mercoledì 24 settembre 2008

Una gita a Birmingham

Ecco finalmente il reportage sul viaggio a Birmingham, pubblicato oggi su Goal.com

È il grande favorito per la vittoria in Championship e di conseguenza per un pronto ritorno in Premier. Il Birmingham City secondo la maggior parte degli addetti ai lavori ha il potenziale per far sembrare l’inaspettata retrocessione patita a maggio – frutto di un disastroso fine stagione – un semplice incidente di percorso. Lo scorso sabato siamo andati a vedere di persona se i Blues sono così forti come tanti reputano.

La camminata dal centro della Second City d’Inghilterra verso il St Andrew’s Stadium è piacevole, e non dura più di 20 minuti. Poco prima dello stadio ci imbattiamo in una piccola moschea, a testimonianza di come nella città delle West Midlands sia nutrita la presenza di immigrati, soprattutto pakistani. L’impianto, che nel 2006 ha celebrato i 100 anni di attività, è in realtà per tre quarti nuovo – la ricostruzione ha avuto luogo a metà anni Novanta. La tribuna stampa però si trova nella vecchia Main Stand, spartana sì, ma che fa viaggiare subito la mente ai ricordi del calcio inglese dei bei tempi passati, quando le arene non erano tutte uguali e avevano molta personalità in più. Tutto sommato al St Andrew’s il mix di moderno e “antico” funziona bene, almeno dall’interno non si notano nette differenze tra le varie parti dello stadio. I 21mila spettatori accorsi per assistere alla partita (la capienza è intorno ai 30mila posti) sembrano avere pochi dubbi su chi uscirà vincitore, soprattutto perché gli avversari di turno del Blackpool navigano nella parte medio-bassa della classifica.

Il City è primo a pari merito con il Wolverhampton, ha vinto tutte e sei le gare disputate finora, tranne una pareggiata, e può contare su una rosa non troppo penalizzata dal cambio di categoria, anche grazie al parachute money previsto dalla Premier in caso di retrocessione (da quest’anno ben 14 milioni di euro). Sono andati via solo Olivier Kapo, Mikael Forssell e Mauro Zarate, che però qui era in prestito. La nuova stella della Lazio a Birmingham ha lasciato qualche buon ricordo, sebbene sia stato impiegato poco (14 presenze e 4 gol per lui), tanto che i compagni di squadra avevano chiesto alla società di farlo rimanere. E’ rimasto invece Martin Taylor, autore dello spaventoso fallo che poteva decretare la fine della carriera del giocatore dell’Arsenal Eduardo da Silva. Dopo il solito prepartita con la musica sparata a tutto volume, la tifoseria locale dà un segno della sua presenza cantando tutta insieme l’inno dei Blues, poi si fa sentire un po’ durante il primo quarto d’ora, quando in campo il City prova a fare la voce grossa. Il Blackpool, nobile decaduta del calcio d’oltre Manica che negli anni Quaranta e Cinquanta conobbe un periodo di gloria potendo contare tra le sue file sul grande Stanley Matthews, non ci sta a fare l’agnello sacrificale e ribatte colpo su colpo alle trame offensive dei padroni di casa. E il St Andrew’s placa tutti i suoi bollori.

Il trio dai piedi buoni, James Mc Fadden, Sebastian Larsson e Gary McSheffrey, combina poco. L’unico che farà vedere qualche lampo di gioco all’altezza della sua fama è lo scozzese ex Everton, che però tende sempre a tenere troppo il pallone e con il destro non prova nemmeno a fare i passaggi più elementari. Pessima la prestazione delle altre due stelline, così come quella dell’allampanato attaccante Cameron Jerome e del talentino olandese in prestito dall’AZ Kemy Agustien – sostituito per disperazione dall’ex manager della Scozia Alex Mc Leish. La miglior chance del primo tempo è dei Seasiders, ma Maik Taylor compie un paratone. Tuttavia nulla può quando la sua difesa si addormenta e lascia il centrattacco avversario Gary Taylor-Fletcher solo soletto sul filo del fuorigioco a stoppare la palla, mirare l’angoletto e segnare il più facile dei gol. Mc Leish spedisce in campo tutti gli attaccanti che ha – il veterano Kevin Phillips, tenuto a riposo dopo le fatiche del turno infrasettimanale, e l’ex Charlton Marcus Bent.

Finalmente il Birmigham si butta all’arrembaggio e assistiamo a fasi di gioco “all’inglese”, con corner a profusione e occasioni da rete in dosi industriali. A proposito della “britannicità” della partita, all’inizio in campo i non nati nel Regno Unito o in Irlanda sono solo cinque – una bella differenza rispetto alla Premier, dove gli stranieri sono 337 su 20 squadre... Improvvisamente, a poco meno di venti minuti dalla fine, si spegne la luce. I fan dei Blues ricadono in letargo, infastiditi dall’incapacità della loro squadra di trovare quanto meno il gol del pareggio. Il loro pensiero si può sintetizzare così: “Dovremmo giocare in Premier League e invece eccoci qua a regalare i tre punti a questi scarsoni del Blackpool”. Scarsoni che tali non sono, ovviamente, e che meritano la vittoria e i lunghi festeggiamenti tributatigli a fine gara dai circa 1.500 fan venuti dal Lancashire. Per Mc Fadden e compagni solo fischi. Chissà, forse li ritroveremo in Premier l’anno prossimo. Ma in un campionato duro ed equilibrato come la Championship inglese serve più grinta e determinazione di quella mostrata contro il Blackpool. Altrimenti il letargo del St Andrew’s sarà destinato a durare per molto tempo.

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