giovedì 3 marzo 2011

Amarcord scozzese

Il campionato 1985-86 nella terra dei castelli e del buon whisky viene generalmente ricordato come uno dei più equilibrati, rocamboleschi e drammatici della storia, almeno per quello che riguarda l’esito finale e solo da un punto di vista sportivo. Per fortuna. Però provate a mettervi nei panni dei tifosi degli Hearts di Edimburgo, che videro la possibilità di rivincere un titolo nazionale dopo 26 anni per “colpa” di un carneade qualunque in un partita troppo scontata per essere vera, e forse vi accorgerete che quella cocente delusione vi sarà rimasta per sempre in mente, che proprio non riuscite a cancellarla.

Ma andiamo con ordine e atteniamoci ai fatti. In quell’epoca il duopolio Rangers-Celtic era stato intaccato dall’Aberdeen di un giovane, ma già vincente, Alex Ferguson, e dal Dundee United poi semifinalista (sconfitto dalla Roma di Pruzzo e Falcao) della Coppa dei Campioni edizione 1983-84. Dalle parti di Edimburgo gli Hearts, quelli vestiti di granata, con la tifoseria protestante e un anno di fondazione remoto come il 1874, speravano di imitare le due compagini appena menzionate. E ne avevano ben donde.

All’inizio della campagna le favorite erano proprio Aberdeen e Dundee United, insieme al Celtic. Poco accreditati i Rangers – che infatti terminarono addirittura in quinta posizione – e gli stessi Hearts, che sembrarono subito dar ragione agli scettici perdendo due delle prime tre partite di campionato (una 2-6 con il St Mirren). Ma dopo Natale la squadra di Edimburgo riuscì a imbroccare una serie di brillanti risultati, garantendosi così la vetta della classifica.

I fulcri della squadra erano l’idolo dei fan John Robertson (attaccante molto prolifico), Sandy Jardine (eletto poi giocatore scozzese dell’anno) e il roccioso difensore Craig Levein (attuale commissario tecnico della nazionale).

Gli Hearts arrivarono all’ultima giornata con due punti di vantaggio sul Celtic. Si badi bene, allora non era stata ancora introdotta la regola dei tre punti per la vittoria. Insomma, bastava un pareggio al Tannadice Park, in casa di un Dundee United che aveva ormai la certezza del terzo posto. Gli Hoops non solo dovevano vincere ma, per superare i rivali in virtù di una miglior differenza reti, avevano l’impellente necessità di fare una scorpacciata di reti contro il St Mirren. Saranno state forse le notizie proprio della gara dei bianco-verdi, subito straripanti e poi impostisi per 5-0, sarà stata la classica paura di vincere, gli Hearts furono protagonisti di una partita nervosa, ben al di sotto del loro abituale standard. Ma tutto sommato lo 0-0 reggeva e a ogni minuto che passava il titolo si avvicinava sempre di più. Poi entrò in campo Albert Kidd, un modesto attaccante che non aveva insaccato un pallone in rete per tutta la stagione.

Negli ultimi dieci minuti di quel match maledetto – almeno per i Jambos – Kidd trafisse l’estremo difensore degli Hearts ben due volte, diventando un eroe assoluto per la metà di Glasgow cattolica e filo-irlandese.

Sfumato il titolo di campioni nazionali, il club del Tynecastle Stadium finì per perdere anche la Coppa di Scozia (0-3 contro l’Aberdeen). Per molti anni a seguire ai poveri Jambos è toccato ascoltare le tifoserie avversarie cantare “You’re forever blowing doubles”, sulle note del meraviglioso inno del West Ham. Ovvero, “Buttate sempre al vento i double”…

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