lunedì 29 aprile 2013

Il punto sulla Premier – Si infiamma la lotta per un posto in Champions League

Tra le tre londinesi che si giocano due posti nell'Europa che conta vince solo il Chelsea. Il Manchester City ipoteca il secondo posto sconfiggendo il West Ham.

Il Liverpool umilia il Newcastle, che torna a tremare. Sempre in zona retrocessione, male il Norwich, benissimo l'Aston Villa, che sotterra il Sunderland sotto sei goal. QPR e Reading salutano la compagnia con uno scialbo 0-0 nello scontro diretto.

COS'E' SUCCESSO – Decisa anche matematicamente la lotta per il titolo, la Premier propone ancora molti spunti interessanti. In primis la rincorsa al terzo e quarto posto. Questo fine settimana si avvantaggia il Chelsea, vittorioso in casa con uno Swansea ormai appagato. Frankie Lampard sale a una sola rete di distanza dai 202 goal di Bobby Tambling, recordman di segnature in maglia Blues. Robin Van Persie torna all'Emirates e segna ancora ai suoi vecchi compagni. L'olandese si sta per laureare capocannoniere. Ora è a quota 25 e Suarez (23) non giocherà più per il resto della stagione. Non bene il Tottenham che acciuffa con affanno il pari a Wigan. Nei quartieri bassi della classifica scintillante prestazione dell'Aston villa (e di Benteke, tripletta), che infligge un terribile dispiacere a Paolo Di Canio (1-5 ed espulsione per Sessegnon). Dietro pessime prove di Newcastle (0-6 con il Liverpool, che ritrova Fabio Borini in campo e subito in goal) e Norwich (Canarini impallinati a Stoke).

IL TOP – Dopo quello del 2011, Gareth Bale ha vinto per la seconda volta il premio di miglior giocatore della stagione (nonché quello di miglior giovane). Per farlo, e scusate se è poco, ha battuto la concorrenza di un vero fenomeno come Van Persie. Giocatore dominante come pochi al mondo, contro il Wigan il gallese per una volta ha segnato un goal “brutto” (incredibile pasticcio difensivo), lui che ci ha abituato a perle da cineteca.

IL FLOP – Il Newcastle non perdeva con sei goal di scarto nella massima divisione dal 1925 (1-7 contro il Blackburn). La sconfitta contro una squadra, il Liverpool, sicuramente non eccelsa e per di più priva del suo migliore giocatore (il plurisqualificato Suarez) rappresenta un segnale molto allarmante per un finale di stagione da vivere con il fiato sospeso per i supporter dei Magpies.

LA SORPRESA – Nelle dimensioni – un secco 3-0 – il trionfo del West Bromwich Albion a Southampton è stato abbastanza inaspettato. Se poi pensiamo che i Saints non perdevano in casa con il team del The Hawthorns dal 1969 (allora fu “solo” per 0-2), possiamo quasi parlare di risultato storico.

TOH CHI SI RIVEDE – Charlie Adam ha messo fine a un digiuno durato cinque mesi siglando l'unico goal del match salvezza contro il Norwich. Da quando è allo Stoke, lo scozzese ha palesato più bassi che alti, ma forse per i Potters la sua marcatura potrebbe valere la salvezza. Quando si dice un tempismo perfetto.

LA CHICCA – I 20 titoli del Manchester United sono stati vinti da soli tre allenatori: Alex Ferguson (13), Matt Busby (5) e Ernest Mangnall (2).

CONSIGLI PER GLI ACQUISTI – Danny Rose è chiaramente solo di passaggio al Sunderland, dove ha ben impressionato per tutta la stagione. Nel 2013-14 dovrebbe tornare alla squadra che detiene il suo cartellino, il Tottenham. Dal momento che il ventitreenne è un esterno difensivo sinistro e che proprio sulle fasce gli Spurs hanno abbondanza di talenti, non è detto che al White Hart Lane giocherà spesso da titolare.

sabato 27 aprile 2013

I pinguini di Hartlepool

Come vuole la tradizione, un po' di fancy dress per l'ultima giornata di campionato. In questo caso, come potete vedere nella foto, i tifosi dell'Hartlepool sono stati ritratti in abito "pinguinesco" sulla metro di Londra mentre sono di passaggio per arrivare a Crawley. Poco importa se il club per cui tifa Andy Cap sia retrocesso da qualche turno.

giovedì 25 aprile 2013

Il silenzio è d'oro

Se insulti con epiteti razzisti un avversario e poi rifiuti anche di stringergli la mano quando ci devi giocare di nuovo contro, ti tuffi come nemmeno Greg Louganis ai bei tempi, segni goal di mano contro una piccola come il Mansfield Town e poi dici pure che non lo hai fatto, dai morsi che solo Mike Tyson giustifica (guarda caso) non sei certo una povera vittima se finisci per beccarti 10 giornate di squalifica. Brendan Rodgers la pensa invece così. Certo, è l'allenatore di Luis Suarez (ovviamente il personaggio in questione) e in parte lo si può anche capire, visto che senza l'uruguaiano il suo team, già abbastanza mediocre, diventa sul serio poca cosa. Però personalmente sarei ben contento se Suarez - ribadisco, grande giocatore ma anche pessima persona, almeno in campo - trovasse una sistemazione fuori dalla Premier. Casomai in qualche team che sbandiera grande stile ma poi si dava tanto da fare a spedire sim card svizzere agli arbitri...

lunedì 22 aprile 2013

Il punto sulla Premier – United, un titolo firmato Van Persie

I Red Devils si aggiudicano il loro ventesimo titolo di campioni d'Inghilterra schiacciando il pericolante Aston Villa. Tripletta dell'olandese.

