giovedì 6 giugno 2013

L'anno d'oro del calcio gallese

Il 2013 sarà ricordato come l'annus mirabilis dello sport gallese. E non solo perché la nazionale dei dragoni ha vinto per la seconda volta consecutiva il Sei Nazioni, umiliando sul terreno amico del Millennium Stadium gli “odiati” vicini inglesi. Per una volta, infatti, è stato anche il football a dare lustro a questo angolo di mondo da sempre follemente innamorato della palla ovale. Lo Swansea City ha vinto la Coppa di Lega, il Cardiff City ha centrato una storica promozione in Premier e Gareth Bale è ormai entrato in maniera definitiva nel gotha dei fuoriclasse mondiali, tanto che per alcuni addetti ai lavori le sue prestazioni sono al livello di quelle di Leo Messi e Cristiano Ronaldo. Anche la nazionale, da decenni tra le cenerentole d'Europa, sta lanciando qualche incoraggiante segnale di ripresa, sebbene il sogno della qualificazione a Brasile 2014 appaia ormai svanito.

Proprio la selezione gallese era reduce dallo shock della prematura scomparsa del tecnico Gary Speed, suicidatosi nel novembre del 2011. L'ex centrocampista di Leeds e Newcastle aveva iniziato a dare una raddrizzata a una squadra che non è mai riuscita a ripetere i gloriosi fasti di John Charles e compagni. Ai tempi del Gigante Buono juventino, i dragoni centrarono l'unica partecipazione ai Mondiali, quelli svedesi del 1958, riuscendo addirittura a qualificarsi per i quarti di finale, persi per 1-0 con il Brasile di un certo Pelé.

Nemmeno con un fenomeno come Ryan Giggs a scorrazzare sulla fascia il Galles aveva raccolto un granché. Per la verità il fenomeno del Manchester United non ha mai brillato troppo in nazionale, con cui ha collezionato 64 presenze e 12 goal. Il suo rendimento non eccelso in buona parte è da addebitare al non trascurabile fatto che era contornato da mediocri compagni d'orchestra. Gareth Bale può almeno contare su un talento emergente che risponde al nome di Aaron Ramsey (ormai un punto fermo dell'Arsenal) e veterani affidabili come Ashley Williams.

Già, Bale. L'infortunio rimediato nella gara d'andata dei quarti di Europa League contro il Basilea ha solo momentaneamente interrotto la sua vertiginosa ascesa, molto probabilmente impedendo al Tottenham di proseguire il suo cammino nella seconda competizione continentale. La prima parte del 2013 del buon Gareth era stata da urlo. Goal a grappoli (13 prima dell'incidente alla caviglia) e in tutte le modalità possibili, dribbling ubriacanti e scatti da incubo per i difensori avversari sono solo i marchi di fabbrica di un giocatore ormai completo. Così forte che l'Europa che conta – ovvero le squadre con tanti denari a disposizione – non vede l'ora di soffiarlo agli Spurs. Specialmente se il club del White Hart Lane non dovesse centrare la qualificazione in Champions League, non è da escludere che la stagione prossima Bale possa sì continuare a vestire di bianco, ma con il simbolo del Real Madrid sul petto. E pensare che quando era approdato al calcio che conta, appena diciottenne, le sue prestazioni d'esordio con il Tottenham avevano lasciato parecchio a desiderare. Bale in quel periodo non era stato ancora avanzato a centrocampo e sulla fascia sinistra dello schieramento difensivo degli Spurs concedeva spesso qualcosa di troppo agli attaccanti che si trovava a fronteggiare. Le amnesie in fase di copertura sommate a una striscia di ben 24 match senza vittorie quando lui era in campo lo avevano trasformato da colpo di mercato a una sorta di menagramo. Poi, come è risaputo, tutto è cambiato, anche a dispetto di qualche infortunio di troppo che a tratti ha penalizzato la carriera del ragazzo prodigio.

La sua maturazione è anche merito delle amorevoli cure di Harry Redknapp, da subito resosi conto che l'ex stellina del Southampton (la cui Academy in questi anni ha sfornato anche Theo Walcott e Alex Oxlade Chamberlain, non male...) non poteva essere un flop. Anzi, visti i mezzi tecnici e fisici a disposizione, era un peccato mortale relegarlo in difesa. Da un punto di vista atletico, non ha rivali, eccetto Ronaldo. Tanto per intenderci, a 14 anni correva i 100 metri in 11,4 secondi in quel di Cardiff, prima di trasferirsi sulla costa meridionale dell'Inghilterra.

Da bambino, nella capitale gallese, frequentava le gradinate dell'ormai defunto (e demolito) Ninian Park, dove suo zio Chris Pike giocava per i Bluebirds.

