretto concorrente per la permanenza in Premier, ma rimangono all’ultimo posto. L’altra pericolante Stoke viene schiantata dalla prima tripletta di Robinho in terra inglese, mentre il Fulham in extremis raccoglie un buon punto al Fratton Park di Portsmouth.

Scritto per Goal.com

Sprout il punk

L’ho già confessato varie volte, di essere un fan del mensile inglese When Saturday Comes. Vanno a pescare storie incredibili, come quella pubblicata nella loro e-mail settimanale lo scorso venerdì. Il personaggio di cui si narravano le gesta nell’angolo della figurina Panini era un tale Hugh Sproat, portiere dell’Ayr United, in Scozia. Di lui, lo ammetto, ignoravo l’esistenza, e ovviamente non sapevo che in occasione di una partita si presentò con una lametta da barba conficcata nel loro dell’orecchio. “Sono un punk cocker”, la sua spiegazione, che però non convinse l’arbitro. Prima di firmare per l’Ayr Sprout faceva il lattaio, poi divenne famoso per vestire la maglia verde nella partite contro i Rangers e quella blu nelle sfide contro i Celtic. Della serie, proviamo a irritare gli avversari. Pare se la cavasse bene pure con i dribbling e i colpi di testa, tuttavia nel complesso era un buon portiere (oltre 200 presenze con l’Ayr, 150 con il Motherwell). Insomma, un bel tipo davvero!

sabato 25 ottobre 2008

Precipizio Wet Ham

Pubblicato ieri sul Manifesto

Appena usciti dalla fermata della metro di Upton Park, in pieno East End londinese, si viene investiti dalla incredibile multietnicità di Green Street. Questa lunga arteria della capitale inglese è un mix di macellerie halal, parrucchiere giamaicane e venditori di kebab turchi. Percorrendola tutta si arriva in prossimità del sito dove sta sorgendo l'arena che ospiterà le Olimpiadi del 2012. Noi ci fermiamo un po' prima, attirati dalle due torrette che troneggiano all'esterno della tribuna principale del Boleyn Ground, l'impianto del West Ham United conosciuto anche con l'appellativo di Upton Park. A pochi passi dallo stadio ci si imbatte nella statua che raffigura Bobby Moore, Geoff Hurst e Martin Peeters, tre illustrissimi ex degli Irons, nel momento di massimo fulgore, la vittoria nel campionato del mondo del 1966. I loro volti sorridenti, l'espressione fiera di Moore che solleva la coppa Jules Rimet, stridono con l'attuale umore della società e della tifoseria del team che fu anche di Paolo Di Canio. Il problema non sono le prestazioni un po' altalenanti dei ragazzi allenati ora da Gianfranco Zola che ha abbandonato l'under 21 di Casiraghi e non ha resistito al richiamo della Premier League, stavolta in panchina e non più sul campo. Il problema riguarda le pericolanti finanze societarie. «Non volate più». Con la solita ironia che li contraddistingue, in occasione della trasferta al Boleyn Ground di metà settembre i tifosi del Newcastle hanno preso in giro i loro colleghi del West Ham riferendosi al recentissimo fallimento del loro sponsor, una compagnia aerea low cost.

Un brutto colpo, quello dei mancati introiti che la compagnia assicurava per vedere il suo logo stampigliato sulla meravigliosa divisa claret & blue del club fondato in epoca vittoriana come dopolavoro per gli operai del cantiere navale Thames Ironworks. Come se non bastasse, nelle ultime settimane il West Ham è stato investito in pieno dal terremoto che ha sconquassato la finanza globale. La proprietà islandese, infatti, è stata messa all'angolo dal crollo della seconda banca del Paese, la Landsbanki, di cui il presidente del West Ham, Björgólfur Gudmundsson, è azionista di maggioranza. La Landsbanki, impelagata come tanti altri istituti di credito di questi tempi in investimenti in «titoli tossici» e amenità varie, è stata salvata dallo Stato quando era sull'orlo della bancarotta. Morale della favola: ora Gudmundsson vorrebbe volentieri rientrare almeno dei 100 milioni di sterline spesi per acquistare la compagine londinese.

