lunedì 28 febbraio 2011

Magra consolazione

L'Arsenal, uscito sconfitto dalla bella finale di ieri della Carling Cup, si può consolare con i conti. I quali nel semestre maggio-novembre del 2010 sono sì in perdita, ma "solo" di 2,5 milioni di sterline e a fronte dei 29,2 registrati nel corrispettivo periodo nel 2009. Certo, ai tifosi che erano ieri a Wembley e che devono aver sofferto molto per il pasticcio che ha regalato il gol a Oba Oba Martins a un minuto dalla fine, nel breve periodo questa news non dovrebbe interessare moltissimo...

giovedì 24 febbraio 2011

Fallo da incubo

Ora gioca in Australia, ma il maltese Kevin Muscat ha precedenti con alcuni team inglesi, tra cui Millwall e Crystal Palace. Già oltre Manica era famoso per il temperamento a dir poco focoso, ma guardate che cosa ha combinato qualche tempo fa down under...http://www.youtube.com/watch?v=gwHzCtRa2SE

mercoledì 23 febbraio 2011

lunedì 21 febbraio 2011

Convegno a Roma

Facolta' di Giurisprudenza, via Ostiense 159, Roma Tre. Aula 5 piano terra

Moderatore: Luca Marafioti, docente Università Roma Tre.

Intervengono:
Diego Mariottini, Ufficio Iniziative Sportive Univ. Roma Tre e scrittore: “Il modello italiano: un tifo che cambia nei decenni, una forza antagonista”.

Francesco Caremani, giornalista e scrittore – “L’Heysel: una tragedia mediatica”.

Luca Manes, resp. Comunicazione Campagna per la Riforma della banca Mondiale –CRBM- e scrittore: “Luci e ombre del modello inglese”.

Diletta Perugia (dottoranda Procedura Penale Univ. di Urbino): “Violenza negli stadi, tessera del tifoso, aspetti processuali: quali garanzie?”.

Ovviamente dirò che bisognerebbe farla finita con la definizione "modello inglese"...

venerdì 18 febbraio 2011

Da WSC Howl, in inglese

Michel Platini wanted the Champions League final to be moved to Saturday so that more children could attend. The cheapest ticket for this year's game at Wembley is £150 plus a £26 "administration fee". So that's just for the children of Barclays bank executives, Russian oligarchs and deposed Middle Eastern autocrats, then.

Il punto sullo stadio Olimpico

Dal 2014-15 la nuova casa del West Ham United sarà lo stadio Olimpico dei Giochi di Londra 2012, a meno di improbabili ripensamenti del governo britannico o del sindaco di Londra Boris Johnson. Gli Irons sono stati preferiti al Tottenham Hotspur essenzialmente per due motivi: la vicinanza alla loro sede storica – la nuova arena sta sorgendo nell’East End – e soprattutto la promessa della dirigenza di mantenere la pista d’atletica, apportando solo modifiche marginali all’impianto. Gli Spurs, che come tutti sanno sono da tempo in cerca di un nuovo stadio, rimangono un club espressione del Nord di Londra e inoltre avevano intenzione di abbattere e ricostruire l’Olimpico a loro piacimento – e quindi senza pista. In cambio, il Tottenham avrebbe contribuito a rimodernare il piccolo Crystal Palace National Sports Centre, dove attualmente si svolgono i meeting di atletica leggera della capitale inglese e che a sua volta la dirigenza del Crystal Palace sta prendendo in considerazione per un inaspettato ritorno alle sede storica del club.

Se la tifoseria degli Speroni ha tirato un bel sospiro di sollievo, non altrettanto si può dire per la proprietà, che intende adire alle vie legali per sovvertire la decisione dell’Olympic Park Legacy Company sull’assegnazione dello stadio. Umori opposti in casa West Ham. Il duo Gold & Sullivan ha ovviamente festeggiato, molto meno tanti fan, che non vogliono abbandonare il glorioso Boleyn Ground e soprattutto doversi guardare la partita da decine di metri di distanza a causa di una pista d’atletica – sensazione spiacevole che è così diffusa dalle nostre parti. Prima della decisione finale si era fatto sentire anche Barry Hearn, il presidente del Leyton Orient, club di terza serie che teme di sparire per colpa dell’eccessiva vicinanza con il nuovo impianto. La stazione della metro di Stratford, dove bisogna scendere per andare all’Olimpico, dista infatti appena una fermata di metropolitana da Leyton, nei cui paraggi si trova l’ex Brisbane Road, ora ribattezzato Matchroom Stadium per ragioni di sponsor.

