giovedì 31 dicembre 2009

Buon 2010!

Si sta per aprire un decennio che sicuramente porterà le Olimpiadi in quel di Londra e che forse vedrà l'Inghilterra ospitare la fase finale di un Mondiale di calcio. Agli affezionati lettori di UK Footy intanto va l'augurio di un felice 2010.

Scotland the brave

Hibernian-Rangers 1-4, Rangers-Dundee United 7-1. E le due uniche rivali dell'oligopolio dell'Old Firm abbandonano la lotta per il titolo. Qualche settimana fa avevo scritto di un possibile ritrovato equilibrio nell’ambito della Scottish Premier League. Mal me ne incolse…

Un fine 2009 all’insegna delle grandi

Ogni anno ormai è la stessa storia. In Inghilterra durante le feste si gioca tanto e gli stadi – non solo in Premier – sono stracolmi, mentre a noi non rimane che stare a guardare. Eppure chi ha lavorato lì per tanti anni, come Claudio Ranieri, sostiene che dovremmo imitare gli inglesi e far divertire la gente quando è in ferie e ha più tempo da dedicare alle proprie passioni. Poi ci si meraviglia che nel Bel Paese gli impianti sono sempre più vuoti…

Torniamo però oltre Manica, dove il Chelsea chiude il 2009 in vetta alla classifica. Ma quanta fatica! Sia a Birmingham che nel derby casalingo contro il Fulham i Blues avrebbero potuto perdere l’intera posta in palio, per cui alla fine aver rimediato quattro punti è un risultato più che soddisfacente. Il Chelsea ha perso un po’ dello smalto dei mesi passati, anche perché l’assenza di Michael Essien in mezzo al campo si fa sentire tantissimo – e non a caso da quando manca il ghanese la difesa, complice un Peter Cech ancora troppo incostante, subisce più gol. La sesta rimonta stagionale nel match contro i Cottagers arriva grazie al solito, immenso Didier Drogba e a uno degli autogol più comici del 2009, che ha visto come protagonista la riserva di Brede Hangeland, Chris Smalling, al suo debutto in Premier. Ora scatta la Coppa d’Africa e la rosa dei Blues è destinata a restringersi. Guai in vista per Mister Ancelotti?

A proposito di allenatori italiani, si sono già versati fiumi di inchiostro per narrare le prime gesta di Roberto Mancini alla guida del Manchester City. Di certo la tifoseria locale, al di là di qualche mugugno, non ha reagito al licenziamento di Mark Hughes con lo stesso disappunto del 1993, quando Peter Reid fu cacciato dopo sole tre giornate nonostante i buoni risultati collezionati nelle stagioni precedenti. Le due facili vittorie contro lo Stoke (prima volta che il City non ha subito gol in casa dall’esordio stagionale con i Wolves) e il 3-0 proprio in casa del Wolverhampton hanno contribuito a dare “una buona impressione” dell’ex interista. Un Mancini che per il momento ha registrato un po’ la difesa, affiancando a un Carlitos Tevez in grande spolvero (tre gol in due partite) a rotazione Robinho e il possibile dissidente Craig Bellamy, in precedenza schierati da esterni alti a sostegno delle due punte. Una scelta definitiva oppure un ripiego, in attesa del recupero di Emmanuel Adebayor? Questo è forse il principale interrogativo tattico dei Light Blues targati Mancio.

La sponda bianco-rossa di Manchester segue con apprensione le tristi vicende familiari di Edwin van der Sar, sbarazzandosi senza troppe difficoltà degli ostacoli Hull e Wigan. Fa (quasi) tutto Wayne Rooney, specialmente al KC Stadium – gol, assist e autogol provocato. Con i Latics finisce 5-0 come all’andata, con l’ex Everton ad aprire le danze. I Red Devils sono sempre lì, a contatto con il Chelsea. La classifica dice meno due sia per i punti che per la differenza reti.

“Lo rifarei senza problemi”, così si è espresso Arsene Wenger in merito alla sua decisione di mandare in campo Cesc Fabregas al 57° del match contro l’Aston Villa, nonostante lo spagnolo fosse in precarie condizioni fisiche. In 28 minuti il centrocampista ha segnato una meravigliosa doppietta che ha segnato in maniera indelebile la gara. Peccato per la ricaduta del risentimento muscolare, che ha impedito allo spagnolo di essere in campo a Portsmouth. Poco male. Al Fratton Park il suo sostituto, la giovane promessa gallese Aaron Ramsey, non sfigura (anzi, segna pure uno splendido gol), mentre gli altri Gunners hanno un compito agevole contro i disastrati Pompey. Qualora l’Arsenal dovesse vincere il non proibitivo recupero contro il Bolton, salirebbe a meno uno dal Chelsea. E in quel caso il gioco si farebbe ancora più interessante.

Ultimi scampoli d’anno in controtendenza per due nobili del calcio inglese. L’Aston Villa rimane a secco per la prima volta dallo 0-2 interno con il Wigan di metà agosto, non riuscendo a superare le difese di Arsenal e Liverpool. Quel che è peggio, specialmente per le ambizioni di titolo dei Villans, è non aver preso nemmeno un punto contro le due rivali d’alta classifica. Rinascono invece i Reds, finalmente con Alberto Aquilani titolare (bene con i Wolves, così così al Villa Park). Ma a mettere il marchio del fuoriclasse ci pensa Fernando Torres, divenuto anche il giocatore dei Reds più veloce di sempre a raggiungere le 50 marcature in campionato (gli sono bastate solo 72 partite).

Ultima annotazione sulla terza panchina saltata in Premier dall’inizio della stagione. Dopo poco più di due anni in carica, a Gary Megson è stata fatale la doppietta di Stephen Hunt, dell’Hull, che negli ultimi 20 minuti ha vanificato il doppio vantaggio costruito in precedenza dal sempre più pericolante Bolton.

Sabato niente campionato. Tranquilli, si gioca lo stesso. Di scena il terzo turno della centoventinovesima edizione della FA Cup.

Scritto per Goal.com

lunedì 28 dicembre 2009

Bellamy

Il gallese nega di aver avuto già una prima lite con il nuovo manager Roberto Mancini. Non so perché, ma dubito che passerà molto tempo prima che ci possa essere qualche "discussione". A meno che l'ex tecnico dell'Inter capisca che Robinho è uno dei giocatori più sopravvalutati della storia (ovviamente quest'ultima è una mia opinione, che si va radicalizzando ogni mese che passa...).

mercoledì 23 dicembre 2009

Addio Albert Scanlon

Purtroppo se n'è andato uno dei Busby Babes sopravvissuti alla tragedia di Monaco di Baviera del 6 febbraio 1958. Esordì con i Red Devils nel 1954, dopo essere passato per la trafila delle giovanili. Nativo di Salford, sobborgo di MAnchester, vinse il campionato nel 1956 e 1957. L'addio all'Old Trafford nel 1960, dopo 115 partite disputate e 34 gol. La permanenza al Newcastle non portò i frutti sperati, tanto che Scanlon finì la sua carriera di calciatore nelle divisioni minori. RIP.

mercoledì 16 dicembre 2009

World Cup 2018

Ecco a seguire l'elenco dei 15 stadi candidati a ospitare le partite dei mondiali 2018, qualora la FIFA li dovesse assegnare all'Inghilterra:
Birmingham: Villa Park
Bristol: New Ashton Vale Stadium
Leeds: Elland Road
Liverpool: Anfield o New Anfield
London: Wembley
London: Emirates Stadium
London: New White Hart Lane o Olympic Stadium
Manchester: City of Manchester Stadium
Manchester: Old Trafford
Milton Keynes: Stadium MK
Newcastle: St James' Park
Nottingham: New stadium
Plymouth: Home Park
Sheffield: Hillsborough
Sunderland: Stadium of Light
Mancano Leicester e Derby, c'è Milton Keynes. Peccato.

lunedì 14 dicembre 2009

In vetta c’è spazio anche per l’Aston Villa?

I minimi comuni denominatori della sedicesima giornata di Premier? Lo spettacolo e le sorprese, non c’è dubbio. Scoppiettanti 3-3, l’Aston Villa che viola dopo 26 anni l’Old Trafford, gol da centrocampo, i Wolves che sorprendono il Tottenham in casa, le prodezze di quel fenomeno di Didier Drogba, l’Everton che strappa un clamoroso pareggio allo Stamford Bridge.

A proposito del Chelsea, nelle precedenti sette partite casalinghe in Premier aveva sempre vinto, subendo un solo gol all’esordio stagionale con l’Hull. Con i Toffees i Blues incappano nel quarto incontro senza vittoria, ma giocano meglio e con più concentrazione rispetto a quanto mostrato in coppa con l’Apoel. Il problema per Carlo Ancelotti è che a un Drogba da leggenda – con la doppietta di sabato è capocannoniere con 13 reti – fa da contraltare un Peter Cech in un pessimo stato di forma. Dopo la papere del City of Manchester Stadium, con l’Everton il ceco ha preso ben due abbagli. Certo continuando di questo passo Henrique Hilario o il giovane Ross Turnbull potrebbero giocarsi le loro chance, anche se è improbabile che il tecnico italiano voglia privarsi di Cech troppo a cuor leggero.

“E’ stata solo una giornata storta”. Così ha commentato Alex Ferguson il primo passo falso casalingo in Premier dal capitombolo (1-4) contro il Liverpool del marzo scorso. Grande merito all’Aston Villa della stella Gabriel Agbonlahor e del fumantino allenatore nord-irlandese Martin O’Neill. Se era quasi tre decenni che i Villans non passavano all’Old Trafford, era comunque 14 anni che non battevano i Red Devils che, a dirla tutta, un pareggio lo avrebbero più che meritato. Però a pensare che Dimitar Berbatov è costato oltre 30 milioni di euro e a vederlo ciccare palle facili come un paio con il Villa si inizia a credere che il bulgaro sia un dei peggiori investimenti degli ultimi anni dell’intero campionato inglese.

La scorsa stagione aveva segnato tutti i gol dell’Arsenal nell’incredibile 4-4 finale di Liverpool-Arsenal, domenica Andrey Arshavin ha realizzato una sola rete (per altro uguale a una del celebre poker), ma così facendo ha regalato tre punti che tengono i Gunners sulla scia delle prime due. Fa impressione come i Reds si siano spenti dopo un bel primo tempo, chiuso peraltro in vantaggio. La sfortuna ci ha messo sicuramente lo zampino – vedi il comico autogol di Glen Johnson – ma anche la decisione di Rafa Benitez di concedere solo 25 minuti a un Alberto Aquilani apparso tonico e in buona forma ha giocato un ruolo non proprio secondario.

Ottavo pareggio in nove partite per il Manchester City, che però insieme al pericolante Bolton è protagonista di una delle partite più intense della giornata. Lì dove serve la grinta, la “garra” come si dice al suo Paese, ecco primeggiare Carlitos Tevez, tornato a segnare con una certa costanza dopo un inizio campagna con le polveri bagnate – la doppietta al Reebok Stadium, dopo il gol della vittoria con il Chelsea, lo porta a cinque in totale in Premier.

Forse la sorpresa più eclatante di questo turno giunge dal White Hart Lane. Un Tottenham brutto e confusionario cede l’intera posta in palio contro il Wolverhampton, adesso fuori dalle zona caldissima della classifica, dove invece precipita il West Ham. Al St Andrews decide un tifoso e un ex giocatore degli Irons, quel Lee Bowyer che regala al Birmingham la quarta affermazione consecutiva e l’ottava piazza in Premier.

Chiusura d’obbligo per la prodezza di Maynor Figueroa. Nell’agosto del 1996 David Beckham segnò un gol al Wimbledon da centrocampo. Al Britannia Stadium di Stoke il difensore honduregno lo ha imitato alla perfezione. Chapeau!

Scritto per Goal.com

venerdì 11 dicembre 2009

FA Cup on tour

“Martedì 15 dicembre la Coppa d’Inghilterra sarà al Madejski Stadium dalle ore 15 alle 19. Prenotatevi per incontrarla”. Questo pomeriggio mi è arrivata una e-mail dalla Football Association che più o meno in questi termini mi avvisava di tale opportunità, che certo tanti tifosi del Reading non si lasceranno sfuggire. Del Reading così come di numerose altre squadre, visto che la Coppa sta girando il Paese. Serve altro per spiegare il lodevole attaccamento alla storia e alla tradizione che hanno oltre Manica, nel caso di specie per la competizione calcistica più antica del globo?

giovedì 10 dicembre 2009

Zamora e i ciber-tifosi

Bobby Zamora è il classico attaccante inglese vecchio stampo. Un lungagnone che ci mette tanta grinta, buono a colpire la palla di testa, con un discreto fiuto del gol, ma dotato di mezzi tecnici a dir poco limitati. Nato e cresciuto a Barking, nell’East End londinese, il buon Bobby ha imparato fin da piccolo a non farsi mettere i piedi in testa, dal momento che nell’area della metropoli inglese dove abitava non era – non è – sempre tutto rose e fiori. Quando era ragazzino, grazie alla sua determinazione, Zamora si è messo ben presto in evidenza nel Senrab F.C., mitico club delle Sunday Leagues (divisioni amatoriali) dove ha giocato insieme a gente del calibro di John Terry e Ledley King.

