mercoledì 29 febbraio 2012
Biglietti a peso d'oro
Il Manchester United ha protestato con l'Athletic Bilbao per il costo dei biglietti riservati ai tifosi in trasferta, peraltro maggiorato di un bel po' rispetto alle precedenti partite disputate in Europa League dalla squadra basca. In effetti 77,50 euro per un posto nemmeno tra i migliori del San Mames sembrano troppi anche a me. Va bene il discorso del match di altissimo profilo, ma così si esagera. A proposito della sfida tra United e Athletic, c'è un precedente quanto mai suggestivo che risale ai quarti di finale della Coppa dei Campioni 1956-57. Sotto la neve di Bilbao i Busby Babes persero 5-3, per poi ribaltare il risultato al ritorno (al Maine Road, non all'Old Trafford) con un sonante 3-0. Poi in semifinale i Red Devils furono eliminati dal Real Madrid di Puskas e Di Stefano. Ma questa è un'altra storia.
martedì 28 febbraio 2012
Il revival del Southampton
Per i tifosi del Southampton la stagione 2011-12 potrebbe rivelarsi una delle più memorabili di sempre. Non solo perché la loro squadra, da neo-promossa in Championship, si avvia a centrare il secondo salto di categoria consecutivo, ritornando così in Premier dopo un’assenza di sette anni. La campagna attuale, infatti, sta riservando delle sorprese molto sgradite alla principale rivale dei Saints: il Portsmouth. Il club del Fratton Park è entrato in amministrazione controllata e l’automatica decurtazione di dieci punti lo ha relegato nelle posizioni più calde della classifica. Con il caos societario che ormai impera da troppo tempo e una rosa ridotta all’osso proprio per le insufficienti disponibilità economiche, il rischio del capitombolo in League One è più che concreto.
A rileggere la storia delle due realtà dell’Hampshire nell’ultimo decennio salta all’occhio come il loro cammino sia stato completamente inverso: quando una andava bene (vedi il Portsmouth nel 2008, con la storica affermazione in FA Cup), l’altra se la passava malissimo (a corto di quattrini, si avviava a una pessima stagione culminata con il capitombolo in League One). Poi è toccato ai Pompey sprofondare nei debiti e ai Saints risollevarsi, anche grazie all’intervento nel 2009 del neo-proprietario Markus Liebherr, poi deceduto prematuramente nell’agosto del 2010.
Ora il Southampton se la passa abbastanza bene dal punto di vista finanziario, può contare su uno stadio capiente e moderno (il St Mary’s è stato inaugurato nel 2001 e ospita oltre 32mila spettatori), su una Academy di valore assoluto (che di recente ha sfornato gente del calibro di Theo Walcott, Gareth Bale e Alex Oxlade-Chamberlain) e su una prima squadra in crescita esponenziale.
Una bella fetta di merito per gli exploit attuali va ascritta al manager Nigel Adkins. Uno dei pochissimi allenatori nel calcio inglese ad avere un passato come portiere – difese la porta del Tranmere Rovers e del Wigan a cavallo tra anni Ottanta e Novanta – Adkins ha una storia quanto mai singolare. Iniziò la sua carriera di tecnico con i Gallesi del Bangor City nel 1993, con cui vinse pure due titoli nazionali, ma pur di tornare a un club inglese di medio livello si adattò a fare addirittura il fisioterapista allo Scunthorpe United. In realtà al Glanford Park era divenuto una sorta di tutto fare, tanto che quando fu nominato al posto del partente Brian Laws nessuno si stupì più di tanto. I tifosi coniarono un coretto quanto mai divertente (tradotto suona più o meno “chi ha bisogno di Mourinho, noi abbiamo il nostro fisioterapista!”). I buoni risultati raggiunti con lo Scunthorpe (due promozioni in Championship) hanno poi convinto il board del Southampton ad affidarsi ad Adkins per riportare in auge i Saints. Per il momento il buon Nigel sta facendo ben oltre il suo dovere.
Il team biancorosso pratica un calcio di buona qualità, incentrato sul possesso palla e sui guizzi delle due stelle Adam Lallana (altro prodotto del vivaio) e Rickie Lambert (una macchina da goal da quando veste le maglia dei Saints). A loro nella finestra invernale di mercato si è aggiunto il bomber Billy Sharp che l’anno scorso, quando giocava ancora con il Doncaster, aveva commosso tutta l’Inghilterra per aver dedicato una marcatura al figlioletto morto pochi giorni prima.
Certo, non stiamo parlando di fenomeni come Alan Shearer o Matthew Le Tissier, i quali con le loro prodezze deliziarono la tifoseria del Southampton negli anni Novanta, quando le partite casalinghe si disputavano ancora al The Dell, famoso per avere una delle due curve “tagliata” di traverso” e per la distanza minima tra le tribune e il campo. Sarebbe già importante però ritornare ad assaporare il gusto della massima divisione inglese. E a potersi fregiare del titolo di unica squadra della costa meridionale in Premiership.
A rileggere la storia delle due realtà dell’Hampshire nell’ultimo decennio salta all’occhio come il loro cammino sia stato completamente inverso: quando una andava bene (vedi il Portsmouth nel 2008, con la storica affermazione in FA Cup), l’altra se la passava malissimo (a corto di quattrini, si avviava a una pessima stagione culminata con il capitombolo in League One). Poi è toccato ai Pompey sprofondare nei debiti e ai Saints risollevarsi, anche grazie all’intervento nel 2009 del neo-proprietario Markus Liebherr, poi deceduto prematuramente nell’agosto del 2010.
Ora il Southampton se la passa abbastanza bene dal punto di vista finanziario, può contare su uno stadio capiente e moderno (il St Mary’s è stato inaugurato nel 2001 e ospita oltre 32mila spettatori), su una Academy di valore assoluto (che di recente ha sfornato gente del calibro di Theo Walcott, Gareth Bale e Alex Oxlade-Chamberlain) e su una prima squadra in crescita esponenziale.
Una bella fetta di merito per gli exploit attuali va ascritta al manager Nigel Adkins. Uno dei pochissimi allenatori nel calcio inglese ad avere un passato come portiere – difese la porta del Tranmere Rovers e del Wigan a cavallo tra anni Ottanta e Novanta – Adkins ha una storia quanto mai singolare. Iniziò la sua carriera di tecnico con i Gallesi del Bangor City nel 1993, con cui vinse pure due titoli nazionali, ma pur di tornare a un club inglese di medio livello si adattò a fare addirittura il fisioterapista allo Scunthorpe United. In realtà al Glanford Park era divenuto una sorta di tutto fare, tanto che quando fu nominato al posto del partente Brian Laws nessuno si stupì più di tanto. I tifosi coniarono un coretto quanto mai divertente (tradotto suona più o meno “chi ha bisogno di Mourinho, noi abbiamo il nostro fisioterapista!”). I buoni risultati raggiunti con lo Scunthorpe (due promozioni in Championship) hanno poi convinto il board del Southampton ad affidarsi ad Adkins per riportare in auge i Saints. Per il momento il buon Nigel sta facendo ben oltre il suo dovere.
Il team biancorosso pratica un calcio di buona qualità, incentrato sul possesso palla e sui guizzi delle due stelle Adam Lallana (altro prodotto del vivaio) e Rickie Lambert (una macchina da goal da quando veste le maglia dei Saints). A loro nella finestra invernale di mercato si è aggiunto il bomber Billy Sharp che l’anno scorso, quando giocava ancora con il Doncaster, aveva commosso tutta l’Inghilterra per aver dedicato una marcatura al figlioletto morto pochi giorni prima.
Certo, non stiamo parlando di fenomeni come Alan Shearer o Matthew Le Tissier, i quali con le loro prodezze deliziarono la tifoseria del Southampton negli anni Novanta, quando le partite casalinghe si disputavano ancora al The Dell, famoso per avere una delle due curve “tagliata” di traverso” e per la distanza minima tra le tribune e il campo. Sarebbe già importante però ritornare ad assaporare il gusto della massima divisione inglese. E a potersi fregiare del titolo di unica squadra della costa meridionale in Premiership.
lunedì 27 febbraio 2012
ll Punto sulla Premier – Il City in casa non sbaglia mai, lo United si aggrappa a Giggs
Tredicesima vittoria consecutiva in campionato all’Etihad Stadium dei Citizens. Ma i Red Devils tengono il passo imponendosi in extremis a Norwich.
Con la clamorosa sconfitta nel derby contro l’Arsenal, si allontana dalla vetta il Tottenham, cui rimane comunque un discreto vantaggio per la corsa al terzo posto. Squillo del Chelsea, che per battere il Bolton si affida alla vecchia guardia.
COS'E' SUCCESSO – Il match di cartello della ventiseiesima giornata della Premier era senza dubbio il North London Derby, che non ha deluso le aspettative. Soprattutto in considerazione di come si erano messe le cose – gli Spurs conducevano 2-0 – ha vinto un po’ a sorpresa l’Arsenal, peraltro con un roboante 5-2 (23esimo centro in campionato per Robin Van Persie). Il Blackburn rinuncia del tutto a giocare contro un Manchester City dalle percentuali di possesso palla “bulgare” e per la squadra allenata da Roberto Mancini diventa tutto facile, tanto che i tre goal rifilati a Paul Robinson non rispecchiano al meglio la superiorità del team capolista della Premier. Al Carrow Road il Manchester United fatica ma alla fine riesce ad avere la meglio sul Norwich, sempre più rivelazione dell’anno, vista anche l’ottima qualità del football prodotto. Goal numero 150 in campionato di Frank Lampard, 99 con la maglia del Chelsea di Didier Drogba (che però si infortuna) e nel secondo tempo i Blues scacciano gli incubi nell’insidioso match contro il pericolante Bolton. Punto d’oro del Wolverhampton a Newcastle e occasione sprecata dal Wigan in casa con l’Aston Villa. Nel derby del West End Mark Hughes non riesce a far valere la legge dell’ex e così il Fulham completa il secondo double di fila contro il QPR – sebbene il precedente risalisse al 2000-01. Super Hoops in crisi, l’incubo retrocessione si fa sempre più concreto.
IL TOP – Con il Manchester United ha appena raggiunto la fantastica soglia delle 900 presenze, così ripartite: 40 nella vecchia Division One, 591 in Premier, 143 in Europa, 108 nelle coppe nazionali e 18 in altre competizioni. Ha disputato almeno un minuto nel 74% dei match dello United dal giorno del suo debutto nel marzo del 1991, fronteggiando un totale di 111 squadre. Il tutto condito da 163 goal, l'ultimo dei quali realizzato contro il Norwich nei minuti di recupero della gara di domenica. Signori tutti in piedi per Mister Football: Ryan Giggs.
IL FLOP – E’ dal 1992-93 che il Tottenham non vince entrambi i derby di campionato con gli eterni rivali dell’Arsenal. Domenica l’occasione era ghiottissima per non essere colta, eppure gli Spurs hanno perso l’ennesimo appuntamento per fare il salto di qualità e proporsi come reale contendente per il titolo. Subire cinque marcature nello spazio di 30 minuti in un match di così grande importanza è la conferma che occorre percorrere ancora un bel pezzo di strada per arrivare al livello delle due compagini di Manchester.
LA SORPRESA – La prima dei Wolves con il nuovo allenatore Terry Connor (l'ex vice di Mick McCarthy) è quanto mai incoraggiante, non solo per il punto raccolto in casa del Newcastle, ma per come si è sviluppata la partita. Subito sotto di due reti, il Wolverhampton ha saputo rimontare e reggere bene nel finale. Ora serve continuità, però, visto che il baratro è sempre lì a un passo.
