lunedì 19 settembre 2011

ll Punto sulla Premier – Lo United domina, al City non basta Aguero

I Red Devils vincono il quarto scontro diretto consecutivo contro il Chelsea, che però non ha demeritato. Il Fulham fa lo sgambetto al team allenato da Mancini. Dopo cinque giornate appare ormai evidente che l'Arsenal non ha alcuna possibilità di competere per la vittoria finale. Anche il Liverpool è in difficoltà e dovrà sudare per mettere le mani sul quarto posto. Sorprendono le matricole.

COS'E' SUCCESSO – Terzo match casalingo contro una big londinese e terza vittoria per l'inarrestabile Manchester United di questo primo scorcio di stagione. Il Chelsea gioca meglio rispetto al recente passato, ma deve fare i conti con il rendimento altalenante del Nino Torres e un Frankie Lampard ormai sul viale del tramonto. Tuttavia secondo noi i Blues possono ancora dire la loro nella corsa al titolo. Rallenta il Manchester City, vittima di un calo di tensione fatale nel secondo tempo del Craven Cottage. Risorgono gli Spurs, ai danni di un Liverpool che ne combina di tutti i colori, soprattutto sul piano disciplinare. La difesa è da cabaret e l'Arsenal alza bandiera bianca sul campo del disastrato Blackburn, che quasi non crede a tanta grazia da parte dei Gunners. La lunga trasferta di Kyev ha fiaccato lo Stoke, strapazzato allo Stadium of Light da un Sunderland che così incamera la prima vittoria stagionale. Sale in quarta posizione il Newcastle, reduce da un ottimo pareggio al Villa Park. Gli attacchi di QPR e Swansea, fin qui a dir poco asfittici, si sbloccano alla grande, come si sono accorti i Wolves e il West Bromwich Albion, entrambi team autori di una prestazione a dir poco imbarazzante.

IL TOP – Sergio Aguero ci ha messo pochissimo ad ambientarsi nella Premier. La cosa non era così scontata, a dispetto dei suoi notevoli mezzi tecnici. Otto goal nelle prime cinque uscite stagionali in campionato rappresentano un biglietto da visita fantastico e certificano come all'Apache Tevez nei Citizens attuali spetti ormai solo un ruolo di comprimario.

IL FLOP – Tre dei quattro gol subito al White Hart Lane il Liverpool li ha presi quando era già sotto di due uomini, ma questa non può essere una giustificazione per un rovescio di tali dimensioni. Primo perché Charlie Adam e Martin Skrtel si sono abbondantemente meritati l'espulsione, secondo perché i Reds anche in 11 sono apparsi poco brillanti e timorosi al cospetto di un avversario diretto per un posto nella prossima Champions League. Piuttosto che prendersela con gli arbitri, Kenny Dalglish deve lavorare ancora parecchio per riportare la sua squadra in orbita europea.

LA SORPRESA – Non solo ha imposto il pareggio alla corazzata City, ma il Fulham lo ha fatto in grande stile, rimontando ben due gol di svantaggio. E se per i Light blues può aver senso parlare di un pizzico di stanchezza dopo l'incontro con il Napoli, non va dimenticato che anche i Cottagers erano impegnati nelle coppe europee, e per giunta di giovedì. La loro classifica è ancora deficitaria, ma i margini per migliorarla ci sono, eccome.

TOH CHI SI RIVEDE – Può un ex idolo della North Bank diventare un beniamino dei tifosi del Tottenham? Se Emmanuel Adebayor continua a segnare con tale costanza (tre reti negli ultimi due match) non ci sono dubbi, la risposta è sì. Harry Redknapp sembra aver finalmente trovato il centravanti che fa al caso suo, mentre il club può prendersi la rivincita per il celebre “tradimento” di Sol Campbell, che nel 2001 passò dagli Spurs ai Gunners tra un mare di polemiche.

LA CHICCA – Era dal febbraio del 2007 che le neo-promosse non vincevano tutte e tre nella stessa giornata. Norwich, QPR e Swansea sono la riprova dell'ottima qualità espressa dalla serie cadetta, la Championship, tanto che non ci meraviglieremmo qualora dovessero evitare la retrocessione a scapito di compagini sulla carta più attrezzate per rimanere in Premier. Per il momento nessuna delle tre occupa le ultimissime posizioni della classifica.

