In attesa della nuova stagione, un pezzo scritto per Calcio 2000 che fa il punto sulla scorsa annata di Premier.
Miglior Team
Chi vince ha sempre ragione. Il Manchester City è ridiventato campione d'Inghilterra dopo 44 anni di dolorosa astinenza grazie alla miglior differenza reti rispetto ai cugini dello United e in un finale di campionato così rocambolesco che può essere paragonato a quello del 1989, con il famoso goal di Michael Thomas nel Liverpool-Arsenal immortalato da Nick Hornby nel suo Febbre a 90. Ma al di là delle contingenze particolari, la squadra allenata da Roberto Mancini – secondo tecnico italiano dopo Carlo Ancelotti a trionfare in Premier – ha meritato il titolo. I Light Blues hanno espresso la miglior qualità di gioco nell'arco di tutto il campionato, con una pausa significativa che li aveva portati a ben otto punti di distacco dai rivali la domenica di Pasqua. La rosa del City è di così forte ed estesa che in tanti avevano pronosticato un passaggio di testimone, specialmente dopo il fragoroso 6-1 dell'Old Trafford. Ma era importante anche mostrare la necessaria maturità, specialmente quando c'è stato da recuperare, da crederci ancora quando l'ennesima beffa nella storia dei Light Blues sembrava a un passo. Già, le beffe. Molto addetti ai lavori hanno affermato che il team di Eastlands stava perdendo il campionato da City, ma poi non lo ha vinto da City, ovvero ha compiuto un'impresa che era più nelle corde dello United. Che sia stata una svolta storica, l'inizio di una “dinastia”, come preconizzano in Inghilterra? Certo è che i denari in cassa ci sono, eccome. Al momento di aggiustamenti ne servono pochi, forse l'unico reparto che potrebbe vivere qualche parziale rivoluzione è l'attacco, con Mario Balotelli e Edin Dzeko dati come possibili partenti. Per il resto, se a centrocampo hai dei giocolieri come David Silva e Samir Nasri e un baluardo come Yaya Touré, c'è ben poco di cui preoccuparsi. Anzi, si può ritentare l'avventura in Champions League con qualche speranza in più.
Top Player
C'è poco da fare, quando gli infortuni non lo flagellano, come purtroppo accaduto molto spesso in passato, Robin Van Persie conferma di essere tra i primi 4-5 attaccanti al mondo. L'olandese non è un centravanti alla Ruud Van Nistelrooy, tanto per fare un paragone con un suo illustre connazionale, ma un giocatore offensivo “moderno”, ovvero estremamente malleabile, come piace al suo allenatore Arsene Wenger. È indubbio che anno dopo anno stia affinando il suo fiuto del goal e che sia in grado di trafiggere i portieri avversari un po' in tutti i modi: di classe, di astuzia e di potenza. Le sue doti tecniche non si discutono e non le scopriamo certo noi. Il nuovo capocannoniere della Premier (30 i centri per lui, nella storia della Premier solo cinque top scorer avevano finito con un bottino di reti superiore) sta però anche smussando gli angoli di un carattere non sempre proprio all'altezza della situazione. Adesso toccherà vedere se le tante sirene sparse per l'Europa lo sapranno incantare, strappandolo all'Arsenal dopo otto stagioni di permanenza a Londra. Il terzo posto raggiunto in extremis in campionato, con conseguente qualificazione automatica in Champions League, rafforza le speranze dei fedelissimi dei Gunners di poterlo ammirare all'Emirates anche nel 2012-13. Intanto il ragazzone di Rotterdam ha fatto incetta di premi: sia per i suoi colleghi che per la stampa specializzata è stato lui il miglior giocatore dell'anno. Dopo i trofei individuali, è arrivato il tempo di vincere qualche campionato o qualche coppa. In Inghilterra oppure altrove?