TOH CHI SI RIVEDE – Dopo quattro giornate di squalifica, Mario Balotelli si è ripresentato alla grande. Sempre nel vivo dell’azione fin dal primo minuto, ha sbloccato il match con il Blackburn segnando la decima rete stagionale in Premier. Più che di Carlos Tevez, forse al City c’è bisogno dell’ex numero 45 dell’Inter.
LA CHICCA – Facciamo un salto in League One, ma l’episodio val la pena di essere raccontato. Il presidente del Bournemouth, Eddie Mitchell, ha rivelato alla stampa inglese che durante l'intervallo della partita che la sua squadra ha disputato sabato con il MK Dons, il classico discorso durante l'intervallo ai giocatori l'avrebbe fatto la moglie del co-proprietario del club, Maxim Demin. Mitchell ha sottolineato come il milionario russo Demin abbia messo "tanti soldi e tanta energia nel Bournemouth" e che quindi il gesto della sua consorte era in qualche modo "comprensibile", però ha anche riconosciuto che due parole ai giocatori le avrebbe potute dire il manager Lee Bradbury, in quanto "più esperto". Bontà sua! Per la cronaca, i Cherries, che all'intervallo erano sotto di una rete, hanno finito comunque per perdere la partita.
CONSIGLI PER GLI ACQUISTI – Due presenze, due reti. Quando giocava allo Zenit, Pavel Pogrebnyak era stato soprannominato “Po il Grande”. Chissà se I tifosi del Fulham gli troveranno un altro appellativo, oppure rispolvereranno quello vecchio. Il dato di fatto è che dalle parti del Craven Cottage cercavano un attaccante con il fiuto del goal come un assetato cerca acqua nel deserto.
Con la clamorosa sconfitta nel derby contro l’Arsenal, si allontana dalla vetta il Tottenham, cui rimane comunque un discreto vantaggio per la corsa al terzo posto. Squillo del Chelsea, che per battere il Bolton si affida alla vecchia guardia.
COS'E' SUCCESSO – Il match di cartello della ventiseiesima giornata della Premier era senza dubbio il North London Derby, che non ha deluso le aspettative. Soprattutto in considerazione di come si erano messe le cose – gli Spurs conducevano 2-0 – ha vinto un po’ a sorpresa l’Arsenal, peraltro con un roboante 5-2 (23esimo centro in campionato per Robin Van Persie). Il Blackburn rinuncia del tutto a giocare contro un Manchester City dalle percentuali di possesso palla “bulgare” e per la squadra allenata da Roberto Mancini diventa tutto facile, tanto che i tre goal rifilati a Paul Robinson non rispecchiano al meglio la superiorità del team capolista della Premier. Al Carrow Road il Manchester United fatica ma alla fine riesce ad avere la meglio sul Norwich, sempre più rivelazione dell’anno, vista anche l’ottima qualità del football prodotto. Goal numero 150 in campionato di Frank Lampard, 99 con la maglia del Chelsea di Didier Drogba (che però si infortuna) e nel secondo tempo i Blues scacciano gli incubi nell’insidioso match contro il pericolante Bolton. Punto d’oro del Wolverhampton a Newcastle e occasione sprecata dal Wigan in casa con l’Aston Villa. Nel derby del West End Mark Hughes non riesce a far valere la legge dell’ex e così il Fulham completa il secondo double di fila contro il QPR – sebbene il precedente risalisse al 2000-01. Super Hoops in crisi, l’incubo retrocessione si fa sempre più concreto.
IL TOP – Con il Manchester United ha appena raggiunto la fantastica soglia delle 900 presenze, così ripartite: 40 nella vecchia Division One, 591 in Premier, 143 in Europa, 108 nelle coppe nazionali e 18 in altre competizioni. Ha disputato almeno un minuto nel 74% dei match dello United dal giorno del suo debutto nel marzo del 1991, fronteggiando un totale di 111 squadre. Il tutto condito da 163 goal, l'ultimo dei quali realizzato contro il Norwich nei minuti di recupero della gara di domenica. Signori tutti in piedi per Mister Football: Ryan Giggs.
IL FLOP – E’ dal 1992-93 che il Tottenham non vince entrambi i derby di campionato con gli eterni rivali dell’Arsenal. Domenica l’occasione era ghiottissima per non essere colta, eppure gli Spurs hanno perso l’ennesimo appuntamento per fare il salto di qualità e proporsi come reale contendente per il titolo. Subire cinque marcature nello spazio di 30 minuti in un match di così grande importanza è la conferma che occorre percorrere ancora un bel pezzo di strada per arrivare al livello delle due compagini di Manchester.
LA SORPRESA – La prima dei Wolves con il nuovo allenatore Terry Connor (l'ex vice di Mick McCarthy) è quanto mai incoraggiante, non solo per il punto raccolto in casa del Newcastle, ma per come si è sviluppata la partita. Subito sotto di due reti, il Wolverhampton ha saputo rimontare e reggere bene nel finale. Ora serve continuità, però, visto che il baratro è sempre lì a un passo.
TOH CHI SI RIVEDE – Dopo quattro giornate di squalifica, Mario Balotelli si è ripresentato alla grande. Sempre nel vivo dell’azione fin dal primo minuto, ha sbloccato il match con il Blackburn segnando la decima rete stagionale in Premier. Più che di Carlos Tevez, forse al City c’è bisogno dell’ex numero 45 dell’Inter.
LA CHICCA – Facciamo un salto in League One, ma l’episodio val la pena di essere raccontato. Il presidente del Bournemouth, Eddie Mitchell, ha rivelato alla stampa inglese che durante l'intervallo della partita che la sua squadra ha disputato sabato con il MK Dons, il classico discorso durante l'intervallo ai giocatori l'avrebbe fatto la moglie del co-proprietario del club, Maxim Demin. Mitchell ha sottolineato come il milionario russo Demin abbia messo "tanti soldi e tanta energia nel Bournemouth" e che quindi il gesto della sua consorte era in qualche modo "comprensibile", però ha anche riconosciuto che due parole ai giocatori le avrebbe potute dire il manager Lee Bradbury, in quanto "più esperto". Bontà sua! Per la cronaca, i Cherries, che all'intervallo erano sotto di una rete, hanno finito comunque per perdere la partita.
CONSIGLI PER GLI ACQUISTI – Due presenze, due reti. Quando giocava allo Zenit, Pavel Pogrebnyak era stato soprannominato “Po il Grande”. Chissà se I tifosi del Fulham gli troveranno un altro appellativo, oppure rispolvereranno quello vecchio. Il dato di fatto è che dalle parti del Craven Cottage cercavano un attaccante con il fiuto del goal come un assetato cerca acqua nel deserto.
sabato 25 febbraio 2012
A Bournemouth il team talk lo fa la moglie del padrone della squadra!
Il presidente del Bournemouth, Eddie Mitchell, ha rivelato alla stampa inglese che durante l'intervallo della partita che la sua squadra ha disputato oggi con il Franchise F.C. (il MK Dons, per chi non lo sapesse), il classico discorso durante l'intervallo ai giocatori l'avrebbe fatto la moglie del co-proprietario del club, Maxim Demin. Mitchell ha sottolineato come il milionario russo Demin abbia messo "tanti soldi e tanta energia nel Bournemouth" e che quindi il gesto della sua consorte era in qualche modo "comprensibile", però ha anche riconosciuto che due parole ai giocatori le avrebbe potute dire il manager Lee Bradbury, in quanto "più esperto". Bontà sua!
P.S. I Cherries, che all'intervallo erano sotto di una rete, hanno finito comunque per perdere la partita.
P.S. I Cherries, che all'intervallo erano sotto di una rete, hanno finito comunque per perdere la partita.
venerdì 24 febbraio 2012
Rapide riflessioni su Manchester United v Ajax
Quella contro l'Ajax doveva essere ricordata come la partita delle 900 presenze di Ryan Giggs, e invece per il Manchester United ha rischiato di trasformarsi in un altro incubo europeo. Sebbene partissero con un vantaggio molto confortante - il 2-0 dell'andata all'Amsterdam Arena - i Red Devils sono riusciti in tutti i modi a complicarsi la vita contro un Ajax molto volenteroso e sostenuto da 5mila tifosi in grande spolvero canoro. Eppure i primi 20 minuti lasciavano presagire ben altro, addirittura una goleada per il club allenato da Alex Ferguson. "Speriamo di prenderne meno di cinque", al goal del vantaggio del Chicharito Hernandez, dopo soli 15 minuti, così si augurava il supporter olandese alle nostre spalle nella South Stand, la tribuna dove siamo riusciti a trovare un biglietto forse solo grazie al non proprio straripante interesse della tifoseria locale per le prime partite di Europa League. Per carità, l'Old Trafford era ugualmente pieno, ma non tutto esaurito - 67mila presenti a fronte dei "soliti" 76mila. Certo c'è da capirli, abituati come sono a lottare per la Champions League. Era addirittura dal 1995 che lo United non giocava un match interno di Europa League, o coppa UEFA che dir si voglia. Il sorprendente 2-2 internodel settembre di quell'anno con il Rotor Volgograd è ricordato per una rete storica quanto inutile del portierone danese Peter Schmeichel. I Red Devils, infatti, furono clamorosamente eliminati dalla compagine russa.
Tornando all'incontro di giovedì sera, le sfuriate iniziali dei giovani leoni - o presunti tali - di Alex Ferguson si sono esaurite già a metà primo tempo. In realtà a deludere di più, indolenti e fumosi come non mai, sono stati i veterani Dimitar Berbatov e Nani. La loro leziosità a volte farebbe perdere la pazienza a Giobbe, figuriamoci a uno facilmente irritabile come Ferguson. Maggiori attenuanti potevano accampare Tom Cleverley e Ashley Young, reduci da brutti infortuni e quindi senza i 90 minuti nella gambe. L'età media della difesa era molto bassa, con i gemelli Da Silva ad alternare, come al loro solito, belle giocate a ingenuità pazzesche. Meglio, ma di poco, i due centrali Chris Smalling e Phil Jones. E' indubbio che alla lunga le assenze di gente del calibro di Rooney, Evra e Ferdinand, per non parlare del lungo degente Vidic, si siano fatte sentire, ma è anche evidente come la tendenza a rilassarsi, sprecare facili occasioni da rete sia una costante per i Red Devils edizione 2011-12.
La gara interna di Champions League con il Basilea dello scorso settembre, dove un vantaggio di due reti dopo solo 10 minuti fu dilapidato e gli svizzeri furono riacciuffati in extremis sul 2-3 nel finale, evidentemente non ha insegnato nulla. Invece dell'ennesima pietra miliare di Ryan Giggs – rimasto in panchina – Manchester United v Ajax rimarrà alla storia per la prima sconfitta in casa dei Diavoli Rossi nella seconda competizione continentale. A noi piace di più ricordare gli applausi che il pubblico dell'Old Trafford ha riservato ai giovani dell'Ajax all'uscita del campo. Una bella dimostrazione di sportività, che anche il nostro “amico” olandese ha apprezzato molto.
