venerdì 24 ottobre 2008

Reportage su Chelsea-Roma

Pubblicato anche su Goal.com

La trasferta londinese mordi-e-fuggi inizia con un volo da Ciampino per… Orio al Serio. In realtà non sono l’unico ad aver pianificato con attenzione e un occhio al portafoglio il viaggio per andare a vedere Chelsea-Roma. I due voli, quello interno e il susseguente per Londra, costavano immensamente meno del “diretto”, il cui prezzo era lievitato già prima che avesse luogo il sorteggio. Potenza delle low cost!

Dopo il solito giro in centro e una puntatina al Loftus Road – dove il nuovo stemma “briatoriano” è stato appiccicato ovunque ma purtroppo al club shop si fa fatica a trovare le bellissime maglie retrò del Queen’s Park Rangers – salto sulla District Line della metro, direzione Fulham Broadway. Mancano due ore al calcio d’inizio, ma in giro c’è già un bel movimento. Lo Stamford Bridge è letteralmente a due passi dalla stazione del tube. Completamente ricostruito negli anni Novanta, con la sua forma compatta e gli alberghi, i bar e i ristoranti alla moda alle spalle della Shed End, l’impianto è lontano anni luce da quello dell’era ante-Premier e Taylor Report (il rapporto stilato dopo la strage di Hillsborough del 1989 che portò a un radicale mutamento nel panorama degli stadi inglesi). Di quella vecchia arena rimane solo un muro in cemento grezzo della vecchia Shed End – in passato il ritrovo dei tifosi più accessi dei Blues – su cui adesso fanno bella mostra di sé le foto dei grandi giocatori della storia del club, Peter Bonetti, Peter Osgood ma anche Gianfranco Zola e Gianluca Vialli. Il Chelsea ha sempre giocato al Bridge, anzi, è nato perché il suo fondatore Gus Mears non aveva trovato un affittuario l’impianto, inizialmente adibito per gare di atletica – a questo si deve la forma circolare immortalata nelle foto d’antan. Non a caso i Blues, tra le squadre professionistiche londinesi, sono i più giovani, essendo nati “solo” nel 1905.

Nel vecchio Stamford Bridge – noi ci eravamo stati quando già metà stadio era nuovo di zecca e l’altra metà prossima all’abbattimento – c’era ben altra atmosfera. Negli anni Settanta e Ottanta non era certo un luogo tranquillo (per approfondimenti leggi alla voce Headhunters, il gruppo di hooligans “locali”), ma c’era un gran tifo, soprattutto molto spontaneo. Nel match contro la Roma le sciarpe le fornisce direttamente il club – ma sventolate tutte insieme danno un bel colpo d’occhio – e anche i bandieroni che compaiono in alcuni frangenti abbiamo il sospetto siano stati pagati con i soldi di Mr Abramovich. Insomma, a livello di tifo i Blues soccombono un po’ e forse il boato più grande che producono – dopo quello del gol – è dedicato a Riise, di cui ricordano il comico autogol nella semifinale di Champions League della scorsa stagione.

Un altro segno dei tempi – e di quello che in Inghilterra ormai in molti con più di una venatura di disprezzo chiamano corporate football – è la presenza di qualche consolle per la playstation nella East Stand, a pochi passi dalla tribuna stampa dove abbiamo trovato posto. Non sappiamo se anche negli altri settori dello stadio si possa giocare a calcio virtuale con i videogames, ma dobbiamo ammettere che la cosa ci lascia un po’ contrariati (e non solo perché preferiamo il Subbuteo e il calcio balilla ai giochi “moderni”).

Sulla partita è già stato detto e scritto tutto. Solito film già visto della Roma che perde in Inghilterra e del Chelsea che in casa è una macchina da punti, anche se ai tifosi la prestazione non è piaciuta troppo. Ma la chiusura non può non essere sulla bonaria presa in giro dei sostenitori romanisti al drappello di giardinieri con tanto di tosaerba scesi in campo pochi minuti dopo il fischio finale e gli scambi di convenevoli tra i giocatori. Per i gli inservienti dei Blues applausi ironici e olé a go-go, un finale tutto sommato adeguato per una serata trascorsa in maniera abbastanza serena.

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