CONSIGLI PER GLI ACQUISTI – Scott Sinclair ha trascorso ben cinque stagioni al Chelsea, sebbene tra prestiti e scelte tecniche varie alla fine abbia collezionato solo cinque presenze. Adesso sembra aver trovato la sua dimensione a Swansea, dove ha guidato gli Swans alla promozione in Premier League. Non sarà forte come Drogba o Anelka, ma può essere una minaccia anche per la difese dei club del massimo campionato inglese.

venerdì 16 settembre 2011

Ancora AFC Wimbledon

Un mini reportage scritto un po' al volo. A breve parto per un viaggio di lavoro in Africa, per cui il blog dal 20 al 27 settembre non sarà aggiornato. Però lunedì 19 il punto Premier ci dovrebbe essere...


“Ci abbiamo messo solo nove anni”, recita con orgoglio la maglia in vendita nel piccolo ma fornitissimo club shop dell'AFC Wimbledon. Nove anni per rifiorire, per tornare nell'elite della Football League dopo esaltanti stagioni passate a dominare campionati nel football professionistico e scalare così la piramide del calcio inglese. Nove anni per metabolizzare lo scippo subito dalle autorità che governano il Beautiful Game, che diedero il permesso al proprietario dell'allora Wimbledon F.C. Charles Koppel di trasferire baracca e burattini a un'ottantina di chilometri da Londra, nella cittadina di Milton Keynes, nemmeno i Dons fossero una qualunque franchigia di football americano. Ora quel club “usurpatore” si chiama MK Dons e se la passa piuttosto bene in League One, l'equivalente della nostra Serie C.

In quel fatidico 2002 i tifosi del Wimbledon si sono rimboccati le maniche e grazie agli sforzi del Dons Trust hanno ricreato il loro vecchio club, riportandolo a “casa”. Ovvero a due passi dal campo centrale di tennis più famoso del Pianeta. La nuova sede è il Kingsmeadow Stadium, molto più vicina al Plough Lane – il vecchio impianto, abbandonato nel 1991 – che al Selhurst Park, lo stadio del Crystal Palace che ha ospitato i “vecchi” Dons per una decina d'anni, prima che la dirigenza si facesse ammaliare dalla sirene di Milton Keynes – vale infatti la pena sottolineare che la realizzazione dell'MK Stadium era legata a un piano di sviluppo commerciale dell'area circostante.

Nel primo scorcio di stagione in League One, l'AFC Wimbledon si è fatto valere. Il Kingsmeadow è spesso pieno. In teoria la capienza ufficiale dovrebbe essere intorno alle 6mila unita', ma, come abbiamo potuto constatare di persona, di tifosi sulle gradinate (solo una tribuna ha posti a sedere, nelle altre tre si sta rigorosamente in piedi) ne entrano a stento 5mila.

L'entusiasmo da queste parti è così tanto che se la squadra dovesse compiere altre imprese – leggi ulteriori promozioni – forse si dovrà pensare ad ampliare l'arena attuale.

Il match a cui abbiamo assistito, contro il pericolante Northampton, poteva rappresentare un bel balzo in avanti nella corsa ai play off, ma prima un rigore concesso in maniera a dir poco generosa dall'arbitro e poi un paio di papere del portiere Seb Brown hanno garantito il successo ai Cobblers.

Il nuovo Wimbledon non ha la fama di squadra “cattiva” e dal gioco antidiluviano dei suoi predecessori. I ragazzi in blu ci sono in effetti sembrati molto corretti e vogliosi di creare delle apprezzabili trame di gioco. Insomma, non sono pazzerelli come la Crazy Gang che a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta fece tanto parlare di sé – sia nel bene che nel male. Tra le sue file c'era gente del calibro di Dennis Wise, reduce da non brillanti prestazioni in qualità di manager e dirigente, della “personcina” John Fashanu, che ha abbandonato da tempo il mondo del calcio, di Vinny Jones (quello della “strizzatina” a Gazza Gascoigne) ora attore a tempo pieno e pure con un discreto successo, o del portierone Dave Beasant, una delle punte di diamante della Glenn Hoddle Academy.