Tornando all'incontro di giovedì sera, le sfuriate iniziali dei giovani leoni - o presunti tali - di Alex Ferguson si sono esaurite già a metà primo tempo. In realtà a deludere di più, indolenti e fumosi come non mai, sono stati i veterani Dimitar Berbatov e Nani. La loro leziosità a volte farebbe perdere la pazienza a Giobbe, figuriamoci a uno facilmente irritabile come Ferguson. Maggiori attenuanti potevano accampare Tom Cleverley e Ashley Young, reduci da brutti infortuni e quindi senza i 90 minuti nella gambe. L'età media della difesa era molto bassa, con i gemelli Da Silva ad alternare, come al loro solito, belle giocate a ingenuità pazzesche. Meglio, ma di poco, i due centrali Chris Smalling e Phil Jones. E' indubbio che alla lunga le assenze di gente del calibro di Rooney, Evra e Ferdinand, per non parlare del lungo degente Vidic, si siano fatte sentire, ma è anche evidente come la tendenza a rilassarsi, sprecare facili occasioni da rete sia una costante per i Red Devils edizione 2011-12.
La gara interna di Champions League con il Basilea dello scorso settembre, dove un vantaggio di due reti dopo solo 10 minuti fu dilapidato e gli svizzeri furono riacciuffati in extremis sul 2-3 nel finale, evidentemente non ha insegnato nulla. Invece dell'ennesima pietra miliare di Ryan Giggs – rimasto in panchina – Manchester United v Ajax rimarrà alla storia per la prima sconfitta in casa dei Diavoli Rossi nella seconda competizione continentale. A noi piace di più ricordare gli applausi che il pubblico dell'Old Trafford ha riservato ai giovani dell'Ajax all'uscita del campo. Una bella dimostrazione di sportività, che anche il nostro “amico” olandese ha apprezzato molto.
mercoledì 22 febbraio 2012
Old Trafford sto arrivando
Domani super toccata e fuga a Manchester per il match tra United e Ajax. In realtà arrivo a Liverpool nel primo pomeriggio, per cui mi auguro che il collegamento via pullman con il centro di Manchester funzioni al meglio. Sperando di trascorrere una notte tranquilla al Terminal 2 dell'aeroporto di Manchester, venerdì dovrei riuscire a scrivere un pezzo sulla partita - che sulla carta dovrebbe essere scontata ma nel calcio, è risaputo, non si sa mai...
martedì 21 febbraio 2012
Giggs & Hazard
Per una leggenda come Ryan Giggs che decide di giocare ancora un anno, c'è una potenziale nuova star del calcio inglese che risponde al nome di Eden Hazard che si avvicina alla Premier. L'eterno mago gallese continuerà a deliziare l'Old Trafford anche nel 2012-13, confermando che, come visto di recente con il ritorno in campo di Paul Scholes, i campioni lanciati dall'Academy dello United a inizio anni Novanta sono longevi, oltre che dotati di classe cristallina.
Ormai impiegato indistintamente sia sulla fascia che come centrale – una mossa, quest'ultima, che gli ha allungato la carriera – Giggs ha esordito nella massima divisione inglese nel lontano 1991 e detiene una quantità industriale di record. Il più importante è quello delle presenze – è quasi a quota 900 – ma pure l'aver segnato almeno un goal in tutti e 22 i campionati disputati non è roba tanto facile da eguagliare. Passando al ventunenne centrocampista belga attualmente in forza ai francesi del Lilla, è cosa nota che ha da tempo suscitato l'interesse di Arsenal e Chelsea, oltre che Real Madrid e Inter. Adesso però sembra che alla fine possa accasarsi al White Hart Lane. Hazard ha già fatto sapere di gradire il Tottenham come destinazione, sebbene abbia smentito di aver già trovato un'intesa sui termini contrattuali, come invece danno per scontato i media inglesi.
L'eventuale innesto del belga renderebbe il centrocampo degli Spurs, già fortissimo, tra i migliori al mondo. Le capacità tecniche di gente del calibro di Luka Modric e Gareth Bale ben si sposerebbero con quelle del giovane fenomeno del Lilla, non c'è dubbio.
Ormai impiegato indistintamente sia sulla fascia che come centrale – una mossa, quest'ultima, che gli ha allungato la carriera – Giggs ha esordito nella massima divisione inglese nel lontano 1991 e detiene una quantità industriale di record. Il più importante è quello delle presenze – è quasi a quota 900 – ma pure l'aver segnato almeno un goal in tutti e 22 i campionati disputati non è roba tanto facile da eguagliare. Passando al ventunenne centrocampista belga attualmente in forza ai francesi del Lilla, è cosa nota che ha da tempo suscitato l'interesse di Arsenal e Chelsea, oltre che Real Madrid e Inter. Adesso però sembra che alla fine possa accasarsi al White Hart Lane. Hazard ha già fatto sapere di gradire il Tottenham come destinazione, sebbene abbia smentito di aver già trovato un'intesa sui termini contrattuali, come invece danno per scontato i media inglesi.
L'eventuale innesto del belga renderebbe il centrocampo degli Spurs, già fortissimo, tra i migliori al mondo. Le capacità tecniche di gente del calibro di Luka Modric e Gareth Bale ben si sposerebbero con quelle del giovane fenomeno del Lilla, non c'è dubbio.
lunedì 20 febbraio 2012
Amministrazione controllata
Quella 2011-12 non è certo una stagione memorabile per il football britannico. Il flop in Champions League delle squadre di Premier e le premature eliminazioni nelle coppe delle squadre scozzesi rappresentano un segnale chiaro di crisi, ma forse a preoccupare di più è lo stato delle finanze di numerose squadre. Tra queste anche team di primo piano. Le big inglesi, è risaputo, sono piene di debiti, ma per il momento tengono botta grazie a proprietà miliardarie. I Rangers di Glasgow e il Portsmouth, invece, hanno dovuto sopportare l'onta dell'amministrazione controllata.
Almeno i Gers, in difficoltà da anni, dovrebbero trovare a breve un compratore – almeno così sperano dalle parti dell'Ibrox Park. I Pompey, invece, sono all'ennesimo episodio negativo di una tragedia sportiva che dura ormai da anni. Eppure solo nel 2008 la compagine del sud dell'Inghilterra vinceva la FA Cup con alla guida Harry Redknapp. Si è scoperto di recente che il prossimo allenatore dei Tre Leoni percepiva uno stipendio a dir poco elevato, almeno per le dimensioni del club – parliamo di oltre quattro milioni di euro l'anno.
Ma oltre agli stipendi troppo onerosi per mantenere una squadra di livello medio-alto, nel pozzo senza fondo dei debiti del Portsmouth vanno conteggiati diversi altri errori gestionali e le oscure manovre delle tre proprietà che si sono succedute nel corso di pochi mesi nel 2009-2010. Insomma, in un modo o in un altro i Pompey hanno vissuto al di sopra delle proprie possibilità, pagando un conto salatissimo. Primo club della Premier a entrare in amministrazione controllata (marzo 2010), con i dieci punti di penalizzazione che scattano in automatico in questi casi ora rischia seriamente il capitombolo in League One. Proprio l'anno in cui gli eterni rivali del Southampton sembrano destinati a tornare nella massima divisione inglese dopo sette anni di assenza.
Almeno i Gers, in difficoltà da anni, dovrebbero trovare a breve un compratore – almeno così sperano dalle parti dell'Ibrox Park. I Pompey, invece, sono all'ennesimo episodio negativo di una tragedia sportiva che dura ormai da anni. Eppure solo nel 2008 la compagine del sud dell'Inghilterra vinceva la FA Cup con alla guida Harry Redknapp. Si è scoperto di recente che il prossimo allenatore dei Tre Leoni percepiva uno stipendio a dir poco elevato, almeno per le dimensioni del club – parliamo di oltre quattro milioni di euro l'anno.
Ma oltre agli stipendi troppo onerosi per mantenere una squadra di livello medio-alto, nel pozzo senza fondo dei debiti del Portsmouth vanno conteggiati diversi altri errori gestionali e le oscure manovre delle tre proprietà che si sono succedute nel corso di pochi mesi nel 2009-2010. Insomma, in un modo o in un altro i Pompey hanno vissuto al di sopra delle proprie possibilità, pagando un conto salatissimo. Primo club della Premier a entrare in amministrazione controllata (marzo 2010), con i dieci punti di penalizzazione che scattano in automatico in questi casi ora rischia seriamente il capitombolo in League One. Proprio l'anno in cui gli eterni rivali del Southampton sembrano destinati a tornare nella massima divisione inglese dopo sette anni di assenza.
giovedì 16 febbraio 2012
Altro che re d'Europa...
Arsene Wenger nella conferenza stampa pre-partita aveva lasciato intendere a chiare lettere che l'Arsenal avrebbe potuto fare grandi cose in Champions League. Dopo aver assistito dal vivo al match di ieri sera con il Milan (ho fatto delle foto, ma sono orrende per cui non le posto) mi vien da dire che il primo ad aver fallito miseramente è stato proprio lui, con scelte che francamente non ho compreso un granché - Rosicky e Arteta insieme in campo non sono proprio una genialata, Chamberlain ha giocato troppo poco...
Rimane il fatto che l'Arsenal è una squadra alquanto bollita - non me ne vogliano i miei amici tifosi dei Gunners - e che rischia molto seriamente di non qualificarsi per la prossima Champions League.
Ultima postilla, attenzione a dare in grande crisi il calcio inglese. Una stagione opaca può essere fisiologica, ma non credo che l'anno prossimo le due di Manchester e il Tottenham rimedieranno altre figuracce.
P.S. aggiungo che il coro finale con dedica a Titì Henry dei depressissimi tifosi dell'Arsenal (ovviamente molto silenziosi) è stato bello quanto venato da tanta malinconia.
Rimane il fatto che l'Arsenal è una squadra alquanto bollita - non me ne vogliano i miei amici tifosi dei Gunners - e che rischia molto seriamente di non qualificarsi per la prossima Champions League.
Ultima postilla, attenzione a dare in grande crisi il calcio inglese. Una stagione opaca può essere fisiologica, ma non credo che l'anno prossimo le due di Manchester e il Tottenham rimedieranno altre figuracce.
P.S. aggiungo che il coro finale con dedica a Titì Henry dei depressissimi tifosi dell'Arsenal (ovviamente molto silenziosi) è stato bello quanto venato da tanta malinconia.
lunedì 13 febbraio 2012
Il nome dello stadio lo decidono i tifosi
La nuova frontiera dei naming rights è quella della lotteria per decidere il nome di uno stadio. Si versano 50 sterline e il gioco è fatto. Un importo ridotto, certo, visto che il club in questione è il Bath City, quinta serie del calcio inglese. L'impianto da ribattezzare è il Twerton Park, un'anzianità di servizio notevole (ha aperto i battenti nel 1909), una capienza degna di ben altri palcoscenici (8.800 posti, tanto che tra il 1986 e il 1996 ha ospitato il Bristol Rovers) e un fascino un po' retrò imbattibile, visto che dalle sue vecchie gradinate si possono ammirare gli eleganti edifici della città termale fondata dai Romani duemila anni fa.
