martedì 29 settembre 2009

Risveglio amaro per il Chelsea

Carlo Ancelotti ha confessato di non essersi ancora a capacitato della sconfitta subita a Wigan lo scorso sabato. Dopo sei successi consecutivi in Premier, il Chelsea ha meritatamente perso la sua prima partita. “Abbiamo giocato male, ma non riesco a capire il perché” ha dichiarato alla stampa inglese l’ex tecnico del Milan. Un passaggio a vuoto ci può stare, anche se i Latics non sembravano un team in grado di impensierire Drogba e compagni. Ma al di là del centesimo gol dell’ivoriano con la maglia dei Blues, i tanti campioni del club di Stamford Bridge sono apparsi fin troppo spesso in balia degli avversari, reduci da un pesante 0-4 all’Emirates. Apoel Nicosia prima e, soprattutto, Liverpool poi ci diranno se i tifosi del Chelsea si devono preoccupare sul serio.

Intanto, sebbene per un solo gol nella differenza reti, i londinesi sono stati scalzati in vetta alla classifica dal Manchester United. A Stoke i Red Devils dominano palesando però le ormai consuete farraginosità nel costruire gioco in alcuni tratti della partita. Serve un mago di origini gallesi per sbloccare una situazione che si era complicata un bel po’. Entrato in campo Ryan Giggs, già autore di tre assist nel derby della passata giornata, per lo United si accende la luce. Altro che i giochini di Nani o l’eccessivo possesso palla di Valencia, sulle fasce bastano due illuminazioni del miglior giocatore della scorsa stagione per chiudere i conti. Dimitar Berbatov – a proposito, ancora troppo discontinuo – e John O’Shea ringraziano entusiasti per i due palloni al bacio sui quali c’era scritto “prego spingere in rete”.

Sale al terzo posto il Liverpool, maramaldo contro un Hull City troppo brutto per essere vero. Fernando Torres mette a segno una tripletta fantastica, ma la difesa delle Tigers – orfana del pezzo pregiato Michael Turner passato al Sunderland – è tutto tranne che un test probante. A giudicare da quanto espresso all’Anfield Road, non scommetteremmo nemmeno un penny sulla permanenza di Phil Brown sulla panchina della compagine dello Yorkshire.

Vito Mannone è uno degli ormai tanti italiani trasferitisi in Inghilterra in giovane età. Uno che di gavetta ne ha fatta e ne sta facendo tanta alle dipendenze di monsieur Wenger. Impiegato di rado, sul curriculum un prestito di qualche mese al Barnsley – dove non si sono stracciati le vesti per il suo ritorno all’ovile – il ventunenne portiere cresciuto nel vivaio atalantino sabato è riuscito al meglio a sfruttare la sua grande occasione. Nel derby del Craven Cottage ha parato tutto quello che c’era da parare, contribuendo alla vittoria dei Gunners, in gol con una prodezza di Robin Van Persie. Considerato che Manuel Almunia è tutto tranne che un fuoriclasse, il buon Mannone potrebbe anche dire la sua per un posto da titolare in futuro – sempre che giochi come contro il Fulham…

Belle prove di Tottenham e Manchester City. Poker di Robbie Keane contro un Burnley troppo remissivo, mentre a Eastlands Carlitos Tevez punisce due volte la sua ex squadra. A differenza di Adebayor, non schernisce i suoi ex tifosi, anzi chiede quasi scusa. E i supporter del West Ham apprezzano, ricordando quando nel 2006-07 con i suoi gol condusse la compagine di East London a una delle salvezze più rocambolesche della storia della Premier.

In coda è già disperata la posizione del Portsmouth. Sette partite, sette sconfitte per i Pompey. Nella storia della prima serie inglese era successo solo altre tre volte che un club iniziasse la stagione con un record così disastroso. Almeno a livello societario le cose vanno un po’ meglio. Grazie alla cospicua iniziazione di liquidità (una cinquantina di milioni di sterline), sembra scongiurato il pericolo di amministrazione controllata e, conseguentemente, di dieci punti di penalizzazione in classifica. L’amministratore delegato Peter Storrie ha confermato l’intenzione di rimanere a Fratton Park, così da gestire i dieci milioni che a gennaio saranno investiti sul mercato. Basteranno per salvare il povero Portsmouth?