Domenica scorsa il suo carattere di East Ender fiero e deciso è uscito fuori con prepotenza in occasione di un evento che, in teoria, per lui sarebbe dovuto essere lieto, e che invece si è trasformato in una fonte di polemiche. Il nostro ha segnato il gol della vittoria nel match casalingo di Premier contro il Sunderland, astenendosi però dal festeggiare. Anzi, rabbuiato in volto, ha mandato a quel paese qualcuno senza troppi giri di parole o forbite espressioni oxfordiane. Le sue lamentazioni erano dirette ad alcuni tifosi assiepati sugli spalti del vecchio Craven Cottage, impianto tra i più belli e “old style” di tutto il calcio mondiale? Forse, ma non è così scontato. La colorita risposta era infatti in riferimento ad aspre critiche ricevute sui forum aperti su internet dai sostenitori dei Cottagers. Gente che si è spinta a dire che se mai Zamora avesse vestito la maglia dell’Inghilterra “Gesù avrebbe pianto”.

L’ex giocatore di Tottenham e West Ham United – squadra per cui ha fatto il tifo fin da bambino e che nel 2005 riportò in Premier con un suo celeberrimo gol nella finale dei play off di Championship contro il Preston – non ha proprio mandato giù il fatto di essere insultato da persone che rimangono per lo più anonime e che si fanno scudo di una tastiera e di uno schermo di computer. Una cosa che, evidentemente, ha anzi letteralmente mandato in bestia il povero Bobby, abituato a trattare con la gente in maniera molto più diretta, da puro East Ender che, figlio di immigrati di Trinidad & Tobago, qualche volta forse avrà pure dovuto difendersi per il colore della sua pelle. Intendiamoci, Zamora è uno degli idoli assoluti dei supporter del Fulham. Nonostante da quando sia giunto al club che ha sede nel ricco ed elegante quartiere della parte ovest della città nell’estate del 2008 non abbia ancora raggiunto la doppia cifra di realizzazioni, il suo dare sempre il 100 per cento in campo viene immensamente apprezzato dalla stragrande maggioranza degli appassionati. La minoranza silenziosa – almeno allo stadio – continuerà a pontificare sulla rete, uno strumento che l’attaccante del team che fu anche di George Best e Bobby Moore sembra detestare con tutto il cuore.

È invece un grande esperto di internet uno degli avversari di Zamora nella gara del “fattaccio”. Anche lui centravanti, ma senza dubbio più valido dal punto di vista tecnico, Darren Bent ha accelerato il suo passaggio dal Tottenham al Sunderland usando Twitter per manifestare tutta la sua frustrazione per l’allora situazione di stallo del suo trasferimento nel Nord-Est dell’Inghilterra. Daniel Levy e Harry Redknapp, rispettivamente presidente e allenatore degli Spurs, hanno prontamente ascoltato il “cinguettio” di Bent e l’affare tra i due club si è compiuto senza troppe esitazioni. Il Tottenham ci ha guadagnato circa dieci milioni di euro e maggiore serenità in una squadra dove gli attaccanti sono tanti e segnano pure con costanza, il Sunderland ha potuto accogliere un giocatore che si sta mettendo in grande evidenza e non a caso potrebbe rientrare tra i 23 che Fabio Capello porterà in Sud Africa per il Mondiale.

Un altro utente di Twitter è monsieur Thierry Henry, che sul sito di social network ha chiesto scusa al mondo intero per la “maradonata” contro l’Irlanda, non riuscendo però ad evitare l’ira – e le rappresaglie – dei bulli telematici. Per la cronaca, negli ultimi giorni Henry non si è fatto più vedere nell’etere cibernetico…

Tratto da Goal.com

lunedì 7 dicembre 2009

Il City ridà incertezza al campionato

È stata la giornata dei rigori sbagliati: quattro su altrettanti concessi, un record. Quelli rivelatisi poi influenti per il risultato finale sono stati tirati in due sfide molto importanti per la zone nobili della classifica. Li hanno sbagliati Frank Lampard ad Eastlands e Jermain Defoe al Goodison Park. Ne consegue che il Chelsea ha visto ridursi a sole due lunghezze il vantaggio sullo United, mentre il Tottenham ha perso il terzo posto ai danni degli eterni rivali dell’Arsenal.

Ma andiamo con ordine, partendo dalla non brillantissima prova del Chelsea a casa di un Manchester City reduce da sette pareggi consecutivi in Premier ma anche dalla qualificazione alle semifinali di Carling Cup. Trovato il vantaggio in maniera quanto mai rocambolesca, i Blues sono apparsi passivi, hanno lasciato giocare fin troppo gli avversari per poi svegliarsi solo una volta subito il gol dell’1-2 su una mezza papera di Peter Cech. Insomma, dopo l’eliminazione ai rigori contro il Blackburn, la settimana di Carlo Ancelotti e dei suoi si è chiusa – male – ancora dal dischetto con l’inusuale errore di Lampard. Finalmente brillanti in attacco e non svagati in difesa, i Light Blues ora aspettano il miglior Robinho per fare un ulteriore salto di qualità. Sempre che il brasiliano voglia rimanere nel Lancashire alle dipendenze di Mark Hughes…

Il Manchester United accorcia il distacco passeggiando al Boleyn Ground, ma paga a caro prezzo lo sforzo sostenuto contro gli Irons. Più che a pensare alle solite belle prove e ai gol di Wayne Rooney e Antonio Valencia, o a un Darron Gibson ancora in rete dopo la splendida doppietta in coppa contro il Tottenham, Alex Ferguson si dovrà preoccupare delle tantissime assenze nel reparto arretrato in vista della gara di Champions League a Wolsburg. Già con il West Ham si era partiti con un inedito Darren Fletcher terzino destro, poi in corso d’opera si sono infortunati pure Gary Neville e Wes Brown, tanto che i Red Devils hanno finito la gara con un solo difensore di ruolo e Michael Carrick a fare lo stopper! Purtroppo per loro, in Germania la situazione rischia di non essere migliore, anzi.

Un super Arshavin regala una facile affermazione all’Arsenal nel match casalingo contro lo Stoke.
Acque agitate in casa dei Potters. La sconfitta era prevedibile, l’alterco – pare che siano addirittura arrivati alle mani – tra il tecnico Tony Pulis e il centravanti James Bettie un po’ meno.
Per i Gunners fa nulla che Cesc Fabregas sprechi un penalty procuratosi dal “solito” centrocampista russo. Conta invece l’ennesimo infortunio ad Eduardo. Se lo United può vantare numerose assenze dietro, ai Gunners iniziano a non sapere chi mettere in attacco – Van Persie, Walcott e Bendtner sono tutti out, con l’olandese che ne avrà per oltre quattro mesi.

Almeno Arsene Wenger si è potuto consolare con la bella rimonta del traballante Everton ai danni del Tottenham. Mastodontica l’occasione sprecata dagli Spurs, in vantaggio di due reti e con in mano il pallino del gioco fino a un quarto d’ora dalla fine. Se poi Defoe butta alle ortiche il 3-2 in pieno recupero c’è proprio tanto su cui recriminare.

C’è invece tristemente poco da dire sul pareggio a reti bianche tra Liverpool e Blackburn – che almeno ritrovava il suo allenatore Sam Allardyce, reduce da un’angioplastica che lo ha tenuto fuori causa per quasi un mese. Brutto incontro, povero di contenuti tecnici e di occasioni da rete. Ancora inutilizzato Alberto Aquilani, che ha passato tutti i 90 minuti a prendere freddo in panchina.

Oltre a Wolverhampton-Bolton (con i Wolves vittoriosi dopo un’astinenza di otto partite), in coda spiccava Portsmouth-Burnley. Al Fratton Park i problemi non finiscono mai, tra difficoltà finanziarie e stipendi non pagati, ma almeno sabato sono arrivati tre punti di platino. Ad aprire le marcature il difensore islandese Hermann Hreidarsson. Uno che di retrocessioni se ne intende, avendone già vissute quattro. E che ovviamente ora vuole evitare a tutti i costi la quinta.

Scritto per Goal.com

venerdì 4 dicembre 2009

Non solo Premier, il calcio delle divisioni minori

Come promesso.

Dimenticate per un attimo lo splendore della Premier, i suoi campioni acclamati e strapagati, le Big Four con milioni di tifosi sparsi per il mondo. Dimenticate gli stadi dal design avveniristico, dalle capienze imponenti e con corporate box così lussuosi a far invidia alle suite dell’Hotel Ritz di Londra. Provate ad immergevi per pochi minuti con noi nella vera essenza del calcio inglese, o almeno così credono frotte di appassionati della prima ora, cresciuti a terraces e squadre composte per undici undicesimi da giocatori britannici.

Tuffiamoci allora in quella che una volta si chiamava Third Division, e che ora in maniera un po’ buffa è denominata League One. Il match che abbiamo scelto di gustarci è Brentford vs Colchester United. Per chi non lo sapesse, Brentford è un quartiere del West End londinese, che dal 1889 può contare su una squadra con un discreto seguito nella comunità locale. Una compagine che tuttavia non gioca nella massima divisione inglese dalla fine degli anni Quaranta. Nei suoi giorni di gloria, nel decennio precedente, il Brentford si tolse lo sfizio di battere niente meno che il leggendario Arsenal di quell’epoca. In tanti, atterrando all’aeroporto di Heathrow, avranno scorto lo stadio dei Bees: il vetusto ma incantevole Griffin Park, da un po’ indiziato di pensionamento per far posto a una nuova arena nei pressi dei Kew Gardens. Dall’aereo si nota benissimo, e non a caso il tetto di una delle tribune è molto concupito per farsi pubblicità proprio dalle compagnie aeree. Adesso la copertura della ex New Road Stand, di recente ribattezzata Bill Axbey Stand in onore di un tifoso che ha seguito la squadra per 89 anni (!), reca l’effigie della Qatar Airlines. Ma i fanatici di calcio inglese, e soprattutto di stadi inglesi, sanno che il Griffin Park è famoso almeno per un altro paio di elementi: i piloni dell’illuminazione “Subbuteo style” che, quando accessi, rappresentano una sorta di faro per gli ignari appassionati che per la prima volta coprono a piedi il tragitto dalla fermata della metro di South Ealing, e i quattro pub. Unico caso in tutto il Regno Unito, agli angoli del perimetro di casette a schiera che avvolge dolcemente le piccole tribune dello stadio ci sono proprio quattro pub, ovviamente molto apprezzati dalla tifoseria locale e da quelle ospiti. Uno, forse il più bello e vissuto, è il Griffin, che deve il suo nome alla fabbrica di birra proprietaria dei terreni dove nel 1904 fu edificato anche lo stadio omonimo.

Al Griffin Park il biglietto si riceve direttamente dall’addetto che fa scattare il vecchissimo tornello di accesso alla Braemer Road Stand. Ovvero la tribuna centrale, che però costa solo un paio di sterline in più delle due end, le gradinate vecchio stile. Per la verità una delle due terraces è a due piani, e quello superiore ha pure una decina di file di posti a sedere, ma non è che l’ennesima peculiarità della casa del Brentford…

A fare i conti con una serata non piovosa ma molto fredda siamo quasi in cinquemila, con buona rappresentanza di tifosi in trasferta. Beh, Colchester non dista tanto da Londra e poi gli U’s sono terzi con legittime ambizioni di un ritorno in Championship, da dove sono retrocessi nella primavera del 2008. Il Brentford, invece, è la classica neopromossa che parte bene e poi man mano scivola nelle acque melmose della bassa classifica. A proposito di fanghiglia, a Londra di pioggia ultimamente ne ha fatta tantissima, e di conseguenza il manto erboso è piuttosto malmesso. Nonostante ciò il livello di gioco è discreto, ci azzarderemmo a dire buono, vista la categoria. Tanta corsa e agonismo ma senza un utilizzo esasperato della palla lunga, anzi, capita pure di vedere qualche bel fraseggio e gesti tecnici apprezzabili dai 22 giocatori schierati dai tecnici Andy Scott e Aidy Boothroyd (tranne due eccezioni, tutti britannici). Le Bees trovano subito un meritato vantaggio grazie all’incornata del centravanti Charlie Macdonald, imbeccato alla perfezione da John Bostock. Uno di cui forse sentiremo parlare. Piazzato alto a destra, ma dotato di un sinistro sopraffino, il giovanotto ha solo 17 anni. È stato spedito a farsi le ossa al Griffin Park dai detentori del suo cartellino, gli Spurs, che credono molto in lui. A ragione, almeno da quel che possiamo vedere. Buona presenza fisica, ottima visione di gioco e tocchi di classe che mandano in solluchero i tifosi biancorossi. Altro giocatore in prestito (dall’Arsenal) è il lungagnone polacco Wojciech Szczęsny, che tra i pali si fa rispettare, rispedendo al mittente i tanti tiri scagliati dal Colchester. Gli ospiti a tratti cingono d’assedio il Brentford, senza però grandi risultati. Purtroppo per loro, gli U’s producono lo sforzo maggiore nel primo tempo. La seconda frazione di gioco è meno spettacolare e ricca di spunti di rilievo, ma comunque passabile. Noi intanto nell’intervallo ci siamo goduti la scena del giro di campo di una inserviente delle Bees con un cartello con su scritto il numero vincente della riffa. Altro che megaschermi et similia…

Ancora più piacevole il calduccio e le battute di alcuni attempati tifosi dei Bees a fine partita dentro il Griffin Pub. Chissà, forse qualcuno di loro da bimbo avrà assistito a quel famoso Brentford-Arsenal 2-1 del novembre 1935. E rammenterà che, incredibilmente, quell’anno i biancorossi del West End arrivarono quinti in classifica, un punto sopra l’Arsenal.

mercoledì 2 dicembre 2009

Griffin Park

Ieri rapida capatina a Londra per vedere Brentford-Colchester - in realtà avrei dovuto anche intervistare Roy Hodgson, ma alla fine la cosa non è stata più possibile. Mi sono consolato con la splendida atmosfera del Griffin Park, che ormai pare prossimo al pensionamento. Il nuovo impianto non lontano da Kew Gardens di cui si parla da anni dovrebbe sorgere tra il 2011 e il 2014, come riportava lo stesso programma del match. Staremo a vedere, intanto chi ne ha l'occasione non può esimersi dal fare una visita dalle parti di South Ealing. Ulteriori impressioni della serata a casa del Brentford tra domani e venerdì, tempo - che in questi giorni è pochissimo - permettendo.

lunedì 30 novembre 2009

È un Chelsea schiacciasassi

I Blues trionfano all’Emirates. Rooney risolleva il Manchester United. Il Liverpool fa suo il derby, ma che fatica! Continua a deludere il Manchester City.