La scelta della dirigenza del Bath è dettata da evidenti motivi economici. La media spettatori è bassa, anche perché la squadra se la passa maluccio (è ultima in Conference National) e gli sponsor non sono così munifici. Il fortunato vincitore della lotteria potrebbe decidere di chiamare lo stadio come più gli aggrada. Ipoteticamente il nome potrebbe rimanere lo stesso, oppure si potrebbe prendere ispirazione da vecchie glorie del passato o invece omaggiare amici e parenti. Se la dea bendata dovesse favorire una compagnia privata, si seguirebbe uno schema più classico, che va tanto in voga in Inghilterra negli ultimi anni. In Premier ci sono il Reebok Stadium, l'Emirates, l'Etihad, il DW e da poco anche la Sport's Direct Arena. Ma anche nelle divisioni inferiori ci sono parecchi esempi, come, tanto per citarne un paio, l'American Express Community Stadium (Brighton) o la Ricoh Arena (Coventry). Fino al 2010 c'era anche il Kit Kat Crescent, ma una volta scaduto l'accordo di sponsorizzazione il glorioso Bootham Crescent, casa dello York City dal 1932, ha (fortunatamente) riacquisito la vecchia denominazione
Tornando alla singolare storia del Bath City, numerosi giocatori hanno già fatto sapere di aver aderito all'iniziativa. Jim Rollo, capitano e bandiera della squadra con oltre 450 presenze, si è addirittura espresso in toni entusiastici, definendola “un'ottima idea”.
Chissà se proverà la sorte anche il tifoso più celebre dei Romans (il soprannome del Bath), ovvero il regista Ken Loach. Uno dei più apprezzati esponenti della cinematografia britannica il marzo scorso si era dichiarato entusiasta di una precedente trovata del suo club: vendere biglietti scontati dell'80 per cento agli esponenti della nutrita comunità polacca di Bath. Per la verità non tutti i tifosi della compagine del sud dell'Inghilterra hanno espresso un parere positivo sul tentativo di aumentare la base di sostenitori con agevolazioni così “singolari”. Ma tant'è, a Bath non si può certo dire che se ne stiano con le mani in mano e che la gestione societaria si basi su schemi troppo convenzionali.
Adesso toccherà solo aspettare le festività pasquali per scoprire chi avrà vinto il sorteggio, quanti soldi saranno stati raccolti e se il Twerton Park cambierà sul serio nome.
In ogni caso non sarebbe per molto, visto che i naming rights scadranno dopo una sola stagione. Va bene stravolgere la tradizioni, ma non esageriamo!
La scelta della dirigenza del Bath è dettata da evidenti motivi economici. La media spettatori è bassa, anche perché la squadra se la passa maluccio (è ultima in Conference National) e gli sponsor non sono così munifici. Il fortunato vincitore della lotteria potrebbe decidere di chiamare lo stadio come più gli aggrada. Ipoteticamente il nome potrebbe rimanere lo stesso, oppure si potrebbe prendere ispirazione da vecchie glorie del passato o invece omaggiare amici e parenti. Se la dea bendata dovesse favorire una compagnia privata, si seguirebbe uno schema più classico, che va tanto in voga in Inghilterra negli ultimi anni. In Premier ci sono il Reebok Stadium, l'Emirates, l'Etihad, il DW e da poco anche la Sport's Direct Arena. Ma anche nelle divisioni inferiori ci sono parecchi esempi, come, tanto per citarne un paio, l'American Express Community Stadium (Brighton) o la Ricoh Arena (Coventry). Fino al 2010 c'era anche il Kit Kat Crescent, ma una volta scaduto l'accordo di sponsorizzazione il glorioso Bootham Crescent, casa dello York City dal 1932, ha (fortunatamente) riacquisito la vecchia denominazione
Tornando alla singolare storia del Bath City, numerosi giocatori hanno già fatto sapere di aver aderito all'iniziativa. Jim Rollo, capitano e bandiera della squadra con oltre 450 presenze, si è addirittura espresso in toni entusiastici, definendola “un'ottima idea”.
Chissà se proverà la sorte anche il tifoso più celebre dei Romans (il soprannome del Bath), ovvero il regista Ken Loach. Uno dei più apprezzati esponenti della cinematografia britannica il marzo scorso si era dichiarato entusiasta di una precedente trovata del suo club: vendere biglietti scontati dell'80 per cento agli esponenti della nutrita comunità polacca di Bath. Per la verità non tutti i tifosi della compagine del sud dell'Inghilterra hanno espresso un parere positivo sul tentativo di aumentare la base di sostenitori con agevolazioni così “singolari”. Ma tant'è, a Bath non si può certo dire che se ne stiano con le mani in mano e che la gestione societaria si basi su schemi troppo convenzionali.
Adesso toccherà solo aspettare le festività pasquali per scoprire chi avrà vinto il sorteggio, quanti soldi saranno stati raccolti e se il Twerton Park cambierà sul serio nome.
In ogni caso non sarebbe per molto, visto che i naming rights scadranno dopo una sola stagione. Va bene stravolgere la tradizioni, ma non esageriamo!
domenica 12 febbraio 2012
ll Punto sulla Premier – Polemiche a non finire, ma la sfida di testa si fa sempre più appassionante
Dopo l'addio di Capello, ecco di nuovo Saurez a mettersi in cattiva luce. Intanto United e City vincono senza troppi patemi. Chelsea, è sempre più crisi. Spiccano le due cinquine di giornata del Tottenham e del West Bromwich Albion, troppo più forte di un Wolverhampton ormai sull'orlo del baratro. Bella rimonta dell'Arsenal che a breve dovrà vedere Henry tornare negli Usa.
COS'E' SUCCESSO – Dopo una settimana passata a parlare di Fabio Capello e delle sue dimissioni, la venticinquesima giornata di Premier ha finalmente rimesso il calcio giocato al centro dei pensieri della maggioranza dei tifosi inglesi. Il big match di giornata, la classica dell'Old Trafford tra Manchester United e Liverpool, oltre a essere la rivincita della recente sfida in FA Cup vinta dai Reds, riproponeva per la prima volta uno di fronte all'altro Patrice Evra e Luis Suarez dopo il celebre caso di offese razziali. Mai come questa volta tesa e nervosa, la 185esima gara tra le due superpotenze del Lancashire è stata decisa da una doppietta di un tifosissimo dell'Everton, un Wayne Rooney scintillante come non mai. Il Manchester City domina in lungo e in largo al Villa Park, sebbene riesca a trovare il goal solo con una sortita offensiva di Joleon Lescott. Molto male l'Aston Villa, i cui tifosi hanno già trovato il capro espiatorio: l'ex manager dei cugini del Birmingham Alex McLeish, contestato duramente anche prima del fischio d'inizio. Gli assist di Emmanuel Adebayor (ben quattro) e i goal di Louis Saha schiantano un Newcastle con troppe pedine importanti in infermeria per poter sperare di fare risultato al White Hart Lane. Thierry Henry saluta l'Arsenal per la seconda volta regalando la vittoria in extremis ai Gunners. I tre punti raccolti in rimonta sul difficile campo del Sunderland (22 punti nelle ultime 10 partite) potrebbero rivelarsi fondamentali per la lotta al quarto posto. L'altra euro-rivale delle squadre italiane, il Chelsea, infila l'ennesima prestazione opaca della sua deludente stagione in casa dell'Everton. Le voci di un cambio di “manico” si fanno sempre più insistenti. Fuochi artificiali in coda, dove erano in calendario ben tre scontri diretti. Con la tredicesima marcatura in Premier di Yakubu il Blackburn regola il QPR privo dello squalificato Djibril Cissé; impresa del Wigan a Bolton, mentre nel Black Country Derby il West Bromwich umilia un Wolverhampton a dir poco inguardabile. Così la squadra allenata da Roy Hodgson si allontana in maniera ormai quasi definitiva dalla zona calda della classifica.
IL TOP – Dopo il Manchester City, ecco il turno del Chelsea. L'Everton sta diventando l'ammazza-grandi della Premier. Forse perché vuol “difendere” un blasone e un albo d'oro di maggior pregio delle “nuove” big. O più semplicemente per merito di David Moyes, secondo la nostra opinione uno degli allenatori più sottovalutati di tutto il football mondiale.
IL FLOP – Dopo settimane di polemiche condite da gesti e dichiarazioni non proprio esemplari da parte di tutto l'ambiente del Liverpool, Luis Suarez ha deciso di non stemperare i toni, rifiutandosi di stringere la mano di Patrice Evra, da lui apostrofato con epiteti razzisti nella sfida tra Liverpool e Manchester United dello scorso ottobre. L'uruguayano ha così dato pienamente ragione alla commissione disciplinare, che per i fatti di Anfield Road gli aveva affibbiato otto giornate di squalifica. Visti i precedenti – come il calcione rifilato a Scott Parker nel match contro il Tottenham – con il gesto nei confronti del capitano dei Red Devils Suarez entra di diritto nella Top Ten dei giocatori più scorretti del calcio mondiale.
LA SORPRESA – Reduce dalla miseria di quattro punti raccolti in nove partite, il Wigan sembrava ormai destinato a un malinconico fine stagione senza margini per evitare il capitombolo in Championship. E invece la brillante affermazione al Reebok Stadium potrebbe rappresentare una svolta importante per i Latics, che già in passato ci hanno abituato a imprese inaspettate.
TOH CHI SI RIVEDE – Non segnava in Premier da 14 giornate. Adesso, appena trasferitosi al Tottenham dall'Everton, Louis Saha ha subito riscoperto la via del goal con una doppietta al povero Newcastle, al quale da ex ha rifilato così sei reti. Il francese ha segnato con tutti e cinque i club per i quali ha giocato nella massima divisione inglese (ai tre già menzionati, vanno aggiunti Fulham e Manchester United).
LA CHICCA – Il West Bromwich Albion continua ad avere un record esterno da piazzamento in Champions League. Quello nel derby contro il Wolverhampton è il sesto trionfo fuori casa dell'anno. Meglio dei Baggies ha fatto solo il Manchester United.
CONSIGLI PER GLI ACQUISTI – Stephane Sessignon è un centrocampista offensivo che all'occorrenza può essere schierato come seconda punta – o se preferite da sostegno all'attaccante in un 4-4-1-1. Lo scatto fulmineo è il pezzo forte del suo repertorio, che prevede anche buone capacità tecniche. Per strapparlo al Paris Saint Germain, il Sunderland nell'inverno del 2011 ha dovuto sborsare quasi sette milioni di euro. Un investimento che sta giungendo a maturazione proprio nella stagione attuale.
COS'E' SUCCESSO – Dopo una settimana passata a parlare di Fabio Capello e delle sue dimissioni, la venticinquesima giornata di Premier ha finalmente rimesso il calcio giocato al centro dei pensieri della maggioranza dei tifosi inglesi. Il big match di giornata, la classica dell'Old Trafford tra Manchester United e Liverpool, oltre a essere la rivincita della recente sfida in FA Cup vinta dai Reds, riproponeva per la prima volta uno di fronte all'altro Patrice Evra e Luis Suarez dopo il celebre caso di offese razziali. Mai come questa volta tesa e nervosa, la 185esima gara tra le due superpotenze del Lancashire è stata decisa da una doppietta di un tifosissimo dell'Everton, un Wayne Rooney scintillante come non mai. Il Manchester City domina in lungo e in largo al Villa Park, sebbene riesca a trovare il goal solo con una sortita offensiva di Joleon Lescott. Molto male l'Aston Villa, i cui tifosi hanno già trovato il capro espiatorio: l'ex manager dei cugini del Birmingham Alex McLeish, contestato duramente anche prima del fischio d'inizio. Gli assist di Emmanuel Adebayor (ben quattro) e i goal di Louis Saha schiantano un Newcastle con troppe pedine importanti in infermeria per poter sperare di fare risultato al White Hart Lane. Thierry Henry saluta l'Arsenal per la seconda volta regalando la vittoria in extremis ai Gunners. I tre punti raccolti in rimonta sul difficile campo del Sunderland (22 punti nelle ultime 10 partite) potrebbero rivelarsi fondamentali per la lotta al quarto posto. L'altra euro-rivale delle squadre italiane, il Chelsea, infila l'ennesima prestazione opaca della sua deludente stagione in casa dell'Everton. Le voci di un cambio di “manico” si fanno sempre più insistenti. Fuochi artificiali in coda, dove erano in calendario ben tre scontri diretti. Con la tredicesima marcatura in Premier di Yakubu il Blackburn regola il QPR privo dello squalificato Djibril Cissé; impresa del Wigan a Bolton, mentre nel Black Country Derby il West Bromwich umilia un Wolverhampton a dir poco inguardabile. Così la squadra allenata da Roy Hodgson si allontana in maniera ormai quasi definitiva dalla zona calda della classifica.
