lunedì 31 maggio 2010
Play offs
Belle ed entusiasmanti quest’anno le finali dei play offs. Per quanto sono riuscito a vedere, meritatissimi i successi di Blackpool e Millwall – della partita di ieri ho letto solo la cronaca ma non ho nemmeno visto i gol. I Lions avrebbero potuto vincere con uno scarto ancora maggiore contro lo Swindon, ma credo che dopo le tante delusioni patite in finali e play offs del passato aver prevalso per 1-0 piuttosto che 3-0 poco importi…
mercoledì 26 maggio 2010
Curiosità
Letto sul quotidiano Metro, edizione di Londra. “Altro che Mondiali o Champions League, il vero thriller è la finale di League One, in programma domenica. Le premesse ci sono tutte, visto l’equilibrio che ha regnato quest’anno in League One, con cambi di posizioni in classifica che avrebbero fatto invidia al Kamasutra”.
Visti sulla Victoria Line, alle 6 del pomeriggio: papà con due figlioli, tutti e tre con maglia del’Arsenal con sulle spalle la scritta “I belong to Jesus”.
Visti sulla Victoria Line, alle 6 del pomeriggio: papà con due figlioli, tutti e tre con maglia del’Arsenal con sulle spalle la scritta “I belong to Jesus”.
martedì 25 maggio 2010
Inghilterra vs Messico
Non potendo andare in Sud Africa – anzi, almeno una settimana dei Mondiali non la seguirò causa viaggio di lavoro in Canada – mi sono parzialmente consolato assistendo dal vivo al saluto della nazionale inglese prima della partenza per il ritiro austriaco. Bell’atmosfera in un Wembley gremito come si addice alle grandi occasioni. Rumorosa la rappresentanza messicana, per lo più ragazzi che vivono e lavorano a Londra, almeno da quello che ho potuto capire sentendo parlare un po’ di loro sulla metro. Tornando ai tifosi inglesi, la sensazione è che siano coscienti che questo può essere l’anno buono, però tutto sommato, viste le passate delusioni, sono in attesa degli eventi. Sul piano del gioco la serata non li avrà esaltati più di tanto. Sì, i Tre Leoni hanno vinto, però a tratti hanno sofferto le trame offensive degli avversari e spesso non sono riusciti a costruire azioni con continuità. Le tante riserve schierate, gli esperimenti di Capello – vedi Milner e Gerrard che si sono scambiati i ruoli di esterno sinistro e centrale di centrocampo – rappresentano delle valide attenuanti, non c’è dubbio. A breve bisogna anche consegnare la lista definitiva dei 23 che andranno in Sud Africa, su cui Capello in conferenza stampa – a proposito, con l’inglese Don Fabio deve ancora migliorare un bel po’ – ha glissato, spiegando che le sue decisioni non dipenderanno troppo da quanto visto contro il Messico. Personalmente credo che Michael Carrick sia a forte rischio esclusione, mentre non escludo che Ledley King possa farcela. L’incognita forte, come ha in parte riconosciuto l’ex tecnico di Milan e Roma, è l’eventuale assenza di Gareth Barry dall’undici titolare. A quel punto bisognerebbe rivedere l’assetto del centrocampo. Fortuna che Wayne Rooney appare in crescita di condizione e che Peter Crouch continua a segnare con costanza quando veste i colori della nazionale. Chiudo segnalando la splendida croce di San Giorgio “umana” organizzata con la distribuzione di oltre 80mila magliette dalla Football Association. Quelle bianche li hanno piazzate pure sulle sedie della tribuna stampa. Un souvenir della serata tutt’altro che disprezzabile...
PS: sembra quasi pleonastico evidenziarlo, ma il manto erboso di Wembley fa veramente paura!
