lunedì 31 dicembre 2012

Il punto sulla Premier – Goal e spettacolo a profusione

Ben 66 reti nelle ultime due giornate di campionato prima della fine dell'anno. Mentre in Italia la Serie A riposa, in Inghilterra vanno in scena match appassionanti e pieni di colpi di scena.

Il Manchester United aumenta a sette punti il suo vantaggio sui cugini del City. Bene Chelsea e Tottenham. Al Loftus Road il Liverpool riscatta la mediocre prestazione di Stoke. Goleada dell'Arsenal al Newcastle, a soli tre punti dalla zona retrocessione.

COS'E' SUCCESSO – Premessa: in tutto il 2012 in Premier sono state realizzate 1.100 reti, un record da quando le squadre sono passate da 22 a 20 nel 1995. Non deve stupire allora che nelle ultime due giornate dell'anno che sta morendo sia andata in scena la sagra del goal, in parte anche a causa del poco riposo di cui hanno potuto beneficiare i team, che evidentemente incide soprattutto sulle difese. La capolista Manchester United infila un utilissimo quanto faticato doppio successo casalingo e stacca il City, alle prese con qualche amnesia difensiva di troppo (problema a cui dovrebbe dedicare le sue attenzioni Roberto Mancini, invece perennemente occupato in stucchevoli diatribe con gli arbitri). Si fanno valere anche le big londinesi (Chelsea, Arsenal e Tottenham) sempre vittoriose – sebbene il Boxing Day i Gunners non abbiano potuto scendere in campo nel derby con il West Ham causa sciopero del tube. Altalenante il Liverpool (poca roba a Stoke, maramaldo contro il QPR), mentre in coda proprio i Super Hoops appaiono destinati a una inevitabile retrocessione. Per gli altri due posti non se la passa certo bene il Reading, rincuorato però dai tre punti rimediati contro il West Ham, ma al momento le due compagini più in crisi sono senza dubbio l'Aston Villa e il Newcastle (unica squadra nella storia della Premier ha segnare due volte consecutivamente tre goal fuori casa e a non raccogliere nemmeno un punto).

IL TOP – “Chi ha bisogno di Batman, noi abbiamo Robin!”, recitano delle magliette che fanno bella mostra di sé sulle bancarelle nei dintorni dell'Old Trafford in onore dell'attuale capocannoniere della Premier (14 reti). E che Van Persie sia l'arma in più del Manchester United versione 2012-13 non ci vuole un esperto assoluto di football per capirlo. Se i Red Devils dovessero chiudere la stagione con il 20esimo titolo di campioni d'Inghilterra, una bella fetta di merito andrebbe riconosciuta al fuoriclasse olandese.

IL FLOP – Lo abbiamo già “menzionato” nel nostro ultimo articolo, ma l'Aston Villa non può non ritrovarsi ancora dietro la lavagna dopo due importanti match casalinghi persi nettamente e incassando sette reti. Insieme agli otto subiti allo Stamford Bridge fanno 15 goal al passivo in tre match. L'ombra minacciosa della Championship incombe...

LA SORPRESA – Senza dubbio il risultato più eclatante della maratona natalizia è costituito dal successo del Sunderland sul Manchester City, che fa il paio con quello della stagione passata. Allora ci pensò il carneade coreano Ji Dong-Won a mandare in paradiso i Black Cats, questa volta l'ex Adam Johnson, con un generoso aiuto da parte di Joe Hart.

TOH CHI SI RIVEDE – La bella rete realizzata da Aaron Lennon allo Stadium of Light è stata la ciliegina sulla torta di una prestazione scintillante, ennesimo segnale di crescita di un giocatore troppo spesso incostante negli ultimi mesi. E poi quando lui segna il Tottenham vince quasi sempre (20 affermazioni e due pareggi).

LA CHICCA – Negli ultimi 18 mesi Gareth Bale si è beccato ben cinque cartellini gialli per simulazione. Nessun altro è riuscito in cotanta impresa (al massimo ne ha rimediati due). A dirla tutta, però, almeno l'ultima sanzione è apparsa un po' eccessiva.

CONSIGLI PER GLI ACQUISTI – Visto che gira voce che Roman Abramovich e soprattutto Rafa Benitez se ne vogliano sbarazzare, uno da acquistare subito nel mercato invernale potrebbe essere Frankie Lampard. Certo, non è più giovanissimo (va per i 35), ma in fatto di leadership a centrocampo non è secondo a nessuno. E poi segna tanto. Con la doppietta all'Everton (rivelatasi ovviamente decisiva), ha raggiunto quota 192 goal con i Blues. Terzo di sempre nella storia dei marcatori del club londinese, senza essere nemmeno un attaccante di ruolo...

venerdì 28 dicembre 2012

Il museo del football di Manchester

Uscito oggi su Pubblico.

Invece di bruciarla, tagliuzzarla o scioglierla nell'acido, gli inglesi l'hanno messa in bella mostra nel loro splendido museo del calcio, appena inaugurato nel cuore di Manchester. È la maglia dell'Argentina di un inusuale blu elettrico indossata da Diego Armando Maradona il 22 giugno 1986 allo stadio Azteca in occasione del match valido per i quarti di finale del mondiale messicano. Una partita dalle tinte forti, con il ricordo, le ferite ancora aperte della guerra per le isole Falkland/Malvinas a fare da sfondo al confronto tra due delle scuole calcistiche più importanti del Pianeta. Quel giorno è ricordato per il goal più bello della storia della Coppa del Mondo. E per la “mano di Dio”.

Quella camiseta con il dieci impresso sulle spalle capitò per caso nelle mani di Steve Hodge, proprio il centrocampista dei Tre Leoni protagonista dello sciagurato retropassaggio colpevole di aver favorito il “colpo proibito” che beffò il povero Peter Shilton e fece impazzire di rabbia decine di milioni di appassionati inglesi. Hodge, una buona carriera soprattutto al Nottingham Forest del vulcanico Brian Clough, ha addirittura scritto un libro dal titolo “L'uomo con la maglia di Maradona”, in cui spiega che la ottenne perché fu l'ultimo a uscire dal campo dopo aver concesso un'intervista con la ITV e, incontrato il fuoriclasse argentino nel tunnel degli spogliatoi, gli chiese di fare il fatidico “baratto”. “Non ho mai portato rancore nei suoi confronti e considero un onore aver fatto scambio di maglia con lui. Chissà se ha ancora la mia” ha dichiarato Hodge qualche tempo fa al quotidiano inglese The Independent, cui ha anche riferito di aver ricevuto offerte “molto congrue” per una delle memorabilia sportive più bramate di sempre, preferendo invece donarla al museo già nella sua versione “ridotta” di Preston, prima del trasloco definitivo nella sede attuale.

Di pezzi rari nell'avveniristico palazzo tutto vetri e acciaio nel cuore di Manchester ce ne sono in abbondanza, per lo più tutti messi a disposizione su base temporanea o permanente da grandi collezionisti. C'è la maglia indossata da un Pelé ancora ragazzino ma già fenomenale al suo esordio ai Mondiali di Svezia 1958 contro l'URSS, una divisa appartenuta all'immenso Alfredo Di Stefano e l'elegante trofeo originale che spettava ai vincitori della Coppa delle Coppe, sacrificata dall'UEFA sull'altare del calcio moderno nel 1999, allorché gli ultimi a sollevarlo furono i campioni della Lazio cragnottiana.

Ma oltre a queste chicche assolute, il museo ha l'obiettivo di ripercorrere un secolo e mezzo di storia del football britannico, con una sezione dedicata al panorama internazionale.

Si parte allora proprio dalle origini, da un libricino dove si possono leggere, scritte a mano dal segretario della neonata Football Association Ebenezer Cobb Morley, le regole del gioco. Quel prezioso documento risale al 1863, quando il football era uno sport per ricchi, per i rampolli della upper class che frequentavano le esclusive public school. Istituti che, a dispetto del nome, rimangono ancor oggi privati e molto costosi, e che in piena epoca vittoriana tendevano tutte ad avere una propria “interpretazione” del gioco. Il calcio si diffuse in tutta l'isola, si disputò la prima sfida tra i “vecchi nemici” di Inghilterra e Scozia – e una maglia di lana di un bianco ormai sbiadito con i tre leoni sul petto ce lo ricorda in una delle teche delle sale iniziali. Verso la fine del Diciannovesimo secolo la working class delle Midlands e del Nord del Paese “scippò” il football all'alta borghesia e alla nobiltà. Nacque il professionismo. Nel 1888 si giocò il primo campionato dell'allora First Division, nel frattempo si erano già tenute una quindicina di edizioni della FA Cup. I cimeli del Preston North End, prima grande squadra della storia, fanno il paio con il pallone color cioccolata della finale di coppa del 1903, vinta dal piccolo Bury nientemeno che per 6-0 sul Derby. Nel puntuale racconto dei curatori del museo non ci sono solo i “ferri del mestiere”, palloni, scarpini e maglie, dal momento che vengono inseriti anche i parafernalia dei tifosi. Le rumorose raganelle di legno, il classico flat cap anni Trenta lasciano spazio alle prime sciarpe fatte in casa, ma pure agli strumenti di offesa degli hooligan, tirapugni e coltelli Stanley inclusi.

La narrazione non fa sconti, le violenze e i disastri negli stadi di fine anni Ottanta (Bradford e Hillsborough) non sono certo risparmiati, così come una velata critica, visto l'approccio comunque molto retrò, al “calcio moderno”. Ma non potevano mancare i momenti di gloria del football dei Maestri, i tanti vissuti dai club, i pochi dalla nazionale. Gli appassionati possono ammirare la copia della Coppa Rimet consegnata dalle regina nelle mani di Bobby Moore un pomeriggio del luglio 1966. Quella originale era stata rubata e poi ritrovata per caso da un cagnetto di nome Pickles dietro un cespuglio nel sud di Londra, per poi essere trafugata definitivamente in Brasile nel 1983. E a proposito del compianto capitano dell'Inghilterra e del West Ham negli anni Sessanta, la sua foto mentre si scambia la maglia con Pelé a Messico 1970 è una delle immagini più iconiche del football mondiale. Ebbene quel prezioso indumento indossato dal biondo Bobby è arrivato fino a Manchester direttamente dal Brasile, dove per decenni ha soggiornato in un bar di Rio de Janeiro. È un po' maltrattato e macchiato di nicotina, ma conserva tutto il suo fascino.

lunedì 24 dicembre 2012

Il punto sulla Premier – In quattro per un posto in Champions

Grande ammucchiata per l'ultimo posto valido per la qualificazione nella principale competizione europea. Anche il Liverpool prova a riagganciare il treno Champions.

Il primo pareggio stagionale del Manchester United ridà speranze al City, vittorioso a fatica sul Reading. Ora i Light Blues sono a meno quattro dai rivali. Nelle retrovie grande passo in avanti di Newcastle e Sunderland.

COS'E' SUCCESSO – Nel turno prenatalizio il Manchester City guadagna due punti sullo United nonostante si faccia mettere sotto scacco dal Reading (sempre più ultimo in classifica) per oltre 90 minuti. Ci vuole un contestatissimo goal di Gareth Barry a ridare fiducia ai campioni d'Inghilterra, che beneficiano così dei tanti errori sotto porta dei cugini dello United al Liberty Stadium di Swansea. Dopo il 5-1 al Leeds in Coppa di Lega, altra goleada del Chelsea: 8-0 all'Aston Villa (già massacrato 7-1 nel 2010). A due punti dai Blues c'e' un quartetto composto da Arsenal (affermazione di misura a Wigan), Tottenham (brutto pareggio interno con lo Stoke), West Bromwich Albion (tornato alla vittoria dopo quattro turni e capace di interrompere a 11 la serie positiva del Norwich) ed Everton (2-1 al West Ham in trasferta). In coda erano in programma due scontri diretti da far tremare le vene dei polsi. Il Sunderland fa il colpaccio Al St Mary's di Southampton (ottavo goal di Steven Fletcher sui 19 totali dei Black Cats), mentre il Newcastle supera di misura il QPR. Per Harry Redknapp si fa sempre più dura.

IL TOP – Lode alla personalità dell'Everton, creato a immagine e somiglianza del suo allenatore David Moyes, I Toffeemen al Boleyn Ground hanno rimontato e poi scavalcato un osso duro come il West Ham e ora tornano a sentire profumo di Europa.

IL FLOP – Scelta scontata, quando una squadra, in questo caso l'Aston Villa, incassa otto goal. Poveri Villans, ormai precipitati nella mediocrità più assoluta.

LA SORPRESA – Per strappare il pareggio al Manchester United è sì servito un pizzico di fortuna, ma lo Swansea è riuscito lo stesso a bloccare in maniera alquanto inaspettata, visto anche lo svantaggio iniziale, la capolista.

TOH CHI SI RIVEDE – Finalmente ha segnato! Stewart Downing non realizzava un goal dalla primavera del 2011, ovvero prima dell'approdo al Liverpool. Con i Reds ha dovuto tirare in porta ben 83 volte prima di iscriversi a referto. Se non è un record, poco ci manca.

LA CHICCA – Al White Hart Lane lo Stoke ha centrato – si fa per dire – il quinto 0-0 stagionale. Nei cinque più importanti campionati europei nessuna squadra ha collezionato così tanti risultati in bianco in questa prima metà del 2012-13.