IL TOP – Dopo il Manchester City, ecco il turno del Chelsea. L'Everton sta diventando l'ammazza-grandi della Premier. Forse perché vuol “difendere” un blasone e un albo d'oro di maggior pregio delle “nuove” big. O più semplicemente per merito di David Moyes, secondo la nostra opinione uno degli allenatori più sottovalutati di tutto il football mondiale.
IL FLOP – Dopo settimane di polemiche condite da gesti e dichiarazioni non proprio esemplari da parte di tutto l'ambiente del Liverpool, Luis Suarez ha deciso di non stemperare i toni, rifiutandosi di stringere la mano di Patrice Evra, da lui apostrofato con epiteti razzisti nella sfida tra Liverpool e Manchester United dello scorso ottobre. L'uruguayano ha così dato pienamente ragione alla commissione disciplinare, che per i fatti di Anfield Road gli aveva affibbiato otto giornate di squalifica. Visti i precedenti – come il calcione rifilato a Scott Parker nel match contro il Tottenham – con il gesto nei confronti del capitano dei Red Devils Suarez entra di diritto nella Top Ten dei giocatori più scorretti del calcio mondiale.
LA SORPRESA – Reduce dalla miseria di quattro punti raccolti in nove partite, il Wigan sembrava ormai destinato a un malinconico fine stagione senza margini per evitare il capitombolo in Championship. E invece la brillante affermazione al Reebok Stadium potrebbe rappresentare una svolta importante per i Latics, che già in passato ci hanno abituato a imprese inaspettate.
TOH CHI SI RIVEDE – Non segnava in Premier da 14 giornate. Adesso, appena trasferitosi al Tottenham dall'Everton, Louis Saha ha subito riscoperto la via del goal con una doppietta al povero Newcastle, al quale da ex ha rifilato così sei reti. Il francese ha segnato con tutti e cinque i club per i quali ha giocato nella massima divisione inglese (ai tre già menzionati, vanno aggiunti Fulham e Manchester United).
LA CHICCA – Il West Bromwich Albion continua ad avere un record esterno da piazzamento in Champions League. Quello nel derby contro il Wolverhampton è il sesto trionfo fuori casa dell'anno. Meglio dei Baggies ha fatto solo il Manchester United.
CONSIGLI PER GLI ACQUISTI – Stephane Sessignon è un centrocampista offensivo che all'occorrenza può essere schierato come seconda punta – o se preferite da sostegno all'attaccante in un 4-4-1-1. Lo scatto fulmineo è il pezzo forte del suo repertorio, che prevede anche buone capacità tecniche. Per strapparlo al Paris Saint Germain, il Sunderland nell'inverno del 2011 ha dovuto sborsare quasi sette milioni di euro. Un investimento che sta giungendo a maturazione proprio nella stagione attuale.
venerdì 10 febbraio 2012
Che tipo!
Assolutamente da leggere l'ottimo pezzo pubblicato ieri su soccernet.com in merito alle gesta di Frank Worthington, uno dei Mavaricks. L'articolo (ovviamente in inglese) e lunghetto, ma chi l'ha detto che su internet bisogna mettere solo roba di non più di 3mila battute?
Buona lettura: http://soccernet.espn.go.com/columns/story/_/id/1018904/the-mavericks:-frank-worthington?cc=5739
Buona lettura: http://soccernet.espn.go.com/columns/story/_/id/1018904/the-mavericks:-frank-worthington?cc=5739
giovedì 9 febbraio 2012
Bye bye Fabio
Notevole! Quasi pleonastico sottolineare come ieri, oltre alle dimissioni di Fabio Capello, ci sia stato anche il proscioglimento di Harry Redknapp dalle accuse di evesione fiscale...
mercoledì 8 febbraio 2012
L'erede di Scholes ne combina di cotte e di crude, che fine farà Ravel Morrison?
Chi lo ha visto giocare lo dipinge come il miglior prodotto dell’Academy del Manchester United degli ultimi venti anni. Visto il suo ruolo in campo (centrocampista con spiccate doti offensive), gli addetti ai lavori lo hanno subito paragonato a Paul Scholes. Insomma, Ravel Morrison con la palla tra i piedi deve essere davvero uno che ci sa fare. Peccato che, almeno per il momento, il carattere non sia all’altezza delle sue capacità tecniche. Mettiamola così, il ragazzo non ha un modo di comportarsi esattamente oxfordiano e la calma e la temperanza non sono proprio il suo forte.
A suo carico ha già una sfilza di episodi a dir poco controversi, tra cui un paio di apparizioni davanti a un giudice con l'accusa (fondata) di minacce – casi poi risoltisi con il pagamento di una sanzione pecuniaria. Colpa soprattutto delle sue frequentazioni poco raccomandabili, degli amici nati e cresciuti come lui nei “difficili” sobborghi meridionali di Manchester.
L’ultima “bravata” è una minaccia infarcita di parolacce e insulti omofobi su uno dei social network preferiti dai calciatori inglesi: Twitter. È vero, Ravel era stato provocato da uno dei suoi follower, ma il tono del suo “cinguettio” (mai termine fu meno appropriato come in questo caso) era a dir poco sconveniente. Il tweet è stato ben presto cancellato, ma il danno ormai era fatto. Non bastavano le recenti polemiche sugli episodi di razzismo in campo e sugli spalti, ci voleva pure il calciatore omofobo. Il tutto poche ore dopo il grido di allarme lanciato dall'ex centrocampista del Chelsea e della nazionale Graeme Le Saux – per anni deriso e insultato in riferimento a una sua presunta (ma non vera) omosessualità – sull'esigenza da parte del mondo del calcio inglese di scacciare il diffuso sentimento di omofobia presente al suo interno.
Ma torniamo al nostro giovane scavezzacollo. È probabile che dalle parti dell'East End londinese, dove Ravel si è appena trasferito, abbiano già capito abbondantemente di che panni vesta e si preparino a correre ai ripari, sempre che sia possibile. Ah già, dimenticavamo, Morrison è stato venduto per poco meno di un milione di euro al West Ham nel corso dell'ultimo giorno del mercato invernale. I suoi tecnici alle giovanili dello United avevano da tempo perso la pazienza; alla fine non ne ha potuto più nemmeno Alex Ferguson. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la richiesta di un nuovo contratto – quello vecchio era in scadenza – quanto mai esagerata per un diciannovenne che avrà anche un grande talento, ma che in prima squadra ha pur sempre fatto solo brevi comparsate in Coppa di Lega senza disputare nemmeno un minuto in Premier.
Il sommo scozzese è senza dubbio abituato a “trattare” con le teste calde (ha più o meno domato Eric Cantona, mica poco) ma di continuare ad aspettare e soprattutto sopportare uno che i media di Manchester definiscono fin troppo “avvezzo a commettere sempre gli stessi errori” non se l'è proprio sentita.
Pare che il Newcastle United e la Roma fossero sulle tracce di Morrison. Chissà se in futuro si pentiranno di non aver investito qualche migliaia di euro in più per assicurarsi i suoi servigi, oppure se “il più grande talento dopo Paul Scholes” si perderà definitivamente per strada. Una cosa è certa, non possiamo esimerci dall'augurare un grosso in bocca al lupo all'allenatore degli Irons Sam Allardyce.
A suo carico ha già una sfilza di episodi a dir poco controversi, tra cui un paio di apparizioni davanti a un giudice con l'accusa (fondata) di minacce – casi poi risoltisi con il pagamento di una sanzione pecuniaria. Colpa soprattutto delle sue frequentazioni poco raccomandabili, degli amici nati e cresciuti come lui nei “difficili” sobborghi meridionali di Manchester.
L’ultima “bravata” è una minaccia infarcita di parolacce e insulti omofobi su uno dei social network preferiti dai calciatori inglesi: Twitter. È vero, Ravel era stato provocato da uno dei suoi follower, ma il tono del suo “cinguettio” (mai termine fu meno appropriato come in questo caso) era a dir poco sconveniente. Il tweet è stato ben presto cancellato, ma il danno ormai era fatto. Non bastavano le recenti polemiche sugli episodi di razzismo in campo e sugli spalti, ci voleva pure il calciatore omofobo. Il tutto poche ore dopo il grido di allarme lanciato dall'ex centrocampista del Chelsea e della nazionale Graeme Le Saux – per anni deriso e insultato in riferimento a una sua presunta (ma non vera) omosessualità – sull'esigenza da parte del mondo del calcio inglese di scacciare il diffuso sentimento di omofobia presente al suo interno.
Ma torniamo al nostro giovane scavezzacollo. È probabile che dalle parti dell'East End londinese, dove Ravel si è appena trasferito, abbiano già capito abbondantemente di che panni vesta e si preparino a correre ai ripari, sempre che sia possibile. Ah già, dimenticavamo, Morrison è stato venduto per poco meno di un milione di euro al West Ham nel corso dell'ultimo giorno del mercato invernale. I suoi tecnici alle giovanili dello United avevano da tempo perso la pazienza; alla fine non ne ha potuto più nemmeno Alex Ferguson. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la richiesta di un nuovo contratto – quello vecchio era in scadenza – quanto mai esagerata per un diciannovenne che avrà anche un grande talento, ma che in prima squadra ha pur sempre fatto solo brevi comparsate in Coppa di Lega senza disputare nemmeno un minuto in Premier.
Il sommo scozzese è senza dubbio abituato a “trattare” con le teste calde (ha più o meno domato Eric Cantona, mica poco) ma di continuare ad aspettare e soprattutto sopportare uno che i media di Manchester definiscono fin troppo “avvezzo a commettere sempre gli stessi errori” non se l'è proprio sentita.
Pare che il Newcastle United e la Roma fossero sulle tracce di Morrison. Chissà se in futuro si pentiranno di non aver investito qualche migliaia di euro in più per assicurarsi i suoi servigi, oppure se “il più grande talento dopo Paul Scholes” si perderà definitivamente per strada. Una cosa è certa, non possiamo esimerci dall'augurare un grosso in bocca al lupo all'allenatore degli Irons Sam Allardyce.
martedì 7 febbraio 2012
ll Punto sulla Premier – Impresa United, ma il City allunga
Rimonta da favola dei Red Devils sul campo del Chelsea. La squadra allenata da Roberto Mancini dispone con facilità del Fulham, mentre il Tottenham impatta ad Anfield.
Arsenal maramaldo sul Blackburn, il Newcastle non si ferma e sconfigge l'Aston Villa con un goal del nuovo arrivato Papiss Cissé, il senegalese prelevato dal Friburgo che è già diventato un idolo dei tifosi.