Sempre più serrata la lotta per gli ultimi due posti disponibili in Champions League. Affermazione dell'Arsenal al Craven Cottage, mentre il Chelsea si fa raggiungere in extremis ad Anfield Road.

COS'E' SUCCESSO – Ormai era scritto da tempo, nel Monday Night è arrivata la certificazione ufficiale: il Manchester United è di nuovo campione d'Inghilterra. Sui malcapitati Villans si è abbattuta la furia di Robin Van Persie e all'Old Trafford sono così iniziati dei lunghi festeggiamenti. Il Tottenham si vendica dell'1-5 subito a domicilio lo scorso anno dal Manchester City cancellando con 10 minuti di fuoco nel secondo tempo un'ottima frazione di gioco dei ragazzi di Mancini. Decisivo con un assist e un goal – e come poteva essere altrimenti – il rientrante Gareth Bale. I Light Blues conservano un margine confortante proprio sulle tre inseguitrici londinesi. L'Arsenal vince sul campo del Fulham, con Arsene Wenger che se la prende molto per l'orrendo fallo di Steve Sidwell su Mikael Arteta. A proposito di fallacci, che dire del morso alla Tyson di Luis Suarez a Branislav Ivanovic. Classico “hero & villain” l'uruguayano ha poi finito per regalare il goal del pareggio al Liverpool contro il Chelsea nel giorno del ricordo delle 96 vittime della tragedia di Hillsborough. Giganteschi passi in avanti in zona retrocessione per Stoke (2-0 su un QPR ormai in smobilitazione) e Sunderland (1-0 all'Everton ancora in caccia di un posto in Europa). Gioca bene ma perde il Wigan al Boleyn Ground. Per i Latics, così come per l'Aston Villa, la permanenza in Premier è ad alto rischio.

IL TOP – Troppo scontato citare Van Persie, proviamo con una new entry. Bisogna riconoscerglielo, dopo tutte le polemiche che aveva suscitato la sua nomina a manager del Sunderland, riuscire subito a dare una forte scossa alla squadra e soprattutto a raccogliere punti non era per niente scontato, anzi. Al netto delle peculiarità del personaggio (vedi le esultanze, ma non solo), Paolo Di Canio sta svolgendo un ottimo lavoro con i Black Cats. E intanto la salvezza si avvicina.

IL FLOP – Anche in questo caso sarebbe troppo banale mettere dietro la lavagna per l'ennesima volta un ormai incorreggibile Luis Suarez. Meglio sottolineare il segno della resa del Manchester City, che sta nell'incredibile errore di Vincent Kompany – uno degli eroi del titolo del 2011-12 – sul goal del pareggio del Tottenham. Per i successivi 10 minuti non solo Kompany, ma anche il resto della difesa, ha lasciato strada al Tottenham senza colpo ferire.

LA SORPRESA – In assenza di risultati di giornata clamorosi, la sorpresa, in questo caso negativa, è la mancata qualificazione in Europa per la seconda stagione consecutiva da parte del Liverpool. In attesa di vedere i frutti del lavoro di Brendan Rodgers, i Reds rimangono ben al di fuori dei top team della Premier, rischiando di finire anche dietro ai cugini dell'Everton (i quali a disposizione hanno un budget inferiore rispetto al club dell'Anfield Road).

TOH CHI SI RIVEDE – Tony Pulis di recente lo ha impiegato a intermittenza, ma lui non ne ha fatto una tragedia. Una volta chiamato a risolvere i problemi dello Stoke, Peter Crouch non si è tirato indietro, segnando un goal esiziale in quel di Loftus Road. Quando si dice il veterano affidabile.

LA CHICCA – Romelu Lukaku il clone di Pippo Inzaghi? A giudicare da quante volte finisce in fuorigioco il giovane belga che il Chelsea ha prestato al West Bromwich, una volta ogni 44 minuti (record della Premier), parrebbe proprio di sì.

CONSIGLI PER GLI ACQUISTI – E' una delle poche note positive della disastrata stagione del Reading. Alex McCarthy è un ragazzone dagli straripanti mezzi fisici messosi in evidenza nelle ultime partite grazie delle ottime parate. Un portiere giovane (23 anni) su cui costruire la squadra del futuro. Oppure un talento su cui fare cassa una volta tornati in Championship.

I conti in tasca ai club di Premier

I bilanci al 31 maggio 2012 delle squadre che hanno partecipato alla scorsa edizione della Premier raccontano di introiti record – oltre 2,7 miliardi di euro incassati – ma anche di una spessa a dir poco eccessiva per i costi di personale, ovvero essenzialmente i giocatori: 1,8 miliardi. Francamente troppo, anche perché nel calcolo non sono comprese le lucrose prebende pagate agli agenti. La buona notizia è la riduzione delle perdite di oltre un terzo – ora siamo intorno ai 240 milioni – sebbene questo passo in avanti sia dovuto soprattutto al taglio dei debiti del Manchester City. Quello dello United, grazie alla spericolata architettura finanziaria messa in piedi dalla famiglia Glazer, è ancora oltre i 430 milioni, con circa 60 milioni di interessi pagati all'anno.