CONSIGLI PER GLI ACQUISTI – Da quando è arrivato in prestito al West Bromwich, il diciannovenne attaccante belga Romelu Lukaku sta mostrando perché il Chelsea decise di investire una quindicina di milioni di euro su di lui nell'estate del 2011 per strapparlo all'Anderlecht. Dopo le opache prestazioni della scorsa stagione, con la marcatura di sabato al Norwich il ragazzo di origini congolesi è salito a quota sei reti realizzate in Premier.

domenica 23 dicembre 2012

Hillsborough, la verità riapre indagini e ferite

Uscito oggi su Pubblico.

Le hanno collocate accanto al cancello di accesso all'Anfield Road che reca la celeberrima scritta “You'll never walk alone”. Sono le due lastre di marmo che rendono omaggio ai 96 tifosi del Liverpool che il 15 aprile 1989 persero la vita in una delle più spaventose e assurde tragedie della storia dello sport. Accanto ai nomi c'è scritta l'età: 14, 15, 17, 18, 19, 21. Numeri che ti colpiscono con la violenza di un pugno allo stomaco. A rimanere schiacciati sulle gradinate della Leppings Lane dell'Hillsborough, l'impianto dello Sheffield Wednesday, furono quasi tutti giovanissimi, accorsi nella città dello Yorkshire per sostenere i Reds di Dalglish e Rush nel match di semifinale di FA Cup contro il Nottingham Forest. Per 23 anni quei ragazzi non hanno ricevuto giustizia, mentre la loro memoria veniva infangata dalle autorità, pronte a scrollarsi di dosso in ogni modo i loro peccati.

Dopo due decenni di battaglie legali e di incessanti campagne promosse dai familiari delle vittime, la verità sta finalmente venendo a galla. A settembre il rivoluzionario rapporto della commissione indipendente sull'Hillsborough presieduta dal vescovo di Liverpool, James Jones, ha costretto il primo ministro britannico David Cameron a chiedere scusa alle famiglie dei tifosi del Liverpool scomparsi quel maledetto pomeriggio.

Giovedì scorso l'Alta Corte di Giustizia di Londra ha spazzato via i risultati dell'indagine che nel 1991 aveva stabilito che quelle morti erano avvenute per cause accidentali. I giudici hanno di fatto avallato quanto scritto nel rapporto indipendente, chiedendo subito l'apertura di una nuova inchiesta e lodando l'impegno dei parenti delle vittime. Il governo si è impegnato a sostenere le spese legali del nuovo processo che dovrebbe cominciare la prossima estate.

Speriamo che questa volta gli inquirenti certifichino quanto un Paese intero oramai sa: l'incidente fu causato da una cattiva gestione dell'ordine pubblico e dei soccorsi all'interno dell'impianto da parte della polizia, degli altri servizi di sicurezza e delle autorità locali, che poi si adoperarono per addossare la colpa di quanto accaduto ai tifosi. Non vanno inoltre tralasciate le malefatte dei dirigenti dello Sheffield Wednesday, il cui stadio aveva il certificato di idoneità scaduto da dieci anni.

Per raccontare del dramma dell'Hillsborough bisogna riavvolgere il nastro del tempo fino al periodo più cupo della storia del calcio inglese. La violenza dei tifosi, che ebbe il suo culmine con i fatti dell’Heysel nel maggio del 1985, e l’inadeguatezza degli stadi e dell’intero sistema di gestione del football d’oltre Manica finirono per punteggiare di lutti un'epoca, quella dell'Inghilterra tutta tagli e privatizzazione dei governi guidati da Margaret Thatcher, di per sé già ricca di tensioni sociali.

Il beautiful game trovò il suo nadir proprio quel fatidico 15 aprile del 1989. Fin dal mattino l’autostrada M62 era un’unica lunga fila di macchine, il traffico era congestionato a causa di una serie di lavori in corso, per cui l’arrivo a Sheffield per moltissimi tifosi avvenne più tardi del previsto. In tanti allora si accalcarono a ridosso delle entrate dell’Hillsborough Stadium, mentre il servizio d’ordine latitava. Come se non bastasse, per accedere alla Leppings Lane, la gradinata destinata ai supporter dei Reds, c’erano solo sette tornelli.

In via del tutto ipotetica quel settore di Hillsborough avrebbe potuto contenere fino a 10mila tifosi, sebbene la suddivisione in sette spicchi recintati, voluta anni prima dalla polizia per controllare meglio i flussi della folla, avesse ridotto la capienza, contribuendo a creare delle specie di lugubri e gigantesche gabbie. Tuttavia questo elemento, allorché furono venduti i biglietti, non fu preso in considerazione. La gradinata iniziò a ingrossarsi come un fiume in piena, ma colpevolmente nessuno pensò a convogliare i tifosi lì dove c’era maggiore spazio e disponibilità di posti. Man mano che passavano i minuti in tanti finirono per essere schiacciati contro la rete di protezione. La trappola mortale era scattata. Nonostante la situazione già fuori controllo, le forze dell’ordine non trovarono niente di meglio da fare che chiudere una porticina che dava un minimo di accesso al campo, aperta in qualche modo da alcuni tifosi.

I poliziotti erano accecati dalla paura degli hooligan e inizialmente spinsero indietro i gruppetti di fan del Liverpool che erano riusciti a salvarsi entrando sul terreno di gioco, a partita iniziata da una manciata di minuti. Solo in un secondo momento un agente si rese conto dell’immane tragedia che si stava consumando davanti ai suoi occhi e facilitò l’ingresso in campo di decine di disperati, il cui intento era tutt’altro che bellicoso. Cercavano solo di salvarsi la vita. Qualcuno fu tirato su a braccia verso il secondo piano della Leppings Lane, evitando il peggio. Molti non ce la fecero, morendo soffocati in un magma infernale di corpi.

L’indagine indipendente ha accertato che se si fosse intervenuti in maniera più tempestiva forse potevano essere salvate 41 vite.

Per celare la realtà dei fatti, quel giorno fu eseguita una sistematica alterazione dei verbali redatti dal personale addetto alle ambulanze e dagli agenti in servizio (si parla di ben 160 documenti falsificati). Furono cambiate ore, testimonianze, sparirono nastri delle telecamere dello stadio, insomma si fece di tutto per coprire quanto accaduto, tanto che pochi minuti dopo il dramma i vertici della polizia del South Yorkshire e il deputato conservatore Irvine Patnick erano già impegnati a far trapelare alle agenzie di stampa locali la notizia che erano stati i tifosi del Liverpool a provocare il disastro, vuoi perché ubriachi e violenti, vuoi perché in tanti erano entrati nel settore nonostante non disponessero dei biglietti. Nulla di più lontano dalla realtà, ma la news fu lo stesso subito ripresa dal tabloid The Sun con l'ormai tristemente celebre titolo di prima pagina “The Truth”. Una verità falsa, che finalmente sta per essere sostituita da quella vera.

lunedì 17 dicembre 2012

Pausa natalizia

Causa parecchi arretrati di lavoro e alcuni giorni di totale stacco dal calcio inglese ("merito" di una breve vacanza con la mia famiglia in quel di Monaco di Baviera), riprenderò ad aggiornare il blog dopo il 26. Tanti auguri a tutti!

martedì 11 dicembre 2012

Il punto sulla Premier – Manchester torna rossa

Lo United si aggiudica il derby in maniera rocambolesca e consolida il primato. La cura Benitez inizia a dare i suoi frutti e Torres trascina il Chelsea a Sunderland.

Altro match dall’andamento pazzesco quello tra Everton e Tottenham, con vittoria in extremis dei Toffeemen. Si risollevano Arsenal e Liverpool, anche grazie a qualche episodio fortunato. Nel Monday Night vince il Fulham.

COS'E' SUCCESSO - Un derby spettacolare, vibrante e infarcito di colpi di scena. Uno spot perfetto per la Premier League e per il movimento calcistico inglese. Il primo atto stagionale della stracittadina di Manchester ha regalato una caterva di emozioni e una vittoria dal valore inestimabile per lo United, che così consolida il suo primato in classifica sui rivali (ora distanti sei punti e sconfitti in casa in campionato dopo 37 match consecutivi). Decisivi Wayne Rooney e Robin Van Persie (al 59esimo goal in 71 partite disputate dal gennaio 2011 a oggi). Roberto Mancini può recriminare sulle mancate chance, ma forse si deve chiedere se non sarebbe stato meglio mettere subito nell'undici titolare Carlos Tevez al posto di uno spaesato Mario Balotelli. Dopo il flop europeo, è probabile che la riconferma del Mancio passi dal titolo in Premier, al momento tutt'altro che scontato. Giornata positiva per le altre grandi, con il Chelsea che ha vita facile sul campo del Sunderland (dove i Blues avevano vinto le ultime nove volte) anche grazie al redivivo Fernando Torres. Bene l'Arsenal contro il West Bromwich Albion (alla terza sconfitta consecutiva) e il Liverpool in rimonta sul campo del West Ham (con due marcature degli ex Glen Johnson e Joe Cole). Incredibile l'andamento della sfida del Goodison Park. Il Tottenham esce sconfitto 2-1 dopo essere stato in vantaggio fino ai minuti di recupero. Ora è bagarre per il quarto posto, con l'Everton che si rilancia in grande stile. In coda il Southampton vince lo scontro diretto con il Reading, mentre QPR e Aston Villa pareggiano contro Wigan e Stoke.

IL TOP – Si fa presto per dare in parabola discendente un campionissimo come Wayne Rooney. Alcuni media inglesi stavano già celebrando il de profundis, vuoi per l'arrivo di Robin Van Persie, vuoi per qualche prestazione non eccelsa dell'ex ragazzo prodigio dell'Everton. La doppietta al City, che lo issa a pari merito a quota dieci goal con Franny Lee e Joe Hayes (entrambi Light Blues) nella classifica dei marcatori di tutti i tempi della stracittadina di Manchester e una marcatura sopra il mitico Bobby Charlton sono la conferma che prima di poter dare per finito uno del calibro di Wayne Rooney deve passare ancora qualche annetto.

IL FLOP – Secondo noi si è tuffato alla grande e l'arbitro di turno, ahi lui, ha abboccato. Il gesto di Santi Cazorla contro il West Bromwich (che ha fruttato il rigore del vantaggio all'Arsenal) è senza dubbio da stigmatizzare, tanto quanto le intemperanze dei tifosi del Manchester City a fine derby. Ora si riapriranno due tavoli di discussione, uno sulle simulazioni di giocatori stranieri o autoctoni, e uno sulla violenza. Servono pene esemplari, in entrambi i casi.

LA SORPRESA – Una imbattibilità che dura da nove match, tra i quali spicca anche una vittoria contro il Manchester United capolista. Il Norwich è un team in grandissimo spolvero, ma in pochi pensavano potesse sconfiggere a domicilio un'altra compagine reduce da un ottimo momento di forma come lo Swansea. Una cosa è certa: Chris Hughton non sta facendo rimpiangere Paul Lambert.

TOH CHI SI RIVEDE – Dopo un anno di prestito al Lille – dove non sentono così tanto la sua mancanza – Joe Cole sta faticando a trovare spazio nel Liverpool targato Brendan Rodgers. Il goal contro i suoi amati Hammers potrebbe aiutarlo a risalire la china e garantirgli una buona dose di fiducia.

LA CHICCA – Il Tottenham tiene male nella parte finale dei match. Gli Spurs, infatti, hanno concesso 10 goal negli ultimi 15 minuti dei match giocati finora in Premier. Ben il 40 per cento delle marcature subite.

CONSIGLI PER GLI ACQUISTI – Di Jason Puncheon ricordiamo una fantastica tripletta in un Millwall-Crystal Palace di qualche anno fa. Un biglietto da visita ideale per apprezzare le sue notevoli qualità. Peccato che al ragazzo abbia sempre difettato la continuità, una caratteristica fondamentale per un centrocampista. Ora al Southampton, dopo una serie infinita di prestiti, sembra aver finalmente imboccato la “retta via”.

lunedì 10 dicembre 2012

Intervista a David Conn

Questa è la versione integrale del pezzo uscito oggi su Pubblico. Per far spazio a un altro mio pezzo sul derby di Manchester sul giornale hanno tagliato qualcosina. Per fortuna non troppo...

David Conn è uno dei più apprezzati giornalisti e scrittori sportivi britannici, vincitore di numerosi premi di categoria. I suoi articoli sul Guardian e i suoi libri svelano le magagne che si annidano dietro la facciata glamour del calcio moderno, concentrandosi con enorme sensibilità sugli impatti sociali che i cambiamenti nel mondo del football hanno provocato negli ultimi decenni. Dopo il grande successo di pubblico e di critica raccolto con “The Football Business” (1998) e “The Beautiful Game?” (2005) , con il suo ultimo libro, “Richer than God”, si sofferma in particolare sulla storia recente del Manchester City, sulla sua ascesa da cugino povero dello United a club ricco e vincente. Nato a Manchester 47 anni fa, Conn ha iniziato a frequentare le gradinate del vecchio stadio del City, il Maine Road, quando era bambino, in un'epoca in cui il football non aveva ancora venduto la sua anima, come ci ricorda spesso nelle sue opere.