Al Boleyn Ground cercano di minimizzare gli effetti della crisi, tanto che per gettare un po' di fumo negli occhi ai tifosi - e perché il centravanti titolare Dean Ashton starà fuori sei mesi - hanno preso a costo zero lo svincolato Diego Tristan, reduce dal Livorno. Ma il pericolo che a gennaio, in assenza di un compratore, il club non solo non possa fare acquisti, ma debba cedere qualche pezzo pregiato dell'argenteria di casa, c'è ed è ben concreto. È probabile che a breve si capirà se l'ipotesi di una nuova proprietà si possa concretizzare o meno. Il tempo stringe e fino ad oggi ci sono stati solo dei pour parler. Ma non finisce qui, non sono solo i deleteri effetti del credit crunch a preoccupare la tifoseria e i dirigenti del West Ham. Il carico da novanta sulle tribolate sorti degli Irons ce lo ha messo circa un mese fa un tribunale civile del Regno, che potrebbe costringere il West Ham a sborsare ben 50 milioni di sterline per «l'affare Tevez». Riassumiamo rapidamente la vicenda: nel 2006-07 il club dell'East End londinese compì delle irregolarità per mettere sotto contratto Carlitos Tevez - il cui cartellino era di proprietà della controversa agenzia Media Sports Investments dell'anglo-iraniano Kia Joorabchian. Gli Irons si salvarono per il rotto della cuffia - e grazie ai gol dell'Apache ora alla corte di Ferguson al Manchester United - a spese dello Sheffield United, che ovviamente fece ricorso contro i rivali, chiedendone la retrocessione d'ufficio.

La Premier inflisse una multa record al West Ham (sei milioni di sterline), senza però sovvertire il verdetto del campo. Il club dello Yorkshire è passato alle vie legali, vedendosi dare ragione dalle autorità competenti, a cui ora spetta di quantificare il danno. È molto probabile che il conto da saldare allo Sheffield United non sarà inferiore ai 30 milioni, cui se ne andranno ad aggiungere un'altra ventina da liquidare ai giocatori, anche loro pronti a fare la voce grossa per i mancati guadagni derivanti dal cambio di categoria.Insomma, un bel pasticcio. Nell'East End sperano che l'incubo finisca presto e che si torni a parlare solo delle giocate dell'ex Toro, David Di Michele o del prodotto dell'Academy Mark Noble, ma l'impressione è che gli ultimi capitoli di questa saga possano riservare ulteriori brutte sorprese.

venerdì 24 ottobre 2008

Reportage su Chelsea-Roma

Pubblicato anche su Goal.com

La trasferta londinese mordi-e-fuggi inizia con un volo da Ciampino per… Orio al Serio. In realtà non sono l’unico ad aver pianificato con attenzione e un occhio al portafoglio il viaggio per andare a vedere Chelsea-Roma. I due voli, quello interno e il susseguente per Londra, costavano immensamente meno del “diretto”, il cui prezzo era lievitato già prima che avesse luogo il sorteggio. Potenza delle low cost!

Dopo il solito giro in centro e una puntatina al Loftus Road – dove il nuovo stemma “briatoriano” è stato appiccicato ovunque ma purtroppo al club shop si fa fatica a trovare le bellissime maglie retrò del Queen’s Park Rangers – salto sulla District Line della metro, direzione Fulham Broadway. Mancano due ore al calcio d’inizio, ma in giro c’è già un bel movimento. Lo Stamford Bridge è letteralmente a due passi dalla stazione del tube. Completamente ricostruito negli anni Novanta, con la sua forma compatta e gli alberghi, i bar e i ristoranti alla moda alle spalle della Shed End, l’impianto è lontano anni luce da quello dell’era ante-Premier e Taylor Report (il rapporto stilato dopo la strage di Hillsborough del 1989 che portò a un radicale mutamento nel panorama degli stadi inglesi). Di quella vecchia arena rimane solo un muro in cemento grezzo della vecchia Shed End – in passato il ritrovo dei tifosi più accessi dei Blues – su cui adesso fanno bella mostra di sé le foto dei grandi giocatori della storia del club, Peter Bonetti, Peter Osgood ma anche Gianfranco Zola e Gianluca Vialli. Il Chelsea ha sempre giocato al Bridge, anzi, è nato perché il suo fondatore Gus Mears non aveva trovato un affittuario l’impianto, inizialmente adibito per gare di atletica – a questo si deve la forma circolare immortalata nelle foto d’antan. Non a caso i Blues, tra le squadre professionistiche londinesi, sono i più giovani, essendo nati “solo” nel 1905.