Nel complesso, solo otto club su venti fanno registrare profitti, ma con il nuovo, ricchissimo contratto sottoscritto per la cessione dei diritti televisivi c'è la possibilità di migliorare i bilanci. E forse di pagare un po' di più gli inservienti (dagli addetti alle pulizie ai venditori dei costosissimi match programmes) cui sono riservate le briciole delle briciole, tanto che il sindaco di Londra Boris Johnson ha tirato le orecchie alle compagini della sua città. Anche perché la Premier ha deciso che quando entrerà in vigore proprio il contratto sui diritti televisivi sarà introdotto anche un limite sui salari dei calciatori. Finalmente.

sabato 20 aprile 2013

Luci e ombre odierne

Aggiungo rispetto al post precedente che oggi al Fratton Park per salutare la squadra appena retrocessa c'erano oltre 18mila tifosi, praticamente il tutto esaurito. Dopo essere stato lì a settembre, ho avuto la conferma che quelli dei Pompey sono tra i migliori tifosi del Regno Unito. Poi una buona notizia è che la penalizzazione di 10 punti per gli ormai risolti - si spera - problemi finanziari sarà applicata questa stagione e non la prossima. Quindi il Portsmouth si può giocare le sue carte per un pronto ritorno in League One.

Chiudo con una nota di tristezza per l'addio all'Underhill da parte del Barnet. Non aggiungo altro, tanto sapete come la penso sugli stadi "storici"...

Pompey Supporters' Trust

Il PST è finalmente riuscito ad acquistare il Portsmouth. I tifosi ci hanno messo tre milioni di tasca loro, ma il club ora ha la quasi certezza di non rischiare più l'estinzione. E soprattutto che non dovrà aver a che fare con manigoldi in cerca di soldi facili, come accaduto negli ultimi anni. Certo, il Portsmouth è retrocesso in Quarta Divisione, ma sono sicuro che nel 2013-14 al Fratton Park ci sarà l'entusiasmo dei tempi belli. Play up Pompey!

lunedì 15 aprile 2013

Justice for the 96

Oggi è l'anniversario della tragedia dell'Hillsborough. Sempre un evento da ricordare con grande tristezza, ma almeno dopo oltre 20 anni questa volta c'è da sperare che qualcuno dei responsabili paghi, a seguito delle novità positive registratesi negli ultimi mesi dello scorso anno. I 96 aspettano ancora giustizia, le scuse di David Cameron sono importanti ma non bastano.

domenica 14 aprile 2013

Ecco le quattro chiacchiere con John King

Scritto nel 2008 ma pubblicato in Italia dalla Boogaloo Publishing solo verso la fine del 2012, Skinheads è l'ultimo libro realizzato da John King, autore tra gli altri dell'opera di culto La tribù del calcio, scritta nel 1996 e basata alle “imprese” di un gruppo di tifosi del Chelsea. Ovvero la squadra che King sostiene fin da bambino. La sua produzione è incentrata su storie dalla forte caratterizzazione socio-politica, come il romanza “Smaltimento Rifiuti”, che lui stesso ha definito un “libro a difesa del sistema sanitario nazionale”, da anni ormai sotto attacco. Sei anni fa ha fondato la casa editrice London Books con lo scrittore Martin Knight, recuperando molte storie a sfondo sociale e della working class che risalgono agli anni 30 e sono stati messi ai margini o dimenticati per decenni.

In Italia abbiamo un'immagine molto stereotipata degli skinhead. Nel tuo libro riesci a spazzarla via. Ci potresti fare un breve sunto della storia di questa sottocultura?

Gli skinhead originali emersero alla fine degli anni 60. Erano grandi amanti di ska, rocksteady e bluebeat, tutta musica arrivata in Gran Bretagna dalla Giamaica. Molti singoli dello skinhead reggae hanno riscosso un enorme successo popolare. Prima c'erano i mod, gli skinhead in qualche modo hanno rappresentato l'estensione della generazione precedente. Il loro abbigliamento era incentrato su stivali Doctor Martens, jeans Levis, pantaloni Sta Prest, camicie Ben Sherman, magliette Fred Perry e giacche Harrington. La seconda ondata si è materializzata alla fine degli anni 70. Alcuni seguivano gruppi punk come gli Sham 69 e poi gruppi Oi! quali i Last Resort, altri erano più interessati alle nuove band ska inglesi dell'etichetta 2-Tone. Il suono di questi ultimi gruppi era una fusione dei veloci ritmi punk e ska. Queste passioni non di rado si sono intersecate e il look ha spesso rappresentato variazioni sul tema rispetto a quello originale. Nel caso degli Oi!, il look aggressivo era una reazione alla classe media che con le sue influenze hippie aveva annacquato il punk.

Soprattutto da noi, gli skinhead sono spesso associati a posizioni politiche di estrema destra.

Ci sono skinhead di sinistra e di destra, un po' come accade in ogni settore della società. Nel mio romanzo mi sono tenuto lontano dalla politica, concentrandomi invece sui personaggi e sul loro essere gente comune. Questo rispecchia la mia esperienza. Ho dato molto risalto alla musica, così lo skinhead originale Terry ama autori del calibro di Laurel Aitken e Prince Buster, mentre Ray è influenzato dalle Oi! band degli anni 80. Se dovessi definire uno skinhead, direi che è abbastanza patriottico, ama certi stili di musica, segue una squadra di calcio, socializza nei pub e proviene dalla working class. Gli skinhead hanno la reputazione di essere violenti, ma questo è vero per molte sottoculture giovanili, del presente e del passato. Nel caso degli skinhead, la violenza probabilmente è collegata alla nascita del teppismo nel calcio negli anni 60, che a sua volta va di pari passo con le prime partite di football trasmesse in TV e allo sviluppo dei media sensazionalistici.

In "Skinheads" racconti la storia di una famiglia. L'impressione che si ricava è che non ci sia una profonda spaccatura tra le generazioni come si potrebbe essere portati a credere. È vero?