PS: sembra quasi pleonastico evidenziarlo, ma il manto erboso di Wembley fa veramente paura!
mercoledì 19 maggio 2010
Banks sceglie James
Gordon Banks, il miglior portiere inglese di tutti i tempi, si schiera a favore di David James. Secondo il campione del mondo del 1966 deve essere l'esperto estremo difensore del Portsmouth la prima scelta di Fabio Capello per i mondiali sudafricani. Io rischierei la carta Joe Hart, giovane sì, ma reduce da un'ottima stagione in prestito al Birmingham City (che ora pare lo sostituirà con Ben Foster), ma è alquanto probabile che Capello "seguirà" il consiglio di Banks.
lunedì 17 maggio 2010
Il Chelsea centra il double
I Blues si aggiudicano la loro sesta FA Cup, la terza in quattro anni, grazie al “solito” Drogba, che eguaglia il record di Ian Rush – l’unico ad aver segnato in tre atti conclusivi della competizione. Prima della punizione decisiva dell’ivoriano, nel primo tempo gli uomini di Ancelotti avevano centrato ben cinque volte i pali della porta difesa magistralmente da David James. Una cosa mai avvenuta prima, così come non aveva precedenti il doppio errore dal dischetto in una finale, uno da una parte e uno dall’altra. Kevin Boateng e Frank Lampard sono solo il quarto e quinto giocatore a fallire dal dischetto nei 138 anni di glorioso servizio della FA Cup. Ma nel gigantesco libro dei ricordi ci va di diritto anche il miracolo di Peter Cech a metà prima frazione di gioco. Il portierone ceco si è esibito in una delle migliori parate della storia, deviando d’istinto un tiro da distanza molto ravvicinata di Frederic Piquionne. Una prodezza degna di quella compiuta da Jim Montgomery del Sunderland nella finale inopinatamente vinta dai Blak Cats contro il Leeds nel 1973, ritenuto il miglior intervento di un estremo difensore nella storia delle finali di Cup. Tornando ai record, è assoluto quello di Ashley Cole che si è portato a casa la sesta winner medal della sua carriera, la terza con il Chelsea, dopo averne collezionate altrettante ai tempi dell’Arsenal. Mai nessuno aveva fatto tanto. Oltre ai record e ai meravigliosi gesti tecnici, una delle immagini che più rimarrà impressa nella memoria degli appassionati della centoventinovesima finale di FA Cup sarà lo struggente sostegno dei tifosi accorsi da Portsmouth dimostrato nei confronti dei loro beniamini, sia durante il match che dopo il fischio finale. Vista la pessima situazione del club, chissà quando torneranno a Wembley. Loro si meriterebbero di riandarci molto presto.
venerdì 14 maggio 2010
Pompey John
Divertente intervista del Daily Mail a uno dei tifosi più pittoreschi del panorama inglese. Clicca QUI.
giovedì 13 maggio 2010
Bradford, 25 anni fa
Con un colpevole ritardo di due giorni vorrei commemorare anche io il triste anniversario della tragedia di Bradford. Quanto segue è tratto dal mio libro Made in England, pubblicato dalla Bradipo Libri nel 2008.
Bradford è una cittadina del West Yorkshire che, grazie a un fiorente settore tessile, ha avuto il suo momento di massimo fulgore durante il periodo della rivoluzione industriale. Come in buona parte del Nord dell’Inghilterra, anche a Bradford gli anni Ottanta del secolo scorso portarono una forte crisi economica, acuita da un difficile processo di integrazione dei numerosi immigrati di origine asiatica. L’ormai lontano sabato 11 maggio 1985, però, per la città doveva essere una giornata di festa, un piacevole diversivo per dimenticare i tanti problemi che affliggevano (e che tormentano tuttora) quello spicchio d’Inghilterra. La squadra locale, infatti, tornava in Second Division per la prima volta dall’inizio del secondo dopo guerra. L’ultima partita della stagione contava ben poco, se non per celebrare davanti a oltre 11.000 spettatori – l’intera capienza dell’impianto – le gesta di un team già matematicamente sicuro del primo posto nella classifica finale dell’allora Third Division.
Invece quel giorno Bradford visse uno dei momenti più tristi e drammatici della sua storia. Mentre il match contro il Lincoln City si trascinava stancamente verso la fine del primo tempo, la vetusta tribuna centrale dello stadio Valley Parade prese improvvisamente fuoco. Negli annali del calcio inglese rimarrà per sempre la terribile immagine del tetto della Main Stand avvolto dalle fiamme e degli increduli 22 giocatori fermi in mezzo al campo, ad assistere a uno spettacolo da far gelare il sangue. Il bilancio finale della tragedia fu pesantissimo: 56 morti e oltre 250 feriti. E se non fosse stato per l’eroismo di alcuni poliziotti e di una manciata di spettatori sarebbe andata ancora peggio. Tra coloro che affrontarono il pericolo per salvare delle vite umane ci fu anche John Hawley, attaccante del Bradford City che mai si sarebbe sognato di passare alla storia per qualcosa di molto diverso da un gol o da un assist vincente. Il padre di Stuart Mc Call, uno degli alfieri della promozione e poi giocatore di spicco di Everton e Rangers, rimase ustionato in maniera grave.
