martedì 31 agosto 2010
Calamity James
Dopo aver visto i due gol rimediati sabato dall'ex portiere della nazionale - e di un'infinità di squadre inglesi - nella partita che il Bristol City ha perso a Ipswich, penso sempre di più che il buon David farebbe meglio ad appendere le scarpe al chiodo. Largo ai giovani, sperando che siano validi...
lunedì 30 agosto 2010
Premier, ecco le prime sorprese: cadono City e Spurs
Nella settimana degli adii alla Premier di Alberto Aquilani e Alessandro Diamanti, la giornata di campionato si rivela molto amara per altri due italiani: Roberto Mancini e Carlo Cudicini. Le loro squadre incassano dei brutti e inaspettati rovesci, a parziale smentita della supposta mancanza di equilibrio e di sorprese in un inizio stagione che era stato caratterizzato quasi solo da fragorose goleade.
Il Manchester City rimedia la prima sconfitta stagionale sul campo di un Sunderland imbottito di ex United (l’allenatore Steve Bruce, Phil Bardsley, Kieran Richardson, Frazier Campbell e Danny Welbek). Brutta la partita, soprattutto nel secondo tempo, dei Light Blues, ancora con il solo Carlitos Tevez in avanti. Proprio l’Apache nei primi 45 minuti commette l’errore dell’anno, sbagliando un gol facile facile a porta ormai incustodita. Ora per al Mancio si propongono alcuni interrogativi di fondamentale importanza, tra cui quello se impiegare o meno un secondo attaccante. I dilemmi vanno risolti presto, il distacco dalla vetta è già di cinque punti e, a seguito della sua faraonica campagna acquisti, dal City è più che lecito aspettarsi molto di più.
Il terribile incidente in moto occorsogli 10 mesi fa sembrava averne chiuso anzitempo la carriera, e invece sabato Cudicini è tornato a difendere la porta del Tottenham dal primo minuto, anche a causa dell’infortunio del titolare Aurelho Gomes. Purtroppo per lui è stato protagonista in negativo con una mezza papera sul gol del colombiano Hugo Rodallega del clamoroso stop interno degli Spurs al cospetto del Wigan. Sì, proprio i Latics, quelli che l’anno scorso al White Hart Lane avevano subito un umiliante 1-9 e che nelle prime due partite del 2010-11 avevano incassato la bellezza di 10 gol senza segnarne nemmeno uno…
Red Devils e Blues se la sono vista che i fanalini di coda del campionato e, come previsto, non hanno incontrato particolari difficoltà. L’unica nota stonata per la compagine allenata da Carlo Ancelotti è stato l’infortunio a Frank Lampard – che ha pure sbagliato il suo terzo rigore sugli ultimi trenta tirati – costretto così a saltare anche gli incombenti impegni in nazionale. Nulla di troppo serio, però, e quindi allo Stamford Bridge ci si può godere il quarto gol in Premier sia di Florent Malouda che di Didier Drogba. Contro il solito, deludente West Ham (che bella però la maglia da trasferta, che fa molto bei tempi che furono!) il Manchester United ritrova il gol di Wayne Rooney, a secco da marzo, e si stropiccia gli occhi per l’ennesima bella prestazione di Dimitar Berbatov. Che l’arrivo del Chicharito Hernandez e la crescita di Chico Macheda abbiano fatto bene al bulgaro, “ispirato” dalla maggiore concorrenza in attacco?
Per l’Arsenal ancora sugli scudi Theo Walcott, che ha aperto lo score all’Ewood Park di Blackburn, dove lo scorso anno i Gunners erano usciti con le ossa rotte (finì 2-1 per i padroni di casa). Nel complesso meritato il successo della formazione di Arsene Wenger, che in settimana aveva alimentato una discreta polemica nei confronti dei Rovers e del loro allenatore Sam Allardyce, accusandoli di praticare una sorta di calcio-rugby, mettendo i suoi giocatori in guardia da possibili interventi al di sopra delle righe da parte degli avversari. Per la serie, le schermaglie dialettiche non sono un’esclusiva solo di Josè Mourinho o di qualche allenatore nostrano.
Il Manchester City rimedia la prima sconfitta stagionale sul campo di un Sunderland imbottito di ex United (l’allenatore Steve Bruce, Phil Bardsley, Kieran Richardson, Frazier Campbell e Danny Welbek). Brutta la partita, soprattutto nel secondo tempo, dei Light Blues, ancora con il solo Carlitos Tevez in avanti. Proprio l’Apache nei primi 45 minuti commette l’errore dell’anno, sbagliando un gol facile facile a porta ormai incustodita. Ora per al Mancio si propongono alcuni interrogativi di fondamentale importanza, tra cui quello se impiegare o meno un secondo attaccante. I dilemmi vanno risolti presto, il distacco dalla vetta è già di cinque punti e, a seguito della sua faraonica campagna acquisti, dal City è più che lecito aspettarsi molto di più.
Il terribile incidente in moto occorsogli 10 mesi fa sembrava averne chiuso anzitempo la carriera, e invece sabato Cudicini è tornato a difendere la porta del Tottenham dal primo minuto, anche a causa dell’infortunio del titolare Aurelho Gomes. Purtroppo per lui è stato protagonista in negativo con una mezza papera sul gol del colombiano Hugo Rodallega del clamoroso stop interno degli Spurs al cospetto del Wigan. Sì, proprio i Latics, quelli che l’anno scorso al White Hart Lane avevano subito un umiliante 1-9 e che nelle prime due partite del 2010-11 avevano incassato la bellezza di 10 gol senza segnarne nemmeno uno…
Red Devils e Blues se la sono vista che i fanalini di coda del campionato e, come previsto, non hanno incontrato particolari difficoltà. L’unica nota stonata per la compagine allenata da Carlo Ancelotti è stato l’infortunio a Frank Lampard – che ha pure sbagliato il suo terzo rigore sugli ultimi trenta tirati – costretto così a saltare anche gli incombenti impegni in nazionale. Nulla di troppo serio, però, e quindi allo Stamford Bridge ci si può godere il quarto gol in Premier sia di Florent Malouda che di Didier Drogba. Contro il solito, deludente West Ham (che bella però la maglia da trasferta, che fa molto bei tempi che furono!) il Manchester United ritrova il gol di Wayne Rooney, a secco da marzo, e si stropiccia gli occhi per l’ennesima bella prestazione di Dimitar Berbatov. Che l’arrivo del Chicharito Hernandez e la crescita di Chico Macheda abbiano fatto bene al bulgaro, “ispirato” dalla maggiore concorrenza in attacco?
Per l’Arsenal ancora sugli scudi Theo Walcott, che ha aperto lo score all’Ewood Park di Blackburn, dove lo scorso anno i Gunners erano usciti con le ossa rotte (finì 2-1 per i padroni di casa). Nel complesso meritato il successo della formazione di Arsene Wenger, che in settimana aveva alimentato una discreta polemica nei confronti dei Rovers e del loro allenatore Sam Allardyce, accusandoli di praticare una sorta di calcio-rugby, mettendo i suoi giocatori in guardia da possibili interventi al di sopra delle righe da parte degli avversari. Per la serie, le schermaglie dialettiche non sono un’esclusiva solo di Josè Mourinho o di qualche allenatore nostrano.
venerdì 27 agosto 2010
Il flop del calcio scozzese
I club come la nazionale, se possibile anche peggio. Per il fitba, come chiamano il calcio a Nord del Vallo di Adriano, sono giorni da incubo. I turni preliminari delle coppe hanno solo fornito un’ulteriore certificazione del pessimo stato di salute di cui gode il movimento scozzese. Dopo l’Hibernian, eliminata a inizio agosto, ieri sono naufragate anche Celtic, Dundee United e Motherwell. Gli Hoops, già sbattuti fuori in malo modo dal Braga nelle gare di qualificazione per la Champions League, sono riusciti nella malaugurata impresa di sciupare i due gol di vantaggio segnati all’andata per farsi poi travolgere dagli olandesi dell’Utrecht. Neil Lennon, il manager del club del Parkhead, aveva avvertito che i suoi in trasferta rendono meno che in casa, ma francamente nessuno si aspettava un tracollo di quelle proporzioni. Gli unici supersiti del manipolo di team della SPL sono i Rangers, attesi da un girone di Champions molto difficile contro Manchester United, Valencia e Bursaspor. Ci sono inoltre preoccupazioni per la trasferta all’Old Trafford, visto che per la finale dell’allora Coppa Uefa nel 2008 proprio a Manchester i supporter dei Light Blues – accorsi in massa, erano oltre 200mila – furono protagonisti di alcuni disdicevoli incidenti. Quel match, perso contro i russi dello Zenit San Pietroburgo, è stato una sorta di canto del cigno per il calcio scozzese, che in precedenza aveva potuto contare sulle belle prestazioni del Celtic e qualche acuto isolato delle piccole – parliamo ovviamente dell’ultimo decennio, se allargassimo il discorso al passato ci sarebbero da narrare alcune imprese memorabili.