Ma perché lo sceicco Mansour Al Nahyan ha acquistato il Manchester City?
Sebbene fosse reduce da stagioni deludenti, il City è pur sempre un grande club, membro della Premier League ormai da qualche anno e con un grande seguito di tifosi. Mettici pure che aveva appena avuto in “dono” dall’amministrazione comunale uno stadio nuovo di zecca, il City of Manchester Stadium realizzato per i giochi del Commonwealth del 2002, e capirai perché hanno scelto di investire i loro soldi su una realtà di questo tipo. Più in generale quella dello sceicco Mansour è stata una gigantesca operazione di marketing, che gli ha assicurato più visibilità di decine di contratti petroliferi da sogno e che ha inoltre l'obiettivo di fornire un'immagine positiva di Abu Dhabi a tutto il mondo occidentale.

Non a caso il livello di professionalità dell’attuale società è molto alto, o sbaglio?
No, è esattamente così. Sanno gestire con maestria ogni situazione. Hanno rispetto della storia del club e dei suoi tifosi, elementi che ritengono degli asset da valorizzare. Quando il City ha vinto il titolo hanno invitato ai festeggiamenti tante vecchie glorie del passato e mantengono un dialogo proficuo e continuo con i supporter. Poi stanno puntando forte sulle giovanili e hanno destinato quasi 300 milioni di euro per la realizzazione del nuovo, avveniristico centro allenamenti.

Però finora in Champions League le cose sono andate male. Due eliminazioni consecutive al primo turno bruciano, non è che Roberto Mancini rischia?
Tutte le illazioni apparse sui giornali in merito a un suo possibile licenziamento non hanno senso. Qui non parliamo di gente come Roman Abramovich, che caccia gli allenatori a suo capriccio. In questo caso siamo di fronte a persone che programmano a lungo termine. Certo, ora si aspettano che Mancini rivinca la Premier e, dopo le brutte figure in Champions League, monitoreranno il suo lavoro con ancora maggiore attenzione. Ma non credo proprio lo cacceranno nel corso della stagione, anche se il City dovesse andare male. Poi è pur vero che la stampa non lo ama più, ma i tifosi lo adorano. Per me rimane un allenatore di spessore, molto concreto – non a caso appena arrivato a Manchester ha subito messo mano alla difesa – che però, vedi la lunga diatriba con Tevez, a volte trova difficoltà nella gestione dei giocatori.

E invece di Mario Balotelli che idea ti sei fatto?
Un grande talento ancora parzialmente inespresso, che al City ha avuto qualche momento negativo di troppo, in campo e fuori, come quando si è fatto espellere in maniera molto sciocca in un match di fondamentale importanza con l'Arsenal, oppure ha lanciato delle freccette contro un ragazzo delle giovanili. Tuttavia ho sempre pensato che della sua complessità si è compreso ben poco nel mondo del football, ossessionato com'è dalle prestazioni all'interno del rettangolo di gioco. Non dimentichiamoci che sulla sua personalità ha inciso molto un'infanzia problematica.

Nel 2014-15 sarà operativo il cosiddetto “fair play finanziario”. Che impatti avrà su squadre “spendaccione” come Manchester City e Chelsea?
Non credo che i vari Al Mansour e Abramovich si faranno trovare impreparati, anzi, ci stanno già lavorando. Quest’anno il Chelsea ha fatto registrare profitti per quasi due milioni di euro, non era mai successo nelle stagioni precedenti. I nuovi contratti televisivi ancora più ricchi e l’aumento del costo dei biglietti comporteranno un incremento delle entrate. È indubbio che sarà più difficile spendere e spandere come fatto di recente, ma tanto il City ha già costruito una buona base, investendo quasi un miliardo di euro sul mercato giocatori, ricchissimi contratti compresi.

Tu hai sempre tifato City, eppure nel libro “Richer than God” racconti come da tempo sia avvenuto un forte distacco tra te e il club che andavi a sostenere al vecchio Maine Road da bambino.
La differenza tra gli anni Settanta e adesso è che, anche grazie al mio lavoro, sono mio malgrado perfettamente a conoscenza di che cosa è diventato il mondo del calcio, di quanto gli interessi economici abbiano preso il sopravvento a scapito della passione. Prima per noi il Manchester City era un club e basta. Sapevamo, e bene, solo i nomi dei giocatori, gente come Colin Bell e Franny Lee. Loro erano in campo quando andai allo stadio per la prima volta nella mia vita, insieme a mio padre. Era una fredda sera del novembre del 1975, il City umiliò lo United nella semifinale di Coppa di Lega. Finì 4-0 davanti a 40mila tifosi in delirio, che ancora non si immaginavano che nell'arco di pochi anni sarebbe iniziato un declino durato circa 30 anni. Io e i miei amici quasi non sapevamo chi erano i proprietari, anche perché non sedevano nel board of directors per fare soldi. Già negli anni ottanta, quando i primi club sono stati quotati in borsa, è iniziato a cambiare tutto. Ora sono delle compagnie private e basta. Nel libro parlo di come nel 1994 proprio uno degli eroi della mia gioventù, quel Franny Lee di cui avevo il poster in camera e che fu protagonista della vittoria in campionato nel 1968 insieme a Bell e Mike Summerbee, divenne presidente solo per guadagnare soldi. Nonostante volesse far credere che l'aveva fatto per l'amore per il club. Riuscendo a capire che cosa c’era dietro a tutta una serie di azioni e comportamenti, ho iniziato a vivere il mio rapporto con la squadra in maniera differente. Anche quando nel 1999 il City vinse ai rigori lo spareggio per tornare in seconda serie contro il Gillingham ai rigori, dopo aver segnato due goal nei minuti di recupero dei tempi regolamentari, non sono riuscito a gioire come avrei fatto un decennio prima. Diciamo che il mio distacco ha radici profonde, che coincidono con l'affermazione del “calcio moderno”.

A proposito di proprietà molto discutibili, prima dello sceicco Mansour c'era l’ex premier thailandese Thaksin Shinawatra, non proprio uno stinco di santo.
Sì, però i tifosi, ma soprattutto la Premier League, lo hanno accolto a braccia aperte. Eppure stiamo parlando di una persona che quando era al potere si è reso responsabile di serie violazioni dei diritti umani, autorizzando omicidi extra-giudiziali di centinaia di persone, e di gravissimi atti di corruzione.

Anche ad Abu Dhabi gli sceicchi hanno i loro problemi.
Sì, hanno costruito parte della loro fortuna sfruttando per pochi soldi i migranti impiegati nel settore estrattivo e delle costruzioni. Paghe da fame, pessime condizioni di lavoro e diritti ridotti al lumicino hanno rappresentato la prassi per decenni, ora ci sono stati dei miglioramenti, ma ancora abbastanza timidi.

A Manchester, sponda United, i fan hanno inscenato proteste contro il possibile arrivo di Rupert Murdoch. Poi, una volta che la società è stata rilevata dalla famiglia americana dei Glazer, causa dell’immenso debito attuale dei Red Devils, alcuni hanno deciso di creare un club tutto loro, l’FC United. Perché i sostenitori del City non hanno fatto altrettanto? Tutto sommato quello che una volta era definito il “people’s club” ora è diventato una sorta di multinazionale.
In parte i tifosi del City non si sono creati scrupoli perché la squadra, a differenza dello United, non vinceva nulla da troppi anni. Anzi, avendo subito umilianti retrocessioni anche in terza serie, non vedevano l’ora che arrivasse qualcuno in grado di riportarli ai fasti del passato, chiunque fosse. Poi nel caso dell’FC United c’è da dire che l’iniziativa è partita soprattutto da alcuni singoli con un approccio molto “politico”, i quali alla fine hanno fatto la differenza.

Il modello del trust di tifosi sta facendo molti proseliti.
In Inghilterra ci sono e ci sono stati club professionistici minori il cui pacchetto di maggioranza faceva capo ai trust, enti no profit gestiti dai supporter. A breve il Portsmouth, compagine di grande tradizione precipitata in terza serie per la gestione dissennata di varie proprietà, potrebbe essere rilevata dal trust locale, mentre in Premier il 20 per cento delle azioni dello Swansea sono in mano ai tifosi. Sì, il trust è senza dubbio una delle medicine per curare i mali del calcio moderno.

Al di là di tutto, Manchester si ritrova con due delle squadre più forti al mondo e giocatori strapagati. La cosa non stride con la situazione tutt'altro che rosea della città?
Assolutamente sì. Pensa che l’area dove gioca il City, nella parte est della città, è una delle più povere d’Inghilterra. Lì la disoccupazione raggiunge punte del 40 per cento, eppure a pochi metri da migliaia di famiglie indigenti giocano calciatori come Carlos Tevez, che guadagna una decina di milioni di euro l’anno. Manchester è stata la culla della rivoluzione industriale, la città dove sono nati i sindacati e si sono sviluppati importanti movimenti sociali, ma a partire dalla salita al potere di Margaret Thatcher nel 1979 non si è fatto nulla per invertire l'inesorabile declino delle industrie locali. Sono mancate le alternative, o meglio non li si è cercate. Le autorità cittadine hanno accettato il nuovo modello, fatto di tagli e privatizzazioni, qualcosa è stato fatto per il centro, ma le periferie, in particolare quelle della parte orientale, sono state abbandonate. Mentre si spendevano oltre cento milioni di euro di soldi pubblici per realizzare lo stadio diventato la nuova casa del City, i campi di calcio e gli impianti sportivi venivano lasciati in condizioni disastrose. A Manchester chi vuole praticare sport a livello di base ogni anno incontra sempre più difficoltà.

In Italia quando accadono episodi di violenza legati al mondo del calcio, come l'ultimo che ha visto protagonisti ultrà romani contro tifosi del Tottenham, in tanti invocano il cosiddetto “modello inglese”. Ma è proprio così esemplare?
No, al di là del fatto che non potrai mai estirpare del tutto la violenza dal football, da noi si è esagerato con normative molto draconiane o per esempio con l'impiego della telecamere a circuito chiuso per controllare i tifosi. Sebbene a fare a botte allo stadio fosse una minoranza, pur cospicua negli anni Ottanta, hanno pagato tutti. Un altro elemento spesso sottovalutato di quello che chiamate “modello inglese” è stato l'aumento vertiginoso dei biglietti, che pure dopo il disastro dell'Hillsborough nel 1989 era stato indicato come un errore da non commettere dalla commissione indipendente istituita ad hoc, che poi produsse un documento di fondamentale importanza come il Taylor Report. Negli anni Settanta e Ottanta, anche quando c'erano periodi di crisi, tutti i giovani tra i 18 e i 25 anni si potevano permettere di andare allo stadio perché era a buon mercato. Ora l'eta media degli spettatori si è alzata moltissimo e intere fasce d'età sono penalizzate. Certo, così si sarà anche tenuto lontano qualche hooligan – ma non tutti – però si è colpita duramente la working class, da sempre grande appassionata del football. Ovvero uno sport che prima era sinonimo di coesione sociale. Ora non più.

Non a caso negli impianti d'oltre Manica non c'è più l'atmosfera, il tifo di una volta. Forse una soluzione sarebbe quella di rimettere le gradinate (terraces) senza posti numerati e con i tifosi in piedi.
Più passa il tempo e più mi convinco che questa sia una soluzione ideale. Sempre il Taylor Report stabilì che le gradinate dovessero scomparire dalle prime due divisioni professionistiche inglesi. Però se si introducessero delle terraces moderne, ovvero più sicure e funzionali, come quelle che esistono in Germania, si potrebbero aumentare le presenze allo stadio, diminuire il costo dei biglietti e il calore dei supporter tornerebbe ai livelli di un tempo. In Bundesliga funziona esattamente così, quindi perché non imitarli?

martedì 4 dicembre 2012

Il punto sulla Premier – Comanda Manchester

Lo United allunga sul City, bloccato in casa dall’Everton, ma è ormai evidente che nessun altro club potrà scardinare il dominio sulla Premier delle due squadre della città del Lancashire.

Brutte sconfitte per Chelsea, West Bromwich Albion e Arsenal, con i Gunners che ormai navigano a metà classifica. Bene invece il Tottenham, facile sul campo del Fulham dell’ex Dimitar Berbatov. Solo un pari per il QPR del nuovo corso di Harry Redknapp, la zona salvezza rimane un miraggio.

COS'E' SUCCESSO – Ormai è ufficiale: la Premier 2012-13 è una corsa a due, né più né meno come l’anno scorso. Manchester United e Manchester City sono gli unici team in grado di giocarsi il titolo e già con il derby in programma domenica all’Etihad Stadium si potrebbe avere qualche indicazione supplementare sul destino del campionato attuale. Ad arrivare meglio alla stracittadina sono i Red Devils, reduci dal rocambolesco 4-3 a Reading (decima rimonta stagionale) frutto di una mezzora infarcita di goal ed emozioni e del resto del match condotto con il pilota automatico. I Light Blues, invece, con l’Everton hanno seriamente rischiato di perdere l’imbattibilità casalinga che ormai dura da un paio d’anni (gli ultimi a violare Eastlands furono proprio i Toffeemen). I ragazzi allenati da Roberto Mancini non stanno attraversando un momento brillante e si vede, quale migliore occasione per rimettersi in carreggiata di un derby, in programma domenica all’Etihad? Deve ormai dire addio ai sogni di gloria il Chelsea. Il contestatissimo Rafa Benitez sarà ancor meno amato dopo il rovescio (il primo in nove anni) al cospetto del West Ham. Partita dai due volti, al Boleyn Ground. Nel primo tempo dominano i Blues, che poi nella seconda frazione crollano e si beccano un meritato 1-3. Male anche l’Arsenal, sconfitto a domicilio dallo Swansea tornato agli ottimi livelli di inizio stagione, e il West Bromwich, fattosi sorprendere in casa dallo Stoke. Per il terzo posto, allora, inizia a farci più di un pensierino il Tottenham, corsaro al Craven Cottage. Gli Spurs devono ancora recuperare qualche infortunato eccellente (come Scott Parker), sebbene in riva al Tamigi si sia fermato per un problema muscolare Gareth Bale. In coda steccano quasi tutte, compreso il Southampton ad Anfield Road (dove i Saints hanno vinto solo una volta negli ultimi 30 anni) e il Sunderland a Norwich. Nel Monday Night risorge il Newcastle, che si impone con un secco 3-0 contro il Wigan.