Ma come era stato possibile il verificarsi di un incidente del genere? La risposta apparve molto semplice sin dalle prime fasi dell’indagine: lo stadio era in buona parte costruito in legno e amianto, ovvero i materiali utilizzati per la sua realizzazione ben 77 anni prima. In base ai risultati della commissione d’inchiesta guidata dal giudice Oliver Popplewell si accertò che a scatenare l’inferno fu il fatale contatto tra i rifiuti ammucchiatisi da anni sotto la tribuna e una sigaretta non spenta bene da uno degli spettatori presenti nel blocco G della Main Stand. Bastò quindi una scintilla perché in pochi minuti dei materiali altamente infiammabili dessero vita a un rogo micidiale. Così tragico che necessitò di diverse ore per essere estinto del tutto. A peggiorare la situazione già disperata ci si mise anche la mancata apertura delle porte di accesso, rimaste chiuse per buona parte dell’incendio. Nella sostanza dei fatti a uccidere decine di tifosi fu l’inadeguatezza di un impianto costruito addirittura a inizio del secolo scorso.
Ironia della sorte, era previsto che la Main Stand dovesse essere sostituita con una struttura più moderna, in ferro e acciaio, già progettata in vista del salto nella divisione superiore. Quando le fiamme furono domate, tra i resti della tribuna divorata dal fuoco si poterono intravedere le prime travi di ferro già portate al Valley Parade per sostituire la vecchia copertura in legno. Dopo lo straziante pomeriggio di Bradford arrivarono i primi provvedimenti, a partire dalla revisione in senso restrittivo della legislazione sulle misure di sicurezza legate agli eventi sportivi. Secondo la commissione d’inchiesta era assolutamente prioritario che le uscite di sicurezza fossero numerose e facilmente accessibili.
Bradford è una cittadina del West Yorkshire che, grazie a un fiorente settore tessile, ha avuto il suo momento di massimo fulgore durante il periodo della rivoluzione industriale. Come in buona parte del Nord dell’Inghilterra, anche a Bradford gli anni Ottanta del secolo scorso portarono una forte crisi economica, acuita da un difficile processo di integrazione dei numerosi immigrati di origine asiatica. L’ormai lontano sabato 11 maggio 1985, però, per la città doveva essere una giornata di festa, un piacevole diversivo per dimenticare i tanti problemi che affliggevano (e che tormentano tuttora) quello spicchio d’Inghilterra. La squadra locale, infatti, tornava in Second Division per la prima volta dall’inizio del secondo dopo guerra. L’ultima partita della stagione contava ben poco, se non per celebrare davanti a oltre 11.000 spettatori – l’intera capienza dell’impianto – le gesta di un team già matematicamente sicuro del primo posto nella classifica finale dell’allora Third Division.
Invece quel giorno Bradford visse uno dei momenti più tristi e drammatici della sua storia. Mentre il match contro il Lincoln City si trascinava stancamente verso la fine del primo tempo, la vetusta tribuna centrale dello stadio Valley Parade prese improvvisamente fuoco. Negli annali del calcio inglese rimarrà per sempre la terribile immagine del tetto della Main Stand avvolto dalle fiamme e degli increduli 22 giocatori fermi in mezzo al campo, ad assistere a uno spettacolo da far gelare il sangue. Il bilancio finale della tragedia fu pesantissimo: 56 morti e oltre 250 feriti. E se non fosse stato per l’eroismo di alcuni poliziotti e di una manciata di spettatori sarebbe andata ancora peggio. Tra coloro che affrontarono il pericolo per salvare delle vite umane ci fu anche John Hawley, attaccante del Bradford City che mai si sarebbe sognato di passare alla storia per qualcosa di molto diverso da un gol o da un assist vincente. Il padre di Stuart Mc Call, uno degli alfieri della promozione e poi giocatore di spicco di Everton e Rangers, rimase ustionato in maniera grave.