COS'E' SUCCESSO – La ventiquattresima giornata di Premier si è svolta in maniera regolare nonostante la neve abbia fatto la sua sgradita comparsa su numerosi campi. Il Manchester City cancella il brutto ricordo del Goodison Park surclassando il Fulham, troppo attendista soprattutto nella prima frazione di gioco. Ora i Light Blues sono a più due sui cugini dello United, protagonisti di un incredibile recupero allo Stamford Bridge grazie a un Wayne Rooney particolarmente ispirato. In 20 anni di Premier, il Chelsea non aveva mai dilapidato un vantaggio di tre reti. Nella classicissima tra Liverpool e Tottenham trionfa l'agonismo, ma di spettacolo e di occasioni da rete se ne apprezzano ben poche. Gli Spurs sono apparsi troppo rinunciatari, ma hanno riportato a Londra un punto tutto sommato utile per la qualificazione in Champions League. Per i Reds ottavo pareggio su dodici partite casalinghe. Troppi, per riuscire a puntare in alto. Dopo più di un mese di prestazioni opache, l'Arsenal fa una scorpacciata di reti contro il malridotto Blackburn. Sugli scudi il solito Robin Van Persie (tripletta che lo issa a quota 22 in campionato), il talentuosissimo Alex Oxlade-Chamberlain (prime due marcature in Premier) e il vecchietto Titì Henry. Ora i Rovers sono di nuovo penultimi, anche in virtù del concomitante risultato dello “spareggio” tra Wolves e QPR, che dopo poco perde Djibril Cissé per espulsione e finisce per dilapidare il vantaggio iniziale. Ancora male il Wigan (pari casalingo con l'Everton) e il Bolton, battuto nei minuti finali dal Norwich.
IL TOP – Volendo vedere il bicchiere mezzo vuoto, Il Manchester United ha perso due punti preziosi nella corsa al titolo. In realtà ci sembra più giusto sottolineare come i Red Devils abbiano per l'ennesima volta dimostrato di essere una grande squadra, con la mentalità e la forza d'animo che fa la differenza tra i team di grande spessore e quelli di medio cabotaggio. La grinta profusa in campo nei minuti del recupero dallo 0-3 al 3-3 e gli sforzi mostrati per vincere la gara sono da leggenda. Se poi anche David De Gea si mette a fare la sua parte, tanto meglio.
IL FLOP – Fortuna per il buon Roy Hodgson che la sua squadra in trasferta ha un rendimento di tutto rispetto. Se il West Bromwich Albion si dovesse affidare soli ai punti raccolti in casa (quello di sabato con lo Swansea City è stato addirittura l'ottavo rovescio interno dell'anno), la situazione sarebbe disperata. Attenzione, però, continuando di questo passo i Baggies rischiano di rimanere di nuovo invischiati nella lotta per non retrocedere.
LA SORPRESA – Da quando sulla sua panchina è approdato Martin O'Neill, il Sunderland non cessa di stupire. I Black Cats hanno conquistato il loro ventiduesimo punto nelle dieci partite di gestione del nord-irlandese andando a violare il difficile campo dello Stoke. Nessuno lo avrebbe previsto a inizio stagione, ma ora è proprio il Sunderland la migliore tra le “altre”.
TOH CHI SI RIVEDE – Al suo esordio con la maglia del QPR, Bobby Zamora ha subito timbrato il cartellino. Al Loftus Road avrà a disposizione un modulo più consono alle sue caratteristiche (il 4-4-2), a differenza del 4-5-1 introdotto da Martin Jol al Fulham, che lui non gradiva nemmeno un po'.
LA CHICCA – Molto gustoso il retroscena rivelato domenica da Massimo Marianella durante la telecronaca di Chelsea v Manchester United. Secondo le fonti del super-esperto giornalista di Sky Italia, sarebbe stato Rio Ferdinand a convincere il fratello Anton ad andare fino in fondo alla storia di insulti razziali ricevuti da John Terry. Pare, infatti, che Ferdinand Junior si fosse chiarito con il difensore dei Blues subito dopo la fine del match “incriminato”. Adesso la Football Association ha deciso di togliere la fascia di capitano a Terry, probabilmente riconsegnandola a Rio Ferdinand...
CONSIGLI PER GLI ACQUISTI – Strano che un centrocampista dai piedi molto educati, dalla buona visione di gioco e dall'ottimo tiro da fuori come il croato Niko Kranjcar sia rimasto al Tottenham nonostante lo spazio molto ridotto che – per sua stessa ammissione – Harry Redknapp gli può garantire nell'undici titolare. Lascerà il White Hart Lane in estate? A soli 28 ha sicuramente bisogno di trovare destinazioni degne del suo talento.
Arsenal maramaldo sul Blackburn, il Newcastle non si ferma e sconfigge l'Aston Villa con un goal del nuovo arrivato Papiss Cissé, il senegalese prelevato dal Friburgo che è già diventato un idolo dei tifosi.
COS'E' SUCCESSO – La ventiquattresima giornata di Premier si è svolta in maniera regolare nonostante la neve abbia fatto la sua sgradita comparsa su numerosi campi. Il Manchester City cancella il brutto ricordo del Goodison Park surclassando il Fulham, troppo attendista soprattutto nella prima frazione di gioco. Ora i Light Blues sono a più due sui cugini dello United, protagonisti di un incredibile recupero allo Stamford Bridge grazie a un Wayne Rooney particolarmente ispirato. In 20 anni di Premier, il Chelsea non aveva mai dilapidato un vantaggio di tre reti. Nella classicissima tra Liverpool e Tottenham trionfa l'agonismo, ma di spettacolo e di occasioni da rete se ne apprezzano ben poche. Gli Spurs sono apparsi troppo rinunciatari, ma hanno riportato a Londra un punto tutto sommato utile per la qualificazione in Champions League. Per i Reds ottavo pareggio su dodici partite casalinghe. Troppi, per riuscire a puntare in alto. Dopo più di un mese di prestazioni opache, l'Arsenal fa una scorpacciata di reti contro il malridotto Blackburn. Sugli scudi il solito Robin Van Persie (tripletta che lo issa a quota 22 in campionato), il talentuosissimo Alex Oxlade-Chamberlain (prime due marcature in Premier) e il vecchietto Titì Henry. Ora i Rovers sono di nuovo penultimi, anche in virtù del concomitante risultato dello “spareggio” tra Wolves e QPR, che dopo poco perde Djibril Cissé per espulsione e finisce per dilapidare il vantaggio iniziale. Ancora male il Wigan (pari casalingo con l'Everton) e il Bolton, battuto nei minuti finali dal Norwich.
IL TOP – Volendo vedere il bicchiere mezzo vuoto, Il Manchester United ha perso due punti preziosi nella corsa al titolo. In realtà ci sembra più giusto sottolineare come i Red Devils abbiano per l'ennesima volta dimostrato di essere una grande squadra, con la mentalità e la forza d'animo che fa la differenza tra i team di grande spessore e quelli di medio cabotaggio. La grinta profusa in campo nei minuti del recupero dallo 0-3 al 3-3 e gli sforzi mostrati per vincere la gara sono da leggenda. Se poi anche David De Gea si mette a fare la sua parte, tanto meglio.
IL FLOP – Fortuna per il buon Roy Hodgson che la sua squadra in trasferta ha un rendimento di tutto rispetto. Se il West Bromwich Albion si dovesse affidare soli ai punti raccolti in casa (quello di sabato con lo Swansea City è stato addirittura l'ottavo rovescio interno dell'anno), la situazione sarebbe disperata. Attenzione, però, continuando di questo passo i Baggies rischiano di rimanere di nuovo invischiati nella lotta per non retrocedere.
LA SORPRESA – Da quando sulla sua panchina è approdato Martin O'Neill, il Sunderland non cessa di stupire. I Black Cats hanno conquistato il loro ventiduesimo punto nelle dieci partite di gestione del nord-irlandese andando a violare il difficile campo dello Stoke. Nessuno lo avrebbe previsto a inizio stagione, ma ora è proprio il Sunderland la migliore tra le “altre”.
TOH CHI SI RIVEDE – Al suo esordio con la maglia del QPR, Bobby Zamora ha subito timbrato il cartellino. Al Loftus Road avrà a disposizione un modulo più consono alle sue caratteristiche (il 4-4-2), a differenza del 4-5-1 introdotto da Martin Jol al Fulham, che lui non gradiva nemmeno un po'.
LA CHICCA – Molto gustoso il retroscena rivelato domenica da Massimo Marianella durante la telecronaca di Chelsea v Manchester United. Secondo le fonti del super-esperto giornalista di Sky Italia, sarebbe stato Rio Ferdinand a convincere il fratello Anton ad andare fino in fondo alla storia di insulti razziali ricevuti da John Terry. Pare, infatti, che Ferdinand Junior si fosse chiarito con il difensore dei Blues subito dopo la fine del match “incriminato”. Adesso la Football Association ha deciso di togliere la fascia di capitano a Terry, probabilmente riconsegnandola a Rio Ferdinand...
CONSIGLI PER GLI ACQUISTI – Strano che un centrocampista dai piedi molto educati, dalla buona visione di gioco e dall'ottimo tiro da fuori come il croato Niko Kranjcar sia rimasto al Tottenham nonostante lo spazio molto ridotto che – per sua stessa ammissione – Harry Redknapp gli può garantire nell'undici titolare. Lascerà il White Hart Lane in estate? A soli 28 ha sicuramente bisogno di trovare destinazioni degne del suo talento.
lunedì 6 febbraio 2012
In ricordo dei Busby Babes
Il pomeriggio del 6 febbraio 1958 a Monaco di Baviera si consumò una delle più terribili tragedie della storia del calcio inglese. Il seguente brano è tratto dal mio libro "Manchester United, la leggenda dei Busby Babes". Un omaggio a dir poco doveroso.
Sulla via del ritorno in Inghilterra l’aereo su cui viaggiavano i giocatori, lo staff tecnico e dirigenziale e un nutrito gruppo di giornalisti si fermò all’aeroporto Reim di Monaco di Baviera per effettuare un rifornimento di carburante, già programmato in precedenza. Nella mattinata la partenza da Belgrado aveva avuto un intoppo – Johnny Berry aveva smarrito il suo passaporto – per cui si era registrato un piccolo ritardo. Sul volo BE 609 della British European Airways l’atmosfera era del tutto rilassata, come può capitare a una squadra di calcio di ritorno da una vittoriosa trasferta europea. Durante lo scalo a Monaco ci fu chi ne approfittò per prendersi allegramente a pallate di neve – Colman e Pegg – o chi fece un po’ di shopping per la mamma – Whelan. Alle 15.19 fu chiamato il volo. Durante la sosta le condizioni del tempo sembravano ulteriormente peggiorate. Il cielo era uno strato uniforme di nuvole e nevicava fitto fitto. I due piloti, James Thain e Kenneth Raymont, provarono un paio di volte a decollare, ma senza successo. Il velivolo fu ricondotto al terminal e i passeggeri, alquanto preoccupati, sbarcati in vista di un consulto con i tecnici dell’areoporto. In molti pensarono che fosse molto meglio passare la notte a Monaco di Baviera, al caldo di un hotel.
Duncan Edwards mandò addirittura un telegramma alla sua padrona di casa, avvertendo che, viste le condizioni atmosferiche proibitive, avrebbe passato la notte in Germania. Purtroppo Edwards si sbagliava di grosso. Il telegramma arrivò a destinazione solo alle 5 del pomeriggio, quando la tragedia si era già compiuta.