IL TOP – Dieci goal in 15 gare, in cui ha scodellato anche un assist. Capocannoniere della Premier insieme a gente del calibro di Luis Suarez e Robin Van Persie. Dopo la doppietta all’Emirates le quotazioni di Michu (in teoria un centrocampista offensivo) si sono ulteriormente impennate. Per strappare lo spagnolo allo Swansea si è già fatta la fila e, ironia della sorte, pare che tra i club più interessati ci sia proprio l’Arsenal.

IL FLOP – Quasi fuori dalla Champions League e ormai tagliato fuori in campionato. Il 2012-13 non sembra proprio essere una stagione da ricordare per il Chelsea, che dal 1995 non incorreva in una sequela di sette partite senza vittorie. All’epoca la striscia negativa si fermò a dieci, un risultato che il già traballante Rafa Benitez spera di non eguagliare.

LA SORPRESA – Proprio quando sembrava lanciato verso la rincorsa a un posto in Champions League, il West Bromwich Albion è incappato in due stop consecutivi. Clamoroso il secondo, in casa contro lo Stoke. D’altronde è su questi colpacci esterni a sensazione che i Potters hanno costruito alcune delle tante salvezze dell’ultimo lustro.

TOH CHI SI RIVEDE – Nell’ultimo anno non ha praticamente mai giocato, prima per un brutto infortunio rimediato nei quarti di finale di Coppa di Lega allo Stamford Bridge nel novembre 2011, poi per una ricaduta nelle prime giornate della Premier attuale. Ora Luca Leiva pare finalmente pronto per rubare palloni e impostare il gioco nel fin qui mediocre centrocampo del Liverpool.

LA CHICCA – Nei 109 match in trasferta in cui il Sunderland si è trovato a rincorrere, solo una volta ha poi finito per vincere (2-1 al Blackburn nel 2008). Al Carrow Road i Black Cats non hanno smentito questa statistica negativa, anche perché Matt Kilgallon ha sbagliato un goal a porta vuota da due passi che ha dell’incredibile.

CONSIGLI PER GLI ACQUISTI – Contro il Wigan ha realizzato in maniera molto spettacolare la sua prima rete in Premier. Gael Bigirimana, arrivato in estate al Newcastle dal Coventry City, ha delle qualità notevoli e, nonostante sia solo diciannovenne, si sta già ritagliando degli spazi importanti nel centrocampo del Newcastle. Siamo sicuri che sentiremo ancora parlare di lui.

lunedì 3 dicembre 2012

Wimbledon - Goal, invasioni e beffa finale

Pubblico mi ha dato spazio anche per una breve cronaca della partita. Peccato sia finita in quel modo...

Alla fine tanti tifosi dell’AFC Wimbledon hanno preferito stare vicini alla squadra, occupando tutti i 3mila posti messi a disposizione dai nemici giurati del Milton Keynes Dons. Quelli che una decina d’anni fa hanno defraudato con il beneplacito delle autorità calcistiche la comunità del quartiere londinese di Merton della loro squadra – il Wimbledon, divenuto appunto MK Dons – costringendola a ripartire dai livelli inferiori del calcio dilettantistico. Tanti fondatori e fan storici del nuovo club hanno preferito non mettere piede nello “stadio del male” per questo match di secondo turno della FA Cup alquanto sui generis, quelli che c’erano si sono fatti sentire e vedere, eccome. Durante il primo tempo ha sorvolato lo stadio anche un aereo con attaccato alla coda uno striscione quanto mai esplicativo: “Noi siamo il Wimbledon!”.

Nei primi 45 minuti la differente caratura delle due squadre si nota a stento. L’MK Dons, secondo in classifica nella terza serie inglese, fatica non poco a creare azioni pericolose contro l’attenta difesa degli avversari, nelle ultime posizioni dell’ex quarta divisione. Nei secondi di recupero, però, un bolide da oltre 20 metri Stephen Gleeson rompe la parità e fissa tutti i presupposti per una facile vittoria dei favoriti. Il quarto d’ora iniziale della seconda frazione di gioco pare confermare questa sensazione. L’MK, o Franchigia F.C., come la chiamano tutti gli appassionati inglesi, domina in lungo e in largo, prendendo d’assedio l’area di rigore dei rivali. Poi improvvisamente si svegliano le divinità celesti pallonare. Perfetto cross dalla destra, volo d’angelo degno del miglior Gigi Riva da parte di Jack Midson (una vita passata a girovagare tra le squadre minori di mezza Inghilterra) e goal del pareggio sotto la end occupata dai supporter dell’AFC Wimbledon.

La gioia e il senso di rivincita prendono il sopravvento e decine di tifosi si riversano in campo per festeggiare una marcatura storica quanto spettacolare. Una scena ormai inconsueta negli stadi inglesi, dove gli steward non ne fanno passare una agli spettatori troppo focosi, ma che ci sta tutta. I londinesi riacquistano fiducia, provano a rendersi ancora pericolosi e bloccano bene le folate dell’MK. A un minuto dalla fine Steven Gregory ha la palla del “miracolo”, ma il portiere dei padroni di casa David Martin la sfiora con la punta delle dita quel tanto che basta per mandarla in calcio d’angolo. E siccome il calcio a volte sa essere fin troppo crudele, nei minuti di recupero si materializza la madre di tutte le beffe. Una confusa azione da calcio d’angolo nell’area di rigore del Wimbledon termina con un tiraccio da fuori area apparentemente innocuo, se sulla traiettoria non ci mettesse il tacco con un gesto alla Ibrahimovic l’ex Liverpool Jon Otsemobor. L’ennesimo “furto” che i Dons finti infliggono a quelli veri…

domenica 2 dicembre 2012

Viva l'AFC Wimbledon!

Uscito oggi su Pubblico.

La squadra simbolo della resistenza al calcio moderno contro il club franchigia. La compagine fatta rinascere dall'impegno e dalla passione dei tifosi contro il team trapiantato di forza in una new town costruita dopo la Seconda guerra mondiale e dove il calcio non ha mai attecchito. Benvenuti a Milton Keynes Dons v AFC Wimbledon, match valido per il secondo turno della FA Cup, la competizione più antica al mondo (la prima edizione è datata 1871-72).

Il destino, nelle forme di un sorteggio birichino, ha messo di fronte questi due mondi opposti in uno dei match più attesi e chiacchierati dell'anno, in programma oggi allo Stadium:mk di Milton Keynes.

Due mondi opposti germogliati da un seme comune, il vecchio Wimbledon F.C. Il motivo del contendere è presto detto: nel 2002 le autorità calcistiche inglesi permisero alla dirigenza del Wimbledon di spostare baracca e burattini a 53 miglia dal suo luogo di nascita. Da Londra sud, a due passi dal tempio del tennis mondiale, a Milton Keynes, cittadina nata dal nulla nel 1967 tutta centro servizi e shopping mall. Uno dei luoghi simbolo dell'Inghilterra che si è sbarazzata troppo presto dell'industria per puntare sul terziario infarcito di finanza. Senza dubbio un luogo di grande ispirazione per uno dei maestri della letteratura britannica contemporanea come J.G. Ballard e che sembra l'ambientazione ideale per il suo ultimo libro, “Regno a Venire”.

Costretti ad abbandonare il romantico ma vetusto Plough Lane nel 1991, i Dons originali dovettero chiedere ospitalità al Crystal Palace, cominciando così il distacco dal loro luogo di origine. Intanto i costi aumentavano e le presenze allo stadio diminuivano in maniera esponenziale, anche perché la squadra non era più quella pazza e vincente degli anni ottanta. Ovvero la compagine della “personcina” John Fashanu, attaccante tutto fisico e poca tecnica reso popolare da Teo Teocoli in “Mai dire Gol”, del mediano dal tackle assassino, poi diventato attore, Vinny Jones, del peperino Dennis Wise, del portierone Dave Beasant e del talentuoso centrocampista Lawrie Sanchez. Questi ultimi due sono gli eroi della finale di Coppa d'Inghilterra del 1988, il momento più fulgido della storia del Wimbledon. Il primo parò un rigore a John Aldridge, il secondo segnò il goal decisivo per battere il grande Liverpool e dar vita a una delle più gigantesche sorprese della storia della competizione. Quel giorno buona parte dei tifosi neutrali prese le parti del Wimbledon. Un fatto insolito, poiché la squadra giallo-blu non era amata da chi non vivesse nei sobborghi meridionali di Londra. Troppo rozzo, primitivo, a tratti violento (celebre la foto che ritrae Jones mentre strizza i gioielli di famiglia a Paul Gascoigne) il gioco espresso da quella banda di matti, che negli spogliatoi ne combinava di tutti i colori, tra vestiti tagliuzzati e altre amenità varie. La stessa “personcina” pronunciò parole intrise di omofobia contro il fratello Justin, primo giocatore inglese a fare outing.

Ma al di là di tutto la “Crazy Gang” ha lasciato un'impronta nel calcio inglese, in anni peraltro difficili.

Dopo le voci di un improbabile trasferimento a Dublino e tanta incertezza, la proprietà scartò l'unica cosa sensata da fare: restituire la squadra alla comunità dove era nata nel 1889, passando nell'arco di circa un secolo da realtà dilettantistica a team della massima serie professionistica. Con il colpevole avallo della federazione, preferì puntare su una nuova piazza dotata di stadio ultramoderno e un buon bacino d'utenza potenziale. Era nata la Franchigia, come in maniera spregiativa chiama l'MK Dons la maggioranza dei tifosi inglesi. Un concetto caro agli sport professionistici americani, non alla cultura sportiva inglese, quello di cambiare casa per ragioni puramente economiche. Basti pensare a “Underworld”, il capolavoro di Don De Lillo, in cui si narra del famoso match di baseball del 1951 tra Brooklyn Dodgers e New York Giants, ora entrambe compagini “spostate” in California...

La metà bella e incoraggiante di questa storia, però, è costituita dai tifosi del vecchio Wimbledon, quelli che non si sono arresi e hanno deciso di ripartire da zero. Per questo hanno costituito un club tutto loro, rinominato, ovviamente, AFC Wimbledon. Meglio partire dai bassifondi delle leghe dilettantistiche che doversi piegare all’umiliazione di sostenere una squadra sradicata dal suo luogo d’origine e per giunta con un nome diverso, hanno pensato. Il motore di tutta l’iniziativa è stato un trust, per la precisione il Dons Trust. Con il ritrovato entusiasmo sono arrivate tante promozioni in serie, fino a quella dalla Conference alla ex Fourth Division, ora League Two, che ha segnato il ritorno tra le 92 squadre professionistiche della piramide ideale del football inglese. L'AFC Wimbledon, il club gestito interamente dai supporter, è ormai un esempio da seguire a livello nazionale. A loro si sono ispirati i fondatori dell'FC United, risposta comunitaria ai debiti e alla spersonalizzazione del Manchester United messa in atto dalla famiglia Glazer. A breve il Portsmouth, finito sull'orlo del fallimento per le malefatte di troppe proprietà, sarà salvato e amministrato dal trust dei tifosi.

Negli anni il nuovo Wimbledon è riuscito a ottenere indietro i trofei del vecchio, ma ora ha chiesto che l'MK rinunci anche al termine Dons (il soprannome degli Originals). La maggior parte dei tifosi boicotterà il match. “È un discorso di coerenza, loro non esistono, andare vorrebbe dire legittimarli” ci spiega Stefano Faccendini, italiano trapiantato a Londra da anni e autore del bellissimo “Noi siamo il Wimbledon”. La dirigenza dell'AFC dovrebbe essere allo stadio, ma ha sottolineato che non accetterà la consueta accoglienza nel directors box prevista in occasione dei match ufficiali. Insomma, i rapporti con i “transfughi” non sono certo dei migliori.

Intanto il pronostico appare scontato. Nonostante riempia a stento metà dei 22mila posti del suo stadio, L'MK è in vetta alla terza serie, mentre i veri Dons occupano i bassifondi della quarta. In Coppa però le sorprese sono sempre dietro l'angolo.

venerdì 30 novembre 2012

La mia intervista a Zola, finalmente...

Uscita oggi su "Pubblico".

Gianfranco Zola è uno dei grandi campioni che il nostro calcio si è lasciato scappare troppo presto, a tutto vantaggio del football inglese che lo ribattezzò Magic Box. Bandiera del Chelsea da giocatore, il fantasista sardo ha iniziato la carriera di manager al West Ham dopo i due anni da consulente tecnico nell'under 21 allenata da Gigi Casiraghi. Fallita la trattativa con la Lazio, è diventato il tecnico del Watford, terzo club dopo Granada e Udinese di proprietà della famiglia Pozzo. La squadra di Elton John, ancora presidente onorario, milita in Championship, l'equivalente della nostra serie B. Martedì sera è andata a vincere a Sheffield contro il Wednesday per 4-1 e adesso è all'ottavo posto con 30 punti, anche se il compito di Zola è di riportarla in Premier il prima possibile.