Avviso ai naviganti: nei quattro scontri diretti con Manchester United, Arsenal, Tottenham e Liverpool il Chelsea ha collezionato 12 punti, segnando nove reti senza subirne alcuna. A ridosso del giro di boa del campionato, il biglietto da visita della squadra allenata – molto bene – da Carlo Ancelotti è a dir poco eloquente. Certo, i Red Devils senza Ronaldo si sono indeboliti, l’Arsenal dei giovani, come dimostrato anche nel match di domenica dell’Emirates, stecca sempre le partite importanti, il Liverpool è in crisi e gli Spurs devono ancora fare parecchia strada per ambire a trofei di rilievo, ma dopo l’ennesima dimostrazione di forza e qualità offerta dai Blues siamo sicuri che sia giusto parlare solo dei demeriti altrui?

Chissà che cosa pensano invece i tifosi del Milan, che forse avrebbero potuto ammirare in maglia rossonera un fenomeno come Didier Drogba. La sua doppietta ai Gunners – ai quali ha segnato ben dieci gol in carriera – è da favola e lo promuove capocannoniere (11 le sue marcature in totale) in coabitazione con Jermain Defoe.

Il Manchester United si mantiene sulla scia del Chelsea, nonostante contro il Portsmouth nel primo tempo finisca nettamente alle corde. I Red Devils dilagano nella seconda frazione grazie alla velocità di Antonio Valencia, alla classe di Wayne Rooney – tripletta che lo porta al secondo posto della classifica marcatori con dieci reti – e al genio di Ryan Giggs. Oltre a un assist da antologia, per il mago gallese è arrivato anche il centesimo gol in Premier a coronamento della solita prestazione da incorniciare. I Pompey, adesso guidati da Avram Grant, rimangono ultimi ma, visto il livello di gioco espresso, possono continuare a sperare in una salvezza che avrebbe del clamoroso.

Finalmente non perde uno scontro diretto il Tottenham, ora terzo, a cui anzi sta stretto il pareggio riacciuffato nel finale al Villa Park. Il dominio degli Spurs è stato totale, soprattutto nel secondo tempo, ma le loro bocche da fuoco non sono riuscite a ripetere la festa del gol ammirata contro il Wigan. Per impattare la rocambolesca rete di Gabriel Agbonlahor è servita una prodezza del difensore Michael Dawson, per distacco il migliore in campo. Per Martin O’Neill continua la “maledizione” Harry Redknapp, che ha battuto solo una volta su sedici partite.

Se ad ammettere il rischio di retrocessione in Championship è stato lo stesso David Moyes, da sette anni tecnico dei Toffees, ci sono pochi dubbi sul fatto che l’Everton sia in bruttissime acque. E il derby non ha fatto altro che peggiorare una situazione molto critica. Per carità, tra infortuni e sfortuna (vedi l’autogol di Joseph Jobo e le tante occasioni sprecate) le cose potevano andare meglio, ma la classifica parla chiaro: diciassettesimo posto a solo tre punti dalla zona caldissima. Il Liverpool torna a sorridere dopo una settimana segnata dall’eliminazione in Champions League. L’ottava vittoria al Goodison Park su dieci partite di campionato è sì giunta tra mille sofferenze, ma potrebbe fornire gli stimoli per continuare a lottare dopo una prima parte di stagione molto travagliata.

Non basta il ritorno di Robinho per assicurare di nuovo i tre punti al Manchester City, giunto al settimo pareggio consecutivo in Premier (record di Norwich City e Southampton eguagliato). Ad Eastlands i Light Blues hanno buttato alle ortiche contro altri due punti preziosi contro una “piccola”, in questo caso l’Hull, come già successo in precedenza con Fulham e Burnley. Continuando di questo passo il City potrà ambire a un posto in Europa League, non in Champions League.

Chiusura sulla partita più ricca di gol della giornata: il 5-3 tra West Ham e Burnley. Gli Irons si risollevano grazie ai giovani Collison e Hines mentre i Clarets, come al loro solito in trasferta, finiscono subissati di gol.

Da Goal.com

sabato 28 novembre 2009

Che beffa!

Se state vincendo per 4-1 in trasferta e al 59° del secondo tempo vi sospendono la partita per impraticabilità del campo, si può senza dubbio affermare che la fortuna non è stata esattamente dalla vostra parte. Oggi una cosa del genere è successa al Barnsley, che a Plymouth dopo essere passato in svantaggio, ha segnato quattro reti tra il 12° e il 31° dl primo tempo, solo per vedersi uno sforzo di tal portata del tutto vanificato da un acquazzone. Chissà come andrà a finire la ripetizione del match...

venerdì 27 novembre 2009

Quanti denari...

Forse sarebbe stato meglio se al Chelsea avessero confermato il divieto di operare sul mercato. Con tutto il rispetto, ma spendere oltre 40 milioni di sterline per acquistare Sergio Aguero dall'Atletico Madrid mi sembra uno sproposito - il giocatore, secondo la ESPN, negli ultimi anni di contratto dovrebbe arrivare a incassare 250mila sterline a settimana.
Come avrete notato, difficilmente parlo di mercato, specialmente se gli affari non sono ufficialmente conclusi. Però ho come la sensazione che Aguero stia già prendendo lezioni di inglese...

mercoledì 25 novembre 2009

Niente nuovo stadio per l'Everton?

Appena letto su soccernet.com: il governo inglese ha respinto i piani per uno stadio da 50mila posti con annesso mega-centro commerciale e Kirkby, alle porte di Liverpool. Io intanto non vedo l'ora d andare al Goodison Park, e forse a inizio 2010 ci farò una scappata...

lunedì 23 novembre 2009

Una notizia dalla Scozia

Ovvero, dopo dodici giornate di campionato si affaccia un barlume di equilibrio, parola sconosciuta da quelle parti, dove invece regna il duopolio dell'Old Firm. Se il Dundee United dovesse vincere il recupero con i Rangers per 3-0 (ok, è difficile, però hai visto mai), potrebbe addirittura balzare in testa alla classifica. Invece di pensare alla migrazione in Inghilterra, per altro già bocciata dai club di Premier, Celtic e Rangers farebbero meglio a concentrarsi sulla SPL...

Il fortino Stamford Bridge

Solito punto sulla Premier scritto per Goal.com

La lotta al titolo in Premier sembra ormai aver preso una fisionomia ben definita: sarà battaglia fino alla fine tra Chelsea e Manchester United, con un improbabile inserimento dell’Arsenal, che però sembra non avere rivali nella corsa al terzo posto. Tutte le altre si accontenteranno, si fa per dire, di cercare di acciuffare il preliminare di Champions League.

Nelle ultime due partite i Wolves avevano rimediato ben dieci gol dal Chelsea. Non è andata meglio sabato, in una partita dominata in lungo e in largo dai Blues. Protagonista assoluto Mikael Essien, autore di una doppietta e a fine gara omaggiato dalle parole di Carlo Ancelotti: “è uno dei migliori centrocampisti al mondo”. La dodicesima vittoria interna consecutiva in tutte le competizioni – record del club – porta anche la buona novella del ritorno al gol di Joe Cole, evidentemente recuperato al 100 per cento dopo il calvario dello scorso anno. Il Wolverhampton, squadra a forte rischio retrocessione, non aveva certo l’ambizione e soprattutto i mezzi per raccogliere punti dalla trasferta londinese. Poi se la giovane promessa del calcio gallese Wayne Hennessey fa un paio di papere come quelle sugli ultimi due gol, c’è poco da stare allegri.

Tiene il passo dei rivali il Manchester United, protagonista di un bel 3-0 interno contro l’Everton. Fino al liberatorio 2-0 di Michael Carrick, sembrava di assistere alla fotocopia della gara con il Chelsea, visto che l’enorme mole di gioco dei Red Devils era riuscita a produrre solo un gol – peraltro magnifico – di Darren Fletcher. È proprio lo scozzese l’uomo del giorno del team biancorosso. Nella costruzione del gioco incide molto di più dello stesso Carrick, che continua a commettere troppi errori. Al di là del gol personale, prosegue il buon periodo di Antonio Valencia, mentre l’ex (e tuttora tifosissimo dei Toffees) Wayne Rooney non segna ma dà il solito apporto di classe e grinta alla squadra. Benino Michael Owen, anche se una volta non avrebbe sprecato un paio di occasioni capitategli sabato.

Si ferma invece la galoppata dell’Arsenal. Per la prima volta in stagione i Gunners non segnano, facendosi invece trafiggere nel finale dal nono gol in campionato dell’ex Spurs Darren Bent. Uno che in nazionale non brillerà poi tanto, ma che allo Stadium of Light sembra aver trovato la sua dimensione ideale. Arsene Wenger spera di recuperare al più presto i giocatori acciaccati e ha l’occasione di rilanciare la sua sfida per il titolo domenica prossima nello scontro diretto con il Chelsea in programma ad Ashburton Grove.

Tra Liverpool e Manchester City pareggio spettacolare ma tutto sommato dannoso per entrambe le squadre. Se ci passate il termine fin troppo colloquiale, i Reds di questi tempi sono i campioni mondiali della sfiga, visto che già al ventesimo avevano dovuto sostituire Daniel Agger e Ryan Babbel per infortunio… I Light Blues sono abbonati al segno x, essendo giunti al sesto pari consecutivo – e l’immediato 2-2 subito a pochi secondi dal gol di Stephen Ireland dimostra che il team di Eastlands deve ancora maturare tanto.

Si attesta al quarto posto il Tottenham, maramaldo su un Wigan patetico in difesa. Solo il Manchester United nel 1994 aveva segnato nove gol in una partita di Premier, con Andy Cole allora autore di un pokerissimo di reti così come Jermain Defoe con i Latics. E pensare che gli Spurs conducevano solo per 1-0 fino al 51°! Forse è stata la giusta punizione per il gol dell’1-3, viziato da un fallo di mano dell’austriaco Paul Scharner.

In coda rocambolesco pari tra l’Hull del redivivo Jimmy Bullard e il West Ham, che prima sembra voler fare un solo boccone degli avversari e poi rischia addirittura di perdere. Vittoria cruciale del Blackburn a Bolton. Un bel regalo per “Big” Sam Allardyce, tra l’altro ex tecnico dei Wanderers, ai box per quasi un mese a causa di un intervento al cuore. Auguri di pronta guarigione!

giovedì 19 novembre 2009

Il Newcastle sta per uscire dal tunnel?

Lo slogan non sarà molto originale – lo “Yes We Can” di obamiana memoria – ma l’intento del Newcastle United Supporters Trust è a dir poco intrigante: rilevare il club, liberandolo dall’ormai sgradita presenza dell’attuale proprietario Mike Ashley. Il nemico giurato della Toon Army, uno che da quando è arrivato al St James’ Park nel maggio del 2007 ne ha combinate di cotte e di crude.

Un rapido elenco delle sue imprese può servire a farsi un’idea del personaggio in questione: ha fatto fuori l’idolo dei supporter bianconeri Kevin Keegan (con cui ha poi perso in malo modo la causa di licenziamento), trattato con poca signorilità un’altra icona come Alan Shearer, cambiato il nome allo stadio in sportsdirect.com@St James' Park Stadium, facendo così pubblicità alla sua compagnia di articoli sportivi e, ciò che più conta, fatto sprofondare il club in una preoccupante spirale di debiti e dalla Premier al limbo della Championship.

Il Trust, per ora composto da 1.400 membri, ha spedito una sorta di “prospetto informativo” a 40mila tifosi delle Magpies. Ma non sono solo esponenti della Toon Army o vip come Sting ad essere pronti a versare le loro sterline in un conto aperto ad hoc per procedere all’acquisizione delle azioni in possesso di Ashley. Gira voce che ci siano anche grossi attori del mondo finanziario che hanno già manifestato tutto il loro interesse – e forse pure qualcosa di più. I più ottimisti parlano di una Barcellona upon Tyne (facendo un gioco di parole sul modello societario che si vorrebbe importare dalla Catalogna e sul fiume che bagna Newcastle), sebbene per ora di certo ci sia solo la volontà dell’attuale proprietà di cedere le sue quote in presenza di un compratore dotato dei fondi necessari.