Passarono pochi minuti, quindi si decise di fare un terzo tentativo. I giocatori, risaliti sul velivolo con più di una remora, aspettavano in silenzio l’evolversi della situazione. Nessuno giocava più a carte, nessuno scherzava. C’era molta tensione. Credendo di essere più sicuro, Pegg si andò a sedere nella parte posteriore del velivolo, vicino a Taylor, Edwards, Colman e alla maggior parte dei giornalisti. In cabina di pilotaggio il responsabile delle comunicazioni, Bill Rodgers, avvertì la torre di controllo che l’aereo stava in fase di rollaggio sulla pista. Erano da poco passate le quattro. Il charter della British European prese gradualmente velocità, poi improvvisamente perse potenza. Nel bel mezzo della manovra di decollo l’aereo, ormai ingestibile e al contempo impossibilitato a librarsi in aria, proseguì la sua corsa fino al termine della pista, dove colpì violentemente le protezioni esterne. Un’ala squarciò le mura di una casa vicina che prese così fuoco (fortunatamente in quel momento l’abitazione era deserta). A quel punto sia la coda che l’ala stessa si staccarono rovinosamente dall’aereo. Quel che rimaneva del velivolo, sballottato a folle velocità tra massicci sbuffi di neve, finì la sua corsa senza senso centrando prima un albero con la cabina di pilotaggio e poi un piccolo deposito in legno con la fusoliera. All’interno della baracca si trovava un camion pieno di carburante e di pneumatici, per cui l’urto causò un’esplosione e un successivo incendio. Erano le 16.04 di giovedì 6 febbraio 1958 (le 15.04 a Manchester). Tra la carcassa reclinata di quello che quasi non si riconosceva più come un aeroplano, in mezzo alla coltre di fumo generata dalle deflagrazioni, giacevano i corpi dei giocatori del Manchester United e della loro corte di tecnici, dirigenti e giornalisti.
Alcuni dei Babes furono scaraventati fuori dalla cabina con tutto il seggiolino, come accadde a Charlton, Byrne e Viollet. Incredibilmente Gregg riuscì a uscire da un buco tra le lamiere solo con qualche graffio. Analoga sorte toccò a Foulkes. Lo spettacolo che si presentò davanti agli occhi dei due era di agghiacciante devastazione e morte. Byrne (28 anni), Jones (24), Pegg (22), Whelan (22), Colman (21), Taylor (26) e Bent (25) erano deceduti sul colpo. Al momento dello schianto avevano perso la vita altre undici persone, tra cui Crickmer, Whalley e Curry. La stampa pagò un prezzo altissimo. Tutti i giornalisti al seguito della squadra, tranne Frank Taylor, non ce la fecero. Si spense anche il mastodontico Frank Swift, ex portiere del Manchester City e della nazionale inglese. Oltre a quelli dello United ed agli otto esponenti della carta stampata perirono poi un membro dell’equipaggio, un agente di viaggio e un tifoso. Tra i ventidue superstiti alcuni apparvero subito molto gravi. Busby, Edwards, Berry e Blanchflower, oltre al pilota Rayment, erano in pericolo di vita e insieme agli altri feriti furono trasportati in ospedale dai soccorritori – arrivati con un certo ritardo. Per Rayment e uno dei giocatori era l’inizio di una lunga agonia.
Una volta giunti al nosocomio, il Rechts der Isar, Gregg e Foulkes furono lasciati per ore su delle poltrone, con addosso delle coperte rimediate alla bell’e meglio. Successivamente furono accompagnati all’hotel Stakus dal console britannico, accorso a loro conforto. Una volta arrivati in albergo, Foulkes, ancora visibilmente sotto shock, fumò la prima sigaretta della sua vita, mentre sorseggiava un whisky che purtroppo non poteva far dimenticare tutto l’orrore di quel pomeriggio.
Al Recht der Isar rimanevano i corpi dei ragazzi straziati dall’incidente, sia i morti che i vivi.
Il giorno dopo andò subito a riprenderseli l’unico membro dello staff tecnico che non aveva attraversato la Manica per andare a Belgrado: l’assistente di Busby, Jimmy Murphy. Uno dei padri putativi dei Babes non era con la squadra per una pura coincidenza, uno scherzo del destino che forse gli salvò la vita. Il giorno prima della partita a Belgrado, infatti, si giocava un incontro di qualificazione ai mondiali di Svezia 1958. Il ritorno del match di spareggio contro Israele a Murphy, allenatore della nazionale gallese, sembrava una partita scontata, per la quale non era necessaria la sua presenza. I dragoni, infatti, avevano già vinto all’andata per 2-0 (stesso risultato poi della partita di Cardiff), per cui Murphy si sentiva molto più emotivamente coinvolto dalla difficile trasferta dello United in casa della Stella Rossa. Tuttavia fu convinto dalla sua federazione ad andare al Ninian Park di Cardiff e non a Belgrado. Obbedì a malincuore, rinunciando a una trasferta europea a cui teneva tanto.
Murphy fu uno dei primi ad apprendere del tragico destino dei suoi amati ragazzi. A dare la ferale notizia al gallese, appena tornato all’Old Trafford dopo la partita del Galles, fu la segretaria personale di Busby, Alma George. Il vice-allenatore dello United se lo fece ripetere per due volte, tanto era incredulo. Poi iniziò a piangere, ancora ignaro dei dettagli su chi si fosse salvato e chi fosse perito. Sapeva solo che in tanti non sarebbero tornati a Manchester. Allo stesso momento capì che si doveva fare forza e continuare il suo lavoro. Proprio a lui sarebbe toccato l’ingrato compito di telefonare a tutte le famiglie delle vittime, una volta appresi i particolari della triste vicenda. Dovette farsi forza e informare madri, fidanzate e mogli che i loro cari non ce l’avevano fatta.
Sulla via del ritorno in Inghilterra l’aereo su cui viaggiavano i giocatori, lo staff tecnico e dirigenziale e un nutrito gruppo di giornalisti si fermò all’aeroporto Reim di Monaco di Baviera per effettuare un rifornimento di carburante, già programmato in precedenza. Nella mattinata la partenza da Belgrado aveva avuto un intoppo – Johnny Berry aveva smarrito il suo passaporto – per cui si era registrato un piccolo ritardo. Sul volo BE 609 della British European Airways l’atmosfera era del tutto rilassata, come può capitare a una squadra di calcio di ritorno da una vittoriosa trasferta europea. Durante lo scalo a Monaco ci fu chi ne approfittò per prendersi allegramente a pallate di neve – Colman e Pegg – o chi fece un po’ di shopping per la mamma – Whelan. Alle 15.19 fu chiamato il volo. Durante la sosta le condizioni del tempo sembravano ulteriormente peggiorate. Il cielo era uno strato uniforme di nuvole e nevicava fitto fitto. I due piloti, James Thain e Kenneth Raymont, provarono un paio di volte a decollare, ma senza successo. Il velivolo fu ricondotto al terminal e i passeggeri, alquanto preoccupati, sbarcati in vista di un consulto con i tecnici dell’areoporto. In molti pensarono che fosse molto meglio passare la notte a Monaco di Baviera, al caldo di un hotel.
Duncan Edwards mandò addirittura un telegramma alla sua padrona di casa, avvertendo che, viste le condizioni atmosferiche proibitive, avrebbe passato la notte in Germania. Purtroppo Edwards si sbagliava di grosso. Il telegramma arrivò a destinazione solo alle 5 del pomeriggio, quando la tragedia si era già compiuta.
Passarono pochi minuti, quindi si decise di fare un terzo tentativo. I giocatori, risaliti sul velivolo con più di una remora, aspettavano in silenzio l’evolversi della situazione. Nessuno giocava più a carte, nessuno scherzava. C’era molta tensione. Credendo di essere più sicuro, Pegg si andò a sedere nella parte posteriore del velivolo, vicino a Taylor, Edwards, Colman e alla maggior parte dei giornalisti. In cabina di pilotaggio il responsabile delle comunicazioni, Bill Rodgers, avvertì la torre di controllo che l’aereo stava in fase di rollaggio sulla pista. Erano da poco passate le quattro. Il charter della British European prese gradualmente velocità, poi improvvisamente perse potenza. Nel bel mezzo della manovra di decollo l’aereo, ormai ingestibile e al contempo impossibilitato a librarsi in aria, proseguì la sua corsa fino al termine della pista, dove colpì violentemente le protezioni esterne. Un’ala squarciò le mura di una casa vicina che prese così fuoco (fortunatamente in quel momento l’abitazione era deserta). A quel punto sia la coda che l’ala stessa si staccarono rovinosamente dall’aereo. Quel che rimaneva del velivolo, sballottato a folle velocità tra massicci sbuffi di neve, finì la sua corsa senza senso centrando prima un albero con la cabina di pilotaggio e poi un piccolo deposito in legno con la fusoliera. All’interno della baracca si trovava un camion pieno di carburante e di pneumatici, per cui l’urto causò un’esplosione e un successivo incendio. Erano le 16.04 di giovedì 6 febbraio 1958 (le 15.04 a Manchester). Tra la carcassa reclinata di quello che quasi non si riconosceva più come un aeroplano, in mezzo alla coltre di fumo generata dalle deflagrazioni, giacevano i corpi dei giocatori del Manchester United e della loro corte di tecnici, dirigenti e giornalisti.
Alcuni dei Babes furono scaraventati fuori dalla cabina con tutto il seggiolino, come accadde a Charlton, Byrne e Viollet. Incredibilmente Gregg riuscì a uscire da un buco tra le lamiere solo con qualche graffio. Analoga sorte toccò a Foulkes. Lo spettacolo che si presentò davanti agli occhi dei due era di agghiacciante devastazione e morte. Byrne (28 anni), Jones (24), Pegg (22), Whelan (22), Colman (21), Taylor (26) e Bent (25) erano deceduti sul colpo. Al momento dello schianto avevano perso la vita altre undici persone, tra cui Crickmer, Whalley e Curry. La stampa pagò un prezzo altissimo. Tutti i giornalisti al seguito della squadra, tranne Frank Taylor, non ce la fecero. Si spense anche il mastodontico Frank Swift, ex portiere del Manchester City e della nazionale inglese. Oltre a quelli dello United ed agli otto esponenti della carta stampata perirono poi un membro dell’equipaggio, un agente di viaggio e un tifoso. Tra i ventidue superstiti alcuni apparvero subito molto gravi. Busby, Edwards, Berry e Blanchflower, oltre al pilota Rayment, erano in pericolo di vita e insieme agli altri feriti furono trasportati in ospedale dai soccorritori – arrivati con un certo ritardo. Per Rayment e uno dei giocatori era l’inizio di una lunga agonia.
Una volta giunti al nosocomio, il Rechts der Isar, Gregg e Foulkes furono lasciati per ore su delle poltrone, con addosso delle coperte rimediate alla bell’e meglio. Successivamente furono accompagnati all’hotel Stakus dal console britannico, accorso a loro conforto. Una volta arrivati in albergo, Foulkes, ancora visibilmente sotto shock, fumò la prima sigaretta della sua vita, mentre sorseggiava un whisky che purtroppo non poteva far dimenticare tutto l’orrore di quel pomeriggio.
Al Recht der Isar rimanevano i corpi dei ragazzi straziati dall’incidente, sia i morti che i vivi.