Da Goal.com

giovedì 24 settembre 2009

Se a picchiare il tifoso è il giocatore…

Craig Bellamy, è cosa risaputa, è uno dei giocatori più fumantini del panorama calcistico britannico, oseremmo dire mondiale. Non ci stupisce, quindi, che abbia trovato il modo di alzare le mani su un non proprio irreprensibile tifoso del Manchester United entrato in campo per festeggiare il gol vittoria di Michael Owen nel derby di domenica scorsa. Al di là delle possibili illazioni su chi dei due protagonisti di questa vicenda abbia più o meno colpe, rimane il fatto che il gallese – questa volta graziato dalla Football Association – è di quei giocatori da prendere veramente con le molle, in tutti i sensi. Ben nota è la rissa con l’ex compagno di squadra ai tempi del Liverpool, John Arne Riise, alla vigilia di un match di Champions League a Barcellona. Bellamy, piuttosto brillo, finì per inseguire l’attuale difensore della Roma con una mazza da golf. Poi al Nou Camp segnò un gol fondamentale per le sorti dei Reds, festeggiando con uno swing immaginario che non avrebbe sfigurato al cospetto di Tiger Woods.

Tornando agli accadimenti dell’Old Trafford, va rimarcato che nella lunga storia del football inglese ci sono stati altri episodi di “forte tensione” tra giocatori e fan. Il più celebre risale al gennaio 1995. Eric Cantona è stato appena espulso dall’arbitro di Crystal Palace-Manchester United. Mentre si avvia verso gli spogliatoi, dagli spalti tale Matthew Simmons – che a dirla tutta è un sostenitore del Fulham – riserva parole poco gentili nei confronti della madre e dei compatrioti di The King. Cantona vede rosso e si esibisce nel famosissimo “kung fu kick”, trasmesso migliaia di volte in televisione e immortalato anche su un disco di un gruppo abbastanza di successo all’epoca (The Ash). Quel gesto di follia molto probabilmente costò ai Red Devils la vittoria in campionato, al francese ben nove mesi di squalifica e 120 ore di servizi sociali, che sostituirono la prima sentenza di due settimane di prigione. L’ex numero sette dello United lo scorso anno in un’intervista rilasciata al Daily Mirror ha affermato che l’unico suo rimpianto in tutta quella storia è di “non aver colpito Simmons più forte”. Ai tempi dell’incidente fu però molto più diplomatico e in certo qual modo “poetico”. Riferendosi a come da quel fatidico giorno in poi la stampa avrebbe costantemente posto sotto una lente d’ingrandimento le sue azioni, pronunciò una delle frasi culto della storia del calcio d’oltre Manica: “quando i gabbiani seguono il peschereccio è perché pensano che verranno gettate in mare delle sardine”.

Cantona ha avuto un illustre predecessore in uno dei giocatori che hanno fatto la storia dell’Aston Villa: Tom Waring, detto Pongo per la rassomiglianza con un cartone animato dell’epoca. Si narra che negli anni Trenta il centravanti dei Villans corse a raccogliere un pallone uscito dal campo e udì un commento non esattamente oxfordiano nei suoi confronti. Waring pensò bene di salire in tribuna e dare più di una tirata d’orecchie all’irriguardoso supporter. Un gesto molto apprezzato dalla tifoseria dell’Aston Villa, che infatti applaudì con convinzione uno dei suoi grandi idoli.

Per finire questa rapida panoramica sul genere, come non citare un altro personaggio tra i più amati e discussi del beautiful game: Brian Clough. A fine gara di un Nottingham-QPR di Coppa di Lega, vinto dal Forest per 5-2, centinaia di tifosi invasero il campo da gioco per festeggiare i loro beniamini. Clough la prese molto male. Tra un calcio di qua, un destro sulla mascella di là, furono almeno in quattro a passarsela brutta (anche se poi il tecnico fu squalificato per un bel po’ di settimane). Guai a far arrabbiare il vecchio Cloughie e i suoi simili…

martedì 22 settembre 2009

John Barnes

Per lui sembra essere del tutto appropriata la regola che vuole i grandi giocatori mai troppo brillanti nel ruolo di allenatori. In estate ho letto vari articoli di addetti ai lavori che bollavano come folle la scelta del Tranmere Rovers di mettere sotto contratto l'ex stella di Watford e Liverpool. Dopo otto partite la compagine di Birkenhead ha raccolto la miseria di tre punti ed è penultima in League One solo grazie alla penalizzazione inflitta al Southampton. Forse tanto scetticismo era del tutto giustificato...