Nel vecchio Stamford Bridge – noi ci eravamo stati quando già metà stadio era nuovo di zecca e l’altra metà prossima all’abbattimento – c’era ben altra atmosfera. Negli anni Settanta e Ottanta non era certo un luogo tranquillo (per approfondimenti leggi alla voce Headhunters, il gruppo di hooligans “locali”), ma c’era un gran tifo, soprattutto molto spontaneo. Nel match contro la Roma le sciarpe le fornisce direttamente il club – ma sventolate tutte insieme danno un bel colpo d’occhio – e anche i bandieroni che compaiono in alcuni frangenti abbiamo il sospetto siano stati pagati con i soldi di Mr Abramovich. Insomma, a livello di tifo i Blues soccombono un po’ e forse il boato più grande che producono – dopo quello del gol – è dedicato a Riise, di cui ricordano il comico autogol nella semifinale di Champions League della scorsa stagione.

Un altro segno dei tempi – e di quello che in Inghilterra ormai in molti con più di una venatura di disprezzo chiamano corporate football – è la presenza di qualche consolle per la playstation nella East Stand, a pochi passi dalla tribuna stampa dove abbiamo trovato posto. Non sappiamo se anche negli altri settori dello stadio si possa giocare a calcio virtuale con i videogames, ma dobbiamo ammettere che la cosa ci lascia un po’ contrariati (e non solo perché preferiamo il Subbuteo e il calcio balilla ai giochi “moderni”).

Sulla partita è già stato detto e scritto tutto. Solito film già visto della Roma che perde in Inghilterra e del Chelsea che in casa è una macchina da punti, anche se ai tifosi la prestazione non è piaciuta troppo. Ma la chiusura non può non essere sulla bonaria presa in giro dei sostenitori romanisti al drappello di giardinieri con tanto di tosaerba scesi in campo pochi minuti dopo il fischio finale e gli scambi di convenevoli tra i giocatori. Per i gli inservienti dei Blues applausi ironici e olé a go-go, un finale tutto sommato adeguato per una serata trascorsa in maniera abbastanza serena.

martedì 21 ottobre 2008

Le Big Four dettano legge

Da Goal.com di oggi

Nella giornata dei tre 0-0 ci pensano le grandi a regalare emozioni e spettacolo. Il match più appassionante è senza dubbio quello di Anfield Road, dove al Liverpool riesce la quarta rimonta della stagione per avere la meglio di un Wigan ottimo soprattutto nel primo tempo. Il capocannoniere Zaki segna una doppietta – da urlo il 2-1 su sforbiciata – ma altrettanto fa Kuyt, che non fa rimpiangere l’infortunato Torres. I Reds escono fuori alla distanza, vuoi per la loro fame di vittorie, vuoi perché i Latics nella ripresa si chiudono troppo e giocano in 10 metà della seconda frazione di gara. Nel Liverpool grintoso a mai domo di questi tempi fatica ancora a mettersi in evidenza l’italiano Dossena.

Brutte notizie per la già disastrata Roma: il Chelsea, nonostante abbia perso il conto degli infortunati, si divora in un sol boccone il povero Middlesbrough dando una dimostrazione lampante del suo enorme potenziale tecnico. Anelka e Mikel non fanno rimpiangere Drogba ed Essien, Belletti trova ancora una volta il capolavoro da lontano e Kalou non è mai apparso così positivo come quest’anno. È pur vero che il Boro visto contro gli idoli di Stamford Bridge è sembrato ben poca cosa – non ha praticamente mai tirato verso la porta di Cudicini – però bisogna ammettere che il gioco che Scolari ha dato ai suoi non è fatto solo di concretezza in attacco e grande reattività in difesa, ma lascia anche spazio allo spettacolo. Insomma, Scolari batte Mourinho dal punto di vista estetico, si vedrà a fine stagione se l’ex tecnico del Portogallo saprà portare a casa anche un po’ dei trofei raccolti da the Special One.