Come procedono le cose al Watford? All’inizio sarà stata dura, con i tifosi delusi per la cacciata del vecchio allenatore Sean Dyche da parte dei Pozzo…
Sì, bisogna ammettere che all'inizio erano delusi per il licenziamento del manager, che era un loro idolo anche da giocatore e che l'anno scorso aveva fatto bene con una squadra non fortissima. Ma dopo qualche risultato storto le cose sono migliorate e ora stiamo attraversando un buon periodo. I giovani si stanno inserendo bene e i fan stanno apprezzando molto i nostri sforzi. In questo momento della stagione non mi interessa guardare alla classifica, questo è un progetto a lungo termine, stiamo inserendo tanti giocatori giovani e i tifosi sembrano apprezzare i nostri sforzi. La filosofia della famiglia Pozzo è anche la mia: lavorare sulla qualità del gioco innanzitutto, i risultati seguiranno.

Lei ha citato i tanti giovani, tra cui alcuni arrivati in prestito dalle altre società dei Pozzo, Granada e Udinese, presenti in rosa. Però al Watford c'è anche un veterano come l'ex romanista Marco Cassetti.
Sì, Marco è titolare e si sta facendo valere e apprezzare da tutti, anche fuori dal campo.

A livello tattico, In Italia va molto il 3-5-2. Lei in passato utilizzava altri schemi. Ora?
Ora impiego proprio il 3-5-2! Come tutti gli schemi ha i suoi pro e contro e va scelto in base ai giocatori che si hanno a disposizione, però in generale penso che dia maggior equilibrio alla squadra. A inizio stagione avevo scelto il 4-3-3, però quando ho visto che non funzionava ho preferito cambiare.

Il Watford è famoso per due personaggi profondamente legati al club: in primis Elton John, poi Luther Blissett, protagonista di una stagione tragicomica al Milan nel 1983-84. Li ha incontrati?
Ho parlato al telefono con Elton John, che si è detto molto contento del mio arrivo al Watford. Mi ha promesso che un giorno verrà allo stadio, ma per il momento non si è ancora visto. Blissett invece credo che non bazzichi più l'ambiente del club.

La Championship, oltre a essere il quinto campionato più seguito in Europa, è anche rinomato per essere un torneo molto duro. Conferma?
Confermo. Anzi, è addirittura più duro di quello che mi aspettavo. Con tutto il rispetto per la nostra serie B, la Championship è un torneo molto più competitivo e di livello superiore anche dal punto di vista tecnico. Qui puoi perdere con tutte, c'è un equilibrio totale. Prendi il Peterborough, è stato sconfitto nelle sette partite iniziali e poi è andato a vincere in trasferta su due campi molto difficili.

Obiettivo promozione?
Per questa stagione no, al massimo possiamo ambire a un posto nei play off, anche visto l'equilibrio che regna nel campionato. Certo, quando i Pozzo hanno rilevato il club lo hanno fatto con l'idea di riportarlo in Premier nell'arco di qualche anno.

Lei ha spesso detto che è meglio la tranquillità del calcio inglese rispetto ai veleni del calcio italiano. Ma davvero non tornerebbe e ha preferito “lasciar cadere” l’offerta della Lazio?
Sì, ribadisco, io sono felicissimo della scelta che ho fatto di tornare qui in Inghilterra. È vero, sono stato vicino a firmare con la Lazio, poi non è stato bello come sono andate a finire le cose. Onestamente non ne parlo con piacere, ormai è andata così e preferisco non tornarci su. Poi loro sono contenti della scelta fatta con Vladimir Petkovic, cui auguro di fare bene. Più in generale non escludo in futuro di poter tornare in Italia, qualora si dovesse presentare un'occasione valida. Però dopo la trattativa con la Lazio il mio obiettivo era tornare in Inghilterra, dove mi piace vivere e lavorare, per cui ho accettato molto volentieri la proposta della famiglia Pozzo.

Al Chelsea ha giocato con Di Matteo. Si aspettava che sarebbe diventato un grande manager, ma che poi, dopo una messe di successi, Abramovich lo avrebbe licenziato? Invece come mai Vialli ha raccolto così poco? Anche al Watford non ha lasciato un buon ricordo…
Francamente non mi aspettavo proprio che Di Matteo avrebbe intrapreso la carriera di allenatore, quando lo ha fatto mi ha sorpreso molto. Però è sempre stato evidente a tutti che aveva delle grandi capacità e si meritava tutto il successo che ha ottenuto. Per quello che è successo negli ultimi giorni posso solo dire che mi dispiace molto. Vialli ai tempi del Chelsea aveva vinto dei trofei lasciando una buona impressione, poi è vero che al Watford le cose non sono andate un granché. Una stagione storta ci può stare, Luca però ha deciso di dedicarsi ad altro, di non proseguire la carriera di allenatore. Non me lo aspettavo, ma lui ha fatto la sua scelta.

A proposito di allenatori italiani, che cosa pensa del ct della nazionale Cesare Prandelli?
In tempi non sospetti, prima che iniziasse l'Europeo, ho pubblicamente lodato il lavoro di Prandelli. Secondo me sta facendo benissimo a puntare così tanto sui giovani. È un ottimo allenatore che sta riportando entusiasmo nell'ambiente della nazionale, proprio quello che serviva.

Fra il 2006 e il 2008 è stato consulente tecnico della Under 21 allenata da Gigi Casiraghi. Un'esperienza con luci e ombre.
Quella under 21 ha raccolto molto poco in termini di risultati, ma ha favorito la crescita di giocatori importanti che adesso militano nella nazionale maggiore, ciò che penso sia proprio il compito di una selezione giovanile. Con Casiraghi abbiamo puntato forte su gente come Giovinco, che all'epoca trovava spazio solo in primavera, e Giuseppe Rossi, che faceva la riserva al Manchester United, però poi i risultati ci hanno dato ragione.

Adesso c'è Insigne...
Sì, non lo conosco benissimo, ma mi sembra un ottimo giocatore. I migliori giovani italiani secondo la mia opinione sono Verratti e soprattutto Rossi. Lui è fortissimo, appena si riprenderà dal brutto infortunio che ha avuto dimostrerà tutto il suo valore, ne sono convinto.

A proposito di Insigne, per caratteristiche e struttura fisica sembrerebbe l'erede suo e di Maradona. Certo quando lei è stato a Napoli c'era una squadra stellare.
Quello del Napoli era soprattutto un grande gruppo, molto unito in campo e fuori. Io sono rimasto in contatto con molti di loro e uno, Giancarlo Corradini, adesso è il mio assistente al Watford. Maradona, beh, lui sul rettangolo di gioco era un marziano, però era anche un uomo-spogliatoio, amatissimo da tutti.

Riattraversiamo la Manica. In Inghilterra ormai in tanti si lamentano per l’eccessiva commercializzazione del football. Eppure anche così rimane meglio del nostro calcio?
Sì, qui sanno vendere molto bene il loro prodotto, però è anche vero che il campionato inglese è di altissimo livello, tra i migliori al mondo. Sicuramente superiore alla nostra Serie A da vari punti di vista.

Oltre Manica i vari Abramovich e Al Mansour stanno facendo la fortuna dei rispettivi club. Ci dobbiamo augurare che anche da noi approdino personaggi del loro calibro? Oppure è meglio puntare sui giovani e tagliare i costi?
Al momento vista la crisi generale che ha colpito il calcio italiano è senza dubbio meglio puntare sui giovani e risanare i bilanci. Un po' come hanno già fatto in Germania, con enorme successo. Poi, se in futuro le cose andranno meglio e si presenteranno imprenditori anche stranieri con denaro e progetti seri, la cosa potrebbe essere positiva.

Ai tempi del West Ham il primo proprietario era Björgólfur Guðmundsson, a sua volta padrone della Landsbanki, una delle prime banche a risentire degli effetti della crisi proprio per la dissennata gestione finanziaria di Guðmundsson. Anche il West Ham si ritrovò in grande difficoltà, tanto che poi la società fu ceduta. Come ha vissuto quei mesi?
È chiaro che non era l'ideale. Il problema principale è stato cambiare buona parte dei programmi a stagione iniziata e ritrovarsi l'anno successivo, il secondo della mia gestione, con difficoltà enormi. Mancavano i fondi e ho dovuto affidarmi a tanti giovani, ma a volte anche i giovani vanno inseriti al momento giusto, con calma e pazienza. Purtroppo al West Ham in quei mesi non l'ho potuto fare a causa di una serie di contingenze negative.

Poi si è insediata una nuova proprietà e l'ha mandata via per prendere Avram Grant. E il West Ham è retrocesso...
Sì, ma quello per me ormai è un capitolo chiuso, acqua passata.

Certo passare da idolo assoluto dei tifosi del Chelsea ad allenatore del West Ham, squadra simbolo dell’East End proletario londinese, non deve essere stato facile. I fan del Chelsea l’hanno mai criticata per essere diventato il manager degli Irons?
No, ho avuto modo di spiegare loro la mia scelta di carattere professionale e loro hanno capito. Anche i tifosi del West Ham mi hanno sempre trattato molto bene, non mi hanno mai fatto una colpa del mio passato. Diciamo che qui alcune situazioni si vivono in modo diverso rispetto all'Italia, fortunatamente...

Parliamo del periodo allo Stamfdord Bridge. Lei arrivò al Chelsea perché nel Parma di Ancelotti non trovava più spazio. Però con i Blues ha lasciato un’impronta indelebile sul calcio inglese. È un errore affermare che in Inghilterra sapevano apprezzare ancora la fantasia, mentre il nostro calcio stava già iniziando la preoccupante involuzione che, legata alle difficoltà economiche, ha portato la Serie A ai margini del football che conta?
A Parma non stavo giocando un granché e insieme alla società capimmo che era arrivato il momento di separarci. Però è vero che in quel momento il nostro calcio aveva iniziato a dare maggior importanza alla tattica e all'elemento fisico a discapito della tecnica. Io penso che ci sia sempre bisogno del giusto equilibrio tra questi tre fattori e che in effetti l'inizio della crisi a livello di gioco sia iniziato proprio in quegli anni, quando questo equilibrio si è un po' perso.

Più importante il goal all’Inghilterra a Wembley nel 1997 o quello in finale di Coppa delle Coppe allo Stoccarda nel 1998?
Sicuramente quello con la nazionale nel match delle qualificazioni ai Mondiali del 1998. Giocare per l'Italia per me è sempre stato un grandissimo onore, poi fare un goal così importante e decisivo in un tempio del calcio come Wembley non ha prezzo.

E il goal più bello della sua carriera?
Quello contro il Norwich in un match di Coppa d'Inghilterra. Cross da calcio d'angolo, io colpisco al volo di tacco e la metto sotto la traversa. Ogni tanto me lo rivedo ancora su You Tube.

lunedì 26 novembre 2012

Il punto sulla Premier – Continua l'alternanza in vetta

Nuovo sorpasso del Manchester United, vittorioso a fatica sul disastrato QPR, ai danni dei cugini del City, bloccati sul pari dal Chelsea.

Il West Bromwich Albion non si ferma più, viola lo Stadium of Light di Sunderland e sale al terzo posto in classifica. Il Tottenham vince il derby contro il West Ham, mentre il Liverpool impatta a Swansea.

COS'E' SUCCESSO – La quattordicesima giornata della Premier 2011-12 sarà senza dubbio ricordata per l’eclatante contestazione al neo-allenatore del Chelsea Rafa Benitez e per la massiccia dimostrazione di solidarietà a Roberto Di Matteo, fresco di esonero nonostante i recenti successi con i Blues. Sul campo la compagine del West End londinese ha disputato l’ennesimo match opaco di questo periodo storto e tutto sommato il pareggio a reti inviolato contro il Manchester City – poco efficace nel finalizzare l’enorme mole di gioco prodotto – è tutt’altro che da disprezzare. Ora i Light Blues devono di nuovo rincorrere lo United, bruttino e pasticcione, ma che in soli sette minuti ha ribaltato per la nona volta in stagione una situazione di svantaggio, questa volta contro il disastrato QPR, ora affidato alle sapienti mani di Harry Redknapp. Vola il West Bromwich, che con il successo a Sunderland si insedia al terzo posto. I Baggies non vincevano quattro gare consecutive nella massima divisione inglese dal 1980. Ora sognano un posto in Champions League, anche perché l’Arsenal e il Liverpool visti nel fine settimana (entrambi protagonisti di modesti 0-0, rispettivamente contro Aston Villa e Swansea) non fanno troppa paura. Torna alla vittoria dopo tre tonfi il Tottenham per 3-1 nel derby contro il West Ham macchiato dai cori razzisti dei tifosi degli Irons. In coda colpacci di Wigan e Southampton. I Latics si affermano nello scontro diretto con il Reading, i Saints inguaiano il Newcastle, ormai in piena crisi.

IL TOP – Per la seconda volta consecutiva non possiamo non menzionare come top team il West Bromwich Albion. Quella di Sunderland aveva tutta l’aria della classica prova del nove. Superata brillantemente dai Baggies scintillanti di questa prima metà della campagna 2011-12.

