Uscito oggi su Pubblico e firmato dal sottoscritto.
Le due settimane contro il razzismo nel calcio non potevano coincidere con un momento più delicato, almeno in Inghilterra. Oltre Manica divampano le polemiche, ma sotto i riflettori non ci sono i tifosi – che pure ogni tanto ne combinano ancora di cotte e di crude – ma addirittura giocatori di alto profilo. Nel giro di pichi giorni si è creato addirittura il paradosso per cui Rio Ferdinand, difensore e storico leader del Manchester United, da sempre in prima fila nelle battaglie sociali del calcio inglese, si è rifiutato di indossare la maglietta della campagna “Let's Kick Racism Out of Football”. Mentre JohnTerry, capitano del Chelsea, appena squalificato per insulti razzisti al fratello di Ferdinand (Anton), è sceso in campo in Champion's League con una faccia sul braccio su cui c'era scritto “Uniti contro il razzismo”.
Andiamo con ordine e proviamo a dipanare una matassa che nel corso degli ultimi mesi è diventata intricatissima e si è arricchita di episodi clamorosi e inaspettati.
La nostra storia inizia giusto un anno fa, il 23 ottobre 2011. Al Loftus Road il Queen's Park Rangers affronta il Chelsea nel derby del West End londinese. All'85° minuto il capitano dei Blues John Terry ha uno scatto d'ira e rivolge un epiteto razzista ad Anton Ferdinand, fratello del suo collega di nazionale Rio. Il difensore del QPR ha appena ricordato a Terry la sua scarsa fedeltà alla moglie, tradita tra le altre con la fidanzata dell'ex amico e compagno Wayne Bridge.
All'inizio il caso sembra destinato a sgonfiarsi senza lasciare alcun strascico, ma ecco il primo colpo di scena. Qualcuno molto abile a leggere il labiale e che assiste al match per televisione sporge denuncia, convincendo anche un fin a quel punto titubante Anton a prendere posizione contro il rivale. Scoppia un putiferio, anche perché Terry è uno dei simboli del calcio inglese, nonché capitano della nazionale, allora ancora allenata da Fabio Capello. Il suo gesto, poi, giunge pochi giorni dopo gli insulti razzisti vomitati in faccia a più riprese a Patrice Evra da Luis Suarez del Liverpool, per cui l'uruguayano riceverà otto giornate di sospensione. Insomma, una delle piaghe ulceranti del passato pare fare di nuovo la sua comparsa, ma in campo e non sugli spalti.
Nel caso di JT la FA se la prende comoda, ma anche a seguito di “sollecitazioni governative” intima a Capello di togliere la fascia al forte centrale difensivo. Apriti cielo, Don Fabio non ci sta e se ne va sbattendo la porta. Nel frattempo viene concordata la data dell'udienza penale. Terry rischia una sanzione pecuniaria di circa 3mila euro – spiccioli, per uno come lui – ma la figuraccia planetaria sarebbe garantita. Si muovono gli avvocati e guarda caso viene stabilito che la sentenza sarà emessa dopo l'Europeo di Polonia e Ucraina, che quindi il villain del nostro racconto può disputare senza problemi. Una competizione per cui invece il nuovo manager dei Tre Leoni Roy Hodgson non convoca Rio Ferdinand (che ovviamente ha preso le parti del fratello). Ufficialmente perché non ce la fa più a reggere i ritmi di un torneo così impegnativo, in realtà perché Mister Roy voleva evitare risse da saloon negli spogliatoi tra i due contendenti.
Euro 2012 finisce con la solita eliminazione ai rigori nei quarti di finale. Giusto il tempo di un paio di tuffi nel mare di qualche località esotica ed ecco che arriva il tanto atteso giorno della sentenza. A sorpresa la corte dichiara Terry non colpevole, per la gioia di Ashley Cole, terzino sinistro nero del Chelsea che ha testimoniato sull'integrità morale del compagno di squadra. Così facendo si merita l'appellativo di choc ice (slang che signorilmente si può tradurre con “amico dei bianchi”), come scrive uno dei follower di Rio Ferdinand su Twitter. Un commento pubblicamente lodato dal difensore dello United sul popolare social network. Nota bene, per il cinguettio di apprezzamento il buon Rio ha ricevuto una di multa di oltre 50mila euro dalla FA perché ritenuto “razzista”. E qui ormai siamo ai confini del paradosso.
Il verdetto di innocenza lascia esterrefatta una buona fetta dell'opinione pubblica britannica. Terry capisce l'aria che tira e abbandona la nazionale. Chi lo sostituirà, Rio? Nemmeno per idea, come confessa Hodgson durante un viaggio in metropolitana ad alcuni passeggeri! Roba da far invidia ai Monty Python.
Il 27 settembre finalmente arriva la decisione della federazione: 300mila euro di multa e quattro giornate di squalifica, con la postilla che “Terry è sì colpevole, ma non razzista”. Una farsa, nell'opinione di una decina di giocatori neri, che il fine settimana scorso puntano i piedi e decidono di non vestire le maglie della campagna Kick it out Racism. Tra questi, oltre al promotore dell'iniziativa Jason Roberts del Reading, ça va sans dire, i fratelli Ferdinand, tanto da portare Rio a litigare addirittura con il suo mentore Alex Ferguson. Per carità, va detto che in due decenni la campagna contro il razzismo di risultati ne ha prodotti, non fosse altro perché ancora negli anni Ottanta e all'inizio dei Novanta alcune tifoserie – tra cui quella del Chelsea – erano solite tirare banane ai giocatori neri e non “contare” i goal che questi realizzavano. Ora la questione razzismo è considerata una priorità, ma visto che Kick it out Racism è finanziata dalla Premier League e dalla FA, organismi dimostratisi fino troppo clementi con Terry, l'azione di boicottaggio ci sta tutta.
Mentre monta la protesta, comincia a circolare pure una voce clamorosa che spaventa la Federazione: Rio sarebbe pronto a fondare un sindacato per soli neri che non si sentono più rappresentati della Professional Football Association (PFA). Sempre via Twitter, Ferdinand l'ha parzialmente smentita (“non date fede a tutto quello che leggete”) ma la PFA si è affrettata a stilare un nuovo piano in sei punti di lotta al razzismo che va dall'inasprimento dei procedimenti disciplinari all'obbligo di offrire le panchine anche agli allenatori di coloro che, persino nella multiculturale Inghilterra, sono ancora pochissimi.
L'altro ieri infine i fratelli Ferdinand hanno deciso di fare una dichiarazione congiunta per ricomporre la frattura con gli organizzatori di Kick It Out, ai quali hanno riconosciuto il lavoro importantissimo svolto sin qui in termini di educazione e consapevolezza del problema, ma hanno anche ricordato che i tempi cambiano e organizzazioni come queste devono adeguare i propri strumenti di lotta. Nonostante il risentimento nei confronti della Federazione e del Sindacato, loro si sono detti disposti ad aiutare Kick it Out e infatti, in segno di pace, Rio Ferdinand ha deciso che domenica prima del calcio d'inizio di Chelsea-Manchester United stringerà la mano ad Ashley Cole, il difensore dei Blues che Anton si era invece rifiutato di salutare quando si erano rivisti in campo a settembre. Tutti i giocatori del Chelsea indosseranno per l'occasione la maglietta “Kick It Out”. Tutti tranne il convitato di pietra John Terry, assente per squalifica da razzismo.
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