giovedì 27 marzo 2008

Un po' di storia del QPR

Lo hanno già soprannominato il nuovo Chelsea. E non a caso i tifosi del Queen’s Park Rangers proprio allo Stamford Bridge, in occasione del derby valido per il terzo turno della Coppa d’Inghilterra, hanno avuto la sfrontatezza di sventolare in faccia ai tifosi dei Blues mazzi di banconote con l’altero profilo di Elisabetta Seconda. “Voi avrete pure Abramovich, ma noi abbiamo il trio delle meraviglie Briatore, Ecclestone e Mittal”, il messaggio dei supporter del QPR. Come dargli torto, considerati i conti in banca dei tre personaggi appena citati? Soprattutto Lakshmi Mittal, indiano con residenza nel Regno Unito e da fine dicembre proprietario del 20% delle azioni del club londinese, è uno dei grossi calibri della finanza mondiale. Re incontrastato dell’acciaio britannico e, secondo le stime di Forbes, l’uomo più ricco d’Inghilterra – e quinto del pianeta – con un patrimonio calcolato sugli 80 miliardi di euro, Mittal è uno abituato a fare le cose in grande. Tanto per capirci, il nostro proprio da Ecclestone qualche tempo fa comprò una casetta a Kensington per la modica cifra di 110 milioni di euro. Insomma, i tifosi del QPR hanno di che ben sperare. Intanto si sono “accontentati” di una campagna acquisti fatta di giovani promesse e di onesti mestieranti di categoria, non foss’altro perché il loro club sta con fatica cercando di uscire dalle secche della Championship, l’equivalente inglese della nostra serie B. Prima dell’avvento di Gigi De Canio, tecnico ex Siena e Napoli, il QPR ha addirittura occupato l’ultima posizione in classifica, in una stagione funestata al suo principio dalla morte del diciottenne prodotto del vivaio Ray Jones. Di recente qualche bella vittoria ha risollevato le sorti della compagine che avrebbe potuto annoverare tra le sue fila anche Francesco Coco se l’ex milanista non avesse litigato con Briatore.

La strada verso la terra promessa della Premier, da cui il QPR manca da ben 12 anni, è lunga e lastricata di difficoltà. Però con le risorse attualmente a disposizione un eventuale approdo nella massima divisione potrebbe comportare uno shopping “alla Abramovich” e pazienza se poi i Super Hoops – soprannome che la compagine deve alle splendide magliette a strisce orizzontali bianche e blu – da perdenti e simpatici diverrano vincenti ed invisi ai più.

Senza voler precorrere troppo i tempi, c’è da ricordare che a fronte di una storia ultracentenaria, cominciata nel 1882 dopo la fusione di St Jude’s Institute e Christchurch Rangers - ma allora le maglie erano bianche e verdi – il QPR ha una bacheca alquanto spoglia di trofei. L’unico di pregio è la Coppa di Lega (oggi Carling Cup) portata a casa nel 1967, stabilendo il record ancora imbattuto di unica formazione di terza serie ad aver mai vinto la competizione. Punta di diamante di quella edizione dei bianco-blu era il talentuoso Rodney Marsh, fino a poco tempo fa caustico commentatore televisivo. Sempre verso la fine degli anni sessanta (1968), arrivò il primo approdo nell’allora First Division, conclusosi con una retrocessione immediata ed il minimo storico di punti. I Rangers si comportarono meglio negli anni settanta, con sei stagioni nell’elite e un secondo posto nel 1976, quando ben 31mila persone si stiparono in un Loftus Road traboccante di entusiamo per vedere l’ultima partita di campionato contro il Leeds. Il QPR vinse, ma finì per perdere il titolo, che andò al Liverpool. Erano i Reds di King Kevin Keegan e dell’allenatore Bob Paisley, successore del mitico Bill Shankly, non una squadra qualunque. Fatale, per quella meravigliosa campagna, era stata una sconfitta a Norwich per 3-2 poche settimane prima, come ricordava in una recente intervista al match-programme del QPR lo storico giornalista inglese Brian Glanville, simpatizzante del club di Shepherds Bush.

In quel team forte e spettacolare il pezzo pregiato era Stan Bowles, scarmigliato attaccante un po’ mattacchione, con un debole per donne, alcool, tabacco e scommesse (non esattamente in quest’ordine). Uno che nel 1973 a Sunderland, durante una partita di campionato, scommise con i compagni che avrebbe centrato con una pallonata la Coppa d’Inghilterra, esposta a bordo campo. Vinse lui, ma i supporter locali non la presero troppo bene... Per i fan del QPR però rimane un idolo assoluto, tanto che la sua effigie è immortalata anche sulle tazze da the in vendita allo stadio.

I due decenni seguenti avrebbero riservato al popolo del Loftus Road molte annate nella massima serie, una finale di FA Cup persa contro il Tottenham nel 1982, risultati eclatanti – anche un 6-2 al Partizan Belgrado nella Coppa Uefa 1984-85, poi seguito da un tragico 0-4 in trasferta – ed un campo in sintetico, l’Omniturf, in servizio dal 1981 al 1988, che sembrava più un gigantesco panno del Subbuteo che un terreno da gioco per calciatori professionisti.

Dodici anni fa, con gli ex milanisti Hateley e Wilkins in rosa, il QPR fu costretto suo malgrado ad abbandonare la Premier per demeriti sportivi, proprio nel momento del boom definitivo della nuova lega. Pessimo tempismo. I mancati introiti si fecero sentire, il club retrocesse addirittura nella terza serie, risalendo poi al piano superiore nel 2004. Le difficoltà finanziarie sono state la costante degli ultimi anni trascorsi nel purgatorio del calcio inglese, nonostante gli sforzi del presidente Gianni Paladini, imprenditore napoletano trapiantato da decenni a Londra. Con il cambio di proprietà a Paladini è stata confermata la carica di chairman. Facile immaginare come dopo tante traversie anche lui non veda l’ora che si verifichi quanto auspicato da Flavio Briatore, ovvero i Super Hoops in Champions League nello spazio di quattro stagioni. In bocca al lupo!

Da Calcio 2000, mese di marzo

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