Di recente è già saltata una trattativa durata mesi, quella con l’imprenditore locale Barry Moat. Nel frattempo il vecchio proprietario, Freddy Shepherd, ha trovato anche lui il modo di attaccare frontalmente il povero Ashley. “Ci sono alcune cose che i soldi non possono comprare, non si svendono la tradizione e la storia di un club glorioso come il Newcastle” ha tuonato. Per la serie “da che pulpito viene la predica”, verrebbe da dire, dal momento che Shepherd è lo stesso che nel 1998 si fece pizzicare da un inviato del News of the World “in incognito” in una casa di appuntamenti di Marbella mentre gettava fango sui componenti della Toon Army, ovvero degli “scemi sempre pronti a pompare soldi nelle casse del club, spendendo fino a cinquanta sterline per una maglia che ne costa solo cinque, mentre le loro donne sono delle cagne in calore”. E che quando vendette la sua quota d’azioni ad Ashley – per un profitto di ben 37 milioni di sterline – definì il nuovo presidente “un eccellente custode del grande passato e dei valori del Newcastle United”.

Ad onore vero che la situazione societaria sul Tyne non sia mai stata delle migliori si era sempre saputo. Basta vedere i milioni di sterline dilapidati per comprare brocchi incredibili. Tanto per capirci, chi si ricorda del centravanti francese Stephane Guivarc'h, passato come una meteora nel cielo del Nord-Est dell’Inghilterra? È pur vero che almeno ai tempi della famiglia Shepherd il Newcastle ha giocato qualche Champions League, rischiato un paio di volte di trionfare in Premier e riportato all’ovile Alan Shearer…

In attesa di sviluppi sul fronte di una possibile nuova proprietà, adesso le buone notizie arrivano dal campo. Le Magpies guidano la difficilissima Championship con sei punti di vantaggio sulla terza in classifica. La qualità del loro gioco è discreta, anche perché i buoni giocatori tutto sommato non mancano. Tra questi va annoverato il giovane centravanti Andy Carroll, che negli ultimi tempi ha compiuto passi da gigante. Certo, per ora è meglio non fare scomodi paragoni, però c’è da essere moderatamente ottimisti su una sua definitiva esplosione a breve. Casomai l’anno prossimo lo si potrà ammirare in Premier in un accesissimo derby con i rivali di sempre del Sunderland. Con un St James Park di nuovo pienissimo come ai bei tempi.

Scritto per la rubrica British Corner di Goal.com

mercoledì 18 novembre 2009

L'Eire si ferma a un passo dai mondiali

Certo, nel match con la Francia l'Irlanda dovrà recriminare per le occasioni perse, soprattutto nel secondo tempo. Però la "maradonata" di Henry è di quelle cose che lasciano tanto amaro in bocca. Speriamo almeno che non ci vengano a raccontare che è stato un gesto involontario. Certo, ormai il fallo di mano nel calcio moderno è stato abbondantemente derubricato, per cui non sarei così sorpreso. Auguriamoci pure che nessuno ci faccia delle tirate agiografiche sulla "immensa sportività" dell'ex Arsenal - quello delle esultanze a volte a dir poco "particolari" e "originali". Sarebbe troppo...

martedì 17 novembre 2009

Messe di gol al Griffin Park

Serata di replay di primo turno della FA Cup senza sorprese. Non ce l’ha fatta il Gateshead a violare lo stadio del Brentford e provocare così l’ennesima sorpresa di questo inizio di competizione. Il club del Nord-Est, che fino al 1960 militava nella Football League e che ora occupa le posizioni di rincalzo nella Conference, vanta nel suo curriculum un quarto di finale in Coppa d’Inghilterra. Nel 1953 perse contro il Bolton Wanderers, poi a sua volta sconfitto nella famosa finale con il Blackpool – il mitico 4-3 della “Matthews Final”. Insomma, tutto questo sproloquio, così gradito a un malato di storia del calcio inglese come me, per dire che Brentford-Gateshead è finita 5-2…

venerdì 13 novembre 2009

Il QPR e il mondo degli affari

Ho troppe cose da fare per il mio lavoro, per cui non ho il tempo di tradurre questo pezzo tratto dal WSC Weekly Howl. Lo lascio in inglese, è troppo esilarante.

"The back page of the London business freesheet City AM has been carrying an advertisement for QPR. "Loftus Road has never been a more appealing and luxurious place to watch football. With three new hospitality areas, a personalised service and the opportunity to network with some of the wor ld's most influential business leaders, Queens Park Rangers now offers the ultimate matchday experience." So when the new breed of QPR fan goes home after the match and is asked how it went he can say: "Great. I had a very useful chat with the world's 55th largest ball bearing supplier and we've been shortlisted for the Schleswig-Holstein waste disposal contract. Oh, and I think they drew or lost or something."

giovedì 12 novembre 2009

Il reportage su West Ham vs Everton

“La fortuna si nasconde sempre”, recita una strofa del meraviglioso inno “I’m Forever Blowing Bubbles” che i supporter del West Ham cantano ormai da 90 anni. Mai come quest’anno quel passaggio ben si addice alla deludente stagione degli Irons. Domenica scorsa siamo stati testimoni diretti dell’ennesima prestazione sconclusionata dei beniamini dell’East End londinese, infarcita di errori, tanta buona volontà e qualche (raro) colpo di genio.

Eppure l’umore dei tifosi prima del match casalingo con l’Everton era dei migliori, soprattutto grazie all’iniezione di fiducia rimediata con la vittoria in extremis nel recupero contro l’Aston Villa. Green Street, lo stradone reso famoso (quanto meno in Italia) dall’omonimo film e dai recenti fatti del derby con il Millwall, è un unico serpentone di tifosi in claret & blue, con qualche macchia blu-Everton. L’atmosfera è tranquilla e rilassata, anni luce lontana da quella brutta serata di fine agosto, quando centinaia di supporter di Hammers e Lions se la diedero di santa ragione e ci scappò pure il morto. Almeno così pare, leggendo alcuni siti inglesi che riportano come la persona accoltellata su Priory Road, in prossimità dell’entrata dedicata ai tifosi in trasferta, sia deceduta dopo alcune settimane di agonia. Le scene alle quali assistiamo sono le “solite” che si verificano nelle vicinanze di uno stadio inglese: venditori di programmi vecchi e nuovi, spillette, sciarpe e t-shirt (spesso canzonatorie degli odiati Spurs) presi d’assalto, pub che straboccano di gente, hamburger e hot dog divorati in quantità industriali nei paraggi dei chioschi di cipolla maleodoranti. La tipicità del Boleyn Ground è la processione per la foto di rito nei pressi della statua che ritrae Bobby Moore, Geoff Hurst e Martin Peters (i tre Irons che vinsero la Coppa del Mondo nel 1966) allo zenit delle loro carriere, e la bancarella dell’hooliologist (così si autodefinisce…) Cass Pennant, che spaccia libri, dvd, magliette e cappellini “a tema”. A differenza di altre occasioni, non ci imbattiamo nel gigantesco ex membro dell’Inter City Firm, il gruppo di punta degli hooligans del West Ham negli anni Settanta e Ottanta.

L’entusiasmo dei tifosi dura fino all’inizio partita, carico di emozioni per il minuto di silenzio in onore delle vittime delle guerre mondiali e dei conflitti in corso – in Inghilterra la seconda domenica di novembre si osserva il Remembrence Day (che in realtà cade l’11 dello stesso mese) – e per il più mondano canto dell’inno “Bubbles”. Poi gli idoli di casa iniziano a giocare e lì sono dolori. Il Boleyn Ground si spegne. La Bobby Moore Stand, culla del tifo claret & blue, smette di cantare, e sembra solo bisbigliare tutta la sua delusione. Tanti sostenitori seguono la partita in piedi, segno che anche nel Regno Unito alcune regole troppo draconiane – tipo quella di dover per forza stare seduti durante il match – si possono superare al grido de “l’unione fa la forza”. Ovvero se siamo in mille e non in cinque ad alzarci gli steward non ci butteranno fuori. Il letargo ha un rapido sussulto dopo le balla rete di Luis Saha che regala l’1-0 a un Everton incerottato e reduce dalla doppia figuraccia in Europa League contro il Benfica. Ma fino all’intervallo si sente solo lo spicchio di Trevor Brooking Stand dove sono assiepati i fedelissimi dei Toffees. Sarà che nella pausa i maxi schermi del Boleyn Ground trasmettono un’intervista a Paolo Di Canio – che qui adorano – corredata da qualche sua celebre segnatura, sarà che gli Irons cominciano ad imbroccare qualche passaggio in più, il secondo tempo si apre con tutt’altra atmosfera.

Dopo un quarto d’ora entra pure Alessandro Diamanti, al posto di un evanescente – e siamo clementi – Luis Jimenez. L’ex livornese si presenta subito con un assist meraviglioso per il bimbetto Zavon Hines, che insacca con la complicità di Tony Hibbert. I 30mila supporter di fede West Ham impazziscono, sebbene la marcatura valga solo l’1-2 – nel frattempo aveva raddoppiato Dan Gosling. L’ultimo quarto di gara è un Diamanti show, ma pure i suoi compagni ci provano senza tregua. Hines e l’altro prodotto dell’Academy Junior Stanislas si mangiano un paio di gol fatti ma va bene lo stesso. Qui la mentalità vuole che se dai il 110 per cento, a fine partita ricevi lo stesso gli applausi. Anche se hai perso e ti ritrovi in piena zona retrocessione. Nessuno se la prende con Gianfranco Zola. Per carità, il sardo può vantare tutte le attenuanti del caso. Ha l’infermeria piena (è fuori pure il bomber Carlton Cole), giovani promettenti ma ancora alle prime armi e un Valon Berhami lontano parente di quello ammirato nella sua esperienza con la Lazio. Però far giocare solo mezz’ora a un Diamanti che tira, crossa, sforna assist e lotta come un leone su ogni palla è delittuoso. La fortuna si nasconderà pure, ma ogni tanto va anche aiutata…

martedì 10 novembre 2009

Alcuni gol del primo turno di Coppa

Direttamente dal sito della Football Association: http://www.thefa.com/TheFACup/FACompetitions/TheFACup/NewsAndFeatures/2009/FACupHighlights.aspx

Il Chelsea prova a scappare via

Forse non cancellerà del tutto il pessimo ricordo del rigore sbagliato nella finale di Champions League di Mosca nel 2008, ma il gol vittoria nella partitissima della dodicesima giornata di Premier per John Terry è un bel motivo di consolazione. Il Chelsea consolida ulteriormente il suo primato, ma sul piano del gioco non dimostra di essere più forte degli storici rivali, come molti addetti ai lavori si aspettavano prima della partita, pronosticando una vittoria abbastanza agevole per i londinesi. Il team allenato da Carlo Ancelotti ha patito per larghi tratti la manovra di uno United con il solo Wayne Rooney schierato in avanti.

Anche se probabilmente questa volta non ha tutti i torti – ma anche il fallo di Jonny Evans su Didier Drogba grida vendetta – le solite lamentele di Sir Alex Ferguson iniziano a risultare molto stucchevoli. Forse il tecnico scozzese dovrebbe riflettere sul fatto che la sua squadra non vince sul campo di una “Big Four” dal dicembre 2007 (1-0 ad Anfield Road) e che l'ultimo successo allo Stamford Bridge è addirittura datato settembre 2002 (3-0). Proprio lo stadio dei Blues è ritornato ad essere la fortezza che fu ai tempi di Josè Mourinho: undici vittorie consecutive e un solo gol subito nel campionato in corso, peraltro all'esordio a metà agosto contro l'Hull.

Vista la forza attuale dell'Arsenal – che deve pure recuperare una partita – la Premier sembra essere un affare a tre. A Wolverhampton i Gunners beneficiano di un pizzico di fortuna (ben due di autoreti dei Wolves…) prima di dilagare con le loro deliziose giocate. I padroni di casa dovranno aspettare ancora per far registrare una vittoria contro i biancorossi che manca da una trentina d'anni.

Quinto pareggio consecutivo per il Manchester City, ormai lontano dalla vetta della classifica. Questa volta il mezzo passo falso è arrivato contro Burnley, sempre sconfitto nelle precedenti cinque trasferte, in cui aveva subito la bellezza di 17 gol. I Clarets dominano il primo tempo, subiscono la rabbiosa rimonta dei Light Blues, finendo poi per impattare nei minuti finali grazie a una delle tante amnesie difensive di un Wayne Bridge insolitamente svagato. E Mark Hughes sente sempre più la pressione di un ambiente che, dopo un inizio molto promettente, comincia a provare scetticismo nei suoi confronti.

Torna a vincere, ma non a convincere, il Tottenham. Il 2-0 casalingo contro il Sunderland dei tanti ex – ben quattro – è un risultato a dir poco bugiardo. I Black Cats giocano meglio ma non capitalizzano le tante occasioni accumulate, sbagliando anche un rigore con Darren Bent. Ovvero l'ex meno amato dal pubblico del White Hart Lane e soprattutto da Harry Redknapp.

Nel Monday Night il Liverpool, come ormai consuetudine flagellato dagli infortuni, si salva solo grazie a un controverso rigore nel finale. Il francesino David Ngog, infatti, sembra tuffarsi. Pochi spiccioli di gara per Alberto Aquilani, che però così almeno trova il tempo di esordire all’Anfield Road.

In coda deludono il Portsmouth e il West Ham. Con l'Everton gli Irons si svegliano solo dopo aver subito il secondo gol. A dirla tutta le cose migliorano quando Gianfranco Zola manda sotto la doccia un Luis Jimenez inguardabile per concedere una mezz'ora di gioco ad Alessandro Diamanti, il quale ne approfitta sfornando assist e andando vicino al gol più di una volta. Perché sia dovuto partire dalla panchina rimane un grosso mistero.

