venerdì 27 agosto 2010

Il flop del calcio scozzese

I club come la nazionale, se possibile anche peggio. Per il fitba, come chiamano il calcio a Nord del Vallo di Adriano, sono giorni da incubo. I turni preliminari delle coppe hanno solo fornito un’ulteriore certificazione del pessimo stato di salute di cui gode il movimento scozzese. Dopo l’Hibernian, eliminata a inizio agosto, ieri sono naufragate anche Celtic, Dundee United e Motherwell. Gli Hoops, già sbattuti fuori in malo modo dal Braga nelle gare di qualificazione per la Champions League, sono riusciti nella malaugurata impresa di sciupare i due gol di vantaggio segnati all’andata per farsi poi travolgere dagli olandesi dell’Utrecht. Neil Lennon, il manager del club del Parkhead, aveva avvertito che i suoi in trasferta rendono meno che in casa, ma francamente nessuno si aspettava un tracollo di quelle proporzioni. Gli unici supersiti del manipolo di team della SPL sono i Rangers, attesi da un girone di Champions molto difficile contro Manchester United, Valencia e Bursaspor. Ci sono inoltre preoccupazioni per la trasferta all’Old Trafford, visto che per la finale dell’allora Coppa Uefa nel 2008 proprio a Manchester i supporter dei Light Blues – accorsi in massa, erano oltre 200mila – furono protagonisti di alcuni disdicevoli incidenti. Quel match, perso contro i russi dello Zenit San Pietroburgo, è stato una sorta di canto del cigno per il calcio scozzese, che in precedenza aveva potuto contare sulle belle prestazioni del Celtic e qualche acuto isolato delle piccole – parliamo ovviamente dell’ultimo decennio, se allargassimo il discorso al passato ci sarebbero da narrare alcune imprese memorabili.

La crisi è tecnica – non si vedono all’orizzonte i nuovi Kenny Dalglish e Graeme Souness – ma anche finanziaria. I Rangers, vincitori un po’ a sorpresa delle ultime due edizioni del campionato, sono oberati dai debiti e rimpiangono i radiosi anni Novanta, quando Gazza Gascoigne faceva impazzire il pubblico di Ibrox con le sue giocate e le sue mattane. Le casse dei Celtic stanno decisamente meglio, soprattutto dopo aver venduto Aiden McGeady allo Spartak Mosca per oltre 12 milioni di euro, però sul campo le cose vanno lo stesso piuttosto male. Chissà se la girandola di giocatori ceduti e acquistati potrà risollevare le sorti dei biancoverdi, deboli soprattutto in difesa. Come visto, l’inizio di stagione a livello europeo è stato tragico e del tutto simile a quello dello scorso anno. Lennon, cattolico nordirlandese ed ex capitano idolo dei tifosi, saprà fare meglio di Tony Mowbray, uno che per la verità al Parkhead ha fatto più danni della gramigna?

Nel frattempo le due protagoniste dell’Old Firm stanno discutendo insieme alle altre 10 compagini della Scottish Premier League come introdurre delle riforme in grado di rivitalizzare un campionato sempre meno avvincente. Problema annoso, quello del format, tanto che in Scozia spesso si è data una belle rimischiata alle varie divisioni. A non piacere attualmente è la spaccatura tra le prime sei e le ultime sei dopo i primi tre gironi del campionato. In questo modo le “piccole” giocano tra loro nel quarto girone e perdono un incasso con Celtic e Rangers. Ma il sistema non fa impazzire troppo nemmeno a Sky e ESPN, detentrici dei diritti televisivi fino al 2014, accorse al capezzale del football scozzese dopo il fallimento della Setanta Sport. Si parla di una SPL1 e di una SPL2 entrambe a dieci squadre, di un unica lega a 16 team e dei play off a fine campionato, con quest’ultima soluzione che è di gradimento a molti. Entro qualche mese si dovrebbe sapere l’esito della consultazione in atto. Certo, per dare un po’ di entusiasmo a un ambiente già abbastanza depresso non sarebbe male se la nazionale guidata da Craig Levein riuscisse a centrare qualche buon risultato. Ma anche su quel fronte – vedi lo 0-3 rimediato di recente in Svezia – non c’è molto da essere ottimisti…

Nessun commento:

Posta un commento