IL FLOP – Caro Roman Abramovich, chi sbaglia paga e i cocci – in termini di contestazione – sono suoi…

LA SORPRESA – Non ci aspettavamo che il Newcastle, reduce da una stagione quasi miracolosa, rallentasse in modo così evidente, tanto da andare a perdere male anche su campi non del tutto proibitivi come quello del Southampton. L’assenza di un giocatore fondamentale come Yohan Cabaye è sicuramente una buona attenuante, ma urge comunque incamerare punti per non rimanere immischiati nella lotta per non retrocedere.

TOH CHI SI RIVEDE – Darren Fletcher e Kieron Dyer sono stati grandi protagonisti, su fronti opposti, del match tra Manchester United e QPR. Lo scozzese ha addirittura trovato il goal dopo oltre un anno di astinenza, mentre l’ex nazionale inglese è riapparso a buoni livelli dopo due anni in cui di partite ne ha disputate veramente poche (appena sette tra Ipswich Town e QPR).

LA CHICCA – E’ raro “ammirare” nella stessa settimana due papere colossali come quelle di Simon Mignolet (Sunderland) e Alì Al-Habsi (Wigan) nella. Sono errori così marchiani che non sapremmo a chi assegnare la palma del peggiore.

CONSIGLI PER GLI ACQUISTI – Non vi fate ingannare dalla tripletta rifilata al Reading, Jordi Gomez non è un centrocampista con il vizio del goal (in precedenza, in tre anni al Wigan ne aveva messi a segno solo sette). Però se parliamo di qualità e visione di gioco non c’è da rimanere delusi.

giovedì 22 novembre 2012

Gazza va e soliti agguati

Ok, allora "cancellate" il post precedente, Gascoigne questa sera sarà all'Olimpico, salvo sorprese dell'ultima ora. Poi va sottolineato che l'ennesimo assalto ai tifosi inglesi in quel di Campo dei Fiori questa volta ha rischiato veramente di sfociare nella tragedia.

Tutto tristemente prevedibile, visto quanto di simile accaduto in passato. Singolare la scarsa presenza di forze dell'ordine, mentre non credo che il fatto che alcuni tifosi degli Spurs siano di religione ebraica (ma ormai sono pochi rispetto a qualche decennio fa), abbia giocato una componente fondamentale nell'attacco. Menare gli inglesi fa curriculum, almeno così la pensano gli ultras violenti...

martedì 20 novembre 2012

Il punto sulla Premier – Flop delle prime, si salva solo il City

Cadono Manchester United, Chelsea ed Everton. I Light Blues passeggiano sui resti dell'Aston Villa, ormai in piena zona retrocessione.

Nel 151esimo North London derby di campionato l'Arsenal travolge il Tottenham, penalizzato dallo sciocco fallo da espulsione di Emmanuel Adebayor. Nel Monday Night il West Ham si fa bloccare dallo Stoke City.

COS'E' SUCCESSO – Un fine settimana infarcito di sorprese. La dodicesima giornata della Premier League ci ha regalato una nuova capolista, il Manchester City, e tanti risultati inattesi. Cominciamo dal più eclatante, la sconfitta del Manchester United al Carrow Road di Norwich. Ray Hughton è riuscito a dare una bella sistemata alla difesa dei Canarini, che non hanno sofferto troppo le scorribande di Van Persie e compagni, per poi colpire in maniera chirurgica con l’ex di turno, Tony Pilkington. Nei Red Devils si è sentita la mancanza di Rooney nel ruolo di prezioso suggeritore, visto che la squadra ha fornito una prestazione incolore e priva di acuti. Molto meglio i cugini del City che, in attesa di disfarsi di Mario Balotelli, relegato ancora in tribuna, si divertono a schiacciare il povero Aston Villa sotto una cinquina di reti. Protagonisti gli argentini Tevez e Aguero (una doppietta a testa per loro). Ancora male il Chelsea, che perdendo a West Bromwich arriva così a soli due punti raccolti in quattro partite di campionato. È vero che Di Matteo ha fatto riposare numerosi titolari in vista del decisivo match di Champions League con la Juventus, ma così i Blues – con un Torres tornato in fase letargica – rischiano di chiamarsi fuori dalla lotta per il titolo. Rallenta l'Everton, rimontato a Reading, con i Royals per la prima volta fuori dalla zona caldissima della classifica, mentre nel derby con il Tottenham risorge l'Arsenal. Così come lo scorso anno, il match dell'Emirates è terminato 5-2. Gli Spurs sono alla terza sconfitta consecutiva, André Villa Boas sembra avere parecchie cose su cui riflettere, incominciando dalla difesa – storicamente il suo tallone d'Achille. In coda bene il Sunderland (3-1 in casa del Fulham) e il Southampton (corsaro al Loftus Road contro un QPR sempre più disperato), naufraga ad Anfield Road il Wigan.

IL TOP – Il West Bromwich Albion si gioca con l’Everton e il West Ham lo scettro di rivelazione di inizio stagione. Sabato i Baggies dell’ottimo Steve Clarke – secondo noi già pronto per allenare una big – hanno vinto un match difficile e molto delicato contro una delle tre pretendenti al titolo come il Chelsea, confermandosi ad altissimi livelli. Proprio grazie alla concomitante sconfitta dei Toffeemen, ora occupano la quarta posizione in classifica a un solo punto dai Blues dello Stamford Bridge. Al The Hawthorns sono estasiati da tanta grazia.

IL FLOP – Continuando di questo passo, l’Aston Villa rischia seriamente di precipitare in Championship. Dopo i timidi segnali di vita manifestati nel match casalingo con il Manchester United, contro il Manchester City i Villans hanno rimediato un’imbarcata di quelle che fanno malissimo al morale e alla classifica. Il tecnico Paul Lambert sta provando a sfruttare al meglio i tanti giovani delle rosa, ma forse farebbe bene a recuperare al più presto il bomber Darren Bent, scarsamente utilizzato prima dell’infortunio che lo ha costretto ai box da un paio di settimane.

LA SORPRESA – Dopo ben otto rimonte riuscite in stagione ai Red Devils, quando il Norwich è passato in vantaggio contro il Manchester United in pochi avrebbero scommesso un penny che l'incontro si sarebbe chiuso sull'1-0. E invece i Canaries hanno retto l'urto degli avversari, portando a casa tre punti di platino.

TOH CHI SI RIVEDE – Aveva iniziato la Premier con un ruolino di marcia impressionante: quattro segnature in tre partite. Poi lo spagnolo Michu aveva vissuto un periodo altalenante, coinciso con il momento no del suo Swansea. Sabato è tornato a graffiare con una delle sue capocciate vincenti. E gli Swans sono passati sul difficile campo del St James' Park di Newcastle.

LA CHICCA – La stagione passata la percentuale di “accuratezza” di Luis Suarez era del 9,7 per cento (ovvero un goal ogni dieci tiri). Ora è salita al 17 per cento, mentre dopo la doppietta contro il Wigan le marcature complessive in campionato sono già 10 (ora l'uruguayano è capocannoniere solitario della Premier). Non è un caso che su di lui si rincorrano parecchie voci di mercato…

CONSIGLI PER GLI ACQUISTI – Occhio al croato Mladen Petric. L’attaccante del Fulham non è più giovanissimo – classe 1981 – ma dopo i buoni trascorsi in Bundesliga sta facendo sfracelli anche in Premier. In sette match, non tutti da titolare, ha già messo a segno quattro goal e scodellato un assist. Non a caso i Cottagers possono contare sul secondo miglior attacco del campionato a pari merito con il Manchester City.

lunedì 19 novembre 2012

Gazza non va

Tutti i media italiani a fare titoli sulla presenza di Paul Gascoigne in tribuna all'Olimpico per la sfida di Europa League Lazio-Spurs di giovedì. Peccato che sui siti inglesi ci sia la notizia che Gazza non andrà, almeno a quanto comunicato dalla società che gestisce la sua immagine.

Chissà, forse ha paura di tenere una conversazione in latino con il presidente Claudio Lotito, che lo aveva gentilmente invitato ad assistere al match...

sabato 17 novembre 2012

Un mito del Chelsea

Giovedì ho intervistato per telefono Gianfranco Zola. Una lunga chiacchierata di quasi 40 minuti su una pletora di argomenti. L'articolo, che sarà su due pagine, esce la settimana prossima sul quotidiano "Pubblico" e appena possibile anche sul blog. Per il momento posso anticipare che il buon Gianfranco è, come si poteva ben intendere, molto innamorato dell'Inghilterra e del calcio inglese. Di certo è una persona di enorme signorilità, con cui è un piacere parlare. Stay tuned.

lunedì 12 novembre 2012

AFC Wimbledon v Franchise F.C.

E' molto probabile che il match che i tifosi del VERO Wimbledon attendono da circa un decennio si giocherà al secondo turno di FA Cup. L'AFC oggi ha battuto lo York City per 4-3 ai tempi supplementari. Domani l'MK Dons se la vedrà in casa con il non league team del Cambridge City. La grande sfida si avvicina...

domenica 11 novembre 2012

Il punto sulla Premier – Il Manchester United si aggrappa al Chicharito

I Red Devils allungano sul Chelsea, bloccato in casa dal Liverpool, grazie alle prodezze dell'attaccante messicano.

Balotelli in tribuna, Aguero e Dzeko a fare faville in campo. Il City rimane in contatto. Prosegue la bella favola dell'Everton, ma anche il West Ham sorprende tutti con il sesto posto raggiunto dopo il successo a Newcastle.

COS'E' SUCCESSO – Dopo 17 anni di attesa, per l'Aston Villa sembrava finalmente giunto il momento di sfatare il tabù United, che in questo lasso di tempo aveva sempre vinto o al massimo pareggiato al Villa Park. Ma alla fine a Birmingham più che la replica del 3-1 datato 19 agosto 1995, è andata in onda quella del 3-2 per i Red Devils del 6 gennaio del 2002. Quest'ultimo era un match di FA Cup, ma, come accaduto sabato, i ragazzi di Alex Ferguson erano sotto di due reti e hanno poi finito per vincere. Dieci anni fa grande protagonista della rimonta fu Ruud Van Nistelrooy, nel fine settimana uno scatenato Chicharito Hernandez. Lo United resta così al comanda della classifica, guadagnando pure due punti sul Chelsea, fermato in casa dal Liverpool. I Blues perdono due punti preziosi e John Terry, al rientro dopo le quattro giornate di squalifica per l'ormai celeberrimo insulto razzista rivolto ad Anton Ferdinand. JT segna e si infortuna gravemente in uno scontro di gioco con Luis Suarez, poi autore, con la sua decima rete stagionale, del goal del pari. Così come i cugini dello United, si afferma in rimonta ma con merito anche il City sul Tottenham, alla seconda sconfitta consecutiva. Ancora determinante Edin Dzeko, entrato nel secondo tempo. Mantiene il quarto posto l'Everton, che inguaia ulteriormente il Sunderland. Il Fulham rischia di vincere per la prima volta sul campo dell'Arsenal, sempre più lontano dal vertice della classifica. In coda rimangono a secco di vittorie e nelle ultime tre posizioni Reading, Southampton e QPR.

IL TOP – Lo davano già come sicuro partente dall'Old Trafford. Troppa concorrenza in attacco, soprattutto dopo l'acquisto di Robin Van Persie, e le prestazioni non brillantissime della stagione passata apparivano delle ottime ragioni per vendere al miglior offerente Chicharito Hernandez, ormai divenuto un habitué della panchina. Il messicano non si è perso d'animo e quando chiamato a impallinare le difese avversarie non si è mai tirato indietro. Negli ultimi cinque incontri tra campionato e coppe ha realizzato ben sette goal, compresa la quasi tripletta al Villa Park. Quasi pleonastico ribadire che tante della sue marcature sono poi risultate decisive.

IL FLOP – Prima buttano alle ortiche un vantaggio di due reti, facendosi addirittura scavalcare. Poi i Gunners hanno la palla della vittoria all'ultimo secondo e non la sanno sfruttare al meglio. Il dato di fatto è che l'attuale inizio stagione è il peggiore dell'Arsenal dai primi anni Ottanta.

LA SORPRESA – Un Liverpool fin qui ancora troppo balbettante ha trovato uno squillo degno del suo blasone su un campo difficile come lo Stamford Bridge, dove però i Reds avevano vinto le ultime tre sfide, compresa quella di Coppa di Lega segnata dal primo grave infortunio occorso a Luca Leiva. Che la cura-Rodgers stia iniziando a fare effetto?

TOH CHI SI RIVEDE – Con le sue ultime prestazioni Olivier Giroud ha smentito in buona parte la fama di brocco che si era appiccicato addosso dopo un'inizio di stagione fallimentare. Il centravanti francese dell'Arsenal, autore di una doppietta contro il Fulham, sembra tornato quello dei tempi di Montpellier. Una buona notizia per Arsene Wenger, che nel complesso non ha molte ragioni per essere allegro.

LA CHICCA – Dopo 38 partite consecutive fuori casa in cui aveva concesso almeno un goal (record negativo nella storia della Premier), sul campo del Reading il Norwich è riuscito a mantenere inviolata la proprio porta.

CONSIGLI PER GLI ACQUISTI – Se il QPR continuerà a rimediare sonori sganassoni a destra e a manca è piuttosto probabile che il fantasista marocchino Adel Taarabt, già nelle mire del PSG lo scorso anno, si cerchi una destinazione più adeguata al suo talento.

mercoledì 7 novembre 2012

I just can't get enough!