La crisi è tecnica – non si vedono all’orizzonte i nuovi Kenny Dalglish e Graeme Souness – ma anche finanziaria. I Rangers, vincitori un po’ a sorpresa delle ultime due edizioni del campionato, sono oberati dai debiti e rimpiangono i radiosi anni Novanta, quando Gazza Gascoigne faceva impazzire il pubblico di Ibrox con le sue giocate e le sue mattane. Le casse dei Celtic stanno decisamente meglio, soprattutto dopo aver venduto Aiden McGeady allo Spartak Mosca per oltre 12 milioni di euro, però sul campo le cose vanno lo stesso piuttosto male. Chissà se la girandola di giocatori ceduti e acquistati potrà risollevare le sorti dei biancoverdi, deboli soprattutto in difesa. Come visto, l’inizio di stagione a livello europeo è stato tragico e del tutto simile a quello dello scorso anno. Lennon, cattolico nordirlandese ed ex capitano idolo dei tifosi, saprà fare meglio di Tony Mowbray, uno che per la verità al Parkhead ha fatto più danni della gramigna?
Nel frattempo le due protagoniste dell’Old Firm stanno discutendo insieme alle altre 10 compagini della Scottish Premier League come introdurre delle riforme in grado di rivitalizzare un campionato sempre meno avvincente. Problema annoso, quello del format, tanto che in Scozia spesso si è data una belle rimischiata alle varie divisioni. A non piacere attualmente è la spaccatura tra le prime sei e le ultime sei dopo i primi tre gironi del campionato. In questo modo le “piccole” giocano tra loro nel quarto girone e perdono un incasso con Celtic e Rangers. Ma il sistema non fa impazzire troppo nemmeno a Sky e ESPN, detentrici dei diritti televisivi fino al 2014, accorse al capezzale del football scozzese dopo il fallimento della Setanta Sport. Si parla di una SPL1 e di una SPL2 entrambe a dieci squadre, di un unica lega a 16 team e dei play off a fine campionato, con quest’ultima soluzione che è di gradimento a molti. Entro qualche mese si dovrebbe sapere l’esito della consultazione in atto. Certo, per dare un po’ di entusiasmo a un ambiente già abbastanza depresso non sarebbe male se la nazionale guidata da Craig Levein riuscisse a centrare qualche buon risultato. Ma anche su quel fronte – vedi lo 0-3 rimediato di recente in Svezia – non c’è molto da essere ottimisti…
La crisi è tecnica – non si vedono all’orizzonte i nuovi Kenny Dalglish e Graeme Souness – ma anche finanziaria. I Rangers, vincitori un po’ a sorpresa delle ultime due edizioni del campionato, sono oberati dai debiti e rimpiangono i radiosi anni Novanta, quando Gazza Gascoigne faceva impazzire il pubblico di Ibrox con le sue giocate e le sue mattane. Le casse dei Celtic stanno decisamente meglio, soprattutto dopo aver venduto Aiden McGeady allo Spartak Mosca per oltre 12 milioni di euro, però sul campo le cose vanno lo stesso piuttosto male. Chissà se la girandola di giocatori ceduti e acquistati potrà risollevare le sorti dei biancoverdi, deboli soprattutto in difesa. Come visto, l’inizio di stagione a livello europeo è stato tragico e del tutto simile a quello dello scorso anno. Lennon, cattolico nordirlandese ed ex capitano idolo dei tifosi, saprà fare meglio di Tony Mowbray, uno che per la verità al Parkhead ha fatto più danni della gramigna?
Nel frattempo le due protagoniste dell’Old Firm stanno discutendo insieme alle altre 10 compagini della Scottish Premier League come introdurre delle riforme in grado di rivitalizzare un campionato sempre meno avvincente. Problema annoso, quello del format, tanto che in Scozia spesso si è data una belle rimischiata alle varie divisioni. A non piacere attualmente è la spaccatura tra le prime sei e le ultime sei dopo i primi tre gironi del campionato. In questo modo le “piccole” giocano tra loro nel quarto girone e perdono un incasso con Celtic e Rangers. Ma il sistema non fa impazzire troppo nemmeno a Sky e ESPN, detentrici dei diritti televisivi fino al 2014, accorse al capezzale del football scozzese dopo il fallimento della Setanta Sport. Si parla di una SPL1 e di una SPL2 entrambe a dieci squadre, di un unica lega a 16 team e dei play off a fine campionato, con quest’ultima soluzione che è di gradimento a molti. Entro qualche mese si dovrebbe sapere l’esito della consultazione in atto. Certo, per dare un po’ di entusiasmo a un ambiente già abbastanza depresso non sarebbe male se la nazionale guidata da Craig Levein riuscisse a centrare qualche buon risultato. Ma anche su quel fronte – vedi lo 0-3 rimediato di recente in Svezia – non c’è molto da essere ottimisti…
martedì 24 agosto 2010
Lisbona e il lungo addio di Bicicletta
Bell'articolo sul calcio che fu, anche se non si parla solo di calcio britannico.
La foto è datata Lisbona 25 maggio 1967, scattata verosimilmente con lo zoom da fondo campo: al fischio finale, i giocatori con la maglia a strisce orizzontali e i numeri sui pantaloncini alzano le braccia in un giubilo composto, i nerazzurri invece guardano a terra: a sinistra, sconsolato e di spalle, colui che ha il numero 10 e dovrebbe essere Luisito Suarez in realtà è il biondo Mauro Bicicli che lo ha sostituito, pari al conterraneo cremonese Renato Cappellini, non lontano da lui, che invece ha giocato al posto di Jair. La foto, che rinvia mestamente al tramonto della Grande Inter nel momento in cui sancisce il trionfo dei biancoverdi del Celtic Glasgow battezzati all'istante Lisbon Lions, Leoni di Lisbona, è a pagina 60 dell'agile e utile storia del club più cattolico d'Europa, scritta a quattro mani da Luca Manes e Max Troiani , Celtic forever. You'll never walk alone (Bradipolibri, pp. 124, 14 euro) con una bella prefazione di Roberto Beccantini. Così, quel pomeriggio di luce dilagante che resta nel ricordo insieme con l'apoteosi dei ragazzi di Jock Stein (una sequenza di nomi ormai leggendari, quali Gemmell, Chalmers, Auld, Lennox e la minuscola ala destra Jimmy Johnstone detto la Pulce Volante) sottotraccia è il passo d'addio di un buon giocatore che a lungo ha onorato il calcio senza averne, dopo tutto, il debito riconoscimento. Bicicli non è un campione, tanto meno un fuoriclasse, ma incarna tuttavia il profilo del calciatore serio, affidabile, generoso. Vale a dire il giocatore, ora come allora, che permette ai campioni di rifulgere in quanto tali e a una squadra che sia grande sulla carta di esserlo anche sul campo.