Non ho mai pensato che ci sia una frattura tra le generazioni, non certo tra le persone che conosco. Credo che sia vero il contrario, che i veri insegnamenti si tramandino all'interno delle famiglie, perché non sono influenzati da elementi esterni e “propagandistici”. Da giovani è naturale ribellarsi contro i propri genitori, magari facendo qualcosa che loro non approvano, ma passa in fretta per la maggior parte delle persone. Ovviamente ci sono casi estremi, ma in generale come possiamo rifiutare le precedenti generazioni della nostra famiglia? Sarebbe come rifiutare una parte di noi stessi. Posso sedermi in un pub, con le persone di 19 e 20 anni e alla fine le loro lotte sono più o meno le stesse che ho fatto io, i loro sogni molto simili ai miei. Loro sono io quando ero giovane, forse io sono loro quando saranno più grandi.

È corretto affermare che le sottoculture sono molto più un fenomeno delle generazioni passate e che prima erano molto più radicate di quanto siano al giorno d'oggi?

Questo è vero, il mondo degli affari ha rubato un sacco della nostra cultura, rimpacchettandola, marchiandola e rivendendola alla gente in forma diluita. Come diceva Joe Strummer, 'hanno trasformato la ribellione in denaro'. Tutte le sottoculture avevano una matrice popolare, ma molte di quelle più familiari ora sono rivendute ai più giovani. Ma ci sono altre sottoculture che forse non sono così palesemente visibili, anche se credo che ci sia una nuova generazione che sta rivivendo gli stili di abbigliamento e la musica dei filoni punk, ska, folk e rock. Nella globalizzazione tutto si scopre con facilità. C'è meno localismo. Tanto mistero è stato distrutto. È anche vero che sono in tanti ad avere inventiva, il che finisce per mettere all'angolo le multinazionali. I giovani che conosco sono molto creativi e dinamici, non si lasciano ingannare facilmente.

"Skinheads" è un libro scritto prima dell'inizio della crisi che stiamo ancora attraversando. Quali effetti sta avendo sulla società britannica? Pensi che la gente stia reagendo bene o in maniera troppo passiva?

Ovviamente la crisi ha colpito forte in termini di aumento della disoccupazione e dei debiti delle persone, ma i nostri “controllori” la stanno usando come strumento per smantellare lo stato sociale. Un processo in atto in tutta Europa, soprattutto nell'Eurozona, dove le istituzioni godono di maggior potere, al punto di condizionare in maniera pesante le decisioni dei singoli governi. È spaventoso.

In Gran Bretagna, il premier Cameron sta continuando il lavoro di Blair e della Thatcher. Credo che dovremmo investire nel settore pubblico, non apportare tagli, quindi per me le misure di austerità hanno una forte impronta ideologica. La crisi è una cortina di fumo per procedere con le privatizzazioni, come richiesto dalle direttive comunitarie. Allo stesso tempo, penso che il popolo britannico sia ben contento che il Paese non faccia parte dell'Eurozona, così che non ci troviamo nella posizione di Irlanda, Grecia, Italia e Spagna.

La gente si sente impotente e in tanti pensano, me compreso, che dobbiamo uscire dall'Unione europea nel più breve tempo possibile. Lo stesso vale per qualsiasi altro paese che vuole mantenere la sua sovranità. Vedo l'UE come un super-Stato totalitario in fieri, mentre l'Eurozona sta distruggendo le culture e la vita delle persone.

Qual è il tuo parere sui disordini del 2011 in Inghilterra?

Io vivo in una delle zone più colpite dai disordini, così li ho potuti seguire molto bene di persona, tanto che all'una del mattino del primo giorno il mio appartamento era pieno del fumo degli edifici in fiamme. Devo dire che non sono molto “in sintonia” con i ragazzi che hanno devastato i quartieri dove vivono le loro stesse comunità. Non credo che ci fosse un elemento politico dietro i disordini. Alla base di quanto accaduto c'è stata la morte di un giovane ucciso dalla polizia, ma gli eventi che sono seguiti in altre aree sono stati casi di disordini fini a se stessi, con forti infiltrazioni di elementi criminali che hanno approfittato della confusione che si è creata. La polizia non ha fatto molto per mettere subito un argine ai riots. Hanno preferito usare le telecamere a circuito chiuso per catturare gli individui coinvolti. Però alla fine cinque persone hanno perso la vita perché tante altre volevano mettere le mani su alcuni prodotti di marca...

In generale, pensi che la società britannica sia più violenta rispetto al passato, visti anche i tanti accoltellamenti di giovanissimi a Londra e in altre parti del Paese?

In realtà credo che l'Inghilterra sia molto più tranquilla oggi. Sì, ci sono stati vari accoltellamenti a Londra, ma sono relativamente poco numerosi e in gran parte collegati a questioni di droga. Questo non rende tali episodi meno tragici, ma non è un esempio rappresentativo di tutto il paese.

Anche in passato ci sono stati degli accoltellamenti, ma da noi chi usa i coltelli è sempre stato guardato con disprezzo dagli esponenti della working class. Prima c'erano numerose risse per strada e nei pub e si usavano quasi sempre le mani. In generale direi che gli anni 70 e 80 c'era molta più violenza di oggi. Forse il modo in cui vengono diffuse immagini violente su Internet e in televisione dà un'impressione sbagliata. La mia sensazione è che l'Inghilterra sia un posto abbastanza sicuro e tollerante in cui vivere.

Forse il tuo libro più famoso, almeno in Italia, è "The Football Factory". In Inghilterra c'è un crescente numero di tifosi schierato contro il corporate football. Pensi che riusciranno a fermare l'iper-commercializzazione del calcio?