A proposito di spettacolo, come al solito incanta il Manchester United guidato da un Rooney immenso, che la nazionale ha restituito ancora più determinato e determinante (oltre al gol che ha schiodato il risultato, per lui anche due assist al bacio). All’Old Trafford è andato in onda un vero e proprio monologo dei Red Devils, non troppo incisivi nel primo tempo ma dilaganti nella seconda frazione di gara – e a Sir Alex mancavano tutti i centrali di centrcampo... Il West Bromwich Albion, matricola che finora ha mostrato una discreta qualità tecnico-tattica, ha fatto da sparring partner e nulla più. Per intenderci, il WBA ha battuto il primo corner a un minuto dalla fine, dopo averne concessi ben 16 agli avversari.

Anche l’Arsenal stecca nel primo tempo, trovandosi sotto di una segnatura contro l’Everton, più temibile fuori casa che al Goodison Park. Poi arriva finalmente il primo gol in maglia biancorossa di Nasri, il 2-1 di un Van Persie sempre più costante e infine il siggillo della stella più splendente nel firmamento dell’Arsenal: Walcott. Ancora a secco Adebayor, cui il salario da capogiro spuntato in estate sembra iniziare a pesare un po’ troppo. Wenger torna a sorridere dopo il flop interno con l’Hull e il pareggio a Sunderland. Riuscirà a vedere i suoi rivaleggiare per il titolo?

Proprio l’Hull non arresta la sua splendida rincorsa, dando un dispiacere al West Ham. La squadra allenata da Zola capitola per la seconda volta consecutiva e vede allontanarsi il treno per l’Europa.

Passiamo ai tre 0-0 della giornata. Forse l’unica partita comunque di livello è quella del Craven Cottage, dove il Sunderland è sfortunato a non cogliere i tre punti. Ci si mettono pali e traverse a fermare i Black Cats. Scialbe le gare tra Aston Villa e Portsmouth e Bolton e Blackburn.

Il Tottenham “conferma” il peggior inizio campionato dal 1912 cadendo anche a Stoke nel match del si salvi chi può. In dieci per buona parte dell’incontro, gli Spurs finiscono addirittura in nove e con Corluka gravemente infortunato… Per la serie piove sul bagnato.

Nel Monday Night grandissima prova d’orgoglio del Newcastle che, nonostante abbia giocato 80 minuti con un uomo in meno, impatta con il Manchester City. Magpies ancora in zona calda, però.

Domenica alle 14.30 italiane sfida da non perdere tra le due capolista Chelsea e Liverpool. Allo Stamford Bridge andrà in onda l’ennesimo capitolo di una delle nuove grandi rivalità del calcio inglese versione terzo millennio.

giovedì 16 ottobre 2008

Craven Cottage, che passione!

Articolo pubblicato oggi da Goal.com (e che riprende in parte quanto già scritto nel mio libro "Made in England". Quasi superfluo aggiungere che ADORO il Craven Cottage...

Craven Cottage. Più che la denominazione di uno stadio sembra quella di una residenza di campagna. In effetti lo storico impianto del Fulham deve il suo nome così particolare proprio ad un... cottage! È infatti la deliziosa, romantica e, se vogliamo, un po’ anacronistica costruzione posta nell’angolo tra la Putney End e la Stevenage Road Stand, ora rinominata Johnny Hayes Stand in onore dell’ex giocatore scomparso nel 2005, a rendere unico uno degli stadi più amati della capitale inglese. In realtà il cottage originale, commissionato dal barone Craven nel 1780, non esiste più, sostituito dal grande architetto scozzese Archibald Leitch con quello attuale. Il progetto originale risale addirittura alla fine del Diciannovesimo secolo (1894), anche se una buona parte dei lavori di completamento fu realizzata intorno al 1905. Ora di quella struttura rimane solo la Stevenage Road/Johnny Hayes Stand, un gioiello ufficialmente inserito nella lista delle opere da preservare. Gli elementi classici dell’opera di Leitch ci sono tutti: la calda accoglienza dell’esterno con la facciata in mattoncini rossi, i seggiolini in legno malinconicamente retrò, i piloni di supporto che sì, danno fastidio ma come ricordano i bei tempi andati, e poi la struttura a grata sovrastata dall’insegna con il nome del club.