giovedì 17 settembre 2009

QPR, i problemi non finiscono mai…

È proprio un periodaccio, quello che sta attraversando Flavio Briatore. Travolto dallo scandalo Piquet (il cosiddetto crashgate), non si può nemmeno consolare con i buoni risultati del “suo” Queen’s Park Rangers. Gli Hoops, infatti, stanno ancora una volta deludendo le aspettative. Piove sul bagnato, verrebbe da dire, dopo aver dato una sbirciata alle foto del campo di gioco del Loftus Road zuppo d’acqua, che lo scorso martedì ha impedito lo svolgimento del derby tra QPR e Crystal Palace, valido per la settima giornata di Championship. Nei sei turni precedenti la compagine di Londra Ovest ha rimediato solo sette punti, frutto di una vittoria, quattro pareggi e una sconfitta. La quattordicesima posizione in classifica non è certo quanto si auguravano i tifosi all’inizio di quella che tutti si auguravano potesse essere la stagione del riscatto. Intendiamoci, il campionato è ancora lungo, i Rangers possono recuperare il terreno perduto nelle prossime 40 gare, casomai regalandosi pure qualche soddisfazione nelle coppe – in Carling Cup sono attesi da un succulento terzo turno con il Chelsea.

Prestazioni come quella sciorinata lo scorso sabato nel pareggio interno contro la neo-promossa Peterborough (terzo x consecutivo in casa) devono però essere solo un lontano ricordo, e non la costante, anche perché andare ad acciuffare i vari Newcastle, West Browich Albion e Middlesbrough appare già compito improbo. Ad essere realisti si può puntare a un piazzamento nei play off, sperando poi in un miracolo di fine stagione. Il prossimo maggio non è detto che sulla panchina degli Hoops ci sia quel Jim Magilton misteriosamente messo sotto contratto in estate. Il tecnico nordirlandese era reduce da una campagna fallimentare all’Ipswich, dove era stato cacciato per la gioia dei supporter dei Tractor Boys, che lo accusavano di non essere stato in grado di dare un gioco alla squadra. L’ottavo allenatore – compresi i tre ad interim – della gestione Briatore-Ecclestone non ispira dunque troppa fiducia. Allontanato, forse troppo frettolosamente, Luigi De Canio, registrati i madornali flop di Iain Dowie e Paulo Sousa, i due vecchi marpioni della Formula Uno potrebbero presto doversi guardare di nuovo intorno. Anche il mercato giocatori non è stato proprio scoppiettante. Spesi solo poco meno di quattro milioni di euro per l’acquisto del centrocampista argentino Alejandro Faurlin – che per il momento non ha inciso troppo sulle sorti del team – sono poi arrivate in prestito alcune giovani promesse dalle grandi di Premier: Jay Simpson dall’Arsenal, Tom Heaton dal Manchester United e Adel Taarabt dal Tottenham. L’ex attaccante dell’Avellino Alessandro Pellicori è giunto a Londra a parametro zero, ma finora non ha trovato grande spazio in prima squadra, segnando però un gol nell’incontro di Carling Cup contro l’Exeter. Probabilmente la migliore addizione alla rosa attuale è Ben Watson, centrocampista di proprietà del Wigan. Uno che ha già fatto capire che vorrebbe rigiocare in Premier già dal prossimo gennaio e che quindi al Loftus Road ci vuole rimanere il meno possibile…

Insomma, reduci da un quattordicesimo e un undicesimo posto, gli Hoops non incantano nemmeno quest’anno. Le male lingue hanno spesso lasciato intendere che Briatore sia un “pizzico” troppo invadente nella gestione tecnica della squadra, mentre a voler essere meno cattivi si potrebbe evidenziare l’enorme difficoltà di un campionato ricco di equilibrio e di compagini forti come la Championship. In Inghilterra intanto si sprecano le illazioni sul destino dell’ormai ex general manager della Renault, che potrebbe essere oggetto di un provvedimento anche da parte della Football League. Qualora la Federazione Internazionale dell’Automobile lo dovesse squalificare per il “crashgate”, Briatore non verrebbe più ritenuto “fit ad proper person”, ovvero persona “così perbene” da poter essere proprietaria di una società professionistica inglese. Il portavoce di Independent Rs, associazione di tifosi del QPR, ha già dichiarato senza mezzi termini che è giunto il momento per “un passo indietro”, ventilando l’ipotesi che la quota di Mr Briatore passi all’imprenditore di origini indiane Lakshmi Mittal – già proprietario del 20 per cento delle azioni della società. Mittal, il re dell’acciaio mondiale e tra i dieci uomini più ricchi del pianeta, è visto come l’ancora di salvezza per gli Hoops. Sarà davvero così?