Sarà molto dura, ma almeno tanti supporter hanno preso posizione in maniera molto netta. Ritengo che il calcio sia stato rubato alla gente. I nostri governanti ci spremono su ogni elemento della nostra cultura. Schiacciano tutta la vitalità, soffocano la nostra libera espressione per poi rivenderci un prodotto a loro immagine e somiglianza. Non a caso molte persone sono contro il calcio moderno. Migliaia di fan anni fa hanno rinunciato a seguire la Premiership. Purtroppo i loro posti sono stati occupati dai “nuovi tifosi”, cacciatori di gloria e appassionati part-time. Al Chelsea stiamo lottando per salvare Stamford Bridge, visto che Roman Abramovich vuole vendere il terreno per un sacco di soldi e trasferire il club altrove. Quanto successo ai nostri club calcistici più importanti è veramente tragico.

A proposito del Chelsea, lo segui ancora? In tanti dicono che l'atmosfera a Stamford Bridge è molto diversa rispetto al passato. Troppi soldi e vittorie uccidono la passione?

Rispetto alla squadra che ho seguito di persona allo stadio negli anni 70 e 80, ma in parte anche nei 90, il Chelsea è cambiato in modo radicale. Ci sono ancora “veri” tifosi che vanno allo Stamford Bridge e c'è uno zoccolo duro che segue la squadra ovunque, ma la maggior parte della mia generazione ha rinunciato, mentre i giovanissimi non possono permettersi di pagare l'esorbitante costo dei biglietti. Io vado allo stadio ogni tanto, ma a essere onesti mi annoio sempre di più.

Qual è il tuo parere in merito alla sottocultura casuals?

Casuals significa cose diverse per persone diverse, ma immagino tu intenda la terrace culture del calcio inglese? È un modo di vivere, direi addirittura una ragione di vita quando si è giovani. Nel corso degli anni parte di questa sottocultura è stata distorta, ma a me da ragazzo piaceva tanto andare a vedere le partite del Chelsea dalla Shed (la “curva” dei Blues, ndr), o attraversare l'Inghilterra e l'Europa al seguito della mia squadra del cuore. Ci sono vari livelli, ma nel complesso l'amore per il calcio garantisce un forte interesse alle persone. Certo, si sono verificati episodi negativi, tuttavia essere casuals riguardava più condividere alcune esperienze con i tuoi amici che dedicarsi alla violenza. Voleva dire socializzare, viaggiare, ascoltare un certo tipo di musica, vestire con un determinato stile, condividere le storie dei vari “personaggi” delle gradinate, delle terraces. C'è stato un momento in cui le cose sono andate fuori controllo, ma il calcio è sempre stato un elemento cardine delle comunità, un elemento che unisce anche gruppi di persone con età e background sociali differenti. Andando indietro nel tempo, la presenza sulle gradinate, dove si stava in piedi, mai seduti, ha garantito alla gente una preziosa valvola di sfogo, godendosi quello che il mio giocatore preferito, Alan Hudson, definisce il 'the working man's ballet'.

La verità sulla tragedia di Hillsborough, quando 96 tifosi del Liverpool morirono allo stadio dello Sheffield Wednesday, è finalmente emersa. Che opinione ti sei fatto su questo terribile evento?

Tutti sapevano la verità, ma nulla è stato fatto. Ricordo che un paio di anni prima, quando il Chelsea giocò a Sheffield, in quella maledetta gradinata dell'Hillsborough c'ero anche io e ci furono dei problemi. C'era qualcosa che non andava nella struttura in sé, ma la mia convinzione è sempre stata che sono state le barriere di protezione a uccidere i supporter del Liverpool. La polizia avrebbe dovuto controllare meglio la situazione, mentre sembra che l'abbia gestita malissimo, cercando solo di coprire i propri errori. Sono sicuro che ora ci saranno varie azioni giudiziarie, ma se quelle recinzioni non fossero esistite i tifosi si sarebbero salvati. Ma proprio quelle recinzioni sono state volute dai politici e credo che anche loro dovrebbero essere chiamati a rispondere di quanto accaduto. I tifosi del Liverpool che si sono battuti per avere giustizia sono persone incredibili, un esempio per tutti.

I governi Thatcher e Blair hanno promulgato delle leggi draconiane per reprimere il teppismo negli stadi. Pensi che per bloccare il fenomeno si siano violati i diritti civili dei tifosi?

Sì, sicuramente, ma troppo spesso i diritti civili degli appassionati di calcio sono stati ignorati. Anche prima del giro di vite, la polizia erano sempre pronta a usare la mano pesante e ad arrestare chiunque, facendo più o meno come voleva. Detto questo, è anche vero che negli anni 70 le forze dell'ordine hanno avuto a che fare con vasti gruppi di tifosi che ogni sabato causavano degli enormi disagi in giro per il Paese. Oggi tutto ciò è inimmaginabile.

Hai dichiarato che George Orwell ha esercitato una grande influenza sulla tua attività di scrittore. Pensi che i libri di Orwell siano ancora attuali?

Sì, così come lo sono opere quali Brave New World di Aldous Huxley e Fahrenheit 451 di Ray Bradbury, che sono libri che metto allo stesso livello di 1984, La fattoria degli animali e dei saggi e degli articoli di Orwell. Proprio Orwell ha scritto delle persone al potere in un modo quanto mai attuale, visto che la maggior parte dei politici ha un'istruzione universitaria ma non ha mai avuto un vero lavoro. Il Partito Laburista è stato costituito per rappresentare gli uomini e le donne comuni, tuttavia adesso ha perso il contatto con la realtà. Orwell era un socialista, ma è riuscito a volgere lo sguardo oltre la linea del partito, ha visto come il linguaggio e la storia potevano essere distorti, mentre Huxley scriveva di genetica e del consumo di droghe come controllo sociale e Bradbury si concentrava sulla distruzione della letteratura e del libero pensiero. Tutte cose che stanno accadendo al giorno d'oggi.