L'incredibile vittoria di quel Wimbledon contro il Liverpool nella finale di FA Cup del 1988 rimane una delle più grandi sorprese della storia del football d'oltre Manica e difficilmente potrà essere ripetuta da una realtà come l'AFC Wimbledon. Ma ai tifosi dei Wombles tutto sommato questo importa il giusto. A loro sta a cuore che un'intera comunità si sia riappropriata della sua squadra di calcio, che anzi adesso gestisce tramite meccanismi del tutto democratici e trasparenti.

Con queste certezze si sopportano meglio anche le sconfitte. Loro continueranno a sostenere la squadra pure al novantesimo minuto di una partita ormai segnata, a rivolgere gli unici cori offensivi contro il Franchise F.C. (l'MK Dons), a rendere omaggio con un applauso ai tifosi in trasferta quando lo speaker ne menziona il numero e a premiare il miglior giocatore della partita con una allegra cerimonia al pub dello stadio. Loro sono il Wimbledon, e nessuno lo deve dimenticare!

mercoledì 14 settembre 2011

AFC Wimbledon


Una rapida trasferta londinese mi ha permesso di vedermi Wimbledon v Northampton e conoscere di persona Stefano Faccendini, autorità assoluta in materia di calcio inglese. Spero di riuscire a breve a scrivere qualcosa in più, intanto una foto e la conferma che l'ambiente ieri sera era quanto di meglio potessi immaginare!

lunedì 12 settembre 2011

ll Punto sulla Premier – Rooney risponde ad Aguero, a Manchester va in scena la sagra del gol

Sempre appaiate in vetta le due di Manchester, che strapazzano Bolton e Wigan. Cade il Liverpool.
Il Chelsea prova a tenere il passo del duo di testa, mentre l'Arsenal conferma ancora le difficoltà palesate nei primi match stagionali, ma quanto meno riesce a intascare i tre punti contro uno Swansea ancora a secco di realizzazioni.

COS'E' SUCCESSO – Benvenuti alla fiera del gol made in Manchester. Sergio Aguero affossa il Wigan? Subito la premiata ditta Rooney & Hernandez maramaldeggia sul Bolton. Il risultato è tanto spettacolo e poco equilibrio, almeno per il momento. C’è poco da fare, il divario tra le capolista e le altre si sta dilatando. Il Chelsea prova a rimanere in scia, violando lo Stadium of Light grazie a un mix di vecchia (John Terry) e nuova guardia (Dean Sturridge). Quest’ultimo è stato preferito allo spento Fernando Torres, dando subito ragione ad Andre’ Villas-Boas. La sua meravigliosa rete di tacco è senza dubbio la più bella della giornata. Si risolleva un po’ l’Arsenal, che fatica a domare lo Swansea e ringrazia il portiere dei gallesi Michel Vorm per il gentile omaggio del gol vittoria. Gioca bene ma perde il Liverpool a Stoke. Kenny Dalglish ha fatto la voce grossa contro la terna arbitrale, accusata di aver penalizzato i Reds sull’episodio del rigore decisivo e anche in altre circostanze. Con un gol dell’ex Gunners Emmanuel Adebayor si rimette in carreggiata anche il Tottenham, che ha un compito facile contro l’ex sorpresa Wolverhampton. Primi punti per West Bromwich Albion (successo a Norwich) e Blackburn (buon pareggio al Craven Cottage). Nel Monday Night il Newcastle tiene a bada le folate offensive del QPR. Per il momento la lotta per non retrocedere non si è ancora ben delineata, ma non è da escludere che i Super Hoops ne possano fare parte.

IL TOP – Come rinasce un campione. Wayne Rooney aveva già dato sostanziosi segni di ripresa nella parte finale della passata stagione, ma nelle prime settimane di quella attuale ha dimostrato di essersi definitivamente lasciato alle spalle le beghe contrattuali e gli strascichi degli infortuni che lo avevano penalizzato così tanto in passato. Sabato a Bolton ha segnato la seconda tripletta consecutiva (per un totale di otto gol in quattro gare), raggiungendo così il grandissimo Bobby Charlton, che di tris con la maglia dei Red Devils ne aveva segnati sette. Visto lo spumeggiante ritorno del Chicharito Hernandez, la sfida con gli attaccanti del City promette di essere il leit motiv del 2011-12.

IL FLOP – Rimanendo in tema di attaccanti, se il QPR si deve affidare a Jay Bothroyd per impensierire le difese avversari, dalle parti di Loftus Road c'è poco da stare allegri. L'ex Perugia poteva andare bene in Championship, ma la Premier non è roba che fa per lui.