Per spiegare il perché di tanta passione e affetto per questo mitico stadio basta ricordare che a pochi metri dall’altra tribuna centrale, la Riverside Stand, c’è il Tamigi e che la zona in cui si trova il Craven Cottage è immersa nel verde del Bishop’s Park ed è una delle più incantevoli dell’intera periferia londinese. Se poi ci si trova nei paraggi un sabato di inizio primavera, si può essere così fortunati da assistere alla partenza della boat race, la tradizionale gara di canottaggio tra gli armi delle università di Cambridge e Oxford. La sfida, infatti, prende il via da Putney Bridge, distante pochi passi dall’impianto del Fulham.

Eppure lo stesso Craven Cottage ha rischiato più volte di sparire, addirittura qualche mese prima della sua inaugurazione. A questo punto della storia entrano in ballo due spregiudicati imprenditori dell’epoca, che rispondono ai nomi di Gus Mears e Henry Norris. Il primo possedeva il terreno, ben collegato con la metropolitana e la linea ferroviaria, dove sarebbe sorto lo Stamford Bridge, però non aveva una squadra (particolare non esattamente trascurabile: il Chelsea non esisteva ancora), mentre il secondo, presidente dei Cottagers e quindi già a pieno diritto nel firmamento calcistico inglese, aveva solo in affitto l’appezzamento dove Leitch stava iniziando a lavorare sul futuro stadio del Fulham. Ad un certo punto l’idea era di spostare lo storico club bianconero qualche chilometro più a nord, nei possedimenti di Mears, al grido di “l’unione fa la forza”. Tuttavia alla fine non se ne fece nulla. Il Fulham rimase dov’era, isolato e con un bacino di tifosi ridotto rispetto agli altri grandi team londinesi. Mears fondò un nuovo club: il Chelsea F.C. Facile dirlo ora, però Norris fu ben poco lungimirante.

Tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta, invece, una serie di difficoltà finanziarie porterà il Fulham sull’orlo del baratro, con la concreta possibilità che il terreno su cui sorgeva lo stadio fosse venduto per dar vita ad una fruttuosa speculazione immobiliare. La sopravvivenza del club e la permanenza al Cottage fu garantita solo grazie alla massiccia mobilitazione dei tifosi, capitanati da Jimmy Hill, ex giocatore dei Cottagers e commentatore del calcio inglese nella trasmissione della BBC Match of the Day. Di recente si è di nuovo ipotizzato l’abbandono dell’impianto attuale, questa volta però in circostanze ben diverse. Dopo anni di vacche magre e di scialbe prestazioni nelle divisioni minori, l’avvento del miliardario egiziano Mohammed Al Fayed aveva portato al Fulham una nuova linfa vitale. Nel 2001 la svolta, con il trionfale approdo in Premiership, guidati da francese Jean Tigana. Peccato che all’epoca ben due tribune dello stadio, la Putney End e la Hammersmith End, prevedessero solo posti in piedi, motivo per cui il Craven Cottage non si conformava alle rigide disposizioni del Taylor Report. Allora al club di Al Fayed non rimase che giocare il suo primo anno di Premier al Cottage sfruttando il periodo di grazia di 12 mesi, per poi trovare una soluzione alternativa.