Ma come era stato possibile il verificarsi di un incidente del genere? La risposta apparve molto semplice sin dalle prime fasi dell’indagine: lo stadio era in buona parte costruito in legno e amianto, ovvero i materiali utilizzati per la sua realizzazione ben 77 anni prima. In base ai risultati della commissione d’inchiesta guidata dal giudice Oliver Popplewell si accertò che a scatenare l’inferno fu il fatale contatto tra i rifiuti ammucchiatisi da anni sotto la tribuna e una sigaretta non spenta bene da uno degli spettatori presenti nel blocco G della Main Stand. Bastò quindi una scintilla perché in pochi minuti dei materiali altamente infiammabili dessero vita a un rogo micidiale. Così tragico che necessitò di diverse ore per essere estinto del tutto. A peggiorare la situazione già disperata ci si mise anche la mancata apertura delle porte di accesso, rimaste chiuse per buona parte dell’incendio. Nella sostanza dei fatti a uccidere decine di tifosi fu l’inadeguatezza di un impianto costruito addirittura a inizio del secolo scorso.
Ironia della sorte, era previsto che la Main Stand dovesse essere sostituita con una struttura più moderna, in ferro e acciaio, già progettata in vista del salto nella divisione superiore. Quando le fiamme furono domate, tra i resti della tribuna divorata dal fuoco si poterono intravedere le prime travi di ferro già portate al Valley Parade per sostituire la vecchia copertura in legno. Dopo lo straziante pomeriggio di Bradford arrivarono i primi provvedimenti, a partire dalla revisione in senso restrittivo della legislazione sulle misure di sicurezza legate agli eventi sportivi. Secondo la commissione d’inchiesta era assolutamente prioritario che le uscite di sicurezza fossero numerose e facilmente accessibili.
martedì 11 maggio 2010
I 30 di Capello
Fabio Capello ha diramato le convocazioni per il pre-ritiro mondiale in Austria. Ecco i 30 tra cui il ct scegliera' i 23 da portare in Sudafrica. Portieri: Joe Hart, David James, Robert Green. Difensori: Leighton Baines, Jamie Carragher, Ashley Cole, Michael Dawson, Rio Ferdinand, Glen Johnson, Ledley King, John Terry, Matthew Upson, Stephen Warnock. Centrocampisti: Gareth Barry, Michael Carrick, Joe Cole, Steven Gerrard, Tom Huddlestone, Adam Johnson, Frank Lampard, Aaron Lennon, James Milner, Scott Parker, Theo Walcott, Shaun Wright-Phillips. Attaccanti: Darren Bent, Peter Crouch, Jermain Defoe, Emile Heskey, Wayne Rooney.
domenica 9 maggio 2010
Chelsea campione
Carlo Ancelotti come Josè Mourinho, anzi, forse addirittura meglio. Alla sua prima stagione in Premier l’ex tecnico del Milan diventa il primo italiano a vincere il campionato inglese. Un veni,vidi, vici in stile Mourinho, con la differenza che sabato prossimo potrebbe aggiudicarsi anche la Coppa d’Inghilterra nella finale di Wembley contro il Portsmouth – ultimo classificato in campionato. E allora Ancelotti sarebbe anche ricordato come il primo allenatore dei Blues protagonisti di un double. Il quarto titolo di campioni d’Inghilterra è arrivato grazie alla vittoria sul Wigan, compagine di bassa classifica umiliata con ben otto marcature (ma nel 2010 c’erano già tre precedenti con sette gol messi a segno in match di Premier). A nulla è servita allora la concomitante vittoria dei diretti rivali dei Red Devils.