C'è chi sostiene però che Hearn stia mettendo le mani avanti per poi spostare il Leyton altrove e mettere su una bella speculazione edilizia con il terreno occupato dallo stadio attuale. Al netto di tutte le illazioni, è più probabile che, qualora il West Ham dovesse retrocedere in Championship e non ritrovare subito la retta via per la Premier, fra qualche anno sarà difficile riempire l’Olimpico. Con o senza pista d’atletica.

martedì 15 febbraio 2011

Il punto sulla Premier: Addio sogni di gloria per il Manchester City

Fine settimana molto importante in vetta alla classifica. Ormai si sta definendo una lotta a due tra Manchester United e Arsenal, visto che le altre sono sempre più distanti.

COS'E' SUCCESSO – Il 157esimo derby di Manchester, il più importante da qualche decennio a questa parte, arride allo United grazie all’incredibile prodezza di Wayne Rooney. Forse un pareggio sarebbe stato più equo, ma va anche detto che la solita tattica sparagnina di Roberto Mancini – che inizialmente ha tenuto Edin Dkezo in panchina schierando il suo amato 4-5-1, con Carlo Tevez unica punta – alla lunga non ha pagato. Lo stesso Mancini a fine partita ha dovuto ammettere che le speranze di vittoria in Premier sono ormai svanite. L'Arsenal si scrolla di dosso i fantasmi di Newcastle e supera senza troppi patemi d'animo il Wolverhampton. Grande trascinatore Robin Van Persie, alla seconda doppietta consecutiva, nonché autore di 10 reti nelle ultime sette partite di campionato. Ai Wolves, ora ultimi, non riesce l'impresa di battere la quarta Big Four. Nel Monday Night il sentitissimo derby del West End tra Fulham e Chelsea finisce in parità. Maluccio Fernando Torres, molto meglio l’altro nuovo acquisto David Luiz, che però nei minuti finali provoca il rigore poi sbagliato da Clint Dempsey. Chelsea a meno dodici e ormai tagliato fuori dai giochi che contano. Tiene il ritmo delle primissime il Tottenham, privo dell'infortunato Gareth Bale. Allo Stadium of Light gli Spurs vanno subito sotto, ma poi ribaltano la contesa. Si arresta la corsa del Liverpool, fermato sul pari ad Anfield dalla pericolante Wigan. Sempre in coda grande passo in avanti del Birmingham, impostosi nei minuti finali con lo Stoke, mentre West Bromwich e West Ham pareggiano un partita dall’andamento a dir poco singolare. Precipita l’Everton, sconfitto senza troppe attenuanti al Reebok Stadium, finalmente pieno di tifosi accorsi a sostenere i Trotters, autori fin qui di una stagione da incorniciare.

IL TOP – La sua è una stagione a dir poco complicata, infarcita di infortuni, beghe contrattuali (e matrimoniali), prestazioni ben al di sotto dei suoi standard e una scarsa confidenza con il gol. Anche sabato nel derby con il City Wayne Rooney non era stato protagonista di una partita da incorniciare, tutt'altro. Almeno fino a dieci minuti dalla fine, quando la sua magica sforbiciata ha fatto impazzire di gioia l'Old Trafford e molto probabilmente eliminato i Citizens dalla lotta per il titolo.

IL FLOP – Il West Bromwich Albion ha provato a imitare l'Arsenal, riuscendoci fin troppo bene. Sprecare tre gol di vantaggio contro una rivale diretta nella lotta per non retrocedere come il West Ham, per di più con i londinesi in evidente stato di confusione mentale – come dimostra il comico autogol dello 0-3 del difensore neozelandese Winston Reid – è un atto di masochismo estremo, che potrebbe costare molto caro ai Baggies. Fortuna per loro che adesso la guida della squadra passa a Roy Hodgson, uno che, come ha dimostrato al Fulham, è capace di miracoli quando si parla di evitare il capitombolo in Championship.