L’idea iniziale era buttare giù il Craven Cottage e costruire da capo un nuovo stadio capace di 30mila posti, chiaramente tutti a sedere. Intanto giocatori e tifosi furono costretti a trasferirsi per due stagioni al Loftus Road, la casa dei rivali cittadini del Queen’s Park Rangers. I costi eccessivi legati alla realizzazione del nuovo impianto e soprattutto la fiera opposizione dei residenti locali, impegnatisi in una serie infinita di ricorsi contro il progetto, alla fine hanno portato ad un risultato insperato: la salvezza del Craven Cottage. Al Fayed si è reso conto che era molto più economico e pratico riempire di seggiolini ed ammodernare la Putney End e la Hammersmith End, fissando la capienza a 22mila posti (che con ulteriori lavori ora in programma potrebbe salire a 26mila). Dall’agosto del 2004 il cottage ospita di nuovo sul suo balcone un gruppetto di tifosi. Chissà per quanto tempo ancora.

martedì 14 ottobre 2008

Storie di derby

Leggendo il buon libro di Douglas Beattie “The Rivals Game”, incentrato sulle principali rivalità calcistiche del Regno Unito, mi sono imbattuto in un aneddoto veramente notevole. Nel capitolo sul derby del Tyne-Wear (o Wear-Tyne, a secondo del “punto di vista”), Beattie racconta che nel 1922 prima di un attesissimo incontro al St James’ Park 700 tifosi del Sunderland si radunarono nel centro della loro città d’origine. Fin qui nulla di strano, se non fosse che quei supporter dei Mackems erano disoccupati – erano tempi duri, di grave crisi economica – e per risparmiare la trasferta a Newcastle se la fecero niente meno che a piedi. Ovvero 12 miglia all’andata, 12 miglia al ritorno, in una fredda mattinata di fine novembre. E il Sunderland pensò pure bene di perdere per 2-1...

venerdì 10 ottobre 2008

Game 39

Non se ne sentiva proprio la mancanza. Dopo un periodo di silenzio, si ritorna a parlare della 39ima giornata di Premier da giocarsi in giro per il mondo. Già a inizio settimana c’era stata una prima dichiarazione del direttore esecutivo della Premier Richard Scudamore, secondo il quale il progetto è ancora valido e pronto per essere realizzato. Ora ci si mette Mohamed bin Hammam, presidente della Federazione Asiatica, a manifestare il suo interesse per il Game 39. Eppure proprio Hammam era uno dei principali oppositori della Premier in versione globale, con tappe a Hong Kong piuttosto che a Shanghai. “Non ero stato consultato, per questo lo scorso febbraio mi ero pronunciato negativamente sull’idea”, ha detto lo stesso Hammam alla stampa dopo aver incontrato Scudamore ieri pomeriggio a Londra. Sono sicuro che la possibilità di dividere il munifico incasso previsto per la “giornata supplementare” ha rappresentato un argomento forte della riunione intercorsa tra i due…

giovedì 9 ottobre 2008

Titolo cattivello

Dal sito del Guardian: “Notizione per la Clearasil Regno Unito, Cassano in arrivo al Manchester City!”. Chissà come la pensa Mark Hughes.

martedì 7 ottobre 2008

Off topic (o quasi)

In realtà questo pezzo uscito domenica scorsa sul Manifesto parla ben poco di calcio britannico. Anzi, nella versione publicata sul quotidiano non ne parla proprio, ma solo perché per esigenze di spazio è stato tagliato il riferimento al Gretna, che di seguito riaggiungo.

