Per un motivo o per l’altro, le nuove arene destinate a ospitare i Giochi Olimpici sono spesso e volentieri fonte di polemiche e diatribe. L’impianto di Londra non fa eccezione, anzi. Non era stato nemmeno completato e già volavano le carte bollate e i ricorsi legali. Per fortuna non per ritardi o altri difetti relativi alla sua costruzione, visto che di problemi al riguardo non ce ne sono stati e i tempi di consegna sono stati rispettati. Il casus belli è un altro e si riferisce alla sostenibilità a medio e lungo termine dello stadio.
Premessa: a Londra ci sono già templi dello sport come Wembley e Twickenham. Il rischio che l’Olympic Stadium fosse impiegato una volta l’anno solo per il principale meeting d’atletica che si svolge nella capitale inglese (e nemmeno per i concerti, che già hanno sede altrove) era altissimo. La soluzione trovata dalla Olympic Park Legacy Company consisteva nell’affidarlo tramite un contratto di vendita o affitto a qualche club calcistico in cerca di una casa più grande e spaziosa. Tottenham e West Ham United si sono subito fatti avanti, spendendo molto tempo e fior di quattrini nella loro attività di lobbying. In un primo momento, nel febbraio del 2011, sembrava aver avuto la meglio l’ex compagine di Paolo Di Canio. Essenzialmente per due motivi: la vicinanza alla loro sede storica – l’Olimpico si trova a Stratford, in pieno East End londinese – e soprattutto la promessa della dirigenza di mantenere la pista d’atletica, apportando solo modifiche marginali all’impianto. Gli Spurs rimangono un club espressione del Nord di Londra e inoltre avevano intenzione di abbattere e ricostruire l’Olimpico a loro piacimento – e quindi senza pista. In cambio, il Tottenham avrebbe contribuito a rimodernare il piccolo Crystal Palace National Sports Centre.
Una volta presa la decisione, però, è cominciata la ridda di ricorsi. Oltre al Tottenham, è partito lancia in resta anche Barry Hearn, il presidente del piccolo Leyton Orient, club di terza serie con una base di tifosi molto ridotta. Lo stadio del Leyton, infatti, si trova a una sola fermata di metropolitana dall’Olimpico. Hearn teme la presenza di un vicino “ingombrante”, qualunque esso sia, tanto che ha prefigurato l’ipotesi di poter sfruttare direttamente l’impianto. L’idea di avere una struttura da 80mila posti occupata da soli 4mila tifosi (tale è la media stagionale del Leyton) non ha certo suscitato molto entusiasmo.
Lo scorso ottobre l’Olympic Park Legacy Company, che nel frattempo non aveva siglato nessun contratto preliminare con il West Ham, si è arresa e ha compiuto una rapida marcia indietro.
Nel frattempo la federazione internazionale ha assegnato a Londra i mondiali di atletica del 2017 e per la gioia dei suoi sostenitori il Tottenham appare intenzionato a costruirsi lo stadio vicino all’esistente White Hart Lane. Rimangono quindi in lizza il Leyton e il solito West Ham, che invece di acquistare l’arena la potrebbe affittare. Gli Irons sono appena risaliti in Premier dopo una rocambolesca vittoria nei play offs di seconda serie contro il Blackpool e come tutte le neopromosse ostentano programmi ambiziosi e la voglia di raggiungere traguardi importanti (almeno a parole). I due proprietari David Gold e David Sullivan sono convinti che in un modo o nell’altro dal 2014-15 lasceranno lo storico impianto di Boleyn Ground – dove gli Irons giocano dal 1904 – per il tanto agognato Olimpico. Non tutti i tifosi si sono detti entusiasti all’idea di dover vedere le partite senza stare attaccati al campo (in Inghilterra non sono per niente abituati alle piste d’atletica…) e di abbandonare lo storico impianto di mille battaglie. Ma tant’è, almeno nel calcio oltre Manica sono passati sopra a tante tradizioni e anche il West Ham sembrerebbe non voler fare eccezione.
In un contesto così ingarbugliato, il pericolo che l’Olympic Stadium diventi l’ennesima cattedrale nel deserto è tutt’altro che da scartare. L’opera, val la pena rammentarlo, è costata circa 600 milioni di euro, che in tempi di austerità e di crisi come quelli che stiamo vivendo non è una cifra risibile. Almeno nel 1948, in pieno dopoguerra, per le precedenti olimpiadi il problema dello stadio non si pose, visto che c’era il vecchio Wembley. Nel nuovo, invece, la pista d’atletica non c’è più…
Mio articolo pubblicato oggi sull'Unità.
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