Scritto per Goal.com

lunedì 14 settembre 2009

Tutti a caccia! Sì, del Chelsea...

Quella appena trascorsa non è certo stata una settimana qualsiasi, per il calcio inglese. Se i grandi club di Premier si sono ritrovati a fare i conti con la buriana del “traffico di giovani talenti”, l’intero movimento ha potuto festeggiare la qualificazione anticipata ai mondiali di una nazionale finalmente brillante e concreta, plasmata ad immagine e somiglianza di Fabio Capello.

Oltre Manica i tecnici italiani vanno molto di moda, visto che anche Carlo Ancelotti si sta guadagnando a pieno merito la sua buona dose di titoli entusiastici sui giornali. L’ex allenatore del Milan ha centrato il pokerissimo di vittorie, con la terza rimonta stagionale e il secondo successo in pieno recupero. Il tutto sul campo di un team muscolare, scorbutico e piuttosto falloso come lo Stoke. I Blues, in versione albero di Natale, hanno così permesso ad Ancelotti di far meglio del suo grande nemico Josè Mourinho, che nella stagione di esordio alla guida del club dello Stamford Bridge si fermò a “sole” quattro affermazioni consecutive.

Il Chelsea è ora capolista solitario, dal momento che gli Spurs si sono arresi in casa contro il Manchester United. Al Tottenham non è bastato l’ottavo gol stagionale tra club nazionale di Jermain Defoe. La spettacolare rovesciata dopo una manciata di secondi dell’ex West Ham non ha spianato la strada ai suoi. I Red Devils invece hanno serrato i ranghi e ribaltato la contesa, tra una perla di Ryan Giggs, la prima marcatura di Anderson nella sua carriera all’Old Trafford e un capolavoro di Wayne Rooney – insieme a Defoe capocannoniere del campionato con cinque realizzazioni. Fino all’espulsione di Paul Scholes lo United ha dominato a centrocampo, reparto che nelle gare precedenti era andato spesso in sofferenza. “Merito” della condotta di gara troppo spregiudicata di Harry Redknapp, che ha messo contemporaneamente in campo Keane, Defoe, Crouch e Lennon. Va bene l’assenza di Luka Modric, ma forse qualche incontrista in più non avrebbe guastato.

Nelle ultime settimane all’Arsenal non ne va bene una. Senza Andrey Arshavin, a Eastlands gioca meglio del City, passa in svantaggio per un rocambolesco autogol di Almunia, però una volta centrato il pareggio subisce tre gol in dieci minuti e si ritrova pure a fare i conti con la pessima condotta dell’ex Emmanuel Adebayor. Passi – e nemmeno tanto… - l’esultanza sotto il settore di suoi ex tifosi, ma il pestone in faccia a Van Persie dato con volontarietà e cattiveria sarebbe meritevole di parecchie giornate di squalifica e mette in secondo piano il suo quarto gol segnato in altrettante partite. I Light Blues si presentano al derby di domenica prossima con il record immacolato ma senza Robinho (che si dice abbia litigato con Mark Hughes e potrebbe lasciare Manchester) e forse Carlos Tevez. Sperando che Adebayor si dia una calmata.

Buone notizie sia in campo che fuori per il Liverpool. Tanto per cominciare, una tripletta di Yossi Benayoun – a proposito, sarebbe il caso di farlo giocare di più… – affossa un Burnley forse troppo intimorito dal tempio di Anfield. Ma le liete novelle giungono anche dal punto di vista societario: i Reds hanno appena siglato un suntuoso contratto per l’ammontare di 80 milioni di sterline, spalmati in quattro anni, siglato con la Standard Chartered, banca d’affari con sede a Londra. Dopo 17 anni sulle maglie rosse di Gerrard e compagni non apparirà più il marchio di una famosa birra danese, che però dava “solo” un contributo di 7,2 milioni a stagione. Non a caso la dirigenza è tornata a parlare di “club in salute”, sebbene di debiti ce ne siano ancora, eccome.