LA SORPRESA – Il Liverpool era reduce dalla grande affermazione dello Stamford Bridge e da quattro vittorie consecutive, per cui ben pochi credevano che il Wigan potesse costituire un ostacolo insormontabile per i ragazzi allenati da Kenny Dalglish. E invece i Latics hanno venduto cara la pelle, impattando con Steve Gohouri il quinto centro in sei partite di Raul Meireles, per poi reggere bene nel finale agli attacchi dei Reds.

TOH CHI SI RIVEDE – Niko Kranjcar è stato a lungo in predicato di lasciare il White Hart Lane. Impiegato con il contagocce, era diventato una sorta di peso per Harry Redknapp. Nelle ultime giornate, causa le assenze di Rafa Van Der Vart e Luka Modric, ha ritrovato un ruolo di titolare. Segnando pure due gol decisivi che mantengono gli Spurs in zona Champions League.

LA CHICCA – Quello di domenica al Loftus Road tra QPR e Nottingham Forest è sembrato più un anticipo di Premier che solo una sfida di Championship. Entrambe squadre di grande blasone, mancano da troppo tempo dal massimo campionato inglese. Per la cronaca è finita 1-1, con gli ospiti che hanno trovato il pareggio pochi minuti dopo essere rimasti in 10.

CONSIGLI PER GLI ACQUISTI – Non ha piedi raffinatissimi, però tanta voglia di rendersi utile alla squadra e un discreto fiuto del gol. L’attaccante del Birmingham City Nikola Zigic sta iniziando a trovare la rete con una certa continuità, grazie a una potenza fisica che ha pochi eguali anche in un campionato molto incentrato sull’agonismo come la Premier.

Pubblicato oggi da Goal.com

lunedì 14 febbraio 2011

Il Crawley Town va all'Old Trafford

Il soprannome di entrambi i club è Red Devils, diavoli rossi. Ma le similarità finiscono qui, tanto che nella storia del football inglese le due compagini non si sono mai incontrate. Almeno fino a sabato, quando il grande Manchester United e il minuscolo Crawley Town si fronteggeranno davanti ai quasi 80mila spettatori dell’Old Trafford per la partita più singolare del quinto turno di Coppa d’Inghilterra, forse l’unica competizione al mondo che può proporre sfide così fuori dal comune.

La capolista della Premier League, con una bacheca di trofei tra le più affollate dell’orbe terracqueo, contro la potenziale prima in classifica della Blue Square Bet Premier Division, la massima serie semidilettantistica del beautiful game (il Crawley al momento è secondo, ma ha cinque incontri da recuperare e solo quattro punti di distacco dalla capolista AFC Wimbledon). In realtà un altro elemento in comune alle due società c’è, ed è quello dei debiti. Tanti, intorno ai 600 milioni di euro, quelli dello United, a causa della furbesca gestione finanziaria portata avanti dal 2005 a questa parte dalla famiglia americana dei Glazer, che però si mormora sarebbe sul punto di vendere il club alla famiglia reale del Qatar per quasi due miliardi di euro. Visto quanto già accaduto con il City, sembra proprio che i fondi sovrani arabi abbiano una predilezione per la città di Manchester.

Ma a proposito di passività negative in bilancio, anche il Crawley Town – che rappresenta una cittadina a 45 chilometri a sud di Londra – nel suo recente passato se l’è vista brutta. A inizio 2009, i debiti da pagare ammontavano a poco più di un milione di euro, un’enormità per una realtà di quelle dimensioni. Poi nell’aprile dello stesso anno l’attuale presidente Bruce Winfield e un gruppetto di imprenditori locali corsero al capezzale del club, assolvendo alle varie pendenze in atto e iniziando a compiere importanti investimenti sul mercato. Non a caso la scorsa estate il Crawley ha stabilito il record di categoria, dal momento che ha speso 250mila euro per assicurarsi i servigi dell’attaccante Richard Brodie. Sembra che il Manchester City del mondo dilettantistico, come viene definito in maniera sprezzante dai rivali, debba le sue fortune a un uomo d’affari di Hong Kong, da cui arriverebbero buona parte dei fondi impiegati di recente.