Da Goal.com di oggi

West Ham vs Everton

Domenica scorsa ho fatto un salto al Boleyn Ground per la partita, su cui scriverò un articolo nei prossimi giorni per Goal.com (come al solito ripreso sul blog). Solo due righe per descrivere il post partita, passato al pub Duke of Edinburgh a vedere il secondo tempo di Chelsea vs Manchester United. Locale stracolmo, tanto che non sono riuscito nemmeno a prendere da bere, e cori spesso e volentieri contro il Chelsea (con Frank Lampard come bersaglio preferito). Diciamo che nel pub c'erano dei bei tipi "da stadio", se capite quello che voglio dire...

domenica 8 novembre 2009

Barnet vs Darlington

Un po' di lavoro notturno venerdì mi concede la possibilità di fare una gita nelle propagini settentrionali di Londra per un'incontro di primo turno di FA Cup tra il Barnet (ottavo in League Two e con veterani del calibro di Gary Breen e Micah Hyde tra le sue file) e il Darlington, fanalino di coda della quarta serie inglese. Buffo come le due squadre abbiano giocato contro in campionato solo un paio di settimane fa. Le Bees in quell'occasione hanno avuto vita facile, imponendosi per 3-0. Per arrivare all'Underhill bisogna raggiungere uno dei capolinea della Northern Line, High Barnet. Lo stadio è a soli cinque minuti a piedi dalla fermata della metro.

Underhill (la cui capienza è di 5.500 persone) è una specie di “patchwork”. La South Stand, dove mi accomodo, è una tribunetta coperta e con posti a sedere di recente fattura, mentre il resto dell'impianto inizia a mostrare tutti i suoi anni. La copertura della Main Stand ha sicuramente visto giorni migliori, mentre il resto dello stadio è per buona parte composto dalle care, vecchie, gradinate (terraces se preferite il termine inglese). Forse l'elemento che mi colpisce di più sono i piloni dell'illuminazione, che ricordano tanto quelli del Subbuteo. Però in particolare rammentano il modello degli anni Sessanta, e chi gioca al nagnifico gioco inventato da Peter Adolph avrà capito a che cosa mi riferisco. Insomma, un gradito salto nel passato, in un'atmosfera molto rilassata ma non per questo dimessa, anzi.

Tra gli spettatori mi fa piacere notare una nutrita presenza di bambini. Per la verità alcuni indossano le maglie dell'Arsenal, che per tanti fan del Barnet, come mi conferma il mio vicino di posto, è la seconda (o la prima) squadra.

Il match fila via piacevole, con il Barnet che quando spinge sull'accelleratore fa subito male a un Darlington che dimostra tutta la sua pochezza tecnica. I circa cento tifosi dei Quakers trovano però il tempo di esultare per l'inutile gol dell'1-3 segnato nei minuti finali della gara. In metropolitana, sulla via del ritorno apparivano rassegnati ma tutto sommato contenti della gita a Londra – almeno quello...

Io mi sono goduto ogni secondo di un pomeriggio molto gradevole. Peccato solo non aver trovato il cappellino del Barnet nel minuscolo club shop. Uno dei commessi mi ha spiegato che quelli che gli avevano spedito erano “sbagliati”, per cui li avevano dovuti rimandare indietro!

P.S. Nell'intervallo la notizia che il Manchester City perde in casa contro il Burnley è stata salutata con grande entusiasmo dal pubblico dell'Underhill. Chissà perché...

giovedì 5 novembre 2009

Arsenal a stelle e strisce

A breve in Inghilterra un altro club, l’undicesimo in Premier League, cambiera’ proprieta’ per passare in mani straniere. Si tratta dell’Arsenal, che molto probabilmente verra’ acquistato dal magnate americano Stan Kroenke, che ha gia portato la sua quota di partecipazione nel club londinese al 29,9%.
Secondo le regole finanziarie in vigore, Kroenke dovra’ presentare una proposta d’acquisto non appena raggiunto il 29,99%.
Kroenke, che e’ gia’ proprietario della squadra di basket dei Denver Nuggets e di quella di football dei Colorado Rapids, non ha per ora rilasciato dichiarazioni sul suo prossimo probabile acquisto.

Primo turno di FA Cup

Meglio non pensare a questioni poco piacevoli, come quella del nuovo nome del St James’ Park – Sportsdirect.com come l’azienda del tanto detestato, dalla Toon Army, Mike Ashley – e concentrarsi allora sul primo turno della FA Cup. Che poi primo turno, almeno per le squadre passate per le forche caudine dei preliminari, non è. Ci sono un bel po’ di sfide interessanti. Solo per citarne alcune, spiccano Bristol Rovers vs Southampton, Notts County vs Bradford City, Gillingham vs Southend e Oldham vs Leeds United. E poi c’è un derby inedito come Millwall vs AFC Wimbledon – se non sbaglio è l’esordio assoluto dei Dons nel tabellone principale della mitica coppa. A dirla tutta ci avevo pure fatto un pensierino, visto che da domani mattina presto a lunedì pomeriggio sono a Londra per lavoro. L’avessero giocata sabato alle 15 avrei potuto provare a raggiungere The Den in extremis (molto in extremis e solo beneficiando delle doti di guida di un tassista un pizzico spericolato), il problema è che la giocano lunedì sera…

mercoledì 4 novembre 2009

Wembley in rosso

La Wembley National Stadium Limited (WNSL) proprietaria dello stadio Wembley, ha annunciato perdite pre tasse per 31 milioni di sterline a causa del costo del finanziamento dello stadio. Le previsioni della WNSL, società che fa capo alla Football Association, prevedono un ritorno all’utile entro i prossimi 5 anni.

lunedì 2 novembre 2009

Il Chelsea incanta, il Liverpool delude ancora

Carling Cup o Premier, Reebok Stadium o Stamford Bridge, giochino i titolari o le riserve, di questi tempi il Chelsea al Bolton rifila sempre un poker di reti. Era successo proprio in Coppa di Lega lo scorso mercoledì, è accaduto sabato in campionato, con gli uomini di Carlo Ancelotti favoriti sì dall’espulsione di Jlloyd Samuel a fine primo tempo, ma comunque in grado di mostrare una superiorità in tutti i reparti a tratti imbarazzante. Nel secondo tempo i Blues mantengono delle percentuali di possesso palla a dir poco “bulgare”, dilagando poi nel finale anche grazie al nono centro in Premier di Didier Drobga – bellissima l’azione che ha propiziato la marcatura, peccato che l’ivoriano fosse però in fuorigioco.

Ora il Chelsea attende il Manchester United nello scontro diretto di domenica prossima. Nemmeno a dirlo, è uno dei momenti cruciali di tutta la stagione. All’Old Trafford i Red Devils non hanno disputato una partita memorabile contro il Blackburn, riuscendo però a ritrovare i gol di Wayne Rooney e Dimitar Berbatov. Se provaste a chiedere agli uomini di Sam Allardyce, che la settimana scorsa erano stati demoliti dal Chelsea per 5-0, chi sta meglio tra le due superpotenze del calcio inglese, avreste un plebiscito per i londinesi. Nonostante uno dei migliori inizi di stagione degli ultimi anni, allo United manca quel pizzico di brillantezza, anche di imprevedibilità, che a quei livelli fa la differenza. Però guai a dare per spacciati i tre volte campioni d’Inghilterra, specialmente se la coppia d’attacco, come mostrato sabato con giocate di valore assoluto, sta trovando il tanto atteso affiatamento…

Il centosessantaduesimo North London derby della storia, il primo all’Emirates dopo lo scoppiettante 4-4 della scorsa stagione, si conclude in un trionfo per l’Arsenal. Il 3-0 finale sta addirittura stretto ai Gunners, che avrebbero potuto umiliare ancor di più gli avversari. La perla di Cesc Fabregas è lo zenit di una gara ai limiti della perfezione, con i vari Van Persie, Vermaelen e Song a dominare gli avversari. Se tre indizi fanno una prova, i tre rovesci senza appello del Tottenham contro altrettante grandi (Chelsea, Manchester United e appunto Arsenal) dimostrano che gli Spurs non sono ancora pronti per i piani altissimi della classifica. E poi dopo le papere di Aurelho Gomes forse sarà meglio promuovere di nuovo Carlo Cudicini titolare…

In casa del Fulham il Liverpool perde i tre punti e la testa, visto che termina la partita in nove per l’espulsione di Jamie Carragher e Philipp Degen – uno dei peggiori acquisti della gestione Benitez. A proposito del tecnico spagnolo, dopo una settimana di tregua grazie al successo con il Manchester United, è tornato di nuovo nel tritacarne. L’aver rischiato un Fernando Torres in non perfette condizioni, e ora in forte dubbio per la gara di Lione, non ha fatto che aumentare le pressione sul buon Rafa. Però è anche vero che senza Steven Gerrard, Alberto Aquilani e Glen Johnson lasciare a casa pure il Nino sarebbe sembrata una resa anticipata. Non a caso l’unico, bellissimo, gol dei Reds l’ha messo a segno proprio Torres.

Quarto pareggio consecutivo in campionato per il Manchester City, che al St Andrew’s con il Birmingham patisce enormemente il pressing asfissiante e l’esuberanza dei Blues. Se non fosse per un magistrale intervento di Shay Given sul rigore tirato da James McFadden – a proposito, per noi l’ex estremo difensore del Newcastle attualmente è il migliore del panorama inglese – la partita avrebbe preso una piega ancor più negativa. Le assenze di Robinho, Emmanuel Adebayor e Kolo Touré non giustificano la mediocre prestazione di una compagine che, val la pena ricordarlo,è costata circa 200 milioni di sterline e dopo un buon inizio di stagione sta perdendo il passo delle grandi.

Chiusura con la lotta per non retrocedere. Mentre Portsmouth (quattro gol al Wigan) e West Ham (pari sfortunato a Sunderland) mandano segnali di ripresa, noi vediamo sempre peggio l’Hull (sconfitto 2-0 a Burnley), sulla cui eventuale salvezza ora come ora non scommetteremmo nemmeno un penny.

Scritto per Goal.com

venerdì 30 ottobre 2009

La Champions League ancora di salvezza per il Liverpool (e le sue casse societarie)

È ancora troppo presto per dire se la vittoria in Premier contro il Manchester United sia l’inizio della riscossa dei Reds, oppure solo un raro momento felice di una stagione opaca. È ovvio che i margini di miglioramento ci sono, non fosse altro perché a breve dovrebbero poter dare il loro apporto con continuità giocatori del calibro di Steven Gerrard e Alberto Aquilani, la cui prolungata assenza dai campi di gioco ha indotto i media britannici a dubitare dell’effettiva bontà dell’acquisto da parte di Rafa Benitez. Ma ancora tante sono le nubi che si addensano all’orizzonte.

Come ha spiegato il tecnico spagnolo nella conferenza stampa che ha fatto seguito al match contro il Lione, in Champions League serve un miracolo analogo a quello del 2007-08, quando il Liverpool strappò la qualificazione agli ottavi vincendo le ultime tre partite del girone. Già un pareggio alla Gerland potrebbe significare la fine dei sogni europei e un brutto colpo per le casse societarie. La scorsa stagione il passaggio alla fase a eliminazione diretta fruttò al club una cifra intorno ai nove milioni di euro, destinata a salire successivamente con l’approdo ai quarti di finale. Quest’anno l’importo potrebbe essere più cospicuo. Il calcolo è particolarmente complicato da fare, come spiegava di recente sul Guardian da David Conn, esperto di finanza e football, dal momento che si basa sul numero di squadre di un Paese che si qualificano, però l’aumento dei diritti televisivi dovrebbe incidere in positivo sul bilancio delle 16 squadre che usciranno dai gironi di Champions League.

Insomma, un bel tarlo per il duo americano Hicks & Gillett, proprietari sempre sull’orlo di una crisi di nervi e, pare, con la valigia pronta. Di recente si sono sprecate le voci di una possibile cessione delle quote da parte di George Gillett, che dovrebbe essere sostituito dal solito arabo di turno, il principe saudita Faisal bin Fahad bin Abdulla. Ma per il momento non c’è nulla di concreto.

Dopo una luna di miele durata pochissimo, i tifosi dei Reds hanno a dir poco osteggiato i proprietari americani, ritenuti nella definizione più carina “poco addentro allo spirito Scouser”. Nel match di Champions League contro il Lione, la Kop ha esposto uno striscione che senza troppi mezzi termini apostrofava la coppia Tom & George come “bugiardi”. Il riferimento è non solo al continuo “vendo-non vendo”, ma anche alla grossa questione del debito societario e al contrastato rapporto con Rafa Benitez, un idolo assoluto della Kop.

I kopites hanno inscenato pure una marcia di protesta nelle ore che hanno preceduto il big match con lo United. Si sono contate non meno di 5mila presenze. La manifestazione è stata del tutto pacifica e si è conclusa davanti al pub The Albert, a due passi dalla Kop.