Il Second City Derby lo risolve in extremis Gabriel Agbonlahor, donando all’Aston Villa la quinta affermazione della storia dei confronti diretti con il Birmingham da quando esiste la Premier. A dirla tutta sarebbe stato più giusto un pari, ma tant’è. Da notare che Emile Heskey, titolare della nazionale capelliana, è rimasto 90 minuti inchiodato alla panchina.

Ultima annotazione sul match tra Portsmouth e Bolton, gli unici due team ancora a zero punti. Al Fratton Park la spuntano i Trotters, ma il 3-2 finale non è andato giù ai padroni di casa. Sul tiro di Gary Cahill c’erano un paio di suoi compagni di squadra in netto fuori gioco apparentemente attivo.

Da Goal.com

domenica 13 settembre 2009

Pessima

Volendo ci sarebbero anche altri aggettivi, un po' più forti, per definire la condotta di ieri di Emmanuel Adebayor. Il calcio in faccia a Robin Van Persie è quanto di peggio mi è capitato di vedere negli ultimi tempi. Certo un bel rosso non avrebbe guastato... Speriamo vengano presi dei provvedimenti, se li merita tutti.

mercoledì 9 settembre 2009

Un 7-4 di 20 anni fa

Ieri sera uno dei match di cartello della nona giornata di Nationwide Conference era quello tra Oxford United e Luton Town. Un replay di un match che ricordo benissimo e le cui immagini per qualche anno ho pure conservato in una vecchia cassetta VHS. Sto parlando di un incontro disputato al Kenilworth Road nel febbraio del 1988, vinto dagli Hatters per 7-4. Mattatore di giornata Mark Stein, autore di una tripletta. Il match lo trasmise, credo in differita, la vecchia Telemontecarlo, anche perché all’epoca entrambe le compagini militavano in First Division – sebbene per la verità quella stagione l’Oxford retrocesse. D’altronde quest’anno la quinta serie del calcio inglese sembra più una propagine della League Two che un campionato semidilettantesco, almeno a giudicare dai nomi che catturano l’attenzione leggendo la classifica (Cambridge, Mansfield, Wrexham).
P.S. per la cronaca, questa volta ha vinto l'Oxford per 2-0.

martedì 8 settembre 2009

La Premier e il "traffico" di giovani talenti

La storia dei rapporti tra Francia e Inghilterra è sempre stata molto travagliata. Spesso nemici sui cambi di battaglia e nell’agone politico internazionale, inglesi e francesi non si sono mai piaciuti troppo. Negli ultimi giorni a scatenare l’ennesima polemica è stato il calcio, o meglio la fuga di giovani talenti transalpini al di là della Manica. Per carità, robetta in confronto a questioni di ben altro peso e importanza, però il conflitto in atto non sembra destinato a risolversi a breve. A rischiare grosso sono i grandi club di Premier, rei di usare metodi ben poco ortodossi per garantirsi le prestazioni degli eredi di Henry e Zidane. Il Chelsea è già stato severamente punito dalla FIFA: fino al gennaio 2011 i Blues non potranno comprare nessun giocatore, roba da far star male il povero – si fa per dire – Roman Abramovich e il neo-blue Carlo Ancelotti. Nel 2007 la dirigenza del club del West End londinese avrebbe infatti violato le regole pur di convincere il talentuoso attaccante del Lens Gael Kakuta a chiedere la rescissione del contratto per fuggire a Londra. Kakuta è stato a sua volta squalificato per quattro mesi e al Lens è stata riconosciuta una compensazione di circa un milione di euro.

In materia di mercato, ahiloro, i precedenti parlano sempre a sfavore del Chelsea. Nel 2005 allo Stamford Bridge ne hanno combinate di tutti i colori per strappare Ashley Cole all’Arsenal e superare la concorrenza del Manchester United nella corsa all’acquisto del nigeriano Obi Mikel, allora in forza ai norvegesi del Lynn. Nel primo caso i Blues se la cavarono con una penalizzazione di tre punti in classifica, poi sospesa, mentre nel secondo pagarono ben 12 milioni di sterline di indennizzo al Manchester United. Un’ammissione di colpa che sempre in quel periodo fece il paio con gli otto milioni sborsati ai rivali cittadini del Tottenham per mettere sotto contratto il dirigente Frank Arnesen. Guarda caso proprio il danese, ora capo degli scout allo Stamford Bridge, è stato uno dei principali responsabili del pasticciaccio Kakuta. Come se non bastasse, il quotidiano inglese Guardian sostiene che la compagine allenata da Ancelotti lo scorso anno abbia comprato una casa a Wimbledon, non esattamente un quartieraccio, ai genitori di tale Jeremy Boga, un bimbo di 11 anni.