La delusione dell'anno
Non è un paradosso. Sebbene con la vittoria in Coppa di Lega contro il Cardiff il Liverpool sia tornato ad alzare un trofeo dopo sei anni di astinenza, i Reds sono senza dubbio la squadra flop del 2011-12. La nuova proprietà americana aveva in mente un pronto ritorno in Champions League, quando l'estate scorsa ha investito oltre 50 milioni di euro per portare ad Anfield Road giovani rampanti del calibro di Jordan Henderson, Sebastian Coates e giocatori di provata esperienza e qualità come Stewart Downing e Charlie Adam. Poteva essere l'anno buono, viste le continue amnesie di Arsenal e Tottenham e i periodi di crisi profonda del Chelsea. Nulla da fare, invece. Il Liverpool non è mai apparso in grado di impensierire minimamente le pretendenti al quarto posto. L'affaire Suarez e il brutto infortunio a Lucas Leiva (fuori da fine novembre) non giustificano tanta mediocrità, fatta di sfilze di pareggi in casa e tante sconfitte – un po' ovunque – in trasferta. Nemmeno la bella cavalcata in FA Cup, comprensiva di derby vinto in semifinale, possono cancellare un campionato scialbo, che solo per la differenza reti favorevole nei confronti del Fulham non sarà ricordato come il primo dal 1962-63 con il Liverpool fuori dalle prime otto. Ad ogni modo era dal 2004-05 che l'Everton non sopravanzava i cugini. E poi anche la sfida di Wembley con il Chelsea deve aver lasciato un grande amaro in bocca ai fedelissimi della Kop, non solo per la sconfitta, ma per come è maturata – durante la prima ora di gioco i Reds sono stati a dir poco evanescenti. Sperando che Andy Carroll si riassesti sui livelli dei tempi di Newcastle e in attesa di capire se Kenny Dalglish sarà confermato o meno, i primi segnali lanciati dalla dirigenza (taglio all'organigramma societario) non lasciano presagire un mercato scoppiettante sul versante tinto di rosso della Merseyside.
La rivelazione dell'anno
Ci sarebbe l'imbarazzo della scelta, viste le belle e in buona parte inaspettate performance di Norwich City (data come probabile retrocessa, e invece salvatasi con largo anticipo) e Newcastle United (quinta a un soffio da un piazzamento nelle prime quattro). Noi però scegliamo la doppia impresa dello Swansea City, capace di evitare l'immediato ritorno in Championship giocando anche un calcio per gourmet del football. Il team di Brendan Rodgers, a ragione, è stato dipinto dalla maggior parte degli addetti ai lavori come una sorta di Barcellona in sedicesimo. Il gioco palla a terra è di sicuro uno dei marchi di fabbrica degli Swans – basti pensare che per andare al tiro le loro azioni hanno richiesto ben 62 passaggi, a fronte dei 45 di media della altre squadre della Premier. Le vittorie con Manchester City e Arsenal sono stati i momenti magici di una stagione d'oro, la prima nella massima divisione inglese dal 1983. Se i piedi buoni di Scott Sinclair, Joe Allen e Nathan Dyer dovessero restare al Liberty Stadium e il promettentissimo centrocampista offensivo islandese Gylfi Sygurdsson dovesse essere acquistato definitivamente dall'Hoffenheim, lo Swansea avrebbe assicurato un futuro roseo. Non guasta aggiungere che dopo qualche precedente turbolento, i gallesi hanno trovato un buon equilibrio anche dal punto di vista finanziario. Il 20 per cento delle azioni in mano ai tifosi da questo punto di vista molto probabilmente aiuta, e non poco.
Il giocatore emergente
Andy Carroll, chi era costui? A giudicare dalle prime 14 gare disputate con indosso la maglia numero nove dei Magpies, il degno successore di Alan Shearer è un dinoccolato giocatore originario della Senegal, che di nome fa Papiss Cissé. Prelevato dal Friburgo a gennaio senza spendere una fortuna (a posteriori è costato “solo” undici milioni di euro), il nostro eroe ha impiegato pochissimo per adattarsi ai ritmi della Premier, cominciando subito a segnare vagonate di reti, spesso e volentieri di ottima fattura. La sua perla – a nostro parere il goal dell'anno, almeno in Inghilterra – è costituita dalla prodezza balistica contro il Chelsea allo Stamford Bridge. Il povero Peter Cech sta ancora cercando di capire come Cissé sia stato in grado di scoccare un tiro così potente e preciso in diagonale da oltre 30 metri! Dettaglio che non guasta – anzi – il suo contributo è risultato decisivo per il ritorno in Europa del Newcastle dopo cinque stagioni di assenza. Adesso però si attendono conferme, che qualora dovessero arrivare manterrebbero il team bianconero nell'élite del calcio inglese. Un ottimo punto di partenza, oltre quanto mostrato negli ultimi cinque mesi, è la perfetta intesa con l'ex West Ham Demba Ba. Sarà perché i due – che sono coetanei, essendo nati entrambi nel 1985 a distanza di pochi giorni – giocano insieme anche in nazionale, ma in un modulo 4-4-2 formano la coppia ideale. Ba si è messo subito a disposizione del compagno di squadra, nonostante la cosa abbia comportato una sensibile riduzione della sua vena realizzativa. Per questo è stato pubblicamente elogiato dal suo allenatore Alan Pardew, che lo ha paragonato a … Madonna! “Pensate di avere già Madonna e di affiancarle Lady Gaga, come reagirebbe?” si è chiesto in maniera retorica il manager della Gazze. Ba non si è posto alcun problema, Cissé neppure.
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