In realtà questo pezzo uscito domenica scorsa sul Manifesto parla ben poco di calcio britannico. Anzi, nella versione publicata sul quotidiano non ne parla proprio, ma solo perché per esigenze di spazio è stato tagliato il riferimento al Gretna, che di seguito riaggiungo.
È la matricola terribile della Bundesliga edizione 2008-09. Dopo un breve parentesi in vetta alla classifica, occupata per le prime due giornate grazie alle vittorie con Energie Cottbus e Borussia Monchengladbach, l'Hoffenheim è ormai divenuto costante argomento di discussione per gli addetti ai lavori teutonici, stupiti dalle brillanti prestazioni di questo team di cui fino a poche settimane fa ignoravano addirittura l'esistenza. Nelle ultime due settimane la compagine allenata da Ralf Rangnick (mediocre giocatore e una pessimo precedente in Bundesliga con lo Schalke) ha inanellato un 4-1 con il Borussia Dortmund e un ancor più spettacolare 4-5 con il Werder Brema, avversaria dell'Inter in Champions League. Ieri ha superato l'Eintracht 2-1 e insieme allo Stoccarda ha raggiunto l'Amburgo (che gioca oggi) in cima alla classifica. Toni e i campionissimi del Bayern Monaco hanno pareggiato 3-3 in casa con il Bochum e sono solo undicesimi, Klinsmann rischia addirittura la panchina. L'Hoffenheim invece ride: il suo centravanti, il bosniaco Vedad Ibisevic, è capocannoniere con sette reti in sette match. Il club è espressione dell'omonimo piccolo sobborgo di Sinsheim, misconosciuto paesotto del Baden-Wurttemberg abitato da 35mila anime, che fino a metà anni novanta giocava addirittura in settima serie davanti a poche decine di appassionati e che lo scorso anno si è piazzato secondo - ed è quindi stato promosso - alla prima campagna di sempre nella serie B tedesca. Insomma, così a occhio sembrerebbe la classica storia su cui scrivere un mucchio di articoli e qualche bel libro all'insegna del romanticismo calcistico spinto.Facendosi un giro su siti web e blog di qualsiasi tifoseria tedesca si capisce però che almeno in Germania tra gli appassionati la percezione che si ha della rivelazione Hoffenheim è ben diversa. Tutti lo disprezzano, per non dire che lo odiano. A nessuno è andato giù che un magnate del settore informatico, Dietmar Hopp, abbia investito una fetta cospicua della sua fortuna personale per trasformare l'Hoffenheim da brutto rospetto dei campetti della Regional Liga in principe azzurro invitato al gran ballo delle grandi. Quando si dice i soldi prima della storia e della tradizione. La notizia che sia quasi pronto un nuovo impianto «stato dell'arte» costato 40 milioni di euro e con una capienza di ben 30mila posti - praticamente l'intera popolazione di Sinsheim, neonati compresi - non fa che peggiorare le cose. Per sostenitori di storici club dell'Est come il Carl Zeiss Jena o la Dynamo Dresda, da anni in crisi finanziaria e di risultati l'Hoffenheim è l'epitome del capitalismo cinico e iniquo dell'Ovest. In tempi di petrodollari e petrorubli che ricoprono il calcio europeo, va rimarcato che a differenza degli altri ricconi che spendono e spandono, almeno Hopp è a pieno titolo un sostenitore della prima ora dell'Hoffenheim. Uno dei pochi, continueranno a obiettare fan di altre realtà del fussball, a cui sembra anche molto anomalo che un singolo imprenditore abbia in mano l'intero pacchetto azionario di una squadra di calcio, cosa che in Germania, terra di polisportive, è quantomai inusuale.
Nel panorama calcistico europeo c’è un precedente molto poco rassicurante per i sostenitori dell’Hoffenheim: il Gretna in Scozia. Anche in quel caso nell’arco di pochi anni un club senza alcun pedigree si ritrovò dal limbo del football non professionistico, per giunta nella confinante Inghilterra, al palcoscenico prestigioso della Scottish Premier League (anche in quel caso tra i mugugni delle tifoserie avversarie). Poi il Gretna, che nel frattempo aveva perso solo ai rigori una coppa di Scozia, dall’oggi al domani si ritrovò senza più un quattrino e cancellato dalla mappa del calcio che conta. Il padre-padrone-tifoso Brooks Mileson purtroppo si era gravamente ammalato e aveva ritirato il suo sostegno finanziario. Risultato: quattro milioni di sterline di debiti, stipendi non pagati, amministrazione controllata e l’inevitabile fallimento. Herr Hopp e i suoi amici dell’Hoffenheim possono fare tutti gli scongiuri del caso...
Brooke Mileson non aveva i soldi del collega tedesco, che, detto per inciso, nell'Hoffenheim ci aveva pure giocato, da giovanissimo. Non sarà una favola, per qaulche merito Hopp ce l'avra.
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