Manchester United con cui il Chelsea ha battagliato tutta la stagione, trovandosi però solo occasionalmente a dover rincorrere. La cifra distintiva di Ancelotti è stato il camaleontismo tattico. Si è passati per un 4-4-2 classico, si è impiegato il centrocampo a rombo, ci si è affidati all’albero di natale che non piaceva a Berlusconi e anche a un 4-3-3 alquanto spregiudicato. Non ce ne voglia lo Special One, così rimpianto dalla stampa britannica, ma Carletto da Reggiolo ha fatto giocare la squadra in maniera più spettacolare rispetto al suo illustre predecessore, come dimostrano i 103 gol segnati in 38 gare di campionato, un record. Certo, si è trovato la “pappa pronta”, ovvero un gruppo plasmato, e bene, dalla croce e delizia dei giornalisti nostrani, ma senza voler indugiare troppo nello spirito patriottico va pure sottolineato come Ancelotti abbia saputo far convivere alla grande due meravigliosi attaccanti quali Didier Drogba (capocannoniere del campionato con 29 gol) e Nicolas Anelka, trasformando da brutto anatroccolo a splendido cigno un esterno di valore che risponde al nome di Florent Malouda (uno che appena arrivato in Premier sembrava avesse paura di giocare), gestito bene il “Terry gate” e soprattutto l’assenza di Michael Essien. Salire in vetta alla Premier senza il ghanese – a nostro modesto parere il miglior centrocampista di “contenimento” al mondo – e con al suo posto Obi Mikel – bravino ma alcune categorie al di sotto di Essien – è francamente una bella impresa.
Altra nota di merito del Chelsea targato Ancelotti è l’ottimo comportamento negli scontri diretti. Sei vittorie su sei con le altre Big Four Manchester United, Arsenal e Chelsea, solo una sconfitta con il Tottenham tra i team qualificati per la prossima Champions League sono una prova di grande solidità. Dopo un periodo di relativa calma, ora Roman Abramovich sembra intenzionato a rallentare i cordoni della borsa per rafforzare una squadra con l’età media più alta del campionato (intorno ai 30 anni). Viste le difficoltà economiche di tanti club importanti, Manchester City a parte, i Blues potrebbero instaurare un lungo dominio entro i confini inglesi. Ma l’ossessione del datore di lavoro di Carletto, è risaputo, è la coppa dalle grandi orecchie. Quella non l’ha vinta nemmeno con Mourinho in panchina e non ha certo voglia di vedere di nuovo il sogno sfumare a livello di ottavi di finale, come accaduto quest’anno. Ancelotti avvisato…
Scritto per Goal.com
Manchester United con cui il Chelsea ha battagliato tutta la stagione, trovandosi però solo occasionalmente a dover rincorrere. La cifra distintiva di Ancelotti è stato il camaleontismo tattico. Si è passati per un 4-4-2 classico, si è impiegato il centrocampo a rombo, ci si è affidati all’albero di natale che non piaceva a Berlusconi e anche a un 4-3-3 alquanto spregiudicato. Non ce ne voglia lo Special One, così rimpianto dalla stampa britannica, ma Carletto da Reggiolo ha fatto giocare la squadra in maniera più spettacolare rispetto al suo illustre predecessore, come dimostrano i 103 gol segnati in 38 gare di campionato, un record. Certo, si è trovato la “pappa pronta”, ovvero un gruppo plasmato, e bene, dalla croce e delizia dei giornalisti nostrani, ma senza voler indugiare troppo nello spirito patriottico va pure sottolineato come Ancelotti abbia saputo far convivere alla grande due meravigliosi attaccanti quali Didier Drogba (capocannoniere del campionato con 29 gol) e Nicolas Anelka, trasformando da brutto anatroccolo a splendido cigno un esterno di valore che risponde al nome di Florent Malouda (uno che appena arrivato in Premier sembrava avesse paura di giocare), gestito bene il “Terry gate” e soprattutto l’assenza di Michael Essien. Salire in vetta alla Premier senza il ghanese – a nostro modesto parere il miglior centrocampista di “contenimento” al mondo – e con al suo posto Obi Mikel – bravino ma alcune categorie al di sotto di Essien – è francamente una bella impresa.
Altra nota di merito del Chelsea targato Ancelotti è l’ottimo comportamento negli scontri diretti. Sei vittorie su sei con le altre Big Four Manchester United, Arsenal e Chelsea, solo una sconfitta con il Tottenham tra i team qualificati per la prossima Champions League sono una prova di grande solidità. Dopo un periodo di relativa calma, ora Roman Abramovich sembra intenzionato a rallentare i cordoni della borsa per rafforzare una squadra con l’età media più alta del campionato (intorno ai 30 anni). Viste le difficoltà economiche di tanti club importanti, Manchester City a parte, i Blues potrebbero instaurare un lungo dominio entro i confini inglesi. Ma l’ossessione del datore di lavoro di Carletto, è risaputo, è la coppa dalle grandi orecchie. Quella non l’ha vinta nemmeno con Mourinho in panchina e non ha certo voglia di vedere di nuovo il sogno sfumare a livello di ottavi di finale, come accaduto quest’anno. Ancelotti avvisato…
Scritto per Goal.com
venerdì 7 maggio 2010
6 a 6? In First Division ci fu anche un 66...