È la matricola terribile della Bundesliga edizione 2008-09. Dopo un breve parentesi in vetta alla classifica, occupata per le prime due giornate grazie alle vittorie con Energie Cottbus e Borussia Monchengladbach, l'Hoffenheim è ormai divenuto costante argomento di discussione per gli addetti ai lavori teutonici, stupiti dalle brillanti prestazioni di questo team di cui fino a poche settimane fa ignoravano addirittura l'esistenza. Nelle ultime due settimane la compagine allenata da Ralf Rangnick (mediocre giocatore e una pessimo precedente in Bundesliga con lo Schalke) ha inanellato un 4-1 con il Borussia Dortmund e un ancor più spettacolare 4-5 con il Werder Brema, avversaria dell'Inter in Champions League. Ieri ha superato l'Eintracht 2-1 e insieme allo Stoccarda ha raggiunto l'Amburgo (che gioca oggi) in cima alla classifica. Toni e i campionissimi del Bayern Monaco hanno pareggiato 3-3 in casa con il Bochum e sono solo undicesimi, Klinsmann rischia addirittura la panchina. L'Hoffenheim invece ride: il suo centravanti, il bosniaco Vedad Ibisevic, è capocannoniere con sette reti in sette match. Il club è espressione dell'omonimo piccolo sobborgo di Sinsheim, misconosciuto paesotto del Baden-Wurttemberg abitato da 35mila anime, che fino a metà anni novanta giocava addirittura in settima serie davanti a poche decine di appassionati e che lo scorso anno si è piazzato secondo - ed è quindi stato promosso - alla prima campagna di sempre nella serie B tedesca. Insomma, così a occhio sembrerebbe la classica storia su cui scrivere un mucchio di articoli e qualche bel libro all'insegna del romanticismo calcistico spinto.Facendosi un giro su siti web e blog di qualsiasi tifoseria tedesca si capisce però che almeno in Germania tra gli appassionati la percezione che si ha della rivelazione Hoffenheim è ben diversa. Tutti lo disprezzano, per non dire che lo odiano. A nessuno è andato giù che un magnate del settore informatico, Dietmar Hopp, abbia investito una fetta cospicua della sua fortuna personale per trasformare l'Hoffenheim da brutto rospetto dei campetti della Regional Liga in principe azzurro invitato al gran ballo delle grandi. Quando si dice i soldi prima della storia e della tradizione. La notizia che sia quasi pronto un nuovo impianto «stato dell'arte» costato 40 milioni di euro e con una capienza di ben 30mila posti - praticamente l'intera popolazione di Sinsheim, neonati compresi - non fa che peggiorare le cose. Per sostenitori di storici club dell'Est come il Carl Zeiss Jena o la Dynamo Dresda, da anni in crisi finanziaria e di risultati l'Hoffenheim è l'epitome del capitalismo cinico e iniquo dell'Ovest. In tempi di petrodollari e petrorubli che ricoprono il calcio europeo, va rimarcato che a differenza degli altri ricconi che spendono e spandono, almeno Hopp è a pieno titolo un sostenitore della prima ora dell'Hoffenheim. Uno dei pochi, continueranno a obiettare fan di altre realtà del fussball, a cui sembra anche molto anomalo che un singolo imprenditore abbia in mano l'intero pacchetto azionario di una squadra di calcio, cosa che in Germania, terra di polisportive, è quantomai inusuale.

Nel panorama calcistico europeo c’è un precedente molto poco rassicurante per i sostenitori dell’Hoffenheim: il Gretna in Scozia. Anche in quel caso nell’arco di pochi anni un club senza alcun pedigree si ritrovò dal limbo del football non professionistico, per giunta nella confinante Inghilterra, al palcoscenico prestigioso della Scottish Premier League (anche in quel caso tra i mugugni delle tifoserie avversarie). Poi il Gretna, che nel frattempo aveva perso solo ai rigori una coppa di Scozia, dall’oggi al domani si ritrovò senza più un quattrino e cancellato dalla mappa del calcio che conta. Il padre-padrone-tifoso Brooks Mileson purtroppo si era gravamente ammalato e aveva ritirato il suo sostegno finanziario. Risultato: quattro milioni di sterline di debiti, stipendi non pagati, amministrazione controllata e l’inevitabile fallimento. Herr Hopp e i suoi amici dell’Hoffenheim possono fare tutti gli scongiuri del caso...

