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Le hanno collocate accanto al cancello di accesso all'Anfield Road che reca la celeberrima scritta “You'll never walk alone”. Sono le due lastre di marmo che rendono omaggio ai 96 tifosi del Liverpool che il 15 aprile 1989 persero la vita in una delle più spaventose e assurde tragedie della storia dello sport. Accanto ai nomi c'è scritta l'età: 14, 15, 17, 18, 19, 21. Numeri che ti colpiscono con la violenza di un pugno allo stomaco. A rimanere schiacciati sulle gradinate della Leppings Lane dell'Hillsborough, l'impianto dello Sheffield Wednesday, furono quasi tutti giovanissimi, accorsi nella città dello Yorkshire per sostenere i Reds di Dalglish e Rush nel match di semifinale di FA Cup contro il Nottingham Forest. Per 23 anni quei ragazzi non hanno ricevuto giustizia, mentre la loro memoria veniva infangata dalle autorità, pronte a scrollarsi di dosso in ogni modo i loro peccati.
Dopo due decenni di battaglie legali e di incessanti campagne promosse dai familiari delle vittime, la verità sta finalmente venendo a galla. A settembre il rivoluzionario rapporto della commissione indipendente sull'Hillsborough presieduta dal vescovo di Liverpool, James Jones, ha costretto il primo ministro britannico David Cameron a chiedere scusa alle famiglie dei tifosi del Liverpool scomparsi quel maledetto pomeriggio.
Giovedì scorso l'Alta Corte di Giustizia di Londra ha spazzato via i risultati dell'indagine che nel 1991 aveva stabilito che quelle morti erano avvenute per cause accidentali. I giudici hanno di fatto avallato quanto scritto nel rapporto indipendente, chiedendo subito l'apertura di una nuova inchiesta e lodando l'impegno dei parenti delle vittime. Il governo si è impegnato a sostenere le spese legali del nuovo processo che dovrebbe cominciare la prossima estate.
Speriamo che questa volta gli inquirenti certifichino quanto un Paese intero oramai sa: l'incidente fu causato da una cattiva gestione dell'ordine pubblico e dei soccorsi all'interno dell'impianto da parte della polizia, degli altri servizi di sicurezza e delle autorità locali, che poi si adoperarono per addossare la colpa di quanto accaduto ai tifosi. Non vanno inoltre tralasciate le malefatte dei dirigenti dello Sheffield Wednesday, il cui stadio aveva il certificato di idoneità scaduto da dieci anni.
Per raccontare del dramma dell'Hillsborough bisogna riavvolgere il nastro del tempo fino al periodo più cupo della storia del calcio inglese. La violenza dei tifosi, che ebbe il suo culmine con i fatti dell’Heysel nel maggio del 1985, e l’inadeguatezza degli stadi e dell’intero sistema di gestione del football d’oltre Manica finirono per punteggiare di lutti un'epoca, quella dell'Inghilterra tutta tagli e privatizzazione dei governi guidati da Margaret Thatcher, di per sé già ricca di tensioni sociali.
Il beautiful game trovò il suo nadir proprio quel fatidico 15 aprile del 1989. Fin dal mattino l’autostrada M62 era un’unica lunga fila di macchine, il traffico era congestionato a causa di una serie di lavori in corso, per cui l’arrivo a Sheffield per moltissimi tifosi avvenne più tardi del previsto. In tanti allora si accalcarono a ridosso delle entrate dell’Hillsborough Stadium, mentre il servizio d’ordine latitava. Come se non bastasse, per accedere alla Leppings Lane, la gradinata destinata ai supporter dei Reds, c’erano solo sette tornelli.
In via del tutto ipotetica quel settore di Hillsborough avrebbe potuto contenere fino a 10mila tifosi, sebbene la suddivisione in sette spicchi recintati, voluta anni prima dalla polizia per controllare meglio i flussi della folla, avesse ridotto la capienza, contribuendo a creare delle specie di lugubri e gigantesche gabbie. Tuttavia questo elemento, allorché furono venduti i biglietti, non fu preso in considerazione. La gradinata iniziò a ingrossarsi come un fiume in piena, ma colpevolmente nessuno pensò a convogliare i tifosi lì dove c’era maggiore spazio e disponibilità di posti. Man mano che passavano i minuti in tanti finirono per essere schiacciati contro la rete di protezione. La trappola mortale era scattata. Nonostante la situazione già fuori controllo, le forze dell’ordine non trovarono niente di meglio da fare che chiudere una porticina che dava un minimo di accesso al campo, aperta in qualche modo da alcuni tifosi.
I poliziotti erano accecati dalla paura degli hooligan e inizialmente spinsero indietro i gruppetti di fan del Liverpool che erano riusciti a salvarsi entrando sul terreno di gioco, a partita iniziata da una manciata di minuti. Solo in un secondo momento un agente si rese conto dell’immane tragedia che si stava consumando davanti ai suoi occhi e facilitò l’ingresso in campo di decine di disperati, il cui intento era tutt’altro che bellicoso. Cercavano solo di salvarsi la vita. Qualcuno fu tirato su a braccia verso il secondo piano della Leppings Lane, evitando il peggio. Molti non ce la fecero, morendo soffocati in un magma infernale di corpi.
L’indagine indipendente ha accertato che se si fosse intervenuti in maniera più tempestiva forse potevano essere salvate 41 vite.
Per celare la realtà dei fatti, quel giorno fu eseguita una sistematica alterazione dei verbali redatti dal personale addetto alle ambulanze e dagli agenti in servizio (si parla di ben 160 documenti falsificati). Furono cambiate ore, testimonianze, sparirono nastri delle telecamere dello stadio, insomma si fece di tutto per coprire quanto accaduto, tanto che pochi minuti dopo il dramma i vertici della polizia del South Yorkshire e il deputato conservatore Irvine Patnick erano già impegnati a far trapelare alle agenzie di stampa locali la notizia che erano stati i tifosi del Liverpool a provocare il disastro, vuoi perché ubriachi e violenti, vuoi perché in tanti erano entrati nel settore nonostante non disponessero dei biglietti. Nulla di più lontano dalla realtà, ma la news fu lo stesso subito ripresa dal tabloid The Sun con l'ormai tristemente celebre titolo di prima pagina “The Truth”. Una verità falsa, che finalmente sta per essere sostituita da quella vera.
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