LA SORPRESA – Lo abbiamo scritto già tante volte, lo Stoke ormai è una delle belle realtà della Premier e, sebbene il suo gioco non sia molto spettacolare, non si basa solo sulle pittoresche rimesse laterali di Rory Delap. Francamente però non ci aspettavamo che sabato avrebbe sconfitto il Liverpool, una delle squadre più in forma del campionato, issandosi così al quarto posto.

TOH CHI SI RIVEDE – In estate si erano rincorse molte voci che lo volevano sul piede di partenza dal The Hawthorns. Alla fine Peter Odemwingie ha deciso di rimanere al West Bromwich Albion, con cui ha firmato un contratto quadriennale. A Norwich si è presentato con un'improbabile chioma bionda e, messosi alle spalle qualche acciacco che ne aveva rallentato la preparazione, ha segnato un gol di platino per i suoi Baggies. Il suo bottino sarebbe potuto essere anche più cospicuo, se non avesse sbagliato un rigore…

LA CHICCA – I tifosi dell'Everton sono sul piede di guerra. Sabato, prima del match contro l'Aston Villa, si è tenuta una protesta pacifica contro l'attuale proprietà, accusata di non investire abbastanza per rafforzare la squadra, ma anzi di indebolirla con la cessione di giocatori del calibro di Mikel Arteta. Non è un mistero che il presidente Bill Kenwright stia cercando dei possibili acquirenti per lo storico club della Merseyside. Se non li dovesse trovare a breve, il rischio è che i Toffees perderanno ulteriormente terreno nei confronti delle altre grandi.

CONSIGLI PER GLI ACQUISTI – Rubèn Rochina sta iniziando a ritagliarsi uno spazio importante al Blackburn, per cui domenica ha segnato il primo gol della sua carriera in Premier. Arrivato all'Ewood Park lo scorso gennaio dal Barcellona B allenato da Luis Enrique, il ventenne originario di Valencia è il classico attaccante spagnolo dei tempi moderni, veloce e con una buona tecnica individuale.

mercoledì 7 settembre 2011

Morte allo stadio

La dinamica non è ancora chiara, ma sembra che a provocare la morte di un 44enne tifoso gallese nei pressi di Wembley prima del calcio d'inizio di Inghilterra-Galles sia stato un attacco di cuore occorso durante alcuni scontri tra supporter delle due nazionali. Pare che alcuni fan del Galles (forse sei) siano stati arrestati in relazione all'episodio, ma mancano ancora ulteriori dettagli sul fatto. Come spesso scritto anche qui, i big match rimangono sempre un po' a rischio anche in Ingihlterra, c'è poco da fare. Per intenderci, chi scrive che nel Regno Unito gli incidenti tra tifosi non capitano più non sa di che cosa parla.

giovedì 1 settembre 2011

West London derbies

L'articolo scritto per Calcio 2000 il mese scorso. Davo Taarabt come sicuro partente. Invece non solo è rimasto, ma le voci su un apparentemente benefico cambio di proprietà dalle parti del Loftus Road si sono rivelate molto fondate.

Le tre squadre del West End londinese la prossima stagione giocheranno tutte in Premier League. Non era mai successo, nemmeno quando la massima divisione inglese si chiamava First Division. A dirla tutta tra le compagini professionistiche della parte più ricca, borghese ed elegante della capitale londinese ci sarebbe anche il Brentford, che pure negli anni Trenta sul suo campo fece tremare il grande Arsenal di Herbert Chapman, ma sono ormai decenni che i Bees vivacchiano tra terza e quarta serie.

Chelsea, Fulham e Queen’s Park Rangers, in rigoroso ordine alfabetico, affrontano il campionato 2011-12 con ambizioni ben differenti tra loro. I Blues si aspettano che il nuovo arrivato tecnico portoghese Andreé Villas-Boas sappia condurre una squadra parzialmente ringiovanita al quarto successo in Premier in sette anni – dopo le imprese di Josè Mourinho e Carlo Ancelotti – ma soprattutto a quella gloria europea scivolata via nella piovosa notte di Mosca del maggio 2008. Cottagers e Super Hoops si accontenterebbero di qualche acuto nelle coppe e di un tranquillo piazzamento a metà classifica. Il club del Craven Cottage e il QPR (al ritorno in Premier dopo 15 tribolati anni di assenza) non hanno certo inscenato campagne acquisti faraoniche. È anzi probabile che quando leggerete questo articolo la stella della promozione dei biancoblu, il marocchino Adel Taarabt, abbia trovato sistemazione altrove, lasciando più di un grattacapo all’esperto e fumantino Neil Warnock, che almeno ha rafforzato l’attacco con l’ex perugino Jay Bothroyd.