Ai tempi di Orwell, i dittatori dicevano quello che pensavano e impiegavano la forza bruta, ragion per cui erano facilmente identificabili e li si poteva combattere. Ora i nostri nemici sono in gran parte invisibili e più subdoli. È vero, sono guidati dalla stessa avidità e fame di potere, ma agiscono più sottotraccia, dicono una cosa e fanno l'esatto opposto, comunicano solo per fare pubbliche relazione e nient'altro. Le persone che stanno modellando le nostre società sono non identificabili. La gente comune adesso può contare sulla disponibilità di un numero crescente di beni di consumo, ma alla fine sono massicciamente in debito. Il livello di indebitamento è così alto che in tanti gireranno una percentuale significativa dei loro salari alle banche per i decenni a venire. Sarebbe interessante vedere come Orwell, Huxley e Bradbury riscriverebbero quei romanzi adesso. I mezzi tecnologici probabilmente cambierebbero, ma credo che i messaggi rimarrebbero gli stessi.

Ora hai una tua casa editrice. Ci puoi raccontare qualcosa al riguardo?

Ho messo su London Books (www.london-books.co.uk) con lo scrittore Martin Knight sei anni fa. La nostra collana principale è quella dei London Classics, che comprende storie a sfondo sociale e della working class. Sono quasi tutti romanzi che risalgono agli anni 30 e sono stati messi ai margini o dimenticati per decenni. I nostri autori sono James Curtis, John Sommerfield, Gerald Kersh, Robert Westerby, Alan Sillitoe e Simon Blumenfeld. Si tratta di opere di narrativa molto forti, scritte in maniera vibrante, senza censurare nulla. Sono istantanee di Londra che è impossibile trovare altrove. Sono troppo “dinamiche” per i canoni ufficiali. Ogni libro presenta un'introduzione da parte di un autore moderno.

Un giorno mi piacerebbe realizzare una nuova collana di opere di fiction, facendo salire alla ribalta dei nuovi scrittori, ma per fare questo servono tempo e denaro. Per adesso ho curato due nuovi romanzi, Malayan Swing di Pete Haynes e Barry Desmond Is A Wanker di Martin Knight. Abbiamo anche pubblicato due libri non di fiction, The Special Ones: Chelsea By The Fans e Gypsy Joe. Si tratta di un lavoro molto divertente, e facendolo abbiamo incontrato tante persone che la pensano come noi e credono in questo tipo di letteratura.

Intervista pubblicata sul Manifesto del 13/04.

sabato 13 aprile 2013

Intervista a un mito

Finalmente è uscita e domani sarà disponibile sul blog. Sto parlando dell'intervista a John King, realizzata grazie al prezioso aiuto di Giulio Ravagni della Boogaloo Publishing, cui rinnovo un immenso grazie. A domani.

mercoledì 10 aprile 2013

La Thatcher e il football

Purtroppo non ho tempo per approfondire, però questi due articoli mi sembrano abbastanza esaustivi: Clicca QUI e QUI per leggerli.

martedì 9 aprile 2013

Il punto sulla Premier – Il grande orgoglio del Manchester City

I Citizens vincono il derby all'Old Trafford e rovinano la festa allo United. Decide una prodezza di Aguero.

Altra battuta d'arresto del Tottenham, che pareggia solo in extremis contro l'Everton. Faticano ma vincono sia il Chelsea che l'Arsenal.

COS'E' SUCCESSO – Questa volta la stracittadina di Manchester valeva soprattutto per l'onore, visto l'enorme vantaggio in classifica dei Red Devils (imbattuti in campionato da 18 partite), ma tutto sommato non ha disatteso le aspettative della vigilia. Gara vibrante, con un ottimo City per ampi tratti di entrambe le frazioni di gioco. Alla scarsa vena di Rooney e Van Persie (a secco da dieci match) ha risposto un ritrovato Aguero. Ovvero proprio l'attaccante da oltre 20 goal a campionato che, complici anche alcuni infortuni, è mancato al City per tentare uno storico bis. Oltre al derby di Manchester, la trentaduesima di Premier rappresentava anche l'esordio nel massimo campionato inglese in veste di manager di Paolo Di Canio. A tratti il suo Sunderland ha lanciato incoraggianti segnali di risveglio ma, nonostante il fortunoso vantaggio a fine primo tempo, un pessimo inizio di seconda frazione ha condannato i Black Cats al settimo rovescio in nove gare. Il Chelsea così aggancia il Tottenham orfano di Bale e fermato sul pari dall'Everton (che non vince al White Hart Lane dal 2008). Bella affermazione dell'Arsenal a West Bromwich, con i Baggies ormai estromessi dalla lotta per un posto in Europa League. Ultima chiamata per Reading e QPR, ormai sull'orlo del baratro della Championship. Ma entrambi i team hanno fallito la prova decisiva. Beffato sul filo di lana il QPR, che fino a pochi secondi dalla fine stava assaporando la vittoria nello scontro diretto con il Wigan. Ancora peggio i Royals, surclassati da un ottimo Southampton (alla terza affermazione consecutiva, non accadeva dal 2003). Nessuna rivincita allora per Nigel Adkins, cacciato dai Saints e ora sulla panchina del Reading. In coda vittoria esiziale per l'Aston Villa sul campo di uno Stoke in evidente disarmo. Decisiva una prodezza balistica di Matthew Lowton, di certo una delle marcature più belle (e forse più importanti) dell'anno.