Ma torniamo alle storie tese tra le due sponde della Manica. Ora pare sia giunto il turno delle due squadre di Manchester di vedersela con le ire funeste di un club francese – il Le Havre per lo United, il Rennes per il City – e di riflesso forse con il massimo organismo calcistico mondiale. I Red Devils avrebbero addirittura versato 200mila euro sul conto dei genitori di Paul Pogba, per tanti il nuovo Vieira, pur di riuscire a tesserarlo. In attesa che la FIFA apra un procedimento formale nei loro confronti, l’impressione è che anche Ferguson e soci rischino grosso. Per il momento negano tutto, così come a Eastlands sostengono che non sia stata commessa nessuna irregolarità nelle trattative per portare a Manchester il diciassettenne difensore Jeremy Helan.

Proprio il Manchester United fa da anni shopping in Italia, avvalendosi della normativa inglese, molto più “permissiva” sui contratti agli under 18. In buona sostanza da noi non si può fare un contratto da professionista a un quindicenne, nel Regno Unito invece sì. Dalle parti dell’Old Trafford sono arrivati l’attaccante Federico Macheda, diciottenne ex Lazio già approdato alla ribalta della prima squadra con risultati più che soddisfacenti, Davide Petrucci (centrocampista di belle speranze fino al 2008 in forza alla Roma), Alberto Massacci e Manuel Pucciarelli (rispettivamente difensore e centroavanti prodotti del sempre florido vivaio dell’Empoli) e Michele Fornasier (difensore cresciuto alla Fiorentina). Le società nostrane hanno iniziato a fare la voce grossa, per la verità più mettendo in discussione i margini di manovra che hanno a disposizione i club inglesi, che accusandoli di possibili irregolarità. D’altronde quando si tratta di andare a prendere qualche ragazzino africano, le compagini professionistiche italiane non sono mai andate troppo per il sottile.

Ma non sono solo gli stranieri a scappare alla corte delle grandi d’Inghilterra. Anche i piccoli club di terra d’Albione non di rado si vedono soffiare da sotto il naso e per poche briciole le loro giovani promesse. I team di spicco della Premier hanno da lungo tempo privilegiato l’acquisto di campioni in erba e, con la crisi che ha colpito anche il mondo del calcio – e Michel Platini che batte forte sul tasto dei debiti –, lo faranno sempre di più. La strada tracciata dall’Arsenal, società con i migliori osservatori del pianeta e nel 2003 protagonista del famoso ratto di un Cesc Fabregas allora quattordicenne dal Barcellona, è ormai costantemente battuta anche da altri. E continuerà ad esserlo per molto tempo. A meno che non si ascolti il suggerimento del presidente dall’asso-calciatori inglese, Gordon Taylor: niente più trasferimenti fino all’età di 18 anni. Ma spesso, si sa, fatta la legge trovato l’inganno…

Scritto per Goal.com

sabato 5 settembre 2009

La perla di McFadden

Il calcio scozzese sta attraversando un momento a dir poco difficile. I club hanno preso sonore batoste in Europa, mentre la nazionale un paio di settimane fa ha rimediato la bellezza di quattro gol (a zero) in Norvegia. Oggi ad Hampden Park la sfida con la Macedonia rappresentava una sorta di ultima spiaggia per sperare nel secondo posto del girone, già matematicamente vinto dall’Olanda. I blu hanno vinto 2-0, non senza soffrire. Il secondo gol, giunto a pochi minuti dalla fine, è stato un autentico capolavoro di James McFadden, talentuoso ma incostante attaccante del Birmingham City. Partito da centrocampo, il nostro ha superato tre giocatori (l’ultimo con un tunnel), prima di dribblare anche il portiere e segnare a porta vuota. Inutile fare stucchevoli paragoni con altre imprese del genere fatte in passato da altri campioni, ciò che conta è che il football scozzese può ancora regalare qualche barlume di classe e spettacolo. Per la gioia del pubblico di Hampden, letteralmente impazzito – vedere le immagini per credere – dopo il gol di McFadden.