Chiaramente mi riferisco al coro dei tifosi del Celtic, piccolo omaggio per una serata da favola, quella che ha appena visto gli Hoops battere i giocolieri del Barcellona. Per una volta il tiki taka non è servito a nulla. Meglio così. Forse dovrei chiedere al mio editore di poter aggiornare Celtic Forever con un capitolo ad hoc sulla vittoria di oggi. Peccato solo non essere stato lì a gioire per l'impresa del Celtic. In attesa che su You Tube si trovi il video con i festeggiamenti odierni - roba da impazzire - una chicca del recente passato:http://www.youtube.com/watch?v=TspYx7EaF5A&feature=fvwrel

martedì 6 novembre 2012

Ennesimo omaggio ad Alex Ferguson

Una statua a sua immagine e somiglianza. Dopo avergli dedicato una tribuna dell'Old Trafford, il Manchester United ha deciso di andare oltre. Per i 26 anni di panchina Red Devils di Alex Ferguson, è pronta una statua all'interno, ovviamente, della casa del Manchester United.

La statua sarà scoperta il 23 novembre prossimo alla vigilia dell'incontro tra lo United e il Queens Park Rangers, gli stessi avversari del primo incontro guidato dalla panchina dallo scozzese, il 22 novembre 1986.

Ferguson è il manager di maggior successo della Gran Bretagna, avendo vinto con i Red Devils 12 titoli di Premier League, due Champions League cinque FA Cup e quattro Coppe di Lega. In precedenza, aveva guidato l'Aberdeen in Scozia, conquistando tre titoli nazionali e la Supercoppa Uefa nel 1983, battendo in finale il Real Madrid. Una soddisfazione importante per un allenatore unico nel suo genere...

FONTE: CALCISSIMO.COM

lunedì 5 novembre 2012

Il punto sulla Premier - Comanda lo United

I Red Devils si issano al vertice della classifica sconfiggendo l'Arsenal, giunto così alla quarta sconfitta consecutiva all'Old Trafford.

Solo pareggi per Chelsea e Manchester City. Nelle retrovie successo di fondamentale importanza dell'Aston Villa, che si impone sul difficile campo del Sunderland. Pareggio che non serve a nessuno tra QPR e Reading.

COS'E' SUCCESSO – Se non è record, ci siamo andati molto vicini. Robin Van Persie ci ha messo solo due minuti e mezzo per trafiggere l'Arsenal nel primo match da ex di super lusso dopo otto anni di carriera in biancorosso, spianando così la strada ai Red Devils. I Gunners escono dall'Old Trafford con una sconfitta di misura e non una goleada come lo scorso anno (2-8), ma per quello che si è visto in campo sono ancora parecchio inferiori ai rivali. Il tridente Balotelli-Tevez-Dzeko rimane a secco e il City perde due punti preziosi al Boleyn Ground, dove il West Ham domina lunghi tratti del primo tempo ma soffre molto nei minuti finali. Viene scalzato dalla vetta della classifica il Chelsea, raggiunto nei minuti finali da un ottimo Swansea, reduce dalla bella impresa del 3-1 al Liverpool in Coppa di Lega. Continuano i problemi in difesa per i Blues, che a breve recupereranno lo squalificato John Terry. All'Anfield Road, dove aveva perso 15 degli ultimi 17 incontri, il Newcastle rischia di rovinare la festa a Steven Gerrrad, giunto alle 600 presenze con il Liverpool. L'1-1 finale lascia l'amaro in bocca a entrambe le squadre. Clamoroso tonfo interno del Tottenham, mentre rimane nelle posizioni di vertice l'Everton, che però si fa riacciuffare in extremis al Craven Cottage. In coda bene Norwich e Aston Villa, QPR e Reading impattano tra loro e rimangono staccatissime dal quartultimo posto utile per rimanere in Premier.

IL TOP – Giù il cappello davanti alla neo-promossa terribile. Dopo anni di delusioni, finalmente il West Ham regala un po' di soddisfazioni ai suoi tifosi. Chissà, se il goal di Kevin Nolan non fosse stato ingiustamente annullato, gli Irons potevano addirittura battere i campioni uscenti. Ma va già bene così.

IL FLOP – Pessima la gara degli undici in campo, orrenda la gestione dalla panchina di André Villas-Boas (inspiegabile la sostituzione di Jermain Defoe) e così il Tottenham butta alle ortiche tre punti di platino in casa contro il Wigan. Ai tempi di Redknapp, nel 2009, i Latics al White Hart Lane furono schiacciati per 9-1, sabato hanno stra-meritato la vittoria contro una squadra troppo brutta per essere vera.

LA SORPRESA – Dopo un brillante inizio di stagione, lo Swansea allenato da Miki Laudrup aveva collezionato solo quattro punti negli ultimi sei match prima di incontrare la capolista Chelsea. Con i Blues hanno avuto il merito di raccogliere un punto insperato ed esprimere nuovamente trame di gioco di pregevole fattura.

TOH CHI SI RIVEDE – Anche a causa di vari problemi fisici, Gabriel Agbonlahor non segnava in Premier dal 5 novembre 2011. La sua marcatura allo Stadium of Light potrebbe rivelarsi un punto di svolta per lui e soprattutto per l'Aston Villa, estremamente bisognoso di punti per evitare il capitombolo in Championship.

LA CHICCA – Il Fulham è pessimo nel mantenere il vantaggio, tanto che ha già dilapidato ben 12 punti a causa delle rimonte subite. Nonostante questo difetto non da poco, i Cottagers sono lo stesso settimi in classifica.

CONSIGLI PER GLI ACQUISTI – Johan Cabaye è un centrocampista dai piedi molto raffinati, ormai tra i punti fermi della nazionale francese e del Newcastle, dove era arrivato dal Lille fresco campione nazionale. Ogni tanto, come accaduto domenica, regala anche marcature di grande classe.

mercoledì 31 ottobre 2012

Retroscena privato su Reading v Arsenal

Sul 4-0 per i Royals ho mandato un sms all'amico Max Troiani (noto gooner e con cui ovviamente ho scritto il libro London Calling) ipotizzando uno scenario simile all'ormai famoso Manchester United v Arsenal 8-2 dello scorso anno.

Evidentemente sono stato un pelino smentito dai fatti...Tanto per intenderci, l'Arsenal ha anche centrato un record assoluto, ovvero segnare sei o più goal in due match consecutivi di Coppa di Lega.

martedì 30 ottobre 2012

La top 10 del calcio inglese scritta per Calcissimo.com

10 – Il 219esimo derby della Merseyside è stato emozionante, spettacolare, vibrante, indimenticabile. Per carica agonistica una delle migliori partite degli ultimi 2-3 anni.

9 – E bravo Chicharito. Uno che se chiamato a giocare le sue chance non si tira mai indietro e in quattro giorni regala allo United i tre punti in Champions League e contro il Chelsea. Scusate se è poco!

8 – Il Cardiff City fa sul serio. Dopo una sequela di tentativi falliti, i Bluebirds quest’anno sembrano destinati a vincere la Championship a mani basse. All’orizzonte si profila un derby da favola con lo Swansea in Premier…

7 – Povero Julio Cesar, sta parando tutto il parabile e anche di più. Ma i suoi compagni di squadra proprio non ce la fanno a stare al suo passo.

6 – Mai dare per morto il Wigan. Un primo segnale di ripresa è arrivato già sabato, con l’esiziale vittoria con il West Ham. Scommettiamo che anche quest’anno i Latics non finiranno tra le ultime tre?

5 – Singolare e quanto mai dannoso (per i colori dell’Aston Villa) che Joe Bennett si sia fatto espellere per due falli da cartellino giallo commessi ai danni di un altro Bennett, Leon del Norwich.

4 – Caro Luis Suarez, ma ne devi sempre combinare una storta anche quando sei il migliore in campo? Errare è umano, perseverare diabolico…

3 – Una grande che tale non è più da troppo tempo. Il Leeds United continua il suo infinito calvario. In Championship i Whites zoppicano anche quest’anno. E la promozione per il momento è solo un miraggio.

2 – E’ vero, sia in questa stagione che nella passata il Manchester City in Champions League ha rimediato un girone di ferro. Però, visti anche i soldi spesi dagli sceicchi, i risultati sono troppo per essere veri.

1 – Bruttissimo il lancio di oggetti in campo sia allo Stamford Bridge che al Goodison Park. I gesti di Suarez (vedi sopra) e le sviste arbitrali non giustificano follie del genere. Mai.

0 – Firmeremmo volentieri qualsiasi petizione cartacea o online per non vedere più Mark Clattenburg arbitrare partite di calcio. E non solo di Premier.

lunedì 29 ottobre 2012

Il punto sulla Premier – Ammucchiata in vetta

Il Manchester United passa allo Stamford Bridge in un match macchiato da almeno un paio di gravi errori arbitrali.

Anche il City si avvicina alla vetta, forte dell’affermazione sullo Swansea. La partita più bella della giornata è però il derby della Merseyside, che finisce in parità dopo mille emozioni.

COS'E' SUCCESSO – Chelsea v Manchester United è una delle nuove classiche del calcio inglese. Come spesso in passato, anche questa volta non ha lesinato colpi di scena ed episodi controversi. Dopo allunghi e recuperi da brividi, qualche topica di troppo della terna arbitrale ha facilitato il compito ai Red Devils, che così hanno centrato la prima vittoria in campionato al Bridge dal 2002. Peccato per la coda polemica, perché lo spettacolo ammirato in campo per ampi tratti di gara valeva abbondantemente il prezzo del biglietto. Anche al Goodison Park è andato in scena un derby – il 219esimo della storia dei confronti tra Everton e Liverpool – tra i migliori degli ultimi anni per contenuti tecnici, ma soprattutto agonistici. Giusto il pareggio finale, sebbene in pieno recupero a nostra opinione sia stato annullato un goal valido a Luis Suarez. Affermazioni di misura per Arsenal e Manchester City, con la non trascurabile differenza che i Gunners hanno dominato il fanalino di coda QPR – con Julio Cesar impegnato a sfornare miracoli in dosi industriali – mentre i Light Blues se la sono vista brutta contro uno Swansea molto agguerrito e pericoloso in varie occasioni. Sono servite la solita prodezza di Carlos Tevez e un paio di paratone di Joe Hart per allentare un po' la pressione su Roberto Mancini, reduce da una settimana da incubo dopo il flop in Champions League. Nelle retrovie ancora deludenti l'Aston Villa (una sola vittoria nelle ultime 20 gare di Premier) e il Southampton, sconfitto in casa dal Tottenham dell’ex Gareth Bale, autore con una bella inzuccata dalla rete del momentaneo 1-0.

IL TOP – Everton e Liverpool hanno dato vita a un derby spettacolare, vibrante, equilibrato ed emozionante. Insomma, un concentrato di tutto il meglio delle caratteristiche del calcio inglese, per di più con sullo sfondo una cornice splendida come il Goodison Park. Ringraziamo i Toffees e i Reds per le emozioni che ci hanno dispensato, soprattutto nel primo tempo.

IL FLOP – Non è nostro costume mettere in croce gli arbitri, ma quanto (poco di buono) combinato in carriera da Mark Clattenburg sembra aver avuto il suo nadir nel match di sabato allo Stamford Bridge, specialmente se, come affermano i giocatori del Chelsea, il direttore di gara ha usato un linguaggio poco adeguato nei loro confronti. L’espulsione di Fernando Torres, poi, ha finito per rovinare parzialmente una partita fino a quel momento bellissima. Uno dei tanti, tantissimi errori di un arbitro mediocre, ormai pronto per la pensione.

LA SORPRESA – Pensavamo che il West Ham fosse pronto a cancellare l’orrendo ricordo del 3-2 subito a Wigan due anni fa, costato la retrocessione agli Irons. Invece la lanciatissima squadra di Sam Allardyce anche questa volta ha patito l’iniziativa dei Latics, di nuovo vincenti dopo sei match.

TOH CHI SI RIVEDE – Tutti gli appassionati di calcio non possono che gioire alla notizia del ritorno in campo di Jack Wilshere dopo un calvario durato quasi un anno e mezzo. Ci piace pensare che Arsene Wenger e Roy Hogdson abbiano stappato una bella bottiglia di champagne per festeggiare la buona novella.

LA CHICCA – Il difensore dell’Aston Villa Joe Bennett nel match contro il Norwich City si è fatto espellere per doppia ammonizione. Nulla di strano, se non fosse che entrambi i falli costatigli i cartellini gialli li ha commessi contro un altro Bennett, Leon. Forse non ha troppa simpatia per i suoi omonimi…

CONSIGLI PER GLI ACQUISTI – Le qualità ci sono, peccato che il costaricano Bryan Ruiz non sia proprio un mostro di costanza. Ma forse ci sta lavorando su, e in quel caso lo vedremmo bene anche in una squadra di alto profilo. Finora in stagione l’attaccante del Fulham ha scodellato quattro assist, non proprio un dato da disprezzare. Sabato a Reading ha pure ritrovato il goal (che per la verità mancava da troppo tempo). Che sia sulla buona strada?

venerdì 26 ottobre 2012

La linea del colore che divide il football

Uscito oggi su Pubblico e firmato dal sottoscritto.