IL TOP – Roberto Mancini lo aveva detto: il City non meritava un distacco di ben 15 punti dallo United. Per mettere in chiaro i valori in campo, ha quindi pensato bene di violare per la seconda volta consecutiva l'Old Trafford (un evento che non accadeva da 41 anni). Certo, non 6-1 come l'anno scorso e senza avere speranze di recuperare il deficit in classifica, ma quella raccolta nel MondayNight è lo stesso una bella soddisfazione per tutto l'ambiente dei Light Blues in vista della semifinale di FA Cup contro il Chelsea, in programma domenica prossima a Wembley.

IL FLOP – Dall'inizio del 2013 lo Stoke City è la compagine che ha raccolto meno punti (solo cinque). La sconfitta con l'Aston Villa è la quinta in sei incontri e fa rientrare i Potters nella bagarre salvezza.

LA SORPRESA – Il Liverpool sembrava in rampa di lancio per la rincorsa ai cugini dell'Everton e alla qualificazione in Europea League. E invece si è fatto bloccare dal West Ham, per di più ad Anfield Road.

TOH CHI SI RIVEDE – Ogni tanto Tomas Rosicki mostra ancora qualche lampo della sua grande classe, penalizzata dai problemi fisici che hanno afflitto il centrocampista ceco. La sua doppia a The Hawthorns riporta i Gunners in corsa per un posto nella Champions League 2013-14.

LA CHICCA – Contro il Fulham, il Newcastle ha segnato il terzo goal al novantesimo negli ultimi quattro match casalinghi. Quando si dice che i Magpies non mollano mai...

CONSIGLI PER GLI ACQUISTI – Ormai è ufficiale, il francese Morgan Schneiderlin è una delle rivelazioni della stagione. Infaticabile rubapalloni, il centrocampista francese è alla sua prima stagione in Premier dopo essere arrivato al Southampton dallo Strasburgo nel 2008.

sabato 6 aprile 2013

Sempre su Di Canio

Per capire bene il personaggio consiglio caldamente la lettura dell'ottimo pezzo dell'amico Stefano Faccendini, linkato QUI. Intanto, come riportano vari articoli apparsi sui media inglesi, a Sunderland le associazioni dei minatori continuano a storcere il naso. Tanti tifosi, invece, provano a non mischiare calcio e politica e attendono il corso degli eventi.

mercoledì 3 aprile 2013

Il punto sulla Premier – Red Devils schiacciasassi

Nuovo record per il Manchester United, che a Sunderland infila la venticinquesima vittoria su trenta partite.

Tra i team nelle posizioni di vertice si ferma solo il Chelsea, mentre vincono tutte la altre. In coda si complica la situazione di Newcastle e Aston Villa. Praticamente spacciate QPR e Reading.

COS'E' SUCCESSO – Il sabato di Pasqua costa caro a Martin O'Neill. Perdendo contro l'inarrestabile Manchester United, il Sunderland continua la sua discesa negli inferi della classifica (due soli punti nelle ultime otto partite per i Black Cats) e la dirigenza corre ai ripari mettendo sotto contratto Paolo Di Canio. L'ex tecnico dello Swindon diventa così l'ottavo manager italiano della storia della Premier. Il Manchester City prende a sberle un Newcastle evanescente, con Silva e Tevez a menare le danze. Ma ormai è troppo tardi, le possibilità di riacciuffare i cugini sono pari allo zero. Lunedì prossimo il derby in programma all'Old Trafford potrebbe rappresentare il sigillo definitivo per il titolo dei Red Devils, a meno che ai Light Blues non riesca un sussulto d'orgoglio. Reduce da tre sconfitte consecutive tra Europea League e campionato, il Tottenham si risolleva sul campo dello Swansea, che sembra abbastanza appagato da una stagione già trionfale grazie al successo in League Cup. Gli Spurs sono di nuovo terzi, visto che il Chelsea inciampa nell'ostico Southampton. Bene l'Arsenal (che con il Reading poteva vincere con un punteggio ancora più largo del 4-1 finale) e le due di Liverpool, con i Reds che inguaiano a domicilio l'Aston Villa, vista la contemporanea affermazione in extremis del Wigan sul Norwich. Nel derby del West End londinese Dimitar Berbatov condanna il QPR a un quasi certo ritorno in Championship.

IL TOP – Buone notizie per Sam Allardyce e Roy Hodgson, Andy Carroll sembra tornato quello dei tempi del Newcastle, come testimonia la bella doppietta inflitta al West Bromwich Albion. Chissà se anche Brendan Rodgers ci vorrà fare un pensierino, facendolo tornare ad Anfield...

IL FLOP – Per strapparlo all'Anzhi, il QPR ha versato nelle casse della società russa ben 15 milioni di euro. Contro il Fulham Christopher Samba non ha certo dimostrato di valere tutti quei soldi, combinandone di tutti i colori. Doveva essere il salvatore della patria, invece ha affossato in maniera definitiva il povero QPR.

LA SORPRESA – Dopo quelli del Manchester City e del Liverpool, il Southampton ha intascato anche il prestigioso scalpo del Chelsea, a cui già all'andata aveva strappato il pareggio. Per i Saints ormai la salvezza è a un passo.

TOH CHI SI RIVEDE – Vincent Kompany non giocava con il City dallo scorso 26 gennaio (trasferta a Stoke). La sua assenza in difesa si è fatta sentire tantissimo, sia in termini di apporto tecnico che di personalità. Contro il Newcastle il belga ha ridato stabilità al reparto e trovato pure il goal, giusto per ribadire il suo valore in termini assoluti.

LA CHICCA – Era dal 2003 che nel mese di marzo non venivano cacciati due allenatori. Quest'anno è toccato a Brian McDermott e Martin O'Neill, allora fu il turno di Howard Wilkinson e Terry Veanbles.