domenica 5 ottobre 2008

Il Liverpool fa sul serio

Il solito punto sulla Premier, in uscita domani sul Goal.com

A Manchester, sponda City, l’euforia per l’arrivo della cascata di petrodollari portati in dote dalla nuova proprietà araba, con cui sono stati finanziati gli acquisti dei vari Robinho e Jo, sembra essersi un po’ attutita. La ragione è presto detta: il City fatica a mantenere una certa costanza di risultati, è già fuori dalla Coppa di Lega e con le grandi perde sempre. Dopo aver capitolato con il Chelsea, infatti, i Blues hanno lasciato l’intera posta in gioco al Liverpool. Eppure il City aveva chiuso la prima frazione di gioco avanti di due reti e mostrando delle buone trame offensive – sebbene Robinho non sia ancora al top. Ma quando puoi contare su un fenomeno come Fernando Torres nessun recupero è vietato... Doppietta del Nino, fallo da codice penale di Zabaleta (giustamente espulso), gol nel recupero di Kuyt ed eccovi servita l’impresa di un Liverpool sempre più convincente e grintoso. Dopo 18 anni di attesa, ad Anfield sperano che la campagna 2008-09 sia finalmente quella buona per il titolo di campioni d’Inghilterra.

Al momento si devono accontentare del secondo posto, sebbene solo per la differenza reti sfavorevole nei confronti del Chelsea, capolista nonostante i tanti infortunati – Drogba e Essien, tanto per citarne due. La prossima avversaria della Roma in Champions League risolve la pratica Aston Villa già nel primo tempo, grazie a Joe Cole e ad Anelka (prima del match candidato a un posto in infermeria piuttosto che a uno da titolare tra gli 11 di Scolari). I Blues dimostrano una superiorità a tratti imbarazzante, costringendo Friedel agli straordinari.

La gara tra Blackburn e Manchester United ricalca molto quella giocata dai campioni d’Europa una settimana fa contro il Bolton. Dominio assoluto dei ragazzi di Sir Alex, che però passano in vantaggio solo grazie a una topica dell’arbitro – con i Trotters rigore generoso su Ronaldo, a Ewood Park fallo di Vidic sul portiere in occasione del gol di Wes Brown – e poi suggellano i tre punti con una meravigliosa realizzazione di Wayne Rooney. Per l’attaccante ex Everton, alla duecentesima partita in Premier, tre gol in otto giorni in altrettante gare.

Primo pareggio in campionato per l’Arsenal, che con Fabregas evita il secondo tracollo consecutivo solo a pochi secondi dal fischio finale. A Sunderland, dove hanno facilmente vinto nelle ultime tre occasioni, i Gunners hanno la meglio nel possesso palla, ma pungono poco e si fanno addirittura impallinare dalla prodezza balistica di Leadbitter a cinque minuti dalla fine. La tattica fin troppo attendista – per non dire catenacciara – dei Black Cats fa infuriare Arsene Wenger, che però forse dovrebbe preoccuparsi prima della scarsa brillantezza di Adebayor, ancora a secco.

Non basta il grande cuore del West Ham per riacciuffare un Bolton che sfrutta al meglio le papere del portiere Green nel primo tempo. Prima sconfitta casalinga per il team di Zola, con un Di Michele ancora in ombra e sostituito dopo 50 minuti da Bellamy.

Delle grandi malate del calcio inglese (Tottenham e Newcastle) gli Spurs sembrano ormai essere incurabili: per loro ennesima sconfitta casalinga, questa volta contro la super-rivelazione Hull. Dopo aver castigato i Gunners, Geovanni affonda anche l’altra compagine di Londra Nord. L’Hull ha già fatto più punti del Derby (squadra di cui doveva seguire le “orme”...) nell’intera scorsa stagione. E per ora si gode un terzo posto che ha dell’incredibile...

Segnali di vita sul fronte Magpies. Buon pareggio al Goodison Park dell’euro-delusa Everton, che non sfrutta il doppio vantaggio iniziale e si fa bloccare sul 2-2. Per i Toffeemen è il primo punto casalingo dopo tre sconfitte consecutive. Il Newcastle dell’irascibile Joe Kinnear – è già un culto la sua conferenza stampa un po’ troppo “sboccata” – muove la classifica ma è ancora in piena zona retrocessione. Rimangono nelle retrovie lo Stoke, battuto da un Portsmouth in ripresa, e il Fulham, superato di misura nello scontro diretto con il West Bromwich. Sabato niente Premier, spazio alla nazionale impegnata a Wembley contro il Kazakistan.