L’olandese Martin Jol, reduce da un buon periodo alla guida dell’Ajax, ritenta la sorte in Premier dopo i fasti del Tottenham, squadra che è stato costretto ad abbandonare per la solita miopia dei dirigenti del White Hart Lane nel 2007.

Fin qui l’attualità, ma quando si parla di team londinesi, per di più separati solo da una manciata di chilometri, gli aneddoti storici legati a rivalità fermentate per decenni si sprecano.

Nel ventesimo secolo le tre compagini hanno raccolto le briciole al grande banchetto del calcio inglese, dominato dalle realtà del nord del Paese e, per quanto riguarda Londra, da Arsenal e Tottenham.

In tema di campionati, solo il Chelsea fu capace di vincerne uno nel lontano 1955, sotto la guida ispirata di Ted Drake, che seppe fare di necessità virtù, puntando sui giovani (i cosiddetti Anatroccoli di Drake) e scovando nelle categorie inferiori giocatori con un altissimo rapporto qualità-prezzo. Insomma, l’esatto contrario di quello che sta accadendo nell’era Abramovich. La cifra distintiva dei Blues, ma anche dei “cugini”, è stata rappresentata da una situazione finanziaria spesso complessa, e stiamo usando un eufemismo.

Quando nel 1982 la famiglia Mears si vide costretta a cedere il club che aveva tirato su dal nulla nel 1905 – essenzialmente per “occupare” anche con il calcio un impianto polifunzionale come Stamford Bridge – l’esborso per il nuovo presidente Ken Bates fu di una sola sterlina. Troppi i debiti cui far fronte (due milioni dell’epoca), che però nel tempo non diminuirono, anzi. Allorché Bates a Abramovich – l’uno davanti a una bottiglia di vino, l’altro a un bicchiere d’acqua, dal momento che è astemio – contrattarono la cessione del club nel 2003, il prezzo pattuito fu di 140 milioni di sterline, oltre la metà però solo per coprire le passività di bilancio.

Fortuna volle che il miliardario russo dal suo elicottero scorse lo Stamford Bridge e fu subito amore a prima vista e che vincendo 2-1 contro il Liverpool nell’ultima giornata del campionato 2002-03 il Chelsea si qualificò per la Champions League, altrimenti si narra che Abramovich avrebbe rivolto le sue attenzioni altrove (probabilmente comprando il Tottenham). E a quel punto sarebbe stata dura trovare qualcuno disposto ad accollarsi tutti quei debiti.

Anche dalle parti del Craven Cottage – a sole due fermate di metro dallo Stamford Bridge – per anni le casse societarie sono rimaste pressoché vuote. In questi casi una base di tifosi non vastissima di certo non aiuta e qui la colpa è di quei guastafeste dei Blues, presentatisi sull’uscio di casa dei Cottagers a inizio del secolo scorso. E pensare che la dirigenza dei bianconeri in quel fatidico 1905 preferì rinunciare a un trasferimento allo Stamford Bridge, che avrebbe così evitato la “comparsa” dei cugini”…