Insomma, di romanticismo e profumo del calcio di una volta, nella bella avventura del Crawley, ci sono poche tracce, ma tant’è, per diventare la sesta compagine non league (esponente del mondo dilettantistico) ad arrivare così avanti nella competizione più antica del Pianeta dal Secondo Dopoguerra a oggi qualche quattrino in più è indispensabile.

La sfida nella sfida è tra i due manager, entrambi scozzesi. Alex Ferguson non ha bisogno di presentazioni, basta solo aggiungere che da bambino tifa per i Glasgow Rangers, squadra in cui ha militato qualche decennio fa, quando era un calciatore appena discreto. Steve Evans, invece, è una fanatico dei Bhoys di bianco e verde cerchiati, dei Glasgow Celtic, e ha una carriera d’allenatore macchiata da qualche peccatuccio di troppo. Ai tempi del Boston United fu sospeso per 20 mesi dalla Football Association a causa di gravi irregolarità contrattuali, successivamente è stato dichiarato colpevole da una corte inglese per evasione fiscale. Per non parlare poi delle sue performance a bordo campo. Nel 2006 al Blundell Park di Grimsby la polizia lo ha “accompagnato” fuori dallo stadio a metà partita dopo che aveva rovesciato sul povero quarto uomo un ingente carico di parolacce. Le giornate di squalifica e le espulsioni per condotta poco riguardosa nei confronti della terna arbitrale ormai non si contano più; chissà se saprà mantenere un aplomb impeccabile al Teatro dei Sogni e soprattutto in diretta televisiva nazionale.

Al di là delle sue marachelle, Evans ha sempre dimostrato di essere il classico buon allenatore di categoria e quest’anno sta conducendo i Red Devils a un’impresa storica: l’accesso alla Football League. Già il passaggio dal primo al terzo turno della Coppa d’Inghilterra (ovvero quando scendono in campo i big), poteva costituire la classica ciliegina sulla torta, figuriamoci la vittoria casalinga contro il Derby (blasonato team di Championship, l’equivalente della nostra Serie B) e il Torquay United (quarta serie) negli impegni successivi. Con i Rams allenati dal figlio del leggendario Brian Clough, Nigel, ha deciso nei minuti di recupero un gol del centrocampista argentino Sergio Torres, unico straniero della rosa di questa stagione insieme al portiere olandese ex Brighton Michel Kuipers. Una prodezza che ha scatenato l’entusiasmo dei 4mila fan accorsi all’angusto Broadfield Stadium – ovviamente per l’occasione tutto esaurito – tra i quali alcuni hanno pure esposto un “irriguardoso” striscione che recitava “Il vero Torres ce l’abbiamo noi”.

Un pizzico di spavalderia che non fa difetto – e come poteva essere altrimenti – nemmeno a Evans, il quale, dopo aver previsto che il sorteggio avrebbe accoppiato la sua squadra con gli illustri avversari, ha così commentato: “Siamo l’unica squadra non league in grado di battere il Manchester United. Certo, ci vorrà un miracolo, ma i miracoli a volte accadono”.

A confortare in parte il tecnico del Crawley ci sono alcuni precedenti di una manciata di anni fa. Nel 2005 e nel 2006 i Red Devils più celebri, per l’occasione imbottiti di riserve, pareggiarono il primo match per 0-0 sia contro l’Exeter City che con il Burton Albion, allora entrambi team semidilettantistici. Con l’Exeter la figuraccia arrivò addirittura all’Old Trafford, al cospetto però di 10mila tifosi ospiti in estasi di gioia. Certo, poi nei replay Ferguson mise in campo qualche titolare in più, guadagnando facilmente la qualificazione al turno successivo.