Le due settimane contro il razzismo nel calcio non potevano coincidere con un momento più delicato, almeno in Inghilterra. Oltre Manica divampano le polemiche, ma sotto i riflettori non ci sono i tifosi – che pure ogni tanto ne combinano ancora di cotte e di crude – ma addirittura giocatori di alto profilo. Nel giro di pichi giorni si è creato addirittura il paradosso per cui Rio Ferdinand, difensore e storico leader del Manchester United, da sempre in prima fila nelle battaglie sociali del calcio inglese, si è rifiutato di indossare la maglietta della campagna “Let's Kick Racism Out of Football”. Mentre JohnTerry, capitano del Chelsea, appena squalificato per insulti razzisti al fratello di Ferdinand (Anton), è sceso in campo in Champion's League con una faccia sul braccio su cui c'era scritto “Uniti contro il razzismo”.

Andiamo con ordine e proviamo a dipanare una matassa che nel corso degli ultimi mesi è diventata intricatissima e si è arricchita di episodi clamorosi e inaspettati.

La nostra storia inizia giusto un anno fa, il 23 ottobre 2011. Al Loftus Road il Queen's Park Rangers affronta il Chelsea nel derby del West End londinese. All'85° minuto il capitano dei Blues John Terry ha uno scatto d'ira e rivolge un epiteto razzista ad Anton Ferdinand, fratello del suo collega di nazionale Rio. Il difensore del QPR ha appena ricordato a Terry la sua scarsa fedeltà alla moglie, tradita tra le altre con la fidanzata dell'ex amico e compagno Wayne Bridge.

All'inizio il caso sembra destinato a sgonfiarsi senza lasciare alcun strascico, ma ecco il primo colpo di scena. Qualcuno molto abile a leggere il labiale e che assiste al match per televisione sporge denuncia, convincendo anche un fin a quel punto titubante Anton a prendere posizione contro il rivale. Scoppia un putiferio, anche perché Terry è uno dei simboli del calcio inglese, nonché capitano della nazionale, allora ancora allenata da Fabio Capello. Il suo gesto, poi, giunge pochi giorni dopo gli insulti razzisti vomitati in faccia a più riprese a Patrice Evra da Luis Suarez del Liverpool, per cui l'uruguayano riceverà otto giornate di sospensione. Insomma, una delle piaghe ulceranti del passato pare fare di nuovo la sua comparsa, ma in campo e non sugli spalti.

Nel caso di JT la FA se la prende comoda, ma anche a seguito di “sollecitazioni governative” intima a Capello di togliere la fascia al forte centrale difensivo. Apriti cielo, Don Fabio non ci sta e se ne va sbattendo la porta. Nel frattempo viene concordata la data dell'udienza penale. Terry rischia una sanzione pecuniaria di circa 3mila euro – spiccioli, per uno come lui – ma la figuraccia planetaria sarebbe garantita. Si muovono gli avvocati e guarda caso viene stabilito che la sentenza sarà emessa dopo l'Europeo di Polonia e Ucraina, che quindi il villain del nostro racconto può disputare senza problemi. Una competizione per cui invece il nuovo manager dei Tre Leoni Roy Hodgson non convoca Rio Ferdinand (che ovviamente ha preso le parti del fratello). Ufficialmente perché non ce la fa più a reggere i ritmi di un torneo così impegnativo, in realtà perché Mister Roy voleva evitare risse da saloon negli spogliatoi tra i due contendenti.

Euro 2012 finisce con la solita eliminazione ai rigori nei quarti di finale. Giusto il tempo di un paio di tuffi nel mare di qualche località esotica ed ecco che arriva il tanto atteso giorno della sentenza. A sorpresa la corte dichiara Terry non colpevole, per la gioia di Ashley Cole, terzino sinistro nero del Chelsea che ha testimoniato sull'integrità morale del compagno di squadra. Così facendo si merita l'appellativo di choc ice (slang che signorilmente si può tradurre con “amico dei bianchi”), come scrive uno dei follower di Rio Ferdinand su Twitter. Un commento pubblicamente lodato dal difensore dello United sul popolare social network. Nota bene, per il cinguettio di apprezzamento il buon Rio ha ricevuto una di multa di oltre 50mila euro dalla FA perché ritenuto “razzista”. E qui ormai siamo ai confini del paradosso.

Il verdetto di innocenza lascia esterrefatta una buona fetta dell'opinione pubblica britannica. Terry capisce l'aria che tira e abbandona la nazionale. Chi lo sostituirà, Rio? Nemmeno per idea, come confessa Hodgson durante un viaggio in metropolitana ad alcuni passeggeri! Roba da far invidia ai Monty Python.

Il 27 settembre finalmente arriva la decisione della federazione: 300mila euro di multa e quattro giornate di squalifica, con la postilla che “Terry è sì colpevole, ma non razzista”. Una farsa, nell'opinione di una decina di giocatori neri, che il fine settimana scorso puntano i piedi e decidono di non vestire le maglie della campagna Kick it out Racism. Tra questi, oltre al promotore dell'iniziativa Jason Roberts del Reading, ça va sans dire, i fratelli Ferdinand, tanto da portare Rio a litigare addirittura con il suo mentore Alex Ferguson. Per carità, va detto che in due decenni la campagna contro il razzismo di risultati ne ha prodotti, non fosse altro perché ancora negli anni Ottanta e all'inizio dei Novanta alcune tifoserie – tra cui quella del Chelsea – erano solite tirare banane ai giocatori neri e non “contare” i goal che questi realizzavano. Ora la questione razzismo è considerata una priorità, ma visto che Kick it out Racism è finanziata dalla Premier League e dalla FA, organismi dimostratisi fino troppo clementi con Terry, l'azione di boicottaggio ci sta tutta.

Mentre monta la protesta, comincia a circolare pure una voce clamorosa che spaventa la Federazione: Rio sarebbe pronto a fondare un sindacato per soli neri che non si sentono più rappresentati della Professional Football Association (PFA). Sempre via Twitter, Ferdinand l'ha parzialmente smentita (“non date fede a tutto quello che leggete”) ma la PFA si è affrettata a stilare un nuovo piano in sei punti di lotta al razzismo che va dall'inasprimento dei procedimenti disciplinari all'obbligo di offrire le panchine anche agli allenatori di coloro che, persino nella multiculturale Inghilterra, sono ancora pochissimi.

L'altro ieri infine i fratelli Ferdinand hanno deciso di fare una dichiarazione congiunta per ricomporre la frattura con gli organizzatori di Kick It Out, ai quali hanno riconosciuto il lavoro importantissimo svolto sin qui in termini di educazione e consapevolezza del problema, ma hanno anche ricordato che i tempi cambiano e organizzazioni come queste devono adeguare i propri strumenti di lotta. Nonostante il risentimento nei confronti della Federazione e del Sindacato, loro si sono detti disposti ad aiutare Kick it Out e infatti, in segno di pace, Rio Ferdinand ha deciso che domenica prima del calcio d'inizio di Chelsea-Manchester United stringerà la mano ad Ashley Cole, il difensore dei Blues che Anton si era invece rifiutato di salutare quando si erano rivisti in campo a settembre. Tutti i giocatori del Chelsea indosseranno per l'occasione la maglietta “Kick It Out”. Tutti tranne il convitato di pietra John Terry, assente per squalifica da razzismo.

martedì 23 ottobre 2012

La top 10 del calcio inglese scritta per Calcissimo.com

0 – I tifosi del Leeds United che sono entrati sul campo da gioco e hanno aggredito il portiere dello Sheffield Wednesday Chris Kirkland. Tanto per non smentire la loro fama di supporter tra i meno “educati” di Inghilterra.

1 – Cheik Tioté con il suo fallo da causa penale nei confronti di Steven Fletcher ha buonissime chance di vincere il premio “macellaio dell'anno”. Speriamo che non lo superi nessuno.

2 – La FA ha inflitto quattro giornate di qualifica a John Terry per gli insulti razziali nei confronti di Anton Ferdinand. Giusto, ma perché a Luis Suarez furono inflitti otto turni di stop. Per la serie, due pesi e due misure?

3 – West Bromwich Albion. Vedi alla voce, come buttare via una partita quasi vinta e che invece i Baggies sono addirittura riusciti a perdere.

4 – Povero Aston Villa, continuando di questo passo tornerà a giocare il derby con il Birmingham City. In Championship.

5 – L'uscita di Joe Jart che ha favorito il goal del pareggio della Polonia nel match di qualificazione ai Mondiali ci ha fatto tornare alla mente David “Calamity” James. Uno del quale i supporter dei Tre Leoni non hanno per niente nostalgia.

6 – Voto di incoraggiamento a Fabio Borini, protagonista di un altalenante inizio stagione e ora fuori circa tre mesi per infortunio. Gli auguriamo tempi migliori.

7 – Grant Holt è l'anima del Norwich che prova a evitare una retrocessione pronosticata in estate da fin troppi addetti ai lavori. Lui non si rassegna mai e intanto bastona il solito Arsenal afflitto da deficit di personalità.

8 – Dopo aver impallinato il Reading, Raheem Sterling occupa ora l'ottava posizione nella classifica dei più giovani marcatori della Premier. Per noi diverrà un giocatore determinante. Speriamo di non bruciarlo...

9 – C'è chi pensa che possa diventare una sorta di regista di centrocampo, alla Paul Scholes. Contro lo Stoke Wayne Rooney ha chiarito che i goal li sa ancora mettere a segno. Fa niente che uno l'ha realizzato anche al suo compagno di squadra De Gea.

10 – Tre goal e cinque assist nelle ultime quattro partite di Premier. Eppure Juan Mata è spesso criticato per non essere determinante nelle partite decisive. Quella con il Tottenham, non fosse altro perché era un derby, lo era. E lui l'ha dominata in lungo e in largo.

lunedì 22 ottobre 2012

Il punto sulla Premier – Nemmeno Villas-Boas ferma il Chelsea

Guidati da un fantastico Mata, i Blues passano al White Hart Lane in un derby spettacolare e molto combattuto. Ritorno al goal di Rooney e i Red Devils si sbarazzano dello Stoke.

Il Manchester City coglie i tre punti in maniera rocambolesca a West Bromwich. Ancora decisivo Edin Dzeko, autore di una doppietta. Male l'Arsenal, che si fa sorprendere dal Norwich. Continuano i problemi per il QPR, ultimo e ancora senza vittorie.

COS'E' SUCCESSO – In tanti lo avevano dipinto come il match della grande rivincita di André Villas-Boas nei confronti del Chelsea. Alla fine, per la prima volta dal 2005, i Blues hanno espugnato il campo degli storici rivali, confermandosi la prima forza del campionato e l’ex allenatore del Porto si è ritirato in buon ordine. Se non fosse stato per la dissennata condotta del West Bromwich Albion – e per la papera di Ben Foster – i ragazzi di Roberto Di Matteo avrebbero allungato il passo sul Manchester City, in cui Edin Dzeko per ora risulta più efficace dell’altalenante Mario Balotelli. Fa tutto Rooney (goal, autorete e assist) nel successo interno del Manchester United a spese dello Stoke City, ma a tenere banco sono le polemiche tra Alex Ferguson e Rio Ferdinand, che per protesta contro la sentenza ritenuta troppo morbida della FA contro John Terry non ha vestito la maglietta della campagna per debellare il razzismo nel football “Kick it out”. Negli altri match da segnalare il tonfo dell’Arsenal a Norwich, il ritorno alla vittoria del Liverpool contro un Reading sempre più in brutte acque e il pareggio nel combattutissimo derby del Tyne-Wear.

IL TOP – Tre goal e cinque assist in quattro partite di Premier. Anche leggendo le statistiche, è indubbio che Mata sia uno dei giocatori più in forma e determinanti dell'intero campionato. Se non si fa valere il suo compatriota Fernando Torres, ci pensa lui a togliere le castagne dal fuoco a Di Matteo. E il Chelsea continua a vincere...

IL FLOP – Prima ha provato a rifilare un gomitata a Jack Colback, poi ha rischiato di rompere una gamba al malcapitato Steven Fletcher. Scontato il rosso per Cheik Tioté, che con la sua follia – per la verità non la prima in carriera – ha finito per condizionare negativamente il derby per il Newcastle.

LA SORPRESA – Finora il Norwich aveva raccolto solo scoppole a destra e a manca, palesando una fragilità difensiva a tratti imbarazzante – tanto che, fatta eccezione per il Southampton, il suo era il peggior reparto arretrato del campionato. Con l'Arsenal non solo ha vinto, ma ha tenuto a bada senza troppi patemi d'animo l'attacco avversario. I Canarini provano a tornare quelli dell'anno scorso e la lotta per non retrocedere si infiamma.

TOH CHI SI RIVEDE – Per festeggiare i suoi dieci anni di carriera in Premier League ha pensato bene di segnare una doppietta (raggiungendo un totale di 200 goal per i club per cui ha giocato), distribuire un assist e...centrare una clamorosa autorete! C'è poco da fare, Wayne Rooney è tutto tranne che un giocatore banale, in qualsiasi ruolo lo schieri il suo allenatore.

LA CHICCA – Quello rimediato da Steven Pienaar nella seconda frazione di gioco contro il QPR è il 74esimo cartellino rosso mostrato a un giocatore dell'Everton nei 20 anni di storia della Premier. Peggio ha fatto solo il Blackburn, con 76 espulsioni.

CONSIGLI PER GLI ACQUISTI – Volete un centrocampista solido, grintoso e mai domo? Uno che se la cava sui calci piazzati e ogni tanto segna anche qualche goal decisivo. Date un’occhiata al giocatore simbolo del West Ham, Mark Noble, non rimarrete delusi.