La storia dei rapporti tra Francia e Inghilterra è sempre stata molto travagliata. Spesso nemici sui cambi di battaglia e nell’agone politico internazionale, inglesi e francesi non si sono mai piaciuti troppo. Negli ultimi giorni a scatenare l’ennesima polemica è stato il calcio, o meglio la fuga di giovani talenti transalpini al di là della Manica. Per carità, robetta in confronto a questioni di ben altro peso e importanza, però il conflitto in atto non sembra destinato a risolversi a breve. A rischiare grosso sono i grandi club di Premier, rei di usare metodi ben poco ortodossi per garantirsi le prestazioni degli eredi di Henry e Zidane. Il Chelsea è già stato severamente punito dalla FIFA: fino al gennaio 2011 i Blues non potranno comprare nessun giocatore, roba da far star male il povero – si fa per dire – Roman Abramovich e il neo-blue Carlo Ancelotti. Nel 2007 la dirigenza del club del West End londinese avrebbe infatti violato le regole pur di convincere il talentuoso attaccante del Lens Gael Kakuta a chiedere la rescissione del contratto per fuggire a Londra. Kakuta è stato a sua volta squalificato per quattro mesi e al Lens è stata riconosciuta una compensazione di circa un milione di euro.
In materia di mercato, ahiloro, i precedenti parlano sempre a sfavore del Chelsea. Nel 2005 allo Stamford Bridge ne hanno combinate di tutti i colori per strappare Ashley Cole all’Arsenal e superare la concorrenza del Manchester United nella corsa all’acquisto del nigeriano Obi Mikel, allora in forza ai norvegesi del Lynn. Nel primo caso i Blues se la cavarono con una penalizzazione di tre punti in classifica, poi sospesa, mentre nel secondo pagarono ben 12 milioni di sterline di indennizzo al Manchester United. Un’ammissione di colpa che sempre in quel periodo fece il paio con gli otto milioni sborsati ai rivali cittadini del Tottenham per mettere sotto contratto il dirigente Frank Arnesen. Guarda caso proprio il danese, ora capo degli scout allo Stamford Bridge, è stato uno dei principali responsabili del pasticciaccio Kakuta. Come se non bastasse, il quotidiano inglese Guardian sostiene che la compagine allenata da Ancelotti lo scorso anno abbia comprato una casa a Wimbledon, non esattamente un quartieraccio, ai genitori di tale Jeremy Boga, un bimbo di 11 anni.
Ma torniamo alle storie tese tra le due sponde della Manica. Ora pare sia giunto il turno delle due squadre di Manchester di vedersela con le ire funeste di un club francese – il Le Havre per lo United, il Rennes per il City – e di riflesso forse con il massimo organismo calcistico mondiale. I Red Devils avrebbero addirittura versato 200mila euro sul conto dei genitori di Paul Pogba, per tanti il nuovo Vieira, pur di riuscire a tesserarlo. In attesa che la FIFA apra un procedimento formale nei loro confronti, l’impressione è che anche Ferguson e soci rischino grosso. Per il momento negano tutto, così come a Eastlands sostengono che non sia stata commessa nessuna irregolarità nelle trattative per portare a Manchester il diciassettenne difensore Jeremy Helan.
Proprio il Manchester United fa da anni shopping in Italia, avvalendosi della normativa inglese, molto più “permissiva” sui contratti agli under 18. In buona sostanza da noi non si può fare un contratto da professionista a un quindicenne, nel Regno Unito invece sì. Dalle parti dell’Old Trafford sono arrivati l’attaccante Federico Macheda, diciottenne ex Lazio già approdato alla ribalta della prima squadra con risultati più che soddisfacenti, Davide Petrucci (centrocampista di belle speranze fino al 2008 in forza alla Roma), Alberto Massacci e Manuel Pucciarelli (rispettivamente difensore e centroavanti prodotti del sempre florido vivaio dell’Empoli) e Michele Fornasier (difensore cresciuto alla Fiorentina). Le società nostrane hanno iniziato a fare la voce grossa, per la verità più mettendo in discussione i margini di manovra che hanno a disposizione i club inglesi, che accusandoli di possibili irregolarità. D’altronde quando si tratta di andare a prendere qualche ragazzino africano, le compagini professionistiche italiane non sono mai andate troppo per il sottile.
Ma non sono solo gli stranieri a scappare alla corte delle grandi d’Inghilterra. Anche i piccoli club di terra d’Albione non di rado si vedono soffiare da sotto il naso e per poche briciole le loro giovani promesse. I team di spicco della Premier hanno da lungo tempo privilegiato l’acquisto di campioni in erba e, con la crisi che ha colpito anche il mondo del calcio – e Michel Platini che batte forte sul tasto dei debiti –, lo faranno sempre di più. La strada tracciata dall’Arsenal, società con i migliori osservatori del pianeta e nel 2003 protagonista del famoso ratto di un Cesc Fabregas allora quattordicenne dal Barcellona, è ormai costantemente battuta anche da altri. E continuerà ad esserlo per molto tempo. A meno che non si ascolti il suggerimento del presidente dall’asso-calciatori inglese, Gordon Taylor: niente più trasferimenti fino all’età di 18 anni. Ma spesso, si sa, fatta la legge trovato l’inganno…
Scritto per Goal.com
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