A Crawley tutti si augurano di poter assistere a una ripetizione del match a campi invertiti, che costituirebbe un vero e proprio evento epocale per il centro del West Sussex. Hai visto mai che quel giorno si possa materializzare pure l’ignoto benefattore di Hong Kong?

venerdì 11 febbraio 2011

La RBS all'Emirates

Questa forse era già uscita in precedenza altrove, ma mi sembra “carina”. La Royal Bank of Scotland (RBS) spende 160mila sterline l’anno per un box ospitalità all’Emirates Stadium, dove i suoi ospiti mangiano e bevono guardandosi comodamente i match dei Gunners. Fin qui nulla di male, se non fosse che la RBS è uno degli istituti di credito che più hanno approfittato degli aiuti di Stato durante il picco della crisi economica e finanziaria di poco più di due anni fa. Non a caso circa l’84% delle quote della banca è attualmente in mani pubbliche. E un box ospitalità così costoso non deve proprio fare la felicità dell’opinione pubblica britannica…

giovedì 10 febbraio 2011

Una serata al Craven Cottage

Sold Out. Niente più biglietti per gustarsi Fulham vs Newcastle, match di profilo medio in programma uno stranamente mite mercoledì sera di inizio febbraio londinese. I tifosi dei Cottagers, esaltati dal recentissimo 4-0 rifilato al Tottenham in Coppa d’Inghilterra, hanno deciso di stare vicino alla squadra, che è ancora immischiata nei bassifondi della Premier. La Toon Army, nemmeno a dirlo, è presente in forze. Ed è imbufalita contro l’ex idolo Andy Carroll. Lo capiamo ascoltando i cori che alcuni supporter bianconeri inscenano all’uscita della metro e da una scritta che campeggia durante il match nel settore a loro riservato. “Carroll Giuda”, recita, e ogni ulteriore commento ci pare abbastanza superfluo.

Nel complesso, però, l’atmosfera nel vecchio impianto da 115 anni casa dei Cottagers è gioiosa. Come accennato, gli spalti sono gremiti. Insomma il contesto è ideale, non fosse altro per la struttura stessa del catino, ormai tra i pochi superstiti degli stadi del passato. La vetusta ma splendida Stevenage Road Stand e il Cottage sono sempre lì, e probabilmente ci rimarranno ancora per molto tempo, visto che la dirigenza della compagine del West End della capitale inglese ha ormai deciso di riporre nel cassetto i piani per la realizzazione di un nuovo impianto.

Il Fulham è il classico club di quartiere, penalizzato da un bacino d’utenza ridotto anche a causa della vicinanza con realtà ben più importanti nel panorama calcistico inglese, quali gli odiati cugini del Chelsea, più “giovani” – l’anno di fondazione è il 1905 – ma favoriti da una posizione migliore. Nonostante sia il team professionistico più antico di Londra, essendo nato nel 1879, il Fulham ha vissuto ben pochi momenti di gloria, tanto che la sua bacheca dei trofei è pressoché vuota. Come ci ricorda il programma del match, una quindicina d’anni fa la squadra era addirittura sprofondata nei bassifondi della quarta serie. Nel 1996 una sconfitta per 2-1 in casa del piccolo Torquay United relegò i Cottagers al penultimo posto dell’ultimo livello dei campionati della Football League. Il nadir della storia dei bianconeri, che qualche giorno prima avevano fatto registrare anche il record negativo di presenze al Craven Cottage – solo 2.176 spettatori nell’1-3 rimediato contro lo Scunthorpe United. Sette anni e cospicue iniezioni di fondi da parte della nuova proprietà di Mohamed Al Fayed dopo, i bianconeri si ritrovarono a giocare in Premier League niente meno che esordendo nella prima giornata all’Old Trafford.

Da allora il Fulham è sempre rimasto nella massima serie inglese, comportandosi spesso bene in FA Cup e perdendo solo ai supplementari una finale di Europa League. Un ricordo recente, quando sulla panchina, ora occupata da Mark Hughes, sedeva Roy Hodgson. Dal passato molto più illustre, ma dal presente piuttosto mediocre – è reduce da un anno passato nel purgatorio della Championship – il Newcastle continua a vivere giorni difficili. La colpa, secondo i tifosi e tanti addetti ai lavori, è dovuta essenzialmente alla gestione inadeguata del club da parte del patron Mike Ashley.