Ma se i supporter del Fulham, anche per ragioni storiche, hanno il dente avvelenato con il Chelsea, di certo non provano affetto per il QPR. Negli anni Ottanta ci fu il rischio molto concreto di una fusione con i Super Hoops, per dar vita a un’unica realtà dall’improbabile nome di Fulham Park Rangers. Quella sorta di chimera calcistica avrebbe dovuto giocare al Loftus Road, mentre il Craven Cottage sarebbe stato abbattuto per farne abitazioni di pregio in una delle zone più esclusive di Londra. La Lega bocciò il progetto, il ministero dei Beni Culturali stabilì che la facciata dell’attuale Johnny Haynes Stand – allora Stevenage Road Stand – e il meraviglioso Cottage dovessero essere preservate e il più bello e romantico stadio inglese scampò per la prima volta una brutta fine. Dopo anni di ulteriori incertezze e pericoli, l’intervento dell’ex giocatore e poi commentatore televisivo Jimmy Hill evitò che lo stadio fosse comunque mandato in pensione, salvando solo le parti protette da vincoli. Nel 1997 Hill riuscì a fare di più, convincendo il proprietario dei grandi magazzini Harrods Mohamed al Fayed a comprarsi il Fulham, che così passò in pochi anni dalla mediocrità estrema della quarta divisione (una sconfitta nel 1996 a Torquay coincise con il nadir della storia del club, per alcuni giorni penultimo in classifica nell'ultimo gradino del professionismo) allo scintillio della Premier, raggiunta alla grande nel 2001. Tra campionati di media classifica e salvezze acciuffate in extremis – celebre quella del 2008 ai danni del Birmingham City – i Cottagers si sono regalati un’insperata finale di Europa League, persa ai supplementari contro l’Atletico Madrid. Ma nel frattempo hanno di nuovo rischiato di dover abbandonare il Craven Cottage. I sogni di gloria di Al Fayed andavano di pari passo con uno stadio nuovo, più moderno e capiente. In attesa di prendere una decisione, il Fulham ha conosciuto l’onta di dover giocare due annate a casa dei mal sopportati cugini del QPR. Poi le cose sono cambiate, il vecchio Cottage è stato messo a norma, rifacendo le due gradinate che ora non sono più scoperte e con posti in piedi, e “accontentandosi” di un impianto tutto sommato adatto a un bacino d’utenza relativamente contenuto.

Anche lo stadio del QPR ha un fascino indiscutibile, con le sue tribune compatte e molto attaccate al campo e il design dal sapore un po' antico. Quando i vari Flavio Briatore, Bernie Ecclestone e Lakshmi Mittal (miliardario indiano del settore dell’acciaio, uno che ha più soldi di Abramovich) hanno rilevato il club agonizzante (ci risiamo!), sembrava scontato il trasferimento in un’arena più grande e moderna, oltre all’allestimento di una squadra zeppa di campioni strapagati. Le cose non sono andate proprio così. Sebbene i Super Hoops siano abituati ai traslochi – in quasi 130 anni di storia hanno cambiato casa una ventina di volte – non si parla più di lasciare il Loftus Road, mentre campagne acquisti stile Chelsea o Manchester City non se ne sono viste e non sembrano nelle intenzioni dell’attuale proprietà.

Mittal e Ecclestone detengono il 95 per cento delle quote del club, ma la voglia di investire in grande stile continua a latitare (anzi, si sussurra di una possibile cessione della società). Il patron della Formula Uno, del resto, non ha problemi a ricordare che è un tifoso del Chelsea e non di rado abbandona i match del QPR all’intervallo.

Eppure i bianco blu non giocano così male. Certo la squadra del 1975-76, che arrivò di un soffio alle spalle del grande Liverpool di Kevin Keegan e Ian Callaghan, era un’altra cosa. Erano i tempi di Stan Bowles, un numero 10 fantasioso quanto mattacchione, che amava alla follia le donne, il gioco e la birra. E che è rimasto famoso per episodi “pittoreschi” come quando prese a calci la FA Cup appena vinta dal Sunderland ed esposta a bordo campo in un match del 1973, o quando prima di un match con la nazionale contro l’Olanda si presentò con ai piedi uno scarpino dell’Adidas e uno della Gola. Giusto perché dopo che la Gola gli aveva assicurato un gettone di 200 sterline per indossare le sue nuove calzature, l’Adidas aveva offerto 100 sterline in più. Un mavarick, un purosangue scapestrato come il suo predecessore, Rodney Marsh. I suoi gol furono imprescindibili per raggiungere l’unica vittoria nella storia del club, la Coppa di Lega del 1967, per di più conquistata nonostante la squadra militasse in terza serie. “Io non sono il Pelé bianco, lui è il Rodney Marsh nero”, una delle sue frasi più celebri, che danno bene l’idea del personaggio. A fine carriera il buon Rodney andò a comporre un terzetto di grandi talenti stagionati (e bevitori incalliti) con George Best e Bobby Moore al Fulham. Personaggi affermatisi nel periodo d’oro del calcio inglese, negli anni Sessanta e a inizio settanta. Quando allo Stamford Bridge c’era un re di nome Peter Osgood. Uno tutto fantasia e colpi di classe, che sarebbe piaciuto molto anche a un giovane miliardario russo.