Nato a Crema nel 1935, detto Bicicletta per la rapidità del gioco, Mauro Bicicli esordisce a vent'anni nell'Inter dove resta per nove stagioni, cadenzate da prestiti a Parma, Catania e Genoa, prima di passare al Vicenza e poi chiudere vicino a casa sua, al Brescia, nel '69. E' un'ala vecchio stile, portata a scattare verso il fondo e a chiudere i triangoli con un cross in area di rigore. Infaticabile, dispone di un buon tiro di destro ma segna relativamente poco, più per l'innato altruismo che per carenza tecnica: oltretutto il Mago lo impiega volentieri da mediano, a stantuffo sulla fascia, ciò che anticipa di fatto l'odierna posizione per cui l'esterno è un calciatore universale che riassume le caratteristiche sia del terzino sia dell'ala tradizionale. Insomma, ricordano i tecnici, Bicicli è un Angelo Di Livio ante litteram, di pochi gol ma taluni memorabili.
In una sua memoria, nota lo scrittore lodigiano Andrea Maietti: «Domenica 27 novembre del 1960. Era il primo anno del Mago. L'Inter aveva esordito sotterrando l'Atalanta a Bergamo per 5 a 1. A Herrera potevamo persino perdonare la sempre più palese intenzione di estromettere dalla formazione titolare Valentin Angelillo, distratto dal mal d'amore. Quella domenica a San Siro era ospite la Sampdoria. Pa' Pino era appena tornato da una battuta di caccia. Dal carniere vuoto occhieggiava la penna iridata di un fagiano tenebroso. Pa' aveva disertato per l'Inter la festa all'osteria. Al principio della ripresa l'aletta Bicicli segnò il 2 a 0: L'è brau. E' di Crema, uno dei nostri... commentò Pa', con compiaciuto sorriso». In effetti il gol è stupendo, uno slalom degno dei fuoriclasse che Bicicli ammira ed è costretto più volte a marcare da avversario, Schiaffino, Sivori, infine lo stesso Mario Corso: scappa in contropiede sulla destra, va in assolo, dribbla un paio di avversari, mette letteralmente a sedere il portiere in uscita, poi entra in porta con la palla e tutto. Dichiarerà, in una delle ultime interviste (a Livio Pedrini La Provincia, 31 gennaio 2001): «Ne facevo pochi di gol, ero laterale destro ma stavo sulla difensiva. Ne ricordo uno a San Siro, ho dribblato anche il portiere della Sampdoria, Ugo Rosin, e persino Herrera mi ha fatto i complimenti. Ma non dimenticherò mai quelli fatti ai mitici Jascin e Gilmar nelle amichevoli con Urss e Brasile».
Sono lampi improvvisi o precarie intermittenze di un atleta che ha avuto fortuna relativa pure da allenatore (Brescia, Ospitaletto, Fanfulla, Legnano) prima di spegnersi nella sua città, a soli sessantasei anni, il 22 agosto 2001, del male che si è portato via in successione tanti vecchi compagni, da Armando Picchi e Carlo Tagnin a Giacinto Facchetti. Anche a Lisbona, gli è andata come non avrebbe immaginato. Nel pieno sole, l'Inter gioca meno di un quarto d'ora, va in vantaggio con Mazzola su rigore poi si chiude nel consueto e perfetto riserbo, in attesa di colpire in contropiede. Ma la squadra è decotta, regge poco più di un tempo, perché nel secondo la veemenza offensiva del Celtic attinge il furore; di quel momento topico, scrivono Manes e Troiani: «A metà frazione Craig si fa perdonare la sciocchezza che ha provocato il penalty. Dopo aver ricevuta la palla da Murdoch, la smista subito a Gemmell, posizionato poco fuori della linea che delimita l'area di rigore. L'assist è perfetto. Il difensore degli Hoops e della nazionale scozzese scocca un tiro al volo di rara bellezza che si insacca alla destra dell'incolpevole Sarti. (...) A cinque minuti dal termine delle ostilità Murdoch spara un tiraccio in diagonale dal vertice sinistro dell'area di rigore, Chalmers si trova sulla traiettoria, a pochi metri dalla porta di Sarti, e non deve far altro che sfiorare la palla per segnare uno dei gol più facili della sua carriera».
Qui anche la partita di Bicicli va in malora. Non più giovanissimo, Herrera non soltanto gli ha dato la maglia del grande Suarez ma ha preteso navigasse nell'invaso che Gianni Brera (trasecolato, lì a Lisbona, in uno scranno dello Stadio Nazionale) ama definire il «Mare Magno del centrocampo». Impietosi, i residui filmati su internet lo mostrano fuori dal gioco come tutti i colleghi di reparto, in affanno perpetuo dietro a Johnstone, Wallace e Auld. Chiude, recupera, si prodiga, segue lo scarso fraseggio dei compagni per quel tanto che può ma gli toccano appena due o tre lanci e un tiro da fuori senza conseguenze per il portiere Simpson. Questo è dunque il suo lungo addio, quasi un congedo in effigie che riassume in allegoria il decorso di una vita che all'inizio parve promettere molto ma infine fu gelidamente avara con Mauro Bicicli da Crema, il calciatore detto Bicicletta.
Massimo Raffaeli, Manifesto del 22 agosto 2010
La foto è datata Lisbona 25 maggio 1967, scattata verosimilmente con lo zoom da fondo campo: al fischio finale, i giocatori con la maglia a strisce orizzontali e i numeri sui pantaloncini alzano le braccia in un giubilo composto, i nerazzurri invece guardano a terra: a sinistra, sconsolato e di spalle, colui che ha il numero 10 e dovrebbe essere Luisito Suarez in realtà è il biondo Mauro Bicicli che lo ha sostituito, pari al conterraneo cremonese Renato Cappellini, non lontano da lui, che invece ha giocato al posto di Jair. La foto, che rinvia mestamente al tramonto della Grande Inter nel momento in cui sancisce il trionfo dei biancoverdi del Celtic Glasgow battezzati all'istante Lisbon Lions, Leoni di Lisbona, è a pagina 60 dell'agile e utile storia del club più cattolico d'Europa, scritta a quattro mani da Luca Manes e Max Troiani , Celtic forever. You'll never walk alone (Bradipolibri, pp. 124, 14 euro) con una bella prefazione di Roberto Beccantini. Così, quel pomeriggio di luce dilagante che resta nel ricordo insieme con l'apoteosi dei ragazzi di Jock Stein (una sequenza di nomi ormai leggendari, quali Gemmell, Chalmers, Auld, Lennox e la minuscola ala destra Jimmy Johnstone detto la Pulce Volante) sottotraccia è il passo d'addio di un buon giocatore che a lungo ha onorato il calcio senza averne, dopo tutto, il debito riconoscimento. Bicicli non è un campione, tanto meno un fuoriclasse, ma incarna tuttavia il profilo del calciatore serio, affidabile, generoso. Vale a dire il giocatore, ora come allora, che permette ai campioni di rifulgere in quanto tali e a una squadra che sia grande sulla carta di esserlo anche sul campo.
Nato a Crema nel 1935, detto Bicicletta per la rapidità del gioco, Mauro Bicicli esordisce a vent'anni nell'Inter dove resta per nove stagioni, cadenzate da prestiti a Parma, Catania e Genoa, prima di passare al Vicenza e poi chiudere vicino a casa sua, al Brescia, nel '69. E' un'ala vecchio stile, portata a scattare verso il fondo e a chiudere i triangoli con un cross in area di rigore. Infaticabile, dispone di un buon tiro di destro ma segna relativamente poco, più per l'innato altruismo che per carenza tecnica: oltretutto il Mago lo impiega volentieri da mediano, a stantuffo sulla fascia, ciò che anticipa di fatto l'odierna posizione per cui l'esterno è un calciatore universale che riassume le caratteristiche sia del terzino sia dell'ala tradizionale. Insomma, ricordano i tecnici, Bicicli è un Angelo Di Livio ante litteram, di pochi gol ma taluni memorabili.