A breve termine l’assenza di un ariete come Carroll si farà sentire, visto che le alternative – i giovani Granger e Best e i veterani Lovenkrands e Ameobi – non sembrano grandi bocche da fuoco. O almeno questa è l’impressione che ci lascia il match del Craven Cottage. Sul piano del gioco i due team, soprattutto a centrocampo, si equivalgono, ma davanti i padroni di casa possono contare sul talento di Moussa Dembelé, attaccante belga veloce e dai notevoli mezzi tecnici. A risolvere la contesa è però l’ex Damien Duff a metà di un secondo tempo molto spettacolare, a fronte di una prima frazione di gara a dir poco deludente.

Una risposta ai fischi rimediati dalla Toon Army, che evidentemente non aveva ben digerito il suo addio dopo la retrocessione del 2009. E che avrà gradito ancor meno gli sfottò dei supporter del Fulham, tutti incentrati sugli odiati Ashley e Carroll…

martedì 8 febbraio 2011

La bella favola del Nottingham Forest di Brian Clough

Il Nottingham Forest detiene un record pressoché impossibile da battere o quanto meno eguagliare: è l’unico club europeo ad aver vinto più Coppe dei Campioni (due), che campionati (solo uno). Erano altri tempi, e nel calcio inglese una neopromossa si poteva prendere il lusso di sbaragliare il lotto degli avversari perdendo solo tre gare su 42 (le ultime con Leeds e Ipswich a novembre, prima di una striscia di ben 42 risultati utili, un record poi superato dall’Arsenal nel 2004) e schierando in totale unicamente 16 giocatori – anche se l’ala John Robertson fu l’unico a essere sempre presente. E pensare che l’anno prima il salto in First Division era giunto in extremis, con la squadra che si era piazzata terza in classifica.

Artefice di cotanta impresa uno dei personaggi più carismatici e discussi della storia del calcio inglese: Brian Clough. Inizialmente per lui il City Ground rappresentò soprattutto un’oasi di salvezza, di tranquillità, dopo i travagliati e ormai celeberrimi 44 giorni alla guida del Leeds United. Nemmeno il fumantino Cloughie si sarebbe immaginato che con il Forest avrebbe vinto così tanto e in un arco di tempo talmente breve. Ironia della sorte, il buon Brian divenne famoso come manager verso la fine degli anni Sessanta quando portò il Derby County dal purgatorio della Second Division al titolo di campioni d’Inghilterra in sole tre stagioni. Proprio loro, i Rams, i principali avversari del Nottingham…

Ma torniamo a parlare del team che in epoca vittoriana per i suoi colori prese ispirazione dalle camicie rosse di Giuseppe Garibaldi. In quel magico 1977-78 arrivò primo con ben sette punti di vantaggio sul grande Liverpool, che batté pure nella doppia finale di Coppa di Lega. Viv Anderson, Peter Shilton, Martin O’Neill (sì, proprio l’ex manager dell’Aston Villa), Tony Woodcock e la vecchia conoscenza del calcio italiano Trevor Francis divennero un vero incubo per i Reds, sconfitti la stagione successiva nei sedicesimi di finale della Coppa dei Campioni che invece da due anni faceva bella mostra di sé nella sala dei trofei di Anfield Road. Per la verità Kenny Dalglish e compagni si presero la rivincita in campionato, relegando il Forest al secondo posto, ma intanto al City Ground rimase la Coppa di Lega e arrivò quella “dalle grandi orecchie”, vinta in finale con gli svedesi del Malmoe per 1-0.

Il match non fu esattamente memorabile e di alto livello tecnico, ma dalle parti di Nottingham non se ne fecero un cruccio, anzi. Il bis del 1980 vide l’identico risultato (questa volta contro l’Amburgo) e uno Shilton praticamente insuperabile per tutti i 90 minuti.

