Articolo scritto per Goal.com e Alias e ovviamente uscito prima della finale. Come dire, ci ho preso: avevo scritto che nella finali contro le squadre inglesi il Bayern perde sempre quando gioca meglio...
“Il calcio è uno sport fatto di 22 giocatori che corrono dietro a un pallone e di un arbitro che ogni tanto fa qualche errore. E alla fine la Germania vince sempre”. Per capire quanto per gli inglesi sia importante, e temuto, un incontro con gli storici rivali tedeschi (e non parliamo solo di football), basta rileggersi le parole di Gary Linecker. Lui ha vissuto uno degli episodi meno fulgidi della diatriba sportiva tra le due nazionali: la semifinale di Italia 90, persa ai calci di rigori, poi risultati fatali ai Tre Leoni anche nel decisivo scontro diretto dell'Europeo casalingo del 1996.
Se si eccettua la finale dei Mondiali del 1966 – quella del celeberrimo goal-non goal di Geoff Hurst – negli ultimi decenni i tedeschi hanno spesso e volentieri avuto la meglio sugli inglesi. Un po’ diversa la storia dei confronti tra club. Qui i precedenti fanno ben sperare il Chelsea, che sabato sera contenderà al favorito Bayern di Monaco – avvantaggiato anche dal fatto di giocare nello stadio di casa, l’Allianz Arena – il trofeo più importante del panorama continentale, la Champions League. Proprio l’ex squadra di Franz Beckenbauer e Kalle Rummenigge ha un saldo negativo negli atti conclusivi delle coppe contro compagini d’oltre Manica. Per uno strano scherzo del destino, il Bayern ha sempre perso quando è stato dominatore incontrastato del campo. Successe nel 1982 contro l’AstonVilla, bravo a reggere l’urto dei teutonici e a colpire in contropiede con una rete del “bisonte” Peter Withe; andò ancora peggio nel 1999, quando Lothar Matthaus e compagni si videro sfilare la coppa nei minuti di recupero da uno United provato da una stagione massacrante quanto trionfale (non per niente conclusasi con il triplete). Dopo aver centrato pali e traverse e sprecato occasioni a ripetizione, in quell’incontro per certi versi surreale i tedeschi si fecero infilare due volte tra il 92° e il 93°, vedendo così vanificato il vantaggio iniziale di Mario Basler. Forse era una sorta di punizione degli dei del calcio per uno scippo perpetrato ai danni di un’altra squadra inglese 24 anni prima. Il Leeds United di Billy Bremner e Joe Jordan si schiantò contro il muro eretto dal portierone Seppe Maier– e per la verità anche contro parecchie decisioni discutibili prese dall’arbitro francese Michel Kitabdijan. Poi furono Franz Roth e quel mago del goal di Gerd Muller a infliggere il colpo mortale ai Whites.
Al di là dei controversi trascorsi con le inglesi, almeno nella bacheca del Bayern fanno bella mostra di sé ben quattro coppe dei campioni. Per il Chelsea e il suo attuale proprietario Roman Abramovich la coppa dalle grandi orecchie è diventata un'ossessione, una sorta di scimmia da scacciare dalla schiena il più presto possibile. I Blues non se la sono aggiudicata nemmeno con José Mourinho e con rose molto più forti e in salute di quella attuale. A Mosca, nel 2008 la sfiorarono appena. Poi il capitano di mille battaglie John Terry (sabato squalificato) scivolò al momento del rigore decisivo e il trofeo prese la via dell'Old Trafford di Manchester.
Per spazzare via quelle brutte memorie il Chelsea si può consolare con il ricordo del magico destro di trick box Gianfranco Zola nei tempi supplementari della finale di Coppa delle Coppe del 1998 contro loStoccarda e soprattutto riandare con il pensiero a uno dei momenti più eccitanti della storia del calcio inglese, compiutosi proprio a Monaco di Baviera (sebbene all'Olympiastadion). Era il 1 settembre 2001, nella qualificazioni per il mondiale nippo-coreano la nazionale allora guidata da Sven Goran Eriksson doveva lavare l'onta dell'1-0 dell'andata, ultimo match giocatosi all'ombra delle due torri del vecchio Wembley.
Dopo sei minuti segnò il pennellone Carsten Jancker, allora di proprietà del Bayern e poi passato senza lasciare troppe tracce anche a Udine. Solita storia, ennesima conferma della bontà dell'adagio di Linecker? Nemmeno per sogno, grazie a una tripletta di un giovane e all’epoca sano come un pesce Michael Owen e a due belle marcature di Steven Gerrard e Emile Heskey, l’Inghilterra umiliò 5-1 una Germania incredula, esterrefatta. La sfida continua.
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