Forse anche più del Big Ben o del Tower Bridge, per gli amanti della musica la Battersea Power Station è uno dei simboli di Londra. Un'opera ormai considerata di archeologia industriale, assurta nell'olimpo delle icone immortali grazie alla copertina di un disco non esattamente qualunque realizzato da un gruppo non proprio banale. È il 1977, in piena rivoluzione punk i Pink Floyd regalano al mondo “Animals” (lavoro che prende spunto dalla “Fattoria degli Animali” di George Orwell), sbattendo in copertina la vecchia centrale a carbone. Per la verità l'impianto, andato in pensione nel 1983, era comparso già nel 1965 in alcuni fotogrammi del film dei Beatles “Help”, ma quando lo si nomina un po' a tutti vengono in mente le melodie sofisticate di Roger Waters e David Gilmour. Dopo questo amarcord musicale, la notizia d'attualità pallonara è che fra qualche anno la Battersea Power Station potrebbe fare da meraviglioso sfondo al nuovo stadio del Chelsea. Roman Abramovich ha infatti formulato una cospicua offerta per aggiudicarsi l'ottantina di ettari di terra a due passi dal centro della capitale inglese dove dovrebbe sorgere la più spaziosa casa dei Blues (60mila spettatori di capienza). La concorrenza sarà dura.
Il terreno è concupito da tutti i palazzinari inglesi, che vorrebbero buttare giù le quattro ciminiere della power station per realizzare appartamenti dai costi proibitivi per la maggior parte dei comuni mortali. La dirigenza del Chelsea sarebbe – il condizionale in questi casi è sempre d'obbligo – disposta a mantenere la centrale, “sviluppando” il resto dell'abbondante terreno a disposizione. Insomma, il miliardario russo farebbe la felicità dei fan dei Pink Floyd, ma infliggerebbe l'ennesimo dispiacere agli amanti delle tradizioni del beautiful game, finendo per abbandonare un'altra icona del vecchio football come lo Stamford Bridge.
Il vecchio Bridge, rivoluzionato negli ultimi dieci anni, ha già rischiato di scomparire addirittura 107 anni fa. Ovvero quando il Chelsea ebbe una genesi a dir poco singolare. In quel periodo i palazzinari Gus Mears e Joe Mears erano i proprietari dell'impianto, dove davano ospitalità al London Athletic Club di un atleta di belle speranze che rispondeva al nome di Fred Parker, loro caro amico. Quando l'allora presidente del Fulham Henry Norris (poi destinato a fare le fortune dell'Arsenal) rifiutò di trasferire la sua squadra allo Stamford Bridge, i Mears riposero in soffitta l'idea di sfruttare a fini commerciali l'arena sportiva. Manifestarono invece l'intenzione di cedere il terreno alla Great Western Railway, la quale necessitava di uno spazio per costruire un deposito per il carbone. Ma ecco arrivare l'inatteso colpo di scena.
Durante un incontro tra Gus Mears e Parker, in cui l'imprenditore avrebbe dovuto confermare i suoi propositi all'amico, accadde un episodio in apparenza spiacevole, ma che si dimostrò poi decisivo per le sorti dello Stamford Bridge. Lo scotch terrier del costruttore azzannò Parker. “Morde prima di parlare”, fu l'immediata giustificazione di Mears. L'atleta fu così colpito dalla sagacia dell'affermazione che dimenticò di colpo il dolore e si profuse in complimenti nei confronti del suo interlocutore, tanto da definirlo la persona di maggior fascino mai conosciuta in vita sua. Un encomio che fece colpo su Mears, il quale non solo decise di salvare lo Stamford Bridge, ma gli fornì anche un inquilino nuovo di zecca. Visto che di affittuari non se ne trovavano, tanto valeva farselo in proprio, il club di calcio. Fu così che nel marzo del 1905 nel tuttora esistente pub Rising Sun nacque il Chelsea, ora pronto a staccare per sempre il cordone ombelicale dall'impianto che lo ha “partorito” e da allora ospitato. Forse nella nuova arena oltre alla storica canzoncina “Blue is the colour” ascolteremo pure qualche capolavoro dei Pink Floyd, sperando che siano di gradimento di mister Abramovich.
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