...precisamente il 26 dicembre 1963. Un festival di gol degno di Motherwell vs Hibs.
Ecco tutti i risultati di quell'incredibile giornata.
Blackpool 1-5 Chelsea, Burnley 6-1 Man Utd, Fulham 10-1 Ipswich, Leicester 2-0 Everton, Liverpool 6-1 Stoke, Nottingham Forest 3-3 Sheff Utd, WBA 4-4 Tottenham, Sheff Wed 3-0 Bolton, Wolves 3-3 Aston Villa, West Ham 2-8 Blackburn.
Ecco tutti i risultati di quell'incredibile giornata.
Blackpool 1-5 Chelsea, Burnley 6-1 Man Utd, Fulham 10-1 Ipswich, Leicester 2-0 Everton, Liverpool 6-1 Stoke, Nottingham Forest 3-3 Sheff Utd, WBA 4-4 Tottenham, Sheff Wed 3-0 Bolton, Wolves 3-3 Aston Villa, West Ham 2-8 Blackburn.
martedì 4 maggio 2010
Chelsea, è qui la festa?
Lo champagne è in frigo, pronto per essere stappato. Il pullman scoperto per la parata nelle vie di Chelsea è già tirato a lucido, mentre in bacheca è stato fatto posto per il quarto trofeo di campioni d’Inghilterra della storia dei Blues. Domenica rimane solo l’ostacolo Wigan e poi Carlo Ancelotti diverrà il primo allenatore italiano a vincere un titolo della Premier.
Eppure il primo scorcio di partita all’Anfield Road – campo notoriamente ostico per il Chelsea, specialmente in Champions League – sembrava preannunciare qualche brutta sorpresa per il club londinese, apparso fin troppo timoroso e a corto di idee. C’è voluto un gentile omaggio di Steven Gerrard, che non avrebbe “sfigurato” nella gara tra Lazio e Inter, per sbloccare la contesa e rendere la vita facile ai Blues. Intendiamoci, i Reds la partita se la sono giocata, anche dopo la marcatura di Frank Lampard (25 reti stagionali per lui). Va anche detto che una minoranza di tifosi del Liverpool, sicura ormai di doversi accontentare dell’Europa League e di dover abbandonare i sogni di notti magiche in Champions League, non si è stracciata le vesti per l’ennesima sconfitta di una campagna disgraziata. Anzi…Quella di domenica molto probabilmente è stata l’ultima apparizione ad Anfield di Rafa Benitez in qualità di tecnico dei padroni di casa. I tifosi della Juventus farebbero bene ad augurarsi che strafalcioni tattici come quello di schierare Javier Mascherano terzino destro in quel di Torino non si ripetano, altrimenti i tanti milioni che percepirà lo spagnolo finirebbero per essere poco giustificati.
Con il terzo gol in quattro partite di Nani, ma l’ennesima prestazione deludente di Dimitar Berbatov, il Manchester United si mantiene in linea di galleggiamento. Alex Ferguson è ben conscio che serve solo un miracolo per conquistare il quarto campionato di fila, intanto rimane imbattuto in 14 sfide contro il suo ex pupillo Steve Bruce. Non che il Sunderland, altra squadra che non ha lesinato l’impegno, abbia una tradizione così positiva nei confronti dei Red Devils. I Black Cats non battono i rivali del Lancashire dal 1997 (negli ultimi 16 scontri diretti hanno racimolato un tre soli punti).
La lotta per il quarto posto si restringe a due contendenti, ma rischia di allargarsi addirittura alla terza posizione. Merito del Tottenham, che supera a fatica il Bolton grazie a una prodezza balistica di Tom Huddlestone, e del Manchester City, bravo a riacciuffare l’Aston Villa e a estrometterlo dalla rincorsa alla Champions League. Demerito dello spento Arsenal di queste ultime settimane, sconfitto a Blackburn e ora obbligato a battere il Fulham nell’ultimo impegno del 2009-10. I Gunners non vincono da quattro match (tre sconfitte e un pareggio) e tra infortuni e giocatori in evidente calo di forma sono solo la timida ombra del team spettacolare ammirato nei mesi passati. Intanto mercoledì a Eastlands City e Spurs disputeranno un recupero di importanza vitale. I ragazzi di Mancini sono obbligati a vincere, altrimenti si fa durissima.