Già, la storica end culla del tifo dei Reds. Fino a qualche mese fa si parlava della nuova Kop, quella da quasi 20mila posti che sarebbe sorta nel nuovo impianto più grande e più moderno da costruirsi non lontano da quello attuale. Un gioiello da quasi 500 milioni di euro che per ora rimane in naftalina. La proprietà attuale non ha i soldi per costruirlo. Anzi, la scorsa estate a stento è riuscita a rinegoziare con la Royal Bank of Scotland un debito superiore ai 300 milioni, in buona parte dovuto ai costi di acquisto del club stesso. Ovvero la stessa procedura adottata dalla famiglia Glazer a Manchester: mi compro la società, che però poi paga i debiti che io ho contratto per l’operazione…

Gli addetti ai lavori d’oltre Manica non escludono che proprio lo stadio sia il nodo gordiano di tutta la storia. Si dice che quando lo sceicco Al Mansour abbia chiesto ai suoi consulenti quale club gli convenisse rilevare in Premier, gli fosse stato consigliato il Mancheser City perché non c’era bisogno di costruire un nuovo impianto, c’era già. I tanti soldi a disposizione si potevano investire subito sui giocatori per tentare un immediato successo. Al Liverpool l’Anfield Road, con i suoi 44mila posti, sta stretto.

Il Manchester United può contare su un’arena con una capienza maggiore di quasi 40mila unità, l’Arsenal e il Chelsea non hanno impianti enormemente più grandi (sebbene i Gunners abbiano fatto un bel passo in avanti con il nuovo Emirates), ma si possono permettere di vendere i biglietti a cifre che a Liverpool, città proletaria per definizione, non prendono nemmeno in considerazione. Non a caso nell’ultimo anno gli introiti dei Red Devils sono stati superiori di 100 milioni a quelli dei Reds e anche le due londinesi hanno incassato molto di più. Con Manchester City, Tottenham e Aston Villa che spingono per entrare nell’elite del calcio inglese e l’incubo di un possibile flop sportivo (e finanziario) in Champions League, al Liverpool non rimane che affidarsi alla passione e all’attaccamento ai colori dei tifosi. Loro saranno sempre lì, chiunque sia il nuovo padrone e qualunque siano le se sue intenzioni.

Scritto per Goal.com

mercoledì 28 ottobre 2009

Due chiacchiere con Cudicini

La mia recente trasferta londinese ha prodotto anche una lunga intervista con Carlo Cudicini. La versione integrale andrà sul prossimo numero di Calcio 2000, intanto su Goal.com è uscita una sorta di anteprima.

Carlo Cudicini è il classico italiano che – una volta abbandonata la Patria natia – non ha alcun rimorso, anzi… La sua vita professionale - e non – scorre alla grande, ora che – poi – ha trovato la fiducia di un mister che non ne mette in dubbio le capacità e gli affida spesso e volentieri la maglia da titolare, ancor di più. La nuova esperienza al Tottenham dopo tanti anni di Chelsea – come detto – è più che positiva, come lui stesso ci racconta in Esclusiva: “Mi sono ritagliato il mio spazio e di questo sono molto felice. E’ vero che tra campionato e coppa mi alterno con Gomes, ma in una competizione o nell’altra ho sempre la possibilità di giocare. In più, ho la stima dell’allenatore e questo è molto importante per me”. La squadra, poi, è partita col piede giusto e – nonostante l’inattesa sconfitta contro lo Stock City nell’ultima di campionato – ha grandi ambizioni: “Stiamo facendo bene e i risultati ottenuti fin qui ci fanno guardare al futuro con ottimismo. Puntiamo a traguardi importanti, anche se lottare contro squadre come il Liverpool o l’Arsenal non è semplice, perché più abituate di noi giocare a certi livelli. Ovviamente noi abbiamo tutta l’intenzione di giocarcela, ma loro hanno decisamente più esperienza e questo potrebbe pesare alla lunga”. Carlo si gode da spettatore interessato anche la lotta per la Premier, che vede il nostro Ancelotti protagonista: “I miei ex compagni del Chelsea quest’anno hanno tutte le carte in regola per interrompere il predominio del Manchester. Ancelotti sta facendo un ottimo lavoro”. Di grandi tecnici – lui che ha avuto sia Ranieri che Mourinho – Cudicini se ne intende: “Carlo (Ancelotti, ndr) non lo conosco, a Ranieri, invece, devo tantissimo, è stato lui a promuovermi titolare e a farmi giocare con continuità. I successi di Mou sono frutto anche del suo splendido lavoro. José è semplicemente un vincente, uno dei migliori in circolazione”. Dicevamo del futuro del portierone italiano, che a breve dovrà essere deciso: “Sono in scadenza di contratto. Sarei contento di restare al Tottenham, ma se non fosse possibile, valuterei anche altre opzioni; anche in Italia – ovviamente – ma non è una priorità. Son pronto a prendere in considerazione anche altre destinazioni”.

lunedì 26 ottobre 2009

Fulham Red Sox

Il Fulham ha di recente siglato un accordo commerciale con il Fenwey Sports Group, la holding che detiene la proprietà della famosa franchigia delle Major League di baseball dei Boston Red Sox. La compagnia curerà l'immagine dei Cottagers negli Usa e non è da escludere che la compagine londinese possa addirittura giocare un'amichevole al mitico Fenwey Park, casa dei Red Sox dal 1912.

Il Chelsea ringrazia i Reds

La panchina di Rafa Benitez in bilico, la qualificazione in Champions League anche, gli infortuni a raffica, Alberto Aquilani ribattezzato dai media inglesi “l’uomo del mistero”, i troppi passi falsi in campionato e le turbolenze societarie. Per cancellare settimane di frustrazioni e cattivi pensieri, al Liverpool serviva una vittoria nella partita più importante dell’anno, quella con il Manchester United. E vittoria è stata, con pieno merito, al di là delle recriminazioni arbitrali che a turno Ferguson o Benitez spiattellano stucchevolmente ai media. Fondamentale il recupero di Fernando Torres e Glen Johnson, ma soprattutto la grinta e la determinazione di tutta la squadra pur sempre orfana del capitano Steven Gerrard.
Alquanto deludente il Manchester United, troppo passivo in lunghe fasi del match e con la solita “palla al piede” di Dimitar Berbatov – se ci possiamo permettere, noi avremmo inserito Michael Owen al posto del bulgaro già a inizio secondo tempo. I Red Devils hanno perso la terza partita consecutiva con il Liverpool e anche la testa della classifica – ora appannaggio del Chelsea – in un’alternanza che fa comunque bene al campionato, troppo spesso nel recente passato contraddistinto da scarso equilibrio.

I Blues fanno a pezzi un Blackburn reduce dalla bella prova nel derby con il Burnley – però in quella partita aveva giocato, e alla grande, l’attaccante argentino Franco Di Santo, in prestito dal Chelsea e quindi impossibilitato a scendere in campo allo Stamford Bridge. Carlo Ancelotti schiera ancora Ricardo Carvalho, additato dalla critica come il maggiore responsabile delle recenti magre difensive. Nella cavalcata trionfale dei Blues si rivede Joe Cole, autore di una buona prestazione dopo i lunghi mesi fuori per infortunio, e va segnalata la doppietta messa a segno da Frank Lampard, che sale così a quota 135 in carriera con il club del West End londinese.
Che dire del Blackburn, sicuramente penalizzato dalla tragica autorete di Gael Givet, ma in perenne balia degli avversari? Con quella di sabato siamo a nove sconfitte consecutive in trasferta, compresa anche la fine dello scorso campionato. Troppe per non doversi guardare alle spalle e per nutrire ambizioni di alcun genere.

Sotto gli occhi di Fabio Capello e Giovanni Trapattoni, entrambi presenti in tribuna al White Hart Lane, si consuma la grande sorpresa della giornata. Lo Stoke supera a domicilio l’ambizioso Tottenham di questi tempi. I Potters recano sempre il marchio d’infamia di un gioco grezzo, ben poco spettacolare, ma intanto rimangono lontani dalla zona retrocessione che tanti commentatori d’Oltre Manica pensano sia la loro destinazione naturale.

Non approfittano in maniera adeguata del black out degli Spurs né i cugini dell’Arsenal né il Manchester City. Le loro partite hanno uno sviluppo molto simile: avanti 2-0, entrambi i team si rilassano troppo e si fanno rimontare rispettivamente da West Ham e Fulham. Negli Irons determinante su entrambi i gol Alessandro Diamanti, partito però solo dalla panchina. Gli euro-rivali della Roma sembrano finalmente aver ritrovato la via della rete. Dopo sole sei marcature nelle prime sette partite di Premier, nelle ultime due ne sono arrivate ben quattro e c’è un Damien Duff tornato finalmente ai suoi massimi livelli.

Il novantanovesimo derby delle Midlands tra Wolverhampton e Aston Villa si chiude su un pareggio sostanzialmente giusto. Partita bruttina, in particolare nel secondo tempo, che però regala le due reti nel finale. Nei Villans non brillano i nazionali James Milner e Ashley Young, mentre Gabriel Agbonlahor si salva solo grazie al bel gol dell’1-0.

Sabato prossimo turno tutto sommato abbastanza agevole per le prime della classe, in cui però spicca il derby del Nord di Londra tra Arsenal e Tottenham.

giovedì 22 ottobre 2009

Una leggenda dei Reds

Per puro caso a Liverpool ho assistito alla presentazione del bellissimo libro fotografico "When Football Was Football, Liverpool: A Nostalgic Look at a Century of the Club". Oltre agli autori, era presente Ian Callaghan, una delle bandiere del Liverpool di tutti i tempi e campione del mondo con l'Inghilterra nel 1966 - giocò però solo nel match del girone di qualificazione contro la Francia. Nativo di Liverpool, detiene il record di presenze in campo con i Reds, ben 640. Se non erro lui, centrocampista di grande temperamento, era uno dei preferiti di Bill Shankly, con il quale ha vinto una parte dei tanti trofei accumulati in 18 anni di carriera in maglia rossa.

mercoledì 21 ottobre 2009

This is Anfield

Il mio mini-tour in Inghilterra si è concluso questa mattina con il volo delle 6.30 che mi ha riportato a Roma da quel di Liverpool. Ieri sono finalmente riuscito a vedermi una partita dal vivo ad Anfield Road. Un must per tutti i tifosi di calcio inglese. Bella l’atmosfera dentro e fuori allo stadio, che esternamente non è memorabile ma all’interno fa la sua figura. Pleonastico, ridondante, superfluo, trovate voi l’aggettivo, ma non posso non dire che il famoso inno “You’ll Never Walk Alone” in presa diretta è da brividi. Commovente il memoriale per le vittime dell’Hillsborough. Mi ha stretto il cuore leggere tutti quei nomi con accanto l’indicazione dell’età – come forse saprete erano quasi tutti giovanissimi…Bello il gesto di alcuni tifosi del Lione, che hanno lasciato dei fiori e un paio di sciarpe, ringraziati con calore da alcuni supporter dei Reds – tra questi anche il padre di una delle vittime. Per accennare rapidamente della partita, basta forse evidenziare i tanti assenti tra le file del Liverpool e alcune decisioni a dir poco “particolari” di Rafa Benitez. L’inviato della Gazzetta Luca Calamai e io ci siamo spesso chiesti durante il match come mai il giovane francese David Ngog non solo fosse stato schierato titolare, ma anche perché avesse giocato tutta la partita- negli ultimi minuti era letteralmente stremato…Benitez in conferenza stampa era nero come la pece. In effetti ha parecchi motivi per essere preoccupato.
P.S. quasi dimenticavo, ho potuto constatare di persona che nella Kop tutti, ma vi assicuro tutti, guardano i 90 minuti della partita in piedi. Uno steward mi ha confessato che hanno provato a fargli cambiare idea, ma inutilmente.

Una serata al Cottage

Premessa: una gita al Craven Cottage vale sempre la pena, sia che il Fulham giochi contro una delle peggiori squadre della Premier, sia che disputi un importante match in Europa. Il fascino del vecchio stadio a due passi dall'incantevole Bishop Park rimane immutato negli anni. Per godercelo appieno abbiamo deciso di guardare la partita tra i padroni di casa e l’Hull dalla Riverside Stand, ovvero la tribuna eretta a pochi metri dalla riva del Tamigi. Per arrivare al nostro posto dobbiamo però entrare dalla Putney End, dove trovano posto i tifosi delle squadre ospiti e dove incastonato nell’angolo con la John Haynes Stand c’è quella meraviglia assoluta che è il cottage che dà il nome all'impianto. Ci passiamo accanto e rimaniamo quasi scioccati quando scorgiamo al suo interno una modernissima tv al plasma, che ci appare come una sorta di fastidiosa intrusione nell’edificio di inizio secolo scorso. Ovvero quando il famoso architetto scozzese Archibald Leitch realizzò anche la Stevenage Stand – ora rinominata John Haynes in onore dal figlio più amato della storia del Fulham – che da fuori presenta ancora la caratteristica facciata composta da mattoncini rossi, menre al suo interno ha i seggiolini di legno e la “loggetta” con l’emblema del club.

Prima di prendere posto, facciamo un frugale spuntino con vista sul fiume. Un’altra delle particolarità del Craven Cottage è questa sua prossimità con l’enorme corso d’acqua che taglia in due Londra. Un elemento distintivo e fonte di un certo fascino, certo, ma allo stesso tempo un limite per il club, impossibilitato a espandere la capienza dello stadio proprio per la sua posizione così inusuale. A dirla tutta il presidentissimo Mohamed Al Fayed aveva pure pensato di costruire una nuova arena, ma fortunatamente dopo qualche anno di tentativi infruttuosi ha ormai cambiato idea. Meglio così. A proposito del milionario egiziano, per i fan che vogliono mangiare un boccone oltre ai soliti hot dog e hamburger, ci sono anche alcune delicattessen di Harrods. I grandi magazzini di Knightsbridge, è cosa nota, sono suoi.