L’era Clough portò qualche altro trofeo nella bacheca del City Ground (due Coppe di Lega nel 1989 e nel 1990) e un livello di prestazioni sempre molto alto in campionato, dove il Nottingham occupò quasi costantemente le prime posizioni della classifica. Ma le strepitose imprese realizzate a cavallo tra anni Settanta e Ottanta non furono più eguagliate, forse perché nel 1982 il giocatolo si ruppe, almeno in parte, a causa del momentaneo ritiro dalla scene di Peter Taylor. Ovvero l’assistente, nonché l’inseparabile amico di Clough, con cui aveva condiviso tutte le avventure in giro per il Paese. Una sorta di secondo allenatore, che però sei mesi dopo sorprese tutti andandosene a fare il manager niente meno che del Derby, allora invischiato nei bassi fondi della Second Division.

Nel terzo turno della FA Cup 1983, i Rams di Taylor sconfissero il Forest, ma la rottura definitiva tra due personaggi indiscussi del beautiful game di quel periodo è da addebitare al passaggio di Robertson dal Nottingham al Derby nel maggio di quello stesso anno. Sembra che Clough non ne fosse stato informato, così come nel 1980 Taylor non lo consultò quando pubblicò la sua autobiografia, che ovviamente citava vari episodi che coinvolgevano in prima persona il tecnico del Forest.

Il rapporto non fu mai ricucito, anche perché Taylor morì prematuramente nel 1990. Cloughie se ne andò nel 2004, dopo essersi però ritirato nel 1993. Il suo addio al mondo del calcio fu doppiamente amaro, perché i rossi di Nottingham in quella stagione retrocedettero. Da allora il club ha sofferto periodi molto bui, precipitando addirittura nella terza serie del football inglese.

Adesso sotto la guida dello scozzese Billy Davies (anche lui ex Derby…) sta tentando la faticosa risalita in Premier. La squadra è in zona play off in Championship, ma per questa campagna si è già tolta la soddisfazione di battere due volte i Rams (con tre gol di Robert Earnshaw, visto già anche al Pride Park, tanto per cambiare). A proposito, l’allenatore dei bianconeri è un “tale” Nigel Clough, figlio di cotanto padre e, come lui, ex centravanti (tra il 1984 e il 1993 indossò la maglia del Nottingham). Certo, non bisogna scomodare Gianbattista Vico per capire che in tutta questa vicenda di corsi e ricorsi storici ce ne sono in abbondanza.

lunedì 7 febbraio 2011

Punto Premier, il Wolverhampton riapre il campionato

Settimana scoppiettante in Premier League: colpi di mercato, gol a raffica, rimonte clamorose e sorprese a non finire.

COS'E' SUCCESSO – Se l’ultimo giorno di mercato aveva riservato affari a sensazione per oltre un centinaio di euro di spesa complessivi – su oltre 250 in totale spalmati su tutto gennaio – il fine settimana di campionato non ha lesinato emozioni forti. Cade per la prima volta il Manchester United, ingannato dal momentaneo vantaggio regalatogli da Nani e poi incapace di riacciuffare dei Wolves in gran spolvero. Il City è l’unico team a ridurre in maniera cospicua le distanze. La tripletta di Carlitos Tevez (vice capocannoniere con 18 goal) determina la tredicesima sconfitta sugli ultimi 18 incontri per il West Bromwich Albion e il conseguente esonero di Roberto Di Matteo. Al St James’ Park va in scena il solito Arsenal in versione Doctor Jekyll & Mr Hyde, bellissimo nel primo tempo, sconcertante nel secondo. Male anche il Chelsea. Il tridente di Carlo Ancelotti (Drogba, il neo-acquisto Torres e Anelka) sbatte in malo modo contro il muro difensivo eretto da Kenny Dalglish. Poi ci pensa Meireles a infrangere i residui sogni di gloria dei Blues in campionato. Per el Nino, sostituito nel secondo tempo, pochi guizzi e tanti fischi dai suoi ex tifosi. Ottime affermazioni in partite giocate sul filo dell’equilibrio per Tottenham (2-1 al Bolton, con rigore sbagliato goffamente da Rafa Van der Vart) e Stoke (3-2 in doppia rimonta al Sunderland). Nelle retrovie prezioso pareggio al Villa Park di un Fulham in grande forma, mentre sono tre punti di platino quelli del Wigan (4-3 rocambolesco al Blackburn) e del Birmingham, che dopo averlo eliminato nella semifinale di Coppa di Lega, infligge un altro grande dispiacere al West Ham, di nuovo fanalino di coda.