In una sua memoria, nota lo scrittore lodigiano Andrea Maietti: «Domenica 27 novembre del 1960. Era il primo anno del Mago. L'Inter aveva esordito sotterrando l'Atalanta a Bergamo per 5 a 1. A Herrera potevamo persino perdonare la sempre più palese intenzione di estromettere dalla formazione titolare Valentin Angelillo, distratto dal mal d'amore. Quella domenica a San Siro era ospite la Sampdoria. Pa' Pino era appena tornato da una battuta di caccia. Dal carniere vuoto occhieggiava la penna iridata di un fagiano tenebroso. Pa' aveva disertato per l'Inter la festa all'osteria. Al principio della ripresa l'aletta Bicicli segnò il 2 a 0: L'è brau. E' di Crema, uno dei nostri... commentò Pa', con compiaciuto sorriso». In effetti il gol è stupendo, uno slalom degno dei fuoriclasse che Bicicli ammira ed è costretto più volte a marcare da avversario, Schiaffino, Sivori, infine lo stesso Mario Corso: scappa in contropiede sulla destra, va in assolo, dribbla un paio di avversari, mette letteralmente a sedere il portiere in uscita, poi entra in porta con la palla e tutto. Dichiarerà, in una delle ultime interviste (a Livio Pedrini La Provincia, 31 gennaio 2001): «Ne facevo pochi di gol, ero laterale destro ma stavo sulla difensiva. Ne ricordo uno a San Siro, ho dribblato anche il portiere della Sampdoria, Ugo Rosin, e persino Herrera mi ha fatto i complimenti. Ma non dimenticherò mai quelli fatti ai mitici Jascin e Gilmar nelle amichevoli con Urss e Brasile».
Sono lampi improvvisi o precarie intermittenze di un atleta che ha avuto fortuna relativa pure da allenatore (Brescia, Ospitaletto, Fanfulla, Legnano) prima di spegnersi nella sua città, a soli sessantasei anni, il 22 agosto 2001, del male che si è portato via in successione tanti vecchi compagni, da Armando Picchi e Carlo Tagnin a Giacinto Facchetti. Anche a Lisbona, gli è andata come non avrebbe immaginato. Nel pieno sole, l'Inter gioca meno di un quarto d'ora, va in vantaggio con Mazzola su rigore poi si chiude nel consueto e perfetto riserbo, in attesa di colpire in contropiede. Ma la squadra è decotta, regge poco più di un tempo, perché nel secondo la veemenza offensiva del Celtic attinge il furore; di quel momento topico, scrivono Manes e Troiani: «A metà frazione Craig si fa perdonare la sciocchezza che ha provocato il penalty. Dopo aver ricevuta la palla da Murdoch, la smista subito a Gemmell, posizionato poco fuori della linea che delimita l'area di rigore. L'assist è perfetto. Il difensore degli Hoops e della nazionale scozzese scocca un tiro al volo di rara bellezza che si insacca alla destra dell'incolpevole Sarti. (...) A cinque minuti dal termine delle ostilità Murdoch spara un tiraccio in diagonale dal vertice sinistro dell'area di rigore, Chalmers si trova sulla traiettoria, a pochi metri dalla porta di Sarti, e non deve far altro che sfiorare la palla per segnare uno dei gol più facili della sua carriera».
Qui anche la partita di Bicicli va in malora. Non più giovanissimo, Herrera non soltanto gli ha dato la maglia del grande Suarez ma ha preteso navigasse nell'invaso che Gianni Brera (trasecolato, lì a Lisbona, in uno scranno dello Stadio Nazionale) ama definire il «Mare Magno del centrocampo». Impietosi, i residui filmati su internet lo mostrano fuori dal gioco come tutti i colleghi di reparto, in affanno perpetuo dietro a Johnstone, Wallace e Auld. Chiude, recupera, si prodiga, segue lo scarso fraseggio dei compagni per quel tanto che può ma gli toccano appena due o tre lanci e un tiro da fuori senza conseguenze per il portiere Simpson. Questo è dunque il suo lungo addio, quasi un congedo in effigie che riassume in allegoria il decorso di una vita che all'inizio parve promettere molto ma infine fu gelidamente avara con Mauro Bicicli da Crema, il calciatore detto Bicicletta.
Massimo Raffaeli, Manifesto del 22 agosto 2010
lunedì 23 agosto 2010
Nella giornata delle goleade il Chelsea rimane già solo
Tre 6-0 nella stessa giornata non si erano mai visti in Premier. Frutto di un divario crescente tra le grandi e le piccole? La scontata conseguenza di una vera e propria fossa delle Marianne tra chi ha tanti campioni e chi solo qualche onesto lavoratore del pallone? Che Chelsea e Arsenal siano nettamente più forti delle loro povere vittime dello scorso sabato, Wigan e Blackpool, è evidente agli occhi di tutti. Proprio i Latics ne beccarono addirittura otto nella gara che laureò i Blues campioni d’Inghilterra 2009-10, per cui non deve stupire che questa volta Kirkland e compagni abbiano subito “solo” sei reti. Eppure proprio il Wigan fu capace di battere per 2-1 la compagine allenata da Carlo Ancelotti nella prima parte dello scorso campionato, così come va detto che nell’ultima campagna le grandi hanno perso più partite e punti (anche contro le cosiddette piccole) di quanto capitato negli anni precedenti. Basta pensare che il neopromosso Newcastle dello scatenato centravanti Andy Carroll ha giocato a tennis con una squadra che disputa l’Europa League come l’Aston Villa e aver dato un’occhiata all’ottima prova del Fulham contro il Manchester United nel posticipo domenicale per rendersi conto che forse il discorso dell’eccessivo squilibrio del campionato non è corretto al cento per cento. I Cottagers vengono da un dodicesimo posto nella passata stagione, ma nei due ultimi scontri diretti al Craven Cottage avevano sempre sonoramente battuto i Red Devils. Certo, se non fosse stato per il rigore sciupato da Nani e un calo di concentrazione nei secondi finali, ora lo United sarebbe a pari punti con la capolista Chelsea.
Gli uomini copertina delle due rivali del Nuovo Millennio sono Paul Scholes da una parte e i francesi Malouda & Anelka dall’altra. Al primo non devono aver fatto né caldo né freddo le dichiarazioni di Arsene Wenger, che in settimana lo aveva definito un “ottimo giocatore, ma non proprio corretto”, sui secondi, soprattutto sul plurisqualificato numero 39 dei Blues, non hanno pesato troppo i fastidiosi strascichi del Mondiale.
A proposito di francesi (almeno di nascita), ha faticato non poco ma poi è riuscito a segnare il suo primo gol inglese anche Marouane Chamakh, il centravanti classico (e bravo di testa) che Wenger non aveva praticamente mai avuto nei suoi primi tre lustri a Londra Nord. Ad affossare il povero Blackpool ci ha però pensato un Theo Walcott in forma strepitosa e autore della prima tripletta in maglia biancorossa. L’ultima volta che i Seasiders avevano incontrato l’Arsenal in campionato fu nel marzo del 1971. Si giocava ancora a Highbury e i Gunners di Charlie George e Franck McLintock si imposero per 1-0, finendo per vincere il loro primo, storico, double. Che sia di buon auspicio?
Niente esordio di Super Mario al City of Manchester, dove i Light Blues schiantano il Liverpool del transfuga Javier Mascherano. Se da una parte la fase offensiva dei ragazzi di Roberto Mancini manca ancora di un pizzico di fluidità (ma tre gol non sono pochi…), quella difensiva è già ai limiti della perfezione. Joe Hart si conferma in stato di grazia, mentre il nuovo arrivato James Milner giustifica gli oltre 25 milioni di euro spesi per garantirsi le sue prestazioni con una gara efficacissima. Il Liverpool perde a Eastlands dopo cinque anni e non può far altro che sperare che Fernando Torres ritorni presto in forma. Cinque punti di distacco dalla vetta sono già tantissimi, ma forse è meglio preoccuparsi della corsa al quarto posto.
Ultima menzione per il gol più bello e quello più fortunoso della giornata. Li ha realizzati entrambi Gareth Bale nell’importante vittoria del suo Tottenham sull’ostico campo dello Stoke. Viste le sue prestazioni nel 2010, il gallese è sulla rampa di lancio per diventare una stella di valore mondiale.