Per il resto da segnalare l’ufficialità della retrocessione dell’Hull – ma a causa di una pessima differenza reti il salto in Championship era già sicuro dalla scorsa settimana – e il secondo gol in Premier di Stefano Okaka. Ora Hodgson potrebbe prolungare il prestito del giovane attaccante di proprietà della Roma. Sempre che l’anno prossimo non si sia spostato dal Craven Cottage all’Anfield Road.
Eppure il primo scorcio di partita all’Anfield Road – campo notoriamente ostico per il Chelsea, specialmente in Champions League – sembrava preannunciare qualche brutta sorpresa per il club londinese, apparso fin troppo timoroso e a corto di idee. C’è voluto un gentile omaggio di Steven Gerrard, che non avrebbe “sfigurato” nella gara tra Lazio e Inter, per sbloccare la contesa e rendere la vita facile ai Blues. Intendiamoci, i Reds la partita se la sono giocata, anche dopo la marcatura di Frank Lampard (25 reti stagionali per lui). Va anche detto che una minoranza di tifosi del Liverpool, sicura ormai di doversi accontentare dell’Europa League e di dover abbandonare i sogni di notti magiche in Champions League, non si è stracciata le vesti per l’ennesima sconfitta di una campagna disgraziata. Anzi…Quella di domenica molto probabilmente è stata l’ultima apparizione ad Anfield di Rafa Benitez in qualità di tecnico dei padroni di casa. I tifosi della Juventus farebbero bene ad augurarsi che strafalcioni tattici come quello di schierare Javier Mascherano terzino destro in quel di Torino non si ripetano, altrimenti i tanti milioni che percepirà lo spagnolo finirebbero per essere poco giustificati.
Con il terzo gol in quattro partite di Nani, ma l’ennesima prestazione deludente di Dimitar Berbatov, il Manchester United si mantiene in linea di galleggiamento. Alex Ferguson è ben conscio che serve solo un miracolo per conquistare il quarto campionato di fila, intanto rimane imbattuto in 14 sfide contro il suo ex pupillo Steve Bruce. Non che il Sunderland, altra squadra che non ha lesinato l’impegno, abbia una tradizione così positiva nei confronti dei Red Devils. I Black Cats non battono i rivali del Lancashire dal 1997 (negli ultimi 16 scontri diretti hanno racimolato un tre soli punti).
La lotta per il quarto posto si restringe a due contendenti, ma rischia di allargarsi addirittura alla terza posizione. Merito del Tottenham, che supera a fatica il Bolton grazie a una prodezza balistica di Tom Huddlestone, e del Manchester City, bravo a riacciuffare l’Aston Villa e a estrometterlo dalla rincorsa alla Champions League. Demerito dello spento Arsenal di queste ultime settimane, sconfitto a Blackburn e ora obbligato a battere il Fulham nell’ultimo impegno del 2009-10. I Gunners non vincono da quattro match (tre sconfitte e un pareggio) e tra infortuni e giocatori in evidente calo di forma sono solo la timida ombra del team spettacolare ammirato nei mesi passati. Intanto mercoledì a Eastlands City e Spurs disputeranno un recupero di importanza vitale. I ragazzi di Mancini sono obbligati a vincere, altrimenti si fa durissima.
Per il resto da segnalare l’ufficialità della retrocessione dell’Hull – ma a causa di una pessima differenza reti il salto in Championship era già sicuro dalla scorsa settimana – e il secondo gol in Premier di Stefano Okaka. Ora Hodgson potrebbe prolungare il prestito del giovane attaccante di proprietà della Roma. Sempre che l’anno prossimo non si sia spostato dal Craven Cottage all’Anfield Road.
lunedì 3 maggio 2010
Verdetti di fine stagione
Cinque squadre in tre punti, e se il Southampton non avesse subito una penalizzazione di dieci punti sarebbero state sei. La lotta per la promozione automatica dalla League One in