Passiamo alla partita. La tifoseria del Fulham è tra le meno focose di Londra, ma per la gara con l'Hull appare in buona forma. Sarà perché stimolata dai rumorosissimi e numerosi, nonostante il lungo viaggio e il giorno lavorativo, tifosi avversari, sarà perché vogliosa di dare un benvenuto “come si deve” a Jimmy Bullard. Il centrocampista una volta era l'idolo del Craven Cottage, poi ha preferito “tradire” per trasferirsi nello Yorkshire e ottenere così un sostanzioso ritocco salariale – anche se va detto che dalla sua cessione il Fulham ci ha guadagnato cinque milioni di sterline. Nei giorni precedenti al match quel gran signore di Roy Hodgson aveva chiesto ai suoi supporter di non fischiare Bullard, ma quale sia l'umore della maggioranza dei presenti allo stadio si capisce quando al ventesimo del primo tempo il nostro inizia il riscaldamento a bordo campo (reduce da un gravissimo infortunio, viene fatto partire dalla panchina). I boo si sprecano. È questa l’unica nota di cronaca della prima mezzora di gioco, che offre veramente poco in termini di spunti di interesse. I Cottagers ci provano, ma in attacco l'ex modenese Diomansy Kamara non ne azzecca una. L'Hull pensa a difendere, lasciando solo il povero Jan Vennegor of Hesselink, che però ormai è solo l’ombra del centravanti di peso dei tempi del PSV. Con l’americano Clint Dempsey (la controfigura del romanista Jeremy Menez) poco ispirato, ci pensa Damien Duff a dare una scossa alla partita. Suo il tiro che Boaz Myhill non trattiene e il tanto contestato Bobby Zamora scaraventa in rete di testa a fine primo tempo.

Sulle ali dell'entusiasmo il Fulham domina anche la seconda frazione di gioco. Su azione di Zamora insacca addirittura Kamara! Per una squadra spuntata come quella bianconera è un evento, sottolineato con la solita ironia britannica anche dai giornali del martedì mattina. L'ingresso in campo di Bullard non fa che infuocare ulteriormente i tifosi del Fulham. L'Hull continua a deludere. I giocatori dei Tigers si liberano della palla nemmeno fosse una bomba ad orologeria, tanta è la loro scarsa abilità nel gestirla... La gara si chiude tra gli olé del pubblico di casa. La settimana di festeggiamenti per il 130simo compleanno dei Cottagers si apre come meglio non poteva, in attesa di sfidare la Roma (forse senza l’infortunato Danny Murphy). Noi, infreddoliti dalla serata più da inizio gennaio che da metà ottobre e dall’umidità che sale dal vicino Tamigi, ci incamminiamo verso la fermata della metro di Putney Bridge, non prima di aver lanciato un'ultima rapida occhiata al Cottage. La televisione è ancora accesa e manda le azioni salienti della partita. Un inequivocabile segno dei tempi.

Scritto per Goal.com

domenica 18 ottobre 2009

Finalmente una Premier più equilibrata?

Scritto oggi, sebbene manchi ancora il Monday Night di domani, che spero di vedermi dal vivo al mio adorato Craven Cottage.

La nona giornata della Premier 2009-10 sarà per sempre ricordata per il “gol del palloncino” con cui il Sunderland ha cancellato molte delle residue speranze del Liverpool di rivincere la massima divisione inglese dopo una ventina d’anni di digiuno. Certo, i Reds hanno la loro dose industriale di colpe, ma la sfortuna di dover far a meno contemporaneamente di Fernando Torres e Steven Gerrard e soprattutto di subire un gol come quello di Darren Bent – che per l’ex arbitro Jeff Winter doveva essere annullato – la dicono lunga su che tipo di stagione sta vivendo la squadra allenata da Rafa Benitez. I Black Cats invece sognano l’Europa. E con un Bent così, ora capocannoniere con otto reti insieme a Torres, le loro ambizioni sono del tutto legittime.

L’ormai ex capolista Chelsea è incappata nella seconda sconfitta consecutiva in trasferta, questa volta al Villa Park. Gli errori dei portieri Peter Cech e Brad Friedel si sono elisi a vicenda, per cui a risultare determinante è stato il gol di Richard Dunne. Uno che sembra il fratello bravo di quello che giocava al Manchester City, visto che non solo non fa errori in difesa, ma si è messo pure a segnare (finora due marcature in cinque partite in maglia claret & blue). Ad Ancelotti non è piaciuta la difesa, mentre la società lavora per portare al Bridge un campione come Frank Ribery. Sempre che il divieto di attività sul mercato venga sospeso.

Il 2-1 con cui il Manchester United ha battuto il Bolton non certifica al meglio la superiorità espressa dai Red Devils, soprattutto nel primo tempo. Questa volta Sir Alex Ferguson non ha avuto modo di criticare la scarsa forma dell’arbitro, come accaduto nel precedente match con il Sunderland, perché ha dovuto prendere nota di come i vari Ferdinand, Valencia e Berbatov abbiano offerto delle prestazioni ben superiori a quelle fornite negli ultimi tempi. E poi con il ritorno di Edwin Van Der Sar in porta c’è da scommettere che il reparto arretrato abbia acquisito molto in termini di serenità…

Non è ancora dato sapere se Sol Campbell tornerà ad essere un giocatore dell’Arsenal, club con il quale al momento si sta allenando. È invece un dato di fatto del tutto acquisito la classe dei giovani Gunners, capaci di mettere ko il Birmingham City del neo proprietario Carson Yeung (decimo milionario straniero ad approdare in Premier) senza troppi patemi d’animo. Non benissimo Vito Mannone, colpevole sul gol di Lee Bowyer.

Al DW Stadium era in programma il terzo derby del Lancashire della giornata – oltre a quello dell’Old Trafford, c’è stato anche uno scoppiettante Blackburn vs Burnley, con i Rovers sugli scudi per il primo scontro diretto nella massima divisione in 43 anni. Il Manchester City soffre tanto contro un ottimo Wigan. Se on fosse per un miracolo di Shay Given nei secondi finali, i Light Blues se ne sarebbero tornati a Eastlands con una sconfitta shock.

Al Fratton Park andava in scena la gara dei mille ex, da una parte e dall’altra. Alla fine, come da pronostico, hanno avuto la meglio quelli che ora militano nelle file del Tottenham. In gol il doppio ex Jermain Defoe che regala a Harry Redknapp – ex non proprio accolto con il tappeto rosso dai supporter dei Pompey – la conferma della terza posizione in Premier.

Solita capatina in zona retrocessione, dove il West Ham continua la sua serie negativa. Negli ultimi due mesi gli Irons hanno collezionato solo due miseri punticini. Come nel recente passato, pure a Stoke la squadra avrebbe meritato di più, ma al fischio finale si è ritrovata con in mano un pugno di mosche. Il penultimo posto in classifica va abbandonato il prima possibile. Ma, almeno a giudicare dalle quote degli allibratori – solo un misero 1,83 – non è detto che il compito possa spettare ancora a Gianfranco Zola, la cui panchina è a dir poco a rischio.

mercoledì 14 ottobre 2009

Lo strano destino del Livingston

C’è aria di crisi, nel calcio scozzese. La nazionale delude a più non posso, le squadre di club le buscano da compagini di tutta Europa, in patria le cose non vanno molto meglio, a cominciare dalla crisi economica che affligge tanti club, soprattutto quelli minori. L’anno scorso era stato il turno del Gretna a dire addio alla compagnia, questa estate la stessa sorte è quasi toccata al Livingston. La compagine dell’Almondvale Stadium ha vissuto le settimane più travagliate della sua breve esistenza, prima entrando in amministrazione controllata, poi subendo la terribile esperienza della procedura di liquidazione – durata però un solo giorno. Colpa di un debito non pagato di 330mila sterline nei confronti del West Lothian Council che si trascinava ormai da mesi. Sull’orlo dell’estinzione, il Livi si è salvato grazie a un gruppo di imprenditori guidato da Gordon McDougall, in passato già presidente del Cowdenbeath. Quella di McDougall è sempre stata la scelta più gradita dai tifosi, in particolare da quelli riuniti nel trust Livi For Life, arcistufi di dover avere a che fare con un personaggio quanto meno “discutibile” come l’ex proprietario Angelo Massone.

L’insolvenza del club ha però comportato una retrocessione d’ufficio dalla seconda alla quarta serie del calcio scozzese. La nuova dirigenza non ha digerito il provvedimento della Football League e, oltre a ricorrere in appello, non ha fatto scendere in campo la squadra nel match d’esordio contro l’East Stirlingshire. Oltre il danno la beffa, diremmo dalle nostre parti: ora il team giallo-nero rischia pure una penalizzazione in classifica.

Chissà come staranno ridendo sotto i baffi i – per la verità pochissimi – fan del Meadowbank Thistle, ovvero la squadra di Edimburgo che nel 1995 venne di fatto fagocitata dal Livingston. Un caso che richiama alla memoria quanto sarebbe accaduto nove anni dopo con la migrazione del Wimbledon in quel di Milton Keynes e la susseguente nascita del Franchise FC, pardon, dell’MK Dons. Il Meadowbank altri non era che la terza squadra di Edimburgo, un vaso di coccio tra i due vasi di ferro dell’Hibernian e degli Hearts. Scarso seguito, poca tradizione e storia, il club era reduce da un primo cambiamento di nome e stadio già avvenuto nel 1974, quando per le stringenti regole di quei tempi in merito alle sponsorizzazioni il Ferranti Thistle mutò la denominazione in Meadowbank Thistle in onore dell’omonimo stadio d’atletica, scelto come sede delle partite del club. Per la verità la compagine, che allora vestiva i colori nero-arancio, nel 1987-88 arrivò pure a soli quattro punti dalla promozione in Scottish Premier League, ma poi le sue prestazioni sui gloriosi ma un po’ vetusti campi di gioco delle divisioni minori andarono gradualmente ma inesorabilmente peggiorando.

L’allora presidente Bill Hunter decise quindi di spostare baracca e burattini nella new town di Livingston (quante analogie con il caso Milton Keynes-Wimbledon…), una decina di miglia a ovest di Edimburgo, in cerca di nuova linfa e nuovi clienti/tifosi. Hunter dovette fronteggiare le ire dei supporter del Meadowbank, tanto da vedersi costretto a “evitare” la partite casalinghe dei Livi Lions nel moderno impianto dell’Almondavale Stadium, di proprietà delle autorità locali. Il progetto del discusso presidente si rivelò tuttavia vincente, almeno nei primi anni. Oltre alla crescita esponenziale del numero di sostenitori, arrivarono presto le promozioni, fino all’eclatante accesso alla Premier nel 2001, seguito da un clamoroso terzo posto raggiunto nella stagione successiva. Il duo di allenatori Jim Leishman e David Hay aveva portato i Livi Lions fino in Europa, dove però due rocamboleschi match con gli austriaci dello Sturm Graz frantumarono le speranze di qualificazione al secondo turno di Coppa Uefa. Il 2-0 in finale sull’Hibernian che valse la vittoria nella Coppa di Lega del 2004 è stato però una sorta di canto del cigno dei giallo-neri. La parabola discendente di pubblico e di risultati è coincisa con una certa turbolenza sia a livello societario che tecnico, con continui cambi di allenatori. Tre anni fa il Livingston è sprofondato in Division One. Intanto i fan del Meadowbank hanno scelto il club non-league dell’Edinburgh City come loro nuova squadra. Chissà, forse fra un po’ assisteremo a un nuovo derby nei paraggi della splendida capitale scozzese…

Scritto per il terzo numero di Fever Pitch

Tempi duri per il Portsmouth

Negli ultimi mesi seguire le vicissitudini societarie del Portsmouth è stata impresa molto ardua, non c’è che dire. A luglio al Fratton Park si è assistito al passaggio di mano tra Alexandre Gaydamak e l’uomo d’affari degli Emirati Arabi Sulaiman Al Fahim – il primo figliolo del controverso Arcadi, che i bene informati ritengono abbia fatto la sua fortuna trafficando armi illegalmente in Angola, il secondo da subito ritenuto “vicino”, anche troppo, alla proprietà del Manchester City. Nel frattempo, per rimpinguare le esangui casse del club, si è deciso di vendere i pezzi pregiati dei gioielli di famiglia. Via Peter Crouch, via Glen Johnson, seguiti in un secondo momento da Sylvain Distin e Niko Kranjcar. Sulla panchina dei Pompey, al di là delle voci di un possibile arrivo di Roberto Mancini, è rimasto Paul Hart. Uno che inizialmente doveva traghettare la squadra dopo il licenziamento di Tony Adams e che non ha un pedigree calcistico tale da offrire garanzie di successo.