Gli uomini copertina delle due rivali del Nuovo Millennio sono Paul Scholes da una parte e i francesi Malouda & Anelka dall’altra. Al primo non devono aver fatto né caldo né freddo le dichiarazioni di Arsene Wenger, che in settimana lo aveva definito un “ottimo giocatore, ma non proprio corretto”, sui secondi, soprattutto sul plurisqualificato numero 39 dei Blues, non hanno pesato troppo i fastidiosi strascichi del Mondiale.
A proposito di francesi (almeno di nascita), ha faticato non poco ma poi è riuscito a segnare il suo primo gol inglese anche Marouane Chamakh, il centravanti classico (e bravo di testa) che Wenger non aveva praticamente mai avuto nei suoi primi tre lustri a Londra Nord. Ad affossare il povero Blackpool ci ha però pensato un Theo Walcott in forma strepitosa e autore della prima tripletta in maglia biancorossa. L’ultima volta che i Seasiders avevano incontrato l’Arsenal in campionato fu nel marzo del 1971. Si giocava ancora a Highbury e i Gunners di Charlie George e Franck McLintock si imposero per 1-0, finendo per vincere il loro primo, storico, double. Che sia di buon auspicio?
Niente esordio di Super Mario al City of Manchester, dove i Light Blues schiantano il Liverpool del transfuga Javier Mascherano. Se da una parte la fase offensiva dei ragazzi di Roberto Mancini manca ancora di un pizzico di fluidità (ma tre gol non sono pochi…), quella difensiva è già ai limiti della perfezione. Joe Hart si conferma in stato di grazia, mentre il nuovo arrivato James Milner giustifica gli oltre 25 milioni di euro spesi per garantirsi le sue prestazioni con una gara efficacissima. Il Liverpool perde a Eastlands dopo cinque anni e non può far altro che sperare che Fernando Torres ritorni presto in forma. Cinque punti di distacco dalla vetta sono già tantissimi, ma forse è meglio preoccuparsi della corsa al quarto posto.
Ultima menzione per il gol più bello e quello più fortunoso della giornata. Li ha realizzati entrambi Gareth Bale nell’importante vittoria del suo Tottenham sull’ostico campo dello Stoke. Viste le sue prestazioni nel 2010, il gallese è sulla rampa di lancio per diventare una stella di valore mondiale.
giovedì 19 agosto 2010
Maglie varicellose
La scorsa serata, guardando l'orribile maglia del Werder Brema, mi è rivenuto alla mente l'altrettanto terribile completo indossato dal Norwich City all'inizio degli anni Novanta. Cliccare sul titolo del post per credere.
lunedì 16 agosto 2010
Le riflessioni sulla prima di Premier scritte per Goal.com
In una prima giornata di Premier ricca di spunti, per una volta a fare notizia non sono (solo) le solite note, ma una delle neopromosse meno considerate dell’ultimo decennio: il Blackpool. I Seasiders hanno festeggiato il loro ritorno nella massima divisione inglese dopo 39 anni di assenza (nel 1970-71 chiusero ultimi con sole 4 vittorie in 42 partite) umiliando il Wigan a domicilio. In evidenza con una doppietta Marlon Harewood, uno degli ultimi arrivati di una campagna acquisti vivacizzatasi solo nell’ultima settimana. L’ex Villa e West Ham non è di quelli dotati di una tecnica sopraffina, ma potrebbe dare maggior peso all’attacco della squadra di Ian Holloway, il manager “mattacchione” che continua a vivere un sogno meraviglioso. È vero, il Wigan l’anno scorso ne ha beccati otto dal Chelsea e nove dal Tottenham ed è tra le compagini a rischio retrocessione anche quest’anno, così come il ricordo del fuoco di paglia del Burnley è fin troppo vivo nella memoria di tutti gli appassionati del Beautiful Game, però non rammentatelo ai tifosi del Blackpool, che adesso si godono un’effimera vetta in Premier e l’ultima posizione degli odiati rivali del Preston in Championship.
A proposito di goleade, i campioni del Chelsea inanellano la nona vittoria consecutiva nelle gare d’esordio in campionato “scherzando” con il West Bromwich Albion. Il derby tra Carlo Ancelotti e Roberto Di Matteo (uno che in campo ha fatto la storia dei Blues) dura una manciata di minuti, finché Scott Carson combina il primo dei suoi errori di giornata e Florent Malouda apre le danze. I migliori in campo finiscono per essere Didier Drogba (tripletta per lui) e Frankie Lampard, ovvero due che, viste le condizioni fisiche non ottimali, erano stati in dubbio fino all’immediata vigilia. Insomma, la ricomparsa dei Baggies in Premier è stato quanto mai traumatico…
Dopo aver imperversato per tutta l’estate con le sue costose operazioni di mercato, il Manchester City “buca” la prima al White Hart Lane, rivincita della sfida decisiva per il quarto posto vinta dagli Spurs lo scorso aprile. I Light Blues sono un cantiere aperto, con le voci arrivi e partenze ancora da completare, però hanno giocato proprio male, specialmente il primo tempo. Se Roberto Mancini volesse vedere il bicchiere mezzo pieno, potrebbe consolarsi con il punto rimediato in trasferta contro una diretta concorrente per le parti alti della classifica e una delle bestie nere del City (undici le sconfitte rimediate nelle ultime dodici partite contro il Tottenham) e con l’ottima prestazione di Joe Hart. Il nuovo numero uno dei Tre Leoni – ma che delitto avergli preferito Robert Green contro gli Usa ai Mondiali – sembra aver definitivamente soffiato il posto a Shay Given, che alcune voci vorrebbero in partenza con destinazione Arsenal.
Rimanendo in argomento portieri, le papere più eclatanti del week end le combinano i due estremi difensori delle squadre di Liverpool, Tim Howard e Pepe Reina. Lo spagnolo campione del mondo compie una doppia frittata sull’unica azione degna di nota del neoacquisto dell’Arsenal Marouane Chamakh (da rivedere) e nega in extremis i tre punti nella prima di Roy Hodgson alla guida dei Reds. Il Liverpool ha già acquisito lo spirito combattivo del suo tecnico, come ha dimostrato il livello di gioco espresso nonostante l’inferiorità numerica patita per tutto il secondo tempo a causa della prima espulsione in carriera di Joe Cole (che incubo, il suo esordio ad Anfield Road!). Nel complesso sono piaciuti più i padroni di casa dei Gunners che, con tutte le attenuanti delle assenze pesanti di Cesc Fabregas e Robin Van Persie – entrato solo nel finale – conservano alcuni difettucci delle passate stagioni e devono ancora migliorare tanto in difesa. Lo scoppiettante 6-1 della prima dello scorso anno sempre a Liverpool – ma al Goodison Park – appare per il momento un lontano ricordo.
Nel Monday Night il Manchester United conferma quanto di buono fatto vedere nel Community Shield contro il Chelsea. All’Old Trafford, dove non vince dal 1969, il Newcastle mette in mostra solo tanta buona volontà ma nulla può contro la forza e la tecnica dei Red Devils. Ma al Theatre of Dreams a fare notizia è la prova tutta grinta e determinazione di Dimitar Berbatov. In attesa del miglior Rooney, Alex Ferguson sembra poter finalmente contare sul “desaparecido” bulgaro.