IL TOP – Il Blackpool non avrà certo la miglior difesa della Premier, ma segnare quattro gol in una singola partita, così come ha fatto Louis Saha sabato nella sfida del Goodison Park, è sempre un evento da ricordare. Soprattutto perché i Toffees stavano soccombendo contro gli avversari e adesso, invece, si trovano a distanza di sicurezza dalla zona calda della classifica.

IL FLOP – Brutta giornata per le due capofila, ma è la formazione di Arsene Wenger che fornisce la prestazione più sconcertante. Pronti via e l'Arsenal taglia a fette la difesa del Newcastle con le sue perfette geometrie. Dopo una decina di minuti è già 3-0 per i Gunners, 4-0 al venticinquesimo. Ma la goleada si ferma qui. Anzi, Walcott e compagni si adagiano, Abou Diaby si fa espellere e le Magpies cingono d'assedio la porta difesa dall'ottimo giovane Wojciech Szczęsny. Se non fosse stato per il polacco le cose potrebbero aver preso una piega ancor peggiore. Non che rimediare quattro gol negli ultimi venti minuti sia stato un segnale confortante, specialmente per una squadra che già in passato troppo spesso ha lasciato a desiderare dal punto di vista caratteriale.

LA SORPRESA – Invischiato fin dall’inizio campionato nella lotta per non retrocedere, il Wolverhampton si conferma l’ammazza grandi della Premier. Nel suo carniere aveva già intascato gli scalpi di Liverpool, Manchester City e Chelsea, ma sconfiggere, per lo più in rimonta, l’imbattuta capolista Manchester United è senza dubbio l’impresa della stagione. Adesso la salvezza appare tutt’altro che un’utopia.

TOH CHI SI RIVEDE – Jamie Carragher non giocava da quasi tre mesi, ovvero dal brutto infortunio alla spalla subito nel match del White Hart Lane con gli Spurs. Contro il Chelsea il suo è stato un ritorno in grande stile, tanto che Drogba e Torres hanno passato un pomeriggio da incubo al cospetto dell’idolo della Kop.

LA CHICCA – I primi due gol dello Stoke City erano entrambi da annullare per evidenti posizioni di fuorigioco prima del neo acquisto John Carew, poi di Robert Huth. Una sorta di beffa nella beffa per il Sunderland, che ha subito il goal della sconfitta al 93esimo proprio del prolifico difensore tedesco.

CONSIGLI PER GLI ACQUISTI – Un po’ chiuso al Chelsea, Dean Sturridge sta sfruttando al meglio il suo periodo di prestito al Bolton. Per il momento la sua media goal è da incorniciare, con due realizzazioni in altrettante partite. Chissà che proprio al Reebok Stadium il giovanotto possa trovare la sua dimensione ideale.

Scritto per Goal.com

sabato 5 febbraio 2011

venerdì 4 febbraio 2011

Due giorni londinese

Martedì e mercoledì breve vacanza londinese per godermi dal vivo Dag & Red vs Brentford (unico stadio delle squadre professionistiche della capitale mai visitato prima) e Fulham vs Newcastle. Tutte e due match seguiti letteralmente a tre-quattro metri dalla linea di fondo, il primo in piedi su una vecchia terrace, il secondo in una delle file più vicine al campo della Hammersmith End. Come al solito bella atmosfera in entrambe le occasioni. Al Victoria Road ho perso il conto di tutti i palloni che sono finiti fuori dal (piccolo) impianto e riso a crepapelle per un annuncio durante l'intervallo - più o meno "cerchiamo un arbitro", visto che un guardialinee si era fatto male nel primo tempo e anche l'arbitro zoppicava un po', poi però tutto è andato liscio. Al Craven Cottage, invece, sono rimasto sorpreso dal grande tifo dei tifosi locali (nelle precedenti occasioni erano stati più tiepidi), mentre non mi sono troppo stupito ad ascoltare i cori della Toon Army contro Andy Carroll. Colui che uno striscione definiva, in maniera forse poco originale ma sempre efficace, Giuda.