CONSIGLI PER GLI ACQUISTI – Dieci goal e cinque assist. L'attaccante del Wigan Arouna Koné non poteva sperare di meglio per la sua prima stagione in Premier.

martedì 2 aprile 2013

Arriva Di Canio, Miliband se ne va

Scritto per il Manifesto.

“Auguro al Sunderland un futuro pieno di successi. E’ una grande istituzione che ha fatto tanto per il Nordest britannico e faccio tanti auguri alla squadra per le prossime sette partite decisive per la permanenza in Premier. Tuttavia, alla luce delle dichiarazioni politiche fatte in passato dal nuovo manager, credo sia giusto lasciare”. L'ex ministro degli esteri e candidato alla leadership laburista David Miliband non ha avuto dubbi: appena il Sunderland ha deciso di nominare Paolo Di Canio come manager al posto di Martin O'Neill, ha preferito rassegnare le dimissioni da vicepresidente e membro del board of directors.

L'ex idolo della tifoseria laziale non ha mai nascosto le sue simpatie per l'ideologia fascista e per Benito Mussolini, tanto da sfoggiare un tatuaggio con la scritta “Dux”. Non proprio un “dettaglio” di poco conto in una roccaforte laburista come il Nordest dell'Inghilterra. Il Sunderland ha da sempre una tifoseria di forte matrice working class, celebre ai tempi del vecchio stadio Roker Park per il Roker Roar, il “ruggito” del pubblico, simbolo di una immensa passione e della vicinanza a un team storico. Un team che ha mietuto buona parte dei suoi successi in piena epoca vittoriana. Ovvero quando la nascita del professionismo e della conseguente nuova opportunità di lavoro per i figli della classe operaia, vide il Nord dell'Inghilterra dominare su Londra e il suo retaggio amatoriale dettato dallo snobismo delle famiglie dell'alta borghesia e della nobiltà.

Tornando ai nostri giorni, sui social network un po' di supporter hanno già espresso la loro delusione per l'arrivo di un personaggio controverso come Di Canio. Tristemente celebre per i suoi saluti romani, oltre Manica – dove ha giocato e allenato per anni – è anche famoso per una serie pressoché infinita di gesti eclatanti. Iniziò con la spinta all'arbitro Paul Alcock nel 1998 che gli valse undici turni di squalifica, il gesto di fair play di non segnare un goal a porta vuota contro l'Everton perché il portiere avversario era a terra infortunato, i recenti litigi con i giocatori e la dirigenza dello Swindon Town, compagine di terza serie lasciata lo scorso febbraio per le difficoltà finanziarie del club, che a suo dire gli impedivano di continuare a lavorare nel migliore dei modi.

In Gran Bretagna, come del resto nelle tante squadre italiane in cui ha militato, lo rammentano pure per le giocate di grande spessore. In particolare, è un'idolo assoluto dei tifosi del West Ham, altra squadra dallo spiccato background working class, che non avrebbero avuto nulla da ridire se fosse divenuto loro tecnico (ipotesi tutt'altro che campata in aria, secondo i tabloid). Per loro Paolo è quello dei dribbling ubriacanti e dei goal impossibili, come la sforbiciata volante contro il Wimbledon nel 2000. A dirla tutta negli anni londinesi, ma anche nella stagione trascorsa al Celtic (tifoseria molto di sinistra) Mr Di Canio la sua fede politica evitava di sbandierarla ai quattro venti, sebbene tutti la conoscessero.

Ben differente l'atteggiamento assunto a fine carriera, al ritorno alla Lazio, la squadra del cuore, che seguiva da ragazzino in Curva Nord e con cui si fece un nome nel grande calcio professionistico. La “vicinanza” agli ultrà biancocelesti, dichiaratamente di estrema destra e il braccio teso “galeotto” contro la Juventus – che gli valse una squalifica – riportarono sulle prime pagine dei giornali le simpatie politiche del ragazzo cresciuto nel quartiere popolare del Quarticciolo. Adesso lo attende un compito difficile, salvare una squadra allo sbando (solo due punti nelle ultime otto partite) dalla retrocessione dalla ricca Premier al purgatorio (finanziario) della Championship. Molto probabile che anche in caso di salvezza Miliband non tornerà sui suoi passi. Strano destino quello del fratello dell'attuale segretario laburista Ed, che lo sconfisse a sorpresa nel 2010 nella corsa per la leadership del partito. Da poco ha scelto di rinunciare anche al seggio alla Camera dei Comuni e dire addio alla carriera politica per guidare l’International Rescue Commitee – ong per il sostegno dei rifugiati con sede a New York. Nonostante David abbia sempre smentito, non ne poteva più di vivere all'ombra del giovane Ed, un pizzico più di sinistra di lui e ben voluto dai sindacati.

A proposito dei trascorsi al Sunderland, per la verità la scorsa estate David Miliband aveva definito “una pietra miliare nella storia della Premier League” la firma del contratto di sponsorizzazione con la Invest in Africa. Dietro alla no profit, si cela la discussa multinazionale petrolifera con sede a Londra Tullow Oil, nota per l'estrema opacità – non pubblica nessuno dei contratti con i vari governi africani con cui collabora – ma soprattutto per le critiche ricevute per le operazioni in Ghana, causa di pesantissimi impatti ambientali. A differenza di Miliband, i supporter del Sunderland avevano espresso le loro perplessità sul nuovo sponsor. Ora attendono ulteriori chiarimenti da Di Canio, che ha già fatto sapere di “non essere razzista”. Ma di rinnegare l'amore per il fascismo per ora non se ne parla nemmeno.