Grandi festeggiamenti in famiglia, quindi, per la tanto attesa promozione del Cardiff, materializzatasi la sera dello scorso 16 aprile con il pareggio interno a reti bianche con il Charlton. Finalmente una gioia, dopo anni di delusioni, con la squadra che si sgonfiava a un passo dal traguardo, facendo di tutto per sconfessare i favori del pronostico. Anni in cui ha colpito duro una sorta di maledizione di Wembley. Lo stadio, quello nuovo, dove i Bluebirds hanno perso tre finali. Una di play offs dopo un rocambolesco 3-2 con il Blackpool, una di Coppa di Lega (per giunta ai rigori) con il Liverpool e la terza della storia della compagine in FA Cup, di misura con il Portsmouth. Non va dimenticato che il Cardiff la Coppa d'Inghilterra l'ha vinta – unica squadra “straniera” – nel lontano 1927, grazie alle papere del portiere (gallese) dell'Arsenal Dan Lewis. Spulciando gli annali del football d'oltre Manica, però, si comprende che quella non fu per nulla una sorpresa. Negli anni Venti e a cavallo tra i Cinquanta e i Sessanta, il City è stato una presenza fissa nell'allora First Division, quasi vinta nel 1924 (il titolo sfuggì per la peggior differenza reti rispetto all'Huddersfield allenato da Herbert Chapman), ma da cui mancava dal 1962.

Il cambio di colori dal blu al rosso, voluto dalla proprietà malese per ragioni commerciali e scaramantiche (il rosso in Asia “porta bene”), ha evidentemente funzionato. Uno zoccolo duro dei supporter, ancora legato alla tradizione, continua a storcere il naso, ma è probabile che il rancore sia stato annacquato dalla bella favola del Cardiff di quest'anno.

La sera della promozione il più commosso di tutti era Craig Bellamy. A 33 anni, dopo aver girato mezza Premier, l'attaccante dal caratteraccio e dal cuore d'oro (fa tantissima beneficenza per i bimbi africani) ha dedicato il trionfo in campionato al babbo, che quando era piccolo lo portava sempre a vedere i Bluebirds. L'esperienza di Bellamy tornerà utile nel tritacarne della Premier, ma i vertici societari hanno già fatto sapere che in estate metteranno a disposizione al manager scozzese Malky Mackay (uno dei tanti scozzesi emergenti sulle panchine di club inglesi) un budget di almeno 20 milioni di euro. Denaro che, se ben impiegato, potrebbe bastare a garantire la salvezza ai Blubirds, specialmente se i vari Guy Whittingham, Frazer Campbell e Ben Turner sapranno confermarsi anche ad alti livelli.

Inutile nascondersi dietro un dito, il match più atteso dalle parti del nuovo Cardiff City Stadium è quello con lo Swansea City. Un derby molto sentito, in passato di frequente teatro di scontri, soprattutto negli anni bui dell'hooliganismo. Nel 1988 i tifosi del Cardiff furono inseguiti fin dentro le acque del mare, mentre il match del 1993 fu macchiato da tali e tanti episodi di violenza da essere poi ricordato come la “battaglia di Ninian Park”. Sperando che fuori dal campo le cose non trascendano – ma episodi spiacevoli si sono registrati anche negli ultimissimi incontri tra i due team, tra lanci di monetine e altre “amenità” varie – sul rettangolo di gioco lo spettacolo dovrebbe essere garantito. Entrambe le formazioni esprimono standard calcistici elevati. Come già commentato nei numeri scorsi di Calcio 2000, lo Swansea ha capitalizzato sotto la guida di Michael Laudrup l'ottimo lavoro svolto da Roberto Martinez e Brendan Rodgers trionfando in Coppa di Lega. Il primo trofeo “pesante” nel football che conta è arrivato proprio nell'anno del centenario del club, che anche questa stagione ha disputato un eccellente campionato di Premier.

Il “Barcellona del Galles”, come lo hanno definito in tanti per il suo apprezzabile stile di gioco, ha come punta di diamante lo spagnolo Michu. Strappato al Rayo Vallecano per un paio di milioni di euro, il centrocampista offensivo è la rivelazione dell'anno. Era risaputo che avesse un certo fiuto per il goal, ma nessuno avrebbe mai creduto che avrebbe raggiunto la doppia cifra in Premier, dimostrandosi a tratti un giocatore dominante. Certo, non è detto che gli Swans riusciranno a trattenerlo, ma è indubbio che in caso di cessione la plusvalenza sarebbe da record. Visti i prossimi impegni in Europa League, la dirigenza dello Swansea farà uno sforzo per tenere sia Michu che Laudrup (anche lui concupito da varie big). Il football gallese sembra proprio voler fare le cose in grande.

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