Il giorno dopo andò subito a riprenderseli l’unico membro dello staff tecnico che non aveva attraversato la Manica per andare a Belgrado: l’assistente di Busby, Jimmy Murphy. Uno dei padri putativi dei Babes non era con la squadra per una pura coincidenza, uno scherzo del destino che forse gli salvò la vita. Il giorno prima della partita a Belgrado, infatti, si giocava un incontro di qualificazione ai mondiali di Svezia 1958. Il ritorno del match di spareggio contro Israele a Murphy, allenatore della nazionale gallese, sembrava una partita scontata, per la quale non era necessaria la sua presenza. I dragoni, infatti, avevano già vinto all’andata per 2-0 (stesso risultato poi della partita di Cardiff), per cui Murphy si sentiva molto più emotivamente coinvolto dalla difficile trasferta dello United in casa della Stella Rossa. Tuttavia fu convinto dalla sua federazione ad andare al Ninian Park di Cardiff e non a Belgrado. Obbedì a malincuore, rinunciando a una trasferta europea a cui teneva tanto.
Murphy fu uno dei primi ad apprendere del tragico destino dei suoi amati ragazzi. A dare la ferale notizia al gallese, appena tornato all’Old Trafford dopo la partita del Galles, fu la segretaria personale di Busby, Alma George. Il vice-allenatore dello United se lo fece ripetere per due volte, tanto era incredulo. Poi iniziò a piangere, ancora ignaro dei dettagli su chi si fosse salvato e chi fosse perito. Sapeva solo che in tanti non sarebbero tornati a Manchester. Allo stesso momento capì che si doveva fare forza e continuare il suo lavoro. Proprio a lui sarebbe toccato l’ingrato compito di telefonare a tutte le famiglie delle vittime, una volta appresi i particolari della triste vicenda. Dovette farsi forza e informare madri, fidanzate e mogli che i loro cari non ce l’avevano fatta.
domenica 5 febbraio 2012
venerdì 3 febbraio 2012
Millwall v Watford
Scritto per Goal.com.
Se parlate con un appassionato di lunga data di calcio inglese dell'evoluzione attuale del Beautiful Game, vi dirà che, stante il processo di continentalizzazione delle squadre della Premier, nelle divisioni minori si gioca ancora il football “di una volta”. Ovvero tanta corsa, agonismo alle stelle, infarcito di contrasti ruvidi, alchimie tattiche ridotte all'osso, stelle straniere pochine e “prodotti” locali in abbondanza. Da attenti osservatori della Championship, ma anche di League One e Two, a dir la verità negli ultimi anni abbiamo notato che sono sempre più numerose le compagini che cercano di tenere la palla bassa e articolare fraseggi di una discreta qualità. Basti pensare alle neo-promosse in Premier Swansea e Norwich, che tanto bene stanno facendo nella massima serie inglese.
La sfida di bassa classifica di Championship tra Millwall e Watford a cui abbiamo assistito martedì scorso, però, non prometteva certo un calcio troppo raffinato. Le due formazioni si trovavano a solo una manciata di punti dalle ultime tre posizioni in classifica e, come succede un po' ovunque in giro per il mondo, prima di dare spettacolo dovevano pensare a mettere un po' di fieno in cascina.
Consci che avremmo assistito a una partita combattutissima, con un pubblico molto caldo nonostante la rigida serata invernale, ci auguravamo quanto meno di poter ammirare la stellina Marvin Sordell, quasi ventunenne attaccante dai buoni mezzi tecnici e che nelle movenze ricorda un po' Ashley Young (esterno offensivo attualmente in forza al Manchester United). Young e Sordell sono due dei tanti giocatori usciti da una Academy da sempre di ottimo livello. A tre ore dal fischio di inizio il ragazzino è stato tolto dalla formazione titolare dall'allenatore degli Hornets Sean Dyche. Il motivo era semplice, troppe squadre di Premier vogliose di assicurarsi i suoi servigi – alla fine la spunterà il Bolton Wanderers per una cifra che pare si aggiri intorno ai quattro milioni di euro.
Non ci rimane che goderci le imprese di qualche onesto mestierante di categoria e di un paio di giovani del Tottenham in prestito al Millwall: Ryan Mason e Harry Kane. Se il primo disputa un partita senza infamia e senza lode, il secondo, attaccante che pure ha vestito la maglia delle selezioni under 17 e 19 dell'Inghilterra, è quanto di più macchinoso e impacciato ci sia capitato di vedere da parecchio tempo a questa parte. Intendiamoci, sono tutti i Lions di Londra sud a deludere i quasi diecimila presenti, che a più riprese manifestano il loro disappunto in maniera sempre molto colorita. In tanti si aspettavano i tre punti per garantirsi una bella boccata d'ossigeno in classifica e soprattutto per vendicare l'umiliante 1-6 subito la stagione passata in quello che non è proprio un derby (Watford è una delle cittadine sorte nelle propaggini settentrionali di Londra), ma poco ci manca. Il derby, quello vero, si gioca sabato con il West Ham. Ma questa è una storia che richiederebbe un articolo a sé.
Meglio tornare a parlare del match infrasettimanale, in cui il Millwall subisce il gioco più armonico e ragionato degli avversari, che senza strabiliare chiudono il primo tempo in vantaggio di due reti. Nella seconda frazione di gioco a nulla servono i confusionari attacchi di Darius Henderson (l'ex di giornata) e compagni. Anzi, il buon Darius nei minuti finali pensa bene anche di sbagliare un rigore, assicurandosi una decina di minuti di cori di scherno da parte dei suoi ex supporter.
A prescindere dal risultato finale che arride agli ospiti, una cosa è certa: nessuna delle due squadre promette di ripetere a breve i fasti degli anni Ottanta. Il periodo d'oro del Watford di John Barnes e Luther Blissett (poi “storico” bidone rifilato al Milan), con l'azionista forte Elton John, coincise con un clamoroso secondo posto in campionato alle spalle del grande Liverpool di Kenny Dalglish e una finale di FA Cup persa contro l'Everton. Nella seconda metà del decennio anche il Millwall di Tony Cascarino e Teddy Sheringham si cimentò per la prima volta nella massima serie inglese, centrando un sorprendente decimo posto prima di retrocedere l'anno successivo. Altri tempi e altro stadio, per i Lions (che hanno un buon seguito pure in Italia, come si può leggere sul blog http://millwallitalia.blogspot.com/). La vecchia tana, il the Den che tanto timore – a ragione – metteva a giocatori e tifosi avversari a Cold Blow Lane non esiste più dal 1993, sostituito dal nuovo Den. Un impianto moderno e funzionale, dove l'ex East Stand da non molto è stata ribattezzata Dockers Stand, in omaggio ai primi giocatori e ai tifosi dei biancoblu. Scaricatori di porto senza troppi fronzoli e orgogliosi della propria squadra. Nel bene, ma soprattutto nel male.
Se parlate con un appassionato di lunga data di calcio inglese dell'evoluzione attuale del Beautiful Game, vi dirà che, stante il processo di continentalizzazione delle squadre della Premier, nelle divisioni minori si gioca ancora il football “di una volta”. Ovvero tanta corsa, agonismo alle stelle, infarcito di contrasti ruvidi, alchimie tattiche ridotte all'osso, stelle straniere pochine e “prodotti” locali in abbondanza. Da attenti osservatori della Championship, ma anche di League One e Two, a dir la verità negli ultimi anni abbiamo notato che sono sempre più numerose le compagini che cercano di tenere la palla bassa e articolare fraseggi di una discreta qualità. Basti pensare alle neo-promosse in Premier Swansea e Norwich, che tanto bene stanno facendo nella massima serie inglese.
La sfida di bassa classifica di Championship tra Millwall e Watford a cui abbiamo assistito martedì scorso, però, non prometteva certo un calcio troppo raffinato. Le due formazioni si trovavano a solo una manciata di punti dalle ultime tre posizioni in classifica e, come succede un po' ovunque in giro per il mondo, prima di dare spettacolo dovevano pensare a mettere un po' di fieno in cascina.
Consci che avremmo assistito a una partita combattutissima, con un pubblico molto caldo nonostante la rigida serata invernale, ci auguravamo quanto meno di poter ammirare la stellina Marvin Sordell, quasi ventunenne attaccante dai buoni mezzi tecnici e che nelle movenze ricorda un po' Ashley Young (esterno offensivo attualmente in forza al Manchester United). Young e Sordell sono due dei tanti giocatori usciti da una Academy da sempre di ottimo livello. A tre ore dal fischio di inizio il ragazzino è stato tolto dalla formazione titolare dall'allenatore degli Hornets Sean Dyche. Il motivo era semplice, troppe squadre di Premier vogliose di assicurarsi i suoi servigi – alla fine la spunterà il Bolton Wanderers per una cifra che pare si aggiri intorno ai quattro milioni di euro.
Non ci rimane che goderci le imprese di qualche onesto mestierante di categoria e di un paio di giovani del Tottenham in prestito al Millwall: Ryan Mason e Harry Kane. Se il primo disputa un partita senza infamia e senza lode, il secondo, attaccante che pure ha vestito la maglia delle selezioni under 17 e 19 dell'Inghilterra, è quanto di più macchinoso e impacciato ci sia capitato di vedere da parecchio tempo a questa parte. Intendiamoci, sono tutti i Lions di Londra sud a deludere i quasi diecimila presenti, che a più riprese manifestano il loro disappunto in maniera sempre molto colorita. In tanti si aspettavano i tre punti per garantirsi una bella boccata d'ossigeno in classifica e soprattutto per vendicare l'umiliante 1-6 subito la stagione passata in quello che non è proprio un derby (Watford è una delle cittadine sorte nelle propaggini settentrionali di Londra), ma poco ci manca. Il derby, quello vero, si gioca sabato con il West Ham. Ma questa è una storia che richiederebbe un articolo a sé.
Meglio tornare a parlare del match infrasettimanale, in cui il Millwall subisce il gioco più armonico e ragionato degli avversari, che senza strabiliare chiudono il primo tempo in vantaggio di due reti. Nella seconda frazione di gioco a nulla servono i confusionari attacchi di Darius Henderson (l'ex di giornata) e compagni. Anzi, il buon Darius nei minuti finali pensa bene anche di sbagliare un rigore, assicurandosi una decina di minuti di cori di scherno da parte dei suoi ex supporter.
A prescindere dal risultato finale che arride agli ospiti, una cosa è certa: nessuna delle due squadre promette di ripetere a breve i fasti degli anni Ottanta. Il periodo d'oro del Watford di John Barnes e Luther Blissett (poi “storico” bidone rifilato al Milan), con l'azionista forte Elton John, coincise con un clamoroso secondo posto in campionato alle spalle del grande Liverpool di Kenny Dalglish e una finale di FA Cup persa contro l'Everton. Nella seconda metà del decennio anche il Millwall di Tony Cascarino e Teddy Sheringham si cimentò per la prima volta nella massima serie inglese, centrando un sorprendente decimo posto prima di retrocedere l'anno successivo. Altri tempi e altro stadio, per i Lions (che hanno un buon seguito pure in Italia, come si può leggere sul blog http://millwallitalia.blogspot.com/). La vecchia tana, il the Den che tanto timore – a ragione – metteva a giocatori e tifosi avversari a Cold Blow Lane non esiste più dal 1993, sostituito dal nuovo Den. Un impianto moderno e funzionale, dove l'ex East Stand da non molto è stata ribattezzata Dockers Stand, in omaggio ai primi giocatori e ai tifosi dei biancoblu. Scaricatori di porto senza troppi fronzoli e orgogliosi della propria squadra. Nel bene, ma soprattutto nel male.
Primi riscontri dalla trasferta in Inghilterra
Una foto dell'entrata della Holte End, che non è più l'immensa terrace dei decenni passati, ma tutto sommato è più che gradevole.
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