A proposito di goleade, i campioni del Chelsea inanellano la nona vittoria consecutiva nelle gare d’esordio in campionato “scherzando” con il West Bromwich Albion. Il derby tra Carlo Ancelotti e Roberto Di Matteo (uno che in campo ha fatto la storia dei Blues) dura una manciata di minuti, finché Scott Carson combina il primo dei suoi errori di giornata e Florent Malouda apre le danze. I migliori in campo finiscono per essere Didier Drogba (tripletta per lui) e Frankie Lampard, ovvero due che, viste le condizioni fisiche non ottimali, erano stati in dubbio fino all’immediata vigilia. Insomma, la ricomparsa dei Baggies in Premier è stato quanto mai traumatico…
Dopo aver imperversato per tutta l’estate con le sue costose operazioni di mercato, il Manchester City “buca” la prima al White Hart Lane, rivincita della sfida decisiva per il quarto posto vinta dagli Spurs lo scorso aprile. I Light Blues sono un cantiere aperto, con le voci arrivi e partenze ancora da completare, però hanno giocato proprio male, specialmente il primo tempo. Se Roberto Mancini volesse vedere il bicchiere mezzo pieno, potrebbe consolarsi con il punto rimediato in trasferta contro una diretta concorrente per le parti alti della classifica e una delle bestie nere del City (undici le sconfitte rimediate nelle ultime dodici partite contro il Tottenham) e con l’ottima prestazione di Joe Hart. Il nuovo numero uno dei Tre Leoni – ma che delitto avergli preferito Robert Green contro gli Usa ai Mondiali – sembra aver definitivamente soffiato il posto a Shay Given, che alcune voci vorrebbero in partenza con destinazione Arsenal.
Rimanendo in argomento portieri, le papere più eclatanti del week end le combinano i due estremi difensori delle squadre di Liverpool, Tim Howard e Pepe Reina. Lo spagnolo campione del mondo compie una doppia frittata sull’unica azione degna di nota del neoacquisto dell’Arsenal Marouane Chamakh (da rivedere) e nega in extremis i tre punti nella prima di Roy Hodgson alla guida dei Reds. Il Liverpool ha già acquisito lo spirito combattivo del suo tecnico, come ha dimostrato il livello di gioco espresso nonostante l’inferiorità numerica patita per tutto il secondo tempo a causa della prima espulsione in carriera di Joe Cole (che incubo, il suo esordio ad Anfield Road!). Nel complesso sono piaciuti più i padroni di casa dei Gunners che, con tutte le attenuanti delle assenze pesanti di Cesc Fabregas e Robin Van Persie – entrato solo nel finale – conservano alcuni difettucci delle passate stagioni e devono ancora migliorare tanto in difesa. Lo scoppiettante 6-1 della prima dello scorso anno sempre a Liverpool – ma al Goodison Park – appare per il momento un lontano ricordo.
Nel Monday Night il Manchester United conferma quanto di buono fatto vedere nel Community Shield contro il Chelsea. All’Old Trafford, dove non vince dal 1969, il Newcastle mette in mostra solo tanta buona volontà ma nulla può contro la forza e la tecnica dei Red Devils. Ma al Theatre of Dreams a fare notizia è la prova tutta grinta e determinazione di Dimitar Berbatov. In attesa del miglior Rooney, Alex Ferguson sembra poter finalmente contare sul “desaparecido” bulgaro.
venerdì 13 agosto 2010
Giusto non giocare
A inizio stagione due rinvii nella stessa giornata sono una cosa alquanto singolare. Purtroppo in questo caso sono entrambi motivati da un evento luttuoso. Sabato MK Dons vs Southampton non si disputerà per l’improvvisa morte del proprietario dei Saints, Markus Liebherr. Dag & Red vs Exeter è stata rinviata perché in settimana si è spento il trentunenne attaccante Adam Stansfield, da tempo malato di cancro. Per la League One è stata proprio una settimana all’insegna della tristezza, di quelle da dimenticare al più presto possibile.
giovedì 12 agosto 2010
Parafrasando Churchill
Un cartello apparso ieri in tribuna a Wembley in occasione di Inghilterra vs Ungheria recava la seguente scritta: "Never so few have given so little for so many". Ogni riferimento all'esito dei recenti Mondiali era ovviamente voluto. Per la cronaca, la famosa frase di Winston Churchill, detta a proposito della Battaglia d'Inghilterra, recitava "Never in the field of human conflict was so much owed by so many to so few".
mercoledì 11 agosto 2010
Capovolgimento niente male
I primi turni delle coppe di solito regalano tanti risultati a sorpresa. Il 4-3 che lo Shrewsbury Town ha inflitto ieri sera al Charlton Athletic spicca per la dinamica del risultato, più che per la vittoria in sé della compagine dello Shropshire (c’è una sola categoria di differenza). I Latics, infatti, vincevano 3-0 dopo poco più di mezz’ora di gioco. Al 76° avevano già subito il 4-3 finale…
martedì 10 agosto 2010
Premier League (quasi) al via
L’incubo del mondiale sudafricano sta ancora infestando i sogni di tanti inglesi e di almeno un italiano (Fabio Capello da Pieris), che già è arrivato il momento di ricominciare a giocare. La Premier League si presenta ai nastri di partenza con molte certezze in meno rispetto al passato, vuoi per il mezzo fallimento nelle coppe europee del 2009-10, vuoi per le scialbe prestazioni dei vari Rooney, Gerrard e Lampard nella recente competizione iridata. E ancora per il pesante fardello di debiti che le principali squadre inglesi si portano sul groppone, un po’ lo specchio del papocchio finanziario che da anni affligge il Regno Unito. Di recente l’agenzia di consulenza A.T. Kearney ha quantificato in meno 5 per cento il tasso di redditività del massimo campionato inglese. In pratica per ogni 100 sterline investite se ne perdono cinque. Insomma, la Premier potrebbe non essere più una miniera d’oro come negli anni passati, sebbene le presenze allo stadio siano ancora cospicue e i contratti televisivi e con gli sponsor di assoluta rilevanza economica.
La sensazione che si stia vivendo una sorta di riflusso, se non proprio una crisi, è però palpabile. Eppure gli investitori stranieri continuano a fare la fila pur di accaparrarsi un club della massima divisione inglese. Dopo arabi e americani, ora è il turno delle economie emergenti, in primis Cina e India. Il fondo sovrano dell’ex Impero di Mezzo – quindi il governo di Pechino – è sul punto di spendere 400 milioni di euro per mettere le mani sul Liverpool. Ad Anfield Road subentrerebbe all’odiato duo di milionari americani Gillett & Hicks, che ai Reds hanno accollato solo tanti debiti – ma che dalla vendita della società non guadagneranno nessun utile. La nuova proprietà ha già promesso che costruirà il nuovo stadio – il cui progetto è stato messo in naftalina da un paio d’anni – e che rafforzerà la squadra. Per rientrare delle spese e garantirsi degli utili sia a livello economico che “politico”, si proverà a vendere il marchio Liverpool nell’immenso mercato cinese. Tutt’altro che una brutta idea. Roy Hodgson, successore del non troppo rimpianto Rafa Benitez, può guardare con fiducia al futuro. Intanto si accontenta dell’acquisto di Joe Cole, del mattacchione serbo Milan Jovanovic e di qualche promettente giocatore britannico, oltre che dell’inaspettata permanenza nella Merseyside del Nino Torres – evidentemente convinto a rimanere dopo gli ultimi sviluppi societari. Basterà per rivincere un titolo di campione d’Inghilterra che manca da giusto 20 anni? Chissà, forse sì, se Alberto Aquilani tornerà a giocare ai suoi livelli e Javier Mascherano e Dirk Kuyt non si trasferiranno all’Inter.
Sempre nel Lancashire, ma nella meno fascinosa Blackburn, potrebbe materializzarsi il riccone indiano Ahasan Ali Syed. Un altro segno dei tempi, per una Premier che ha già la metà dei presidenti stranieri.
A proposito di proprietà d’oltre Manica, i più scatenati sono gli arabi del Manchester City. Un centinaio di milioni di euro spesi per Yayà Touré, David Silva, Jerome Boateng e Aleksandar Kolarov non sembrano bastare, se ne sborseranno presto altri cinquanta per James Milner e Mario Balotelli, specialmente se l’ex interista abbasserà la sue folli pretese (si vocifera di una richiesta d’ingaggio di una decina di milioni l’anno, manco fosse Messi). Intanto il tecnico dell’Aston Villa Martin O’Neill si è dimesso proprio perché molto infastidito dalla ormai certa del giovane nazionale inglese (come suo successore i ben informati indicano Sven Goran Eriksson). Certo, poi Roberto Mancini dovrà iniziare a sfoltire una rosa affollatissima, con surplus che si chiamano Robinho o Craig Bellamy. Anche perché le nuove regole della Premier per il 2010-11 prevedono che il 1 settembre, data di chiusura del mercato estivo, le 20 squadre della massima divisione inglese abbiano l’obbligo di presentare un elenco di massimo 25 giocatori, otto dei quali devono aver giocato almeno tre stagioni in Inghilterra o in Galles prima del compimento del ventunesimo anno d’età. La lista varrà fino al 1 gennaio, quando si potrà inserire un numero illimitato di under 21. Una mini rivoluzione per cercare di agevolare la crescita dei giovani, non necessariamente indigeni però, visto che club come l’Arsenal i talenti in erba continuano a cercarli in giro per il mondo e a portarli in Inghilterra sulla soglia dei 15-16 anni, come fatto nel 2003 con Cesc Fabregas, (che dovrà aspettare ancora un anno prima di rivestire la maglia del Barcellona.