La rosa, ridotta all’osso, è stata rinforzata all’ultimo minuto con una sequela di prestiti e di giocatori prelevati a parametro zero, roba da far invidia alla prima Lazio lotitiana (quella dei dodici acquisti nell’ultima giornata del mercato estivo del 2004). Risultato? Sul campo il Portsmouth ha rimediato una terribile sequela di sconfitte, ben sette una dietro l’altra. Solo il Manchester United versione 1930-31 aveva avuto un principio di stagione più disastroso. Per la verità in alcune partite, in particolare con Birmingham ed Everton, James e compagni sono stati pure un pizzico sfortunati, giocando un calcio tutto sommato passabile. Come se non bastasse, a fine settembre sono iniziate a circolare voci sulle possibili dimissioni dell’amministratore delegato Peter Storrie – legate alle immense difficoltà societarie – e su un mancato pagamento degli stipendi a buona parte dei giocatori (cosa che dalle nostre parti fa meno effetto, ma in Inghilterra è una eventualità abbastanza rara, diremmo quasi unica a livello di Premier). Nonostante le promesse di iniezioni di liquidità da parte di Al Fahim, a un certo unto la prospettiva dell’amministrazione controllata e dei conseguenti automatici dieci punti di penalizzazione in classifica sembrava quasi una certezza. Poi è arrivato l’ennesimo colpo di teatro. Dopo una quarantina di giorni dalla precedente cessione, ecco che il Portsmouth ha di nuovo cambiato padrone. Al Fahim ha venduto il 90 per cento delle sue quota a una società con sede nel paradiso fiscale delle Isole Vergini Britanniche che fa capo al milionario arabo Ali al-Faraj. Quest’ultimo pare intenzionato a spendere per rafforzare la squadra e non dovrebbe aver problemi a rispettare gli impegni presi con i dipendenti (leggi il pagamento degli stipendi). Però dalle parti del Fratton Park mai dire mai…

Intanto la squadra ha cominciato una complicatissima risalita. Nell’ultimo turno di Premier ha vinto – e convinto – sul campo dei Wolves, una delle dirette concorrenti nella lotta per non retrocedere. Trovare l’amalgama tra tutti i nuovi arrivati non è certo cosa facile e necessita di tempo. Per dare una mano a Hart è stato messo sotto contratto l’ex tecnico del Chelsea Avram Grant, da qualche giorno ufficialmente Director of Football (stesso ruolo ricoperto da Sven Goran Eriksson al Notts County). Nel frattempo si spera che David James continui a mantenere la costanza mostrata la scorsa stagione e che i vari O’Hara, Dindane, Boateng e Yebda possano confermare i progressi espressi di recente. Sabato al Fratton Park arriva il Tottenham, con tutta una vagonata di ex che hanno dato lustro al Portsmouth negli ultimi anni. A cominciare da Harry Redknapp, tecnico al quale è stato perdonato pure il rapido passaggio sulla panchina dei detestati rivali del Southampton e che nel 2007 ha regalato alla città sulla costa meridionale dell’Inghilterra la FA Cup, primo titolo in 58 anni. In quel team militava Niko Kranjcar, grande promessa un po’ in ombra l’anno passato. Peter Crouch e Jermain Defoe completano la schiera di ex Pompey che sicuramente, visto le ambizioni di un posto un Champions League degli Spurs, non concederanno nulla alla loro vecchia squadra. Ma viste le montagne russe societarie degli ultimi tempi, è già importante che si torni a parlare solo di calcio.

Pubblicato su Goal.com

lunedì 12 ottobre 2009

Notts County in difficoltà

Prima se ne è andato Sol Campbell, ora hanno licenziato il tecnico Ian McParland, mentre non è chiaro se Sven Goran Eriksson rimarrà i cinque anni previsti dal contratto oppure lascerà a breve. Mettiamoci pure che permangono dubbi sulla proprietà del club, un nebuloso gruppo dell'Est Europa denominato Munto Service, e avremo il quadro della situazione - non proprio idilliaca - al Meadow Lane.
P.S. in realtà la cosa peggiore, almeno dal mio punto di vista, è il nuovo crest del club, che va a sostituire quello con le due gazze...

domenica 11 ottobre 2009

Portieri (mediocri)

Ho letto giudizi molto severi sulle prestazione, invero molto breve, di Robert Green. Per carità, l’uscita che ha provocato il rigore e la susseguente espulsione nel match con l’Ucraina non è stata certo la migliore della storia, ma da lì a crocifiggerlo mi sembra un po’ eccessivo. Ora al posto dello squalificato Green è stato convocato Ben Foster, portiere francamente di scarso affidamento e basso spessore tecnico – vedere il terzo gol subito nel derby di Manchester per credere (il primo è più un eccesso di confidenza, sebbene non sia errore da poco). In definitiva la storia è sempre la stessa: di Banks e Shilton all’orizzonte non si vede nemmeno l’ombra…

venerdì 9 ottobre 2009

Il Burnley, una favola a lieto fine?

Al fischio finale della partita contro il Manchester United dello scorso 19 agosto, parecchi fan più attempati del Burnley avranno ripensato a quando, una ventina d’anni fa, la loro squadra si era ritrovata sull’orlo del precipizio del Non League Football, costretta a vincere la gara interna con il Leyton Orient e sperare che il Lincoln City non facesse bottino pieno. La sofferenza patita per quel 2-1 strappato con le unghie e con i denti contro il team londinese – e la concomitante sconfitta degli Imps – è stata ripagata dalla gioia immensa per la prima gara della massima divisione inglese giocata al Turf Moor in 33 anni. E che gara! Uno a zero ai campioni di Inghilterra e vice campioni di Europa del Manchester United. Robbie Blake che segna un gol al volo da cineteca e Brian “The Beast” Jensen che para un rigore al nazionale inglese Michael Carrick. Un’emozione così poteva essere paragonata solo a un ricordo per la verità molto recente: un altro 1-0, questa volta inflitto la scorsa primavera allo Sheffield United nella finale di play off di Championship, disputata nella sempre imponente cornice di Wembley. Un po’ a sorpresa, i Claret volavano nella massima divisione inglese, da dove mancavano dal 1976. Un evento storico, che coinvolgeva tutta la città. A dirla tutta Burnley non è esattamente il posto che vorreste visitare durante un giro turistico del Lancashire. Giunta al suo massimo splendore grazie ai tanti cotonifici spuntati come funghi all’epoca della rivoluzione industriale, ormai da decenni vive un lento quanto inesorabile declino. Come si dice in questi casi, in maniera enfatica e forse fin troppo eccessiva, un barlume di speranza arriva quindi dalle imprese sportive del team del Turf Moor.

Una compagine con un blasone importante, il Burnley. Membro fondatore della Football League e tra i primi club ad “importare” giocatori professionisti dalla vicina Scozia, all’inizio del secolo scorso riuscì a farsi un nome nel Beautiful Game grazie al leggendario manager John Haworth. Nei suoi 15 anni di regno arrivarono due trofei prestigiosi come la FA Cup (1914) e la coppa di campioni d’Inghilterra (1921, dopo una cavalcata trionfale fatta di 30 partite senza sconfitte che fecero seguito ai tre rovesci consecutivi di inizio stagione). Intanto nel 1910 si era abbandonato il verde degli esordi per lo splendido claret & blue allora tanto di moda, soprattutto per la popolarità e i successi dell’Aston Villa – tanto che pure Crystal Palace e West Ham decisero di copiare le divise dei Villans. Dopo un periodo di vacche magre, coinciso con la Grande Depressione e la conseguente condizione di indigenza di buona parte degli abitanti della città, negli anni Sessanta i Clarets rifiorirono. Nel 1960 si affermarono in campionato grazie a una mitica vittoria all’ultima giornata sul campo del Manchester City, nel 1962 si piazzarono secondi e persero la finale di Coppa. Proprio in quel periodo l’abolizione del tetto salariale per i giocatori, che fino ad allora aveva tutelato maggiormente i club meno ricchi come il Burnley, segnò un ulteriore capovolgimento delle fortune dei Clarets, acuito dalla scelta poi rivelatasi poco lungimirante di investire i proventi delle vendite di alcuni calciatori nella ristrutturazione dello stadio.

Per un revival in grande stile sia sul piano dei risultati che su quello del gioco bisognava attendere l’arrivo sulla panchina di un irlandese preparato e grintoso come Owen Coyle. Uno che adesso per i tifosi è semplicemente God, dio…Uno che ha messo insieme un team con uno zoccolo duro di calciatori britannici – tra cui spiccano gli scozzesi Steven Fletcher e Steven Thompson e gli inglesi Wade Elliott, Chris Eagles e David Nugent – che praticano un gioco veloce e spettacolare. Nonostante lo scetticismo degli addetti ai lavori, la squadra va alla grande. Dopo otto giornate è nona in classifica. Se valessero solo le partite casalinghe, si contenderebbe il titolo con le big, mentre invece in trasferta sono dolori – quattro sconfitte su quattro, avendo però già fatto visita a Liverpool, Tottenham e Chelsea.

Uno dei simboli della squadra è il terzino destro Graham Alexander. Il barbuto scozzese ha esordito in Premier alla “veneranda” età di 37 anni, dopo essere stato per quasi un decennio (1999-2007) una delle bandiere degli odiati vicini del Presto North End. La sua esperienza e l’infallibilità dal dischetto hanno subito conquistato il Turf Moor.

Ma a proposito di derby, la domenica dopo la pausa per le nazionali il Burnley farà visita al Blackburn nel “vero” derby del Lancashire. Un’ottima occasione per iniziare a vincere anche lontano da casa, no?

martedì 6 ottobre 2009

Sempre sul Liverpool

George Gillett, uno dei due padroni del vapore ad Anfield Road, ha detto in maniera nemmeno troppo velata che Rafa Benitez è l'unico colpevole per le prove insoddisfacenti dei Reds. Ammetto di essere uno di quelli che ritiene lo spagnolo un tecnico sopravvalutato, però dopo tutto il teatrino che hanno messo in piedi da diversi mesi a questa parte i due proprietari del Liverpool - vendo, non vendo e amenità varie - forse Mr Gillett ha perso una buona occasione per starsene zitto.

Per il Liverpool la Premier è sempre un miraggio

Nella passata stagione di Premier il Liverpool aveva rimediato solo due sconfitte su un totale di 38 partite. Quest’anno siamo già a tre su otto gare, per non parlare poi della prova molto deludente offerta dai Reds a Firenze nel loro secondo impegno di Champions League. Insomma tempi duri per Rafa Benitez, come si è potuto vedere dal match di domenica dello Stamford Bridge. Il Chelsea ha ampiamente meritato la vittoria, sfruttando al meglio le geniali intuizioni di Didier Drogba. Per l’ivoriano niente gol, ma due assist da leggenda. Nel complesso i Blues, nonostante un Frankie Lampard ancora non al massimo, hanno dimostrato di essere più squadra dei rivali, con cui in campionato nel 2008-09 avevano perso entrambe le sfide. Ciò che salta all’occhio della versione attuale del Liverpool è proprio questa incapacità di ben figurare contro squadre di livello medio-alto. Se con le piccole arrivano goleade e non qualche pareggio di troppo come in passato, con le grandi per ora si rimediano solo sconfitte (al White Hart Lane come in casa con l’Aston Villa). Fossimo nei panni di Benitez, noi faremmo giocare un po’ di più Babel e Benayoun, ma non è detto che basti…

Nel frattempo Carlo Ancelotti e i suoi si godono il momentaneo primato, arrivato anche grazie al mezzo passo falso interno del Manchester United. Troppo facile dire che senza il mago Ryan Giggs il team allenato da Sir Alex Ferguson fa fatica ad esprimersi al meglio, diciamo che la prova non eccelsa di quasi tutta la squadra – compreso Dimitar Berbatov, autore però di un gol da cineteca – non ha certo aiutato. Male Ben Foster, non chiamato in nazionale da Fabio Capello (ma la scusa ufficiale parla di infortunio…). Sfortunatissimo il Sunderland, a cui non basta il settimo gol in Premier di Darren Bent per regalare a Steve Bruce la prima vittoria nel suo conto personale con il mentore Ferguson.

Non si arresta invece la marcia dell’Arsenal, che con il Blackburn prima soffre (con mezza papera di Vito Mannone) e poi dilaga. Meraviglioso Cesc Fabregas (un gol e tre assist), sul quale le voci di un possibile ritorno a Barcellona sono ormai diventate stucchevoli, una certezza sia in difesa che in attacco (è al quarto gol in Premier in sette partite!) il belga Thomas Vermaelen. Theo Walcott ha bagnato il ritorno in campo con un bel gol.

I Gunners seguono a un punto, ma con una partita in meno, i cugini del Tottenham, attualmente terzo. Gli Spurs non vincono in casa del Bolton dal 1996 e sabato hanno rischiato di perdere l’ennesimo confronto diretto con una delle loro bestie nere. Regalare quasi un tempo ai Trotters non sarà certo piaciuto a Harry Redknapp – irritato pure dall’essere invischiato in qualche bega con il fisco – che però si sarà consolato con l’ottima reazione dei suoi dopo il gol dell’1-2.

Il Monday Night tra Aston Villa e Manchester City regala spettacolo ed emozioni. Al gol dell’ex Richard Dunne, risponde Craig Bellamy con il suo quarto centro stagionale. Al di là dell’infortunio, si preannunciano tempi non facili per Robinho.

In coda finalmente vince anche il Portsmouth, che così evita di “migliorare” il record di peggior inizio stagione che appartiene al Manchester United versione 1930-31. Peccato che le voci di una possibile iniziazione di liquidità si siano rivelate in parte infondate e che i giocatori dei Pompey non abbiano ricevuto l’ultimo stipendio… Si ritrova in brutte acque pure il West Ham, penultimo con soli cinque punti. Nel derby contro il Fulham non basta una marcata supremazia territoriale e il vantaggio di giocare 11 contro 10 per oltre un tempo. Se non fosse per un gol nei secondi finali del prodotto dell’Academy Junior Stanislas, gli Irons sarebbero incappati nel quarto rovescio consecutivo.

Per finire una chicca: il salvataggio (involontario) dell’anno. A Burnley anche per il Birmingham vale la dura legge del Turf Moor. Poi se ci si mette Lee Bowyer (che milita nel City) a salvare sulla linea un tiro a botta sicuro del compagno Scott Dann, allora non c’è proprio niente da fare!

Scritto per Goal.com