L’incubo del mondiale sudafricano sta ancora infestando i sogni di tanti inglesi e di almeno un italiano (Fabio Capello da Pieris), che già è arrivato il momento di ricominciare a giocare. La Premier League si presenta ai nastri di partenza con molte certezze in meno rispetto al passato, vuoi per il mezzo fallimento nelle coppe europee del 2009-10, vuoi per le scialbe prestazioni dei vari Rooney, Gerrard e Lampard nella recente competizione iridata. E ancora per il pesante fardello di debiti che le principali squadre inglesi si portano sul groppone, un po’ lo specchio del papocchio finanziario che da anni affligge il Regno Unito. Di recente l’agenzia di consulenza A.T. Kearney ha quantificato in meno 5 per cento il tasso di redditività del massimo campionato inglese. In pratica per ogni 100 sterline investite se ne perdono cinque. Insomma, la Premier potrebbe non essere più una miniera d’oro come negli anni passati, sebbene le presenze allo stadio siano ancora cospicue e i contratti televisivi e con gli sponsor di assoluta rilevanza economica.
La sensazione che si stia vivendo una sorta di riflusso, se non proprio una crisi, è però palpabile. Eppure gli investitori stranieri continuano a fare la fila pur di accaparrarsi un club della massima divisione inglese. Dopo arabi e americani, ora è il turno delle economie emergenti, in primis Cina e India. Il fondo sovrano dell’ex Impero di Mezzo – quindi il governo di Pechino – è sul punto di spendere 400 milioni di euro per mettere le mani sul Liverpool. Ad Anfield Road subentrerebbe all’odiato duo di milionari americani Gillett & Hicks, che ai Reds hanno accollato solo tanti debiti – ma che dalla vendita della società non guadagneranno nessun utile. La nuova proprietà ha già promesso che costruirà il nuovo stadio – il cui progetto è stato messo in naftalina da un paio d’anni – e che rafforzerà la squadra. Per rientrare delle spese e garantirsi degli utili sia a livello economico che “politico”, si proverà a vendere il marchio Liverpool nell’immenso mercato cinese. Tutt’altro che una brutta idea. Roy Hodgson, successore del non troppo rimpianto Rafa Benitez, può guardare con fiducia al futuro. Intanto si accontenta dell’acquisto di Joe Cole, del mattacchione serbo Milan Jovanovic e di qualche promettente giocatore britannico, oltre che dell’inaspettata permanenza nella Merseyside del Nino Torres – evidentemente convinto a rimanere dopo gli ultimi sviluppi societari. Basterà per rivincere un titolo di campione d’Inghilterra che manca da giusto 20 anni? Chissà, forse sì, se Alberto Aquilani tornerà a giocare ai suoi livelli e Javier Mascherano e Dirk Kuyt non si trasferiranno all’Inter.
Sempre nel Lancashire, ma nella meno fascinosa Blackburn, potrebbe materializzarsi il riccone indiano Ahasan Ali Syed. Un altro segno dei tempi, per una Premier che ha già la metà dei presidenti stranieri.
A proposito di proprietà d’oltre Manica, i più scatenati sono gli arabi del Manchester City. Un centinaio di milioni di euro spesi per Yayà Touré, David Silva, Jerome Boateng e Aleksandar Kolarov non sembrano bastare, se ne sborseranno presto altri cinquanta per James Milner e Mario Balotelli, specialmente se l’ex interista abbasserà la sue folli pretese (si vocifera di una richiesta d’ingaggio di una decina di milioni l’anno, manco fosse Messi). Intanto il tecnico dell’Aston Villa Martin O’Neill si è dimesso proprio perché molto infastidito dalla ormai certa del giovane nazionale inglese (come suo successore i ben informati indicano Sven Goran Eriksson). Certo, poi Roberto Mancini dovrà iniziare a sfoltire una rosa affollatissima, con surplus che si chiamano Robinho o Craig Bellamy. Anche perché le nuove regole della Premier per il 2010-11 prevedono che il 1 settembre, data di chiusura del mercato estivo, le 20 squadre della massima divisione inglese abbiano l’obbligo di presentare un elenco di massimo 25 giocatori, otto dei quali devono aver giocato almeno tre stagioni in Inghilterra o in Galles prima del compimento del ventunesimo anno d’età. La lista varrà fino al 1 gennaio, quando si potrà inserire un numero illimitato di under 21. Una mini rivoluzione per cercare di agevolare la crescita dei giovani, non necessariamente indigeni però, visto che club come l’Arsenal i talenti in erba continuano a cercarli in giro per il mondo e a portarli in Inghilterra sulla soglia dei 15-16 anni, come fatto nel 2003 con Cesc Fabregas, (che dovrà aspettare ancora un anno prima di rivestire la maglia del Barcellona.
Tornando ai Light Blues del Mancio, fanno ormai parte di diritto del gruppo delle grandi che da quattro (le cosiddette Big Four) è passato a sei (ad Arsenal, Chelsea, Liverpool e Manchester United si sono ormai aggiunte proprio il City e il Tottenham). Un po’ di equilibrio e competizione in più non guasta, sebbene le due favorite d’obbligo rimangano Chelsea e Manchester United, le dominatrici assolute degli ultimi sei campionati. Sfumato Torres, Carlo Ancelotti potrà contare su un pizzico di fantasia in più a centrocampo grazie al neo-acquisto Ramires, che ai Mondiali Dunga relegava inspiegabilmente in panchina. Alex Ferguson si è regalato El Chicharito Hernandez, attaccante messicano ammirato anche in Sud Africa e che ha già brillato (e segnato) nel recente Community Shield vinto con merito dai Red Devils proprio sui Blues.
Per finire una curiosità: ben otto squadre della Premier (Arsenal, Birmingham, Everton, Fulham, Newcastle, Tottenham, West Bromwich, West Ham) hanno già vietato le vuvuzela all’interno dei loro impianti, mentre la neopromossa Blackpool sta addirittura incentivando l’utilizzo della pittoresca trombetta sugli spalti del piccolo Bloomfield Road. Tornato ai massimi livelli dopo 39 anni, il club che nel 1953 con i leggendari Stan Mortensen e Stanley Matthews vinse la più bella finale di Coppa d’Inghilterra di tutti i tempi (4-3 in rimonta sul Bolton) dovrà provarle tutte per evitare un probabile ritorno nel purgatorio della Championship. Il suo stravagante allenatore, Ian Holloway, ha addirittura chiesto ai suoi giocatori di passare il periodo estivo “dilettandosi con il Subbuteo”. Basterà?
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