Tornando ai Light Blues del Mancio, fanno ormai parte di diritto del gruppo delle grandi che da quattro (le cosiddette Big Four) è passato a sei (ad Arsenal, Chelsea, Liverpool e Manchester United si sono ormai aggiunte proprio il City e il Tottenham). Un po’ di equilibrio e competizione in più non guasta, sebbene le due favorite d’obbligo rimangano Chelsea e Manchester United, le dominatrici assolute degli ultimi sei campionati. Sfumato Torres, Carlo Ancelotti potrà contare su un pizzico di fantasia in più a centrocampo grazie al neo-acquisto Ramires, che ai Mondiali Dunga relegava inspiegabilmente in panchina. Alex Ferguson si è regalato El Chicharito Hernandez, attaccante messicano ammirato anche in Sud Africa e che ha già brillato (e segnato) nel recente Community Shield vinto con merito dai Red Devils proprio sui Blues.
Per finire una curiosità: ben otto squadre della Premier (Arsenal, Birmingham, Everton, Fulham, Newcastle, Tottenham, West Bromwich, West Ham) hanno già vietato le vuvuzela all’interno dei loro impianti, mentre la neopromossa Blackpool sta addirittura incentivando l’utilizzo della pittoresca trombetta sugli spalti del piccolo Bloomfield Road. Tornato ai massimi livelli dopo 39 anni, il club che nel 1953 con i leggendari Stan Mortensen e Stanley Matthews vinse la più bella finale di Coppa d’Inghilterra di tutti i tempi (4-3 in rimonta sul Bolton) dovrà provarle tutte per evitare un probabile ritorno nel purgatorio della Championship. Il suo stravagante allenatore, Ian Holloway, ha addirittura chiesto ai suoi giocatori di passare il periodo estivo “dilettandosi con il Subbuteo”. Basterà?
La sensazione che si stia vivendo una sorta di riflusso, se non proprio una crisi, è però palpabile. Eppure gli investitori stranieri continuano a fare la fila pur di accaparrarsi un club della massima divisione inglese. Dopo arabi e americani, ora è il turno delle economie emergenti, in primis Cina e India. Il fondo sovrano dell’ex Impero di Mezzo – quindi il governo di Pechino – è sul punto di spendere 400 milioni di euro per mettere le mani sul Liverpool. Ad Anfield Road subentrerebbe all’odiato duo di milionari americani Gillett & Hicks, che ai Reds hanno accollato solo tanti debiti – ma che dalla vendita della società non guadagneranno nessun utile. La nuova proprietà ha già promesso che costruirà il nuovo stadio – il cui progetto è stato messo in naftalina da un paio d’anni – e che rafforzerà la squadra. Per rientrare delle spese e garantirsi degli utili sia a livello economico che “politico”, si proverà a vendere il marchio Liverpool nell’immenso mercato cinese. Tutt’altro che una brutta idea. Roy Hodgson, successore del non troppo rimpianto Rafa Benitez, può guardare con fiducia al futuro. Intanto si accontenta dell’acquisto di Joe Cole, del mattacchione serbo Milan Jovanovic e di qualche promettente giocatore britannico, oltre che dell’inaspettata permanenza nella Merseyside del Nino Torres – evidentemente convinto a rimanere dopo gli ultimi sviluppi societari. Basterà per rivincere un titolo di campione d’Inghilterra che manca da giusto 20 anni? Chissà, forse sì, se Alberto Aquilani tornerà a giocare ai suoi livelli e Javier Mascherano e Dirk Kuyt non si trasferiranno all’Inter.
Sempre nel Lancashire, ma nella meno fascinosa Blackburn, potrebbe materializzarsi il riccone indiano Ahasan Ali Syed. Un altro segno dei tempi, per una Premier che ha già la metà dei presidenti stranieri.
A proposito di proprietà d’oltre Manica, i più scatenati sono gli arabi del Manchester City. Un centinaio di milioni di euro spesi per Yayà Touré, David Silva, Jerome Boateng e Aleksandar Kolarov non sembrano bastare, se ne sborseranno presto altri cinquanta per James Milner e Mario Balotelli, specialmente se l’ex interista abbasserà la sue folli pretese (si vocifera di una richiesta d’ingaggio di una decina di milioni l’anno, manco fosse Messi). Intanto il tecnico dell’Aston Villa Martin O’Neill si è dimesso proprio perché molto infastidito dalla ormai certa del giovane nazionale inglese (come suo successore i ben informati indicano Sven Goran Eriksson). Certo, poi Roberto Mancini dovrà iniziare a sfoltire una rosa affollatissima, con surplus che si chiamano Robinho o Craig Bellamy. Anche perché le nuove regole della Premier per il 2010-11 prevedono che il 1 settembre, data di chiusura del mercato estivo, le 20 squadre della massima divisione inglese abbiano l’obbligo di presentare un elenco di massimo 25 giocatori, otto dei quali devono aver giocato almeno tre stagioni in Inghilterra o in Galles prima del compimento del ventunesimo anno d’età. La lista varrà fino al 1 gennaio, quando si potrà inserire un numero illimitato di under 21. Una mini rivoluzione per cercare di agevolare la crescita dei giovani, non necessariamente indigeni però, visto che club come l’Arsenal i talenti in erba continuano a cercarli in giro per il mondo e a portarli in Inghilterra sulla soglia dei 15-16 anni, come fatto nel 2003 con Cesc Fabregas, (che dovrà aspettare ancora un anno prima di rivestire la maglia del Barcellona.
Tornando ai Light Blues del Mancio, fanno ormai parte di diritto del gruppo delle grandi che da quattro (le cosiddette Big Four) è passato a sei (ad Arsenal, Chelsea, Liverpool e Manchester United si sono ormai aggiunte proprio il City e il Tottenham). Un po’ di equilibrio e competizione in più non guasta, sebbene le due favorite d’obbligo rimangano Chelsea e Manchester United, le dominatrici assolute degli ultimi sei campionati. Sfumato Torres, Carlo Ancelotti potrà contare su un pizzico di fantasia in più a centrocampo grazie al neo-acquisto Ramires, che ai Mondiali Dunga relegava inspiegabilmente in panchina. Alex Ferguson si è regalato El Chicharito Hernandez, attaccante messicano ammirato anche in Sud Africa e che ha già brillato (e segnato) nel recente Community Shield vinto con merito dai Red Devils proprio sui Blues.
Per finire una curiosità: ben otto squadre della Premier (Arsenal, Birmingham, Everton, Fulham, Newcastle, Tottenham, West Bromwich, West Ham) hanno già vietato le vuvuzela all’interno dei loro impianti, mentre la neopromossa Blackpool sta addirittura incentivando l’utilizzo della pittoresca trombetta sugli spalti del piccolo Bloomfield Road. Tornato ai massimi livelli dopo 39 anni, il club che nel 1953 con i leggendari Stan Mortensen e Stanley Matthews vinse la più bella finale di Coppa d’Inghilterra di tutti i tempi (4-3 in rimonta sul Bolton) dovrà provarle tutte per evitare un probabile ritorno nel purgatorio della Championship. Il suo stravagante allenatore, Ian Holloway, ha addirittura chiesto ai suoi giocatori di passare il periodo estivo “dilettandosi con il Subbuteo”. Basterà?
lunedì 9 agosto 2010
E’ proprio vero…
…ai Mondiali ci voleva Scholes, per cercare di mettere ordine a un centrocampo arruffone, senza capo né coda come quello dell’Inghilterra. Il rosso malpelo del Manchester United si è anche mezzo pentito di non aver preso parte alla spedizione sudafricana, ma tant’è. Nel frattempo ieri ha strameritato il premio di miglior giocatore della Community Shield, partita che ho visto solo in parte, lo ammetto, ma che mi è sembrata dominata in mezzo al campo del nostro eroe.
domenica 8 agosto 2010
Inizio di stagione con classicissima
Il Leeds ha celebrato il ritorno in Championship con una sfida dal sapore d’altri tempi. L’avversario era il Derby County, altra nobile decaduta del calcio inglese. Quasi pleonastico ricordare la storia del passaggio di Brian Clough dai Rams ai Whites e tutto quel che ne è seguito. Tanto si è scritto e detto in proposito – ne ha parlato anche Fever Pitch nella sua imperdibile monografia sul Leeds – ma tornando all’attualità val la pena rammentare che l’attuale allenatore del Derby è Nigel Clough. Ieri il figliolo del mitico Brian ha in qualche modo “vendicato” il babbo, strappando l’intera posta in palio all’Elland Road. Nella prima giornata di Championship va segnalato pure il pessimo esordio di David James nel Bristol Rovers, surclassato per 3-0 in casa dal neopromosso Millwall.
venerdì 6 agosto 2010
Non solo Cina
Che il fondo sovrano del governo di Pechino voglia comprare il Liverpool è ormai cosa arcinota. Intanto circolano voci sull’interessamento del magnate indiano Ahasan Ali Syed per il Blackburn e del probabile acquisto del 49 per cento delle azioni del Leicester City da parte di un consorzio thailandese. Insomma, il calcio inglese continua a essere un prodotto molto appetito, specialmente all’estero.
mercoledì 4 agosto 2010
Everton vs Everton
Tranquilli, non sono impazzito a causa della calura estiva – dove mi trovo tra l’altro oggi piove. La partita tra le due squadre con lo stesso nome si terrà realmente questa sera al Goodison Park. L’altro Everton è quello fondato in Cile, per la precisione a Valparaiso, nel 1909. Il “vero” Everton aveva appena terminato una tour in Sud America e, come già accaduto in altre occasioni, un gruppo di giovani anglo-cileni prese spunto dal nome dei Toffeemen per fondare un club calcistico (poi la sede della compagine fu spostata a Vina del Mar). E’ la prima volta che le due squadre si fronteggiano, sebbene sia quasi un decennio che si stia cercando questa amichevole, che in palio avrà la cosiddetta Coppa dell’Amicizia. In ricordo anche di Bert Freeman, il centrattacco dell’Everton inglese che in quel celebre giro per l’America Latina fece il fenomeno segnando 14 gol in sole cinque partite.
martedì 3 agosto 2010
Rosa ristretta
Il Portsmouth ha comunicato la lista ufficiale dei giocatori che disputeranno l’ormai molto prossimo campionato di Second Division (o Championship che dir si voglia). Per il momento la rosa ammonta a sole 14 unità. Dopo tutto quello che è successo la scorsa stagione, è già un miracolo che i Pompey non siano spariti del tutto. Certo, speriamo che qualcun altro innesto arrivi, considerando pure che Boateng non è detto rimanga e che gli stessi Nugent e Brown potrebbero trovare estimatori in giro per il Paese. Il rischio di fare la fine del Leeds di qualche tempo fa è fin troppo concreto…
lunedì 2 agosto 2010
I vecchietti terribili non si arrendono ancora
David James e Sol Campbell non ci pensano proprio ad appendere le scarpe al chiodo. Se a 40 anni il portiere giramondo scende di categoria per rafforzare le possibilità del Bristol City di acciuffare un posto nei play off di Championship, sulla soglia dei 36 anni il difensore bollato per sempre con il poco invidiabile soprannome di Giuda dai tifosi del Tottenham prova a irrobustire il reparto arretrato dell’ambiziosa neo-promossa Newcastle United. Strano destino il loro. Un anno fa sembravano destinati al viale del tramonto, James perché vessato da ricorrenti acciacchi e infortuni, Campbell per una condizione atletica apparsa non più all’altezza. L’ex modello di Armani è stato costretto a sorbirsi in tribuna le pessime prestazione del Portsmouth per tutta la prima parte di stagione, il buon Sol dopo una fugace apparizione in quarta serie alla corte di Sven Goran Eriksson nel Notts County (soli 90 minuti nell’1-2 con il Morecambe) era pronto per la pensione. E invece ecco l’improvviso ritorno di fiamma. Il numero uno dei Pompey gioca la seconda finale di FA Cup in tre anni e va ai mondiali dove, esclusa la prima gara, parte da titolare e non fa troppi danni – o quanto meno è meno tragico di tanti altri. Il ragazzone nato e cresciuto nell’East End londinese torna a sorpresa all’Arsenal, fornendo delle buone prestazioni e quasi sfiorando una convocazione per Sud Africa 2010. A campionato finito per Campbell fioccano le offerte, dagli stessi Gunners ma anche dai Celtic. Alla fine accetta la proposta del Newcastle di un contratto annuale. Per la verità le malelingue puntano subito il dito contro la sua pancetta più da commenda che da professionista della Premier League, ma lui prosegue dritto per la sua strada. Di offese, in carriera, ne ha rimediate parecchie, soprattutto per il suo “alto tradimento” agli Spurs. Pure James in fatto di insulti è alquanto preparato, più a causa delle papere che per i suoi – peraltro frequenti – cambi di maglia. Tutto sommato, però, nel ruolo rimane uno dei migliori nell’arco degli ultimi anni. Certo, se la concorrenza si chiama Robert Green…
domenica 1 agosto 2010
Vuvuzela sì, vuvuzela no
Al Bloomfield Road di Blackpool se ne vedranno – e soprattutto sentiranno – molte visto che la dirigenza dei neopromossi Seasiders non solo ne ha permesso l’utilizzo, ma lo ha addirittura incentivato. All’Emirates e al White Hart Lane, invece, non si potrà assolutamente entrare con la vuvuzela. L’Arsenal e il Tottenham sono stati i primi club della Premier a vietare la rumorosa trombetta, seguiti poi da altre sei compagini. Oltre a Everton, Fulham, Birmingham City, West Ham United e West Bromwich Albion, anche il Newcastle si è schierato contro uno dei simboli del Mondiale sudafricano, affermando in un comunicato stampa apparso sul suo sito ufficiale che “la vuvuzela non è solo proibita in base al regolamento del St James’ Park, ma anche uno strumento che la stragrande maggioranza dei nostri tifosi non ha alcuna intenzione di dover ascoltare durante i 90 minuti di gioco”. Evidentemente il team allenato dal pirotecnico Ian Holloway ha bisogno di qualsiasi tipo di sostegno per far fronte a una sfida a dir poco improba: la salvezza. Tra le neopromosse più inattese degli ultimi anni, il Blackpool non sembra avere le carte in regola per evitare l’immediato ritorno in Championship, un po’ sulla falsariga di quanto fatto dal Burnley la stagione scorsa. I Clarets disponevano di un buon impianto di gioco e di tanto entusiasmo – che infatti fruttò loro dei buoni risultati nelle prime settimane di campionato – poi però hanno inanellato una sconfitta dietro l’altra. I Tangerines non hanno rafforzato la rosa intervenendo sul mercato, ma anzi rischiano di aver perso per tutto il 2010-11 il promettente attaccante irlandese Billy Clarke, infortunatosi in maniera molto grave nel corso della preparazione. Tuttavia è indubbio che le compagini avversarie avranno ben poca voglia di visitare l’impianto della celebre cittadina di mare del Lancashire. Sarà anche il più piccolo della Premier (16mila posti a restyling concluso), ma rischia in modo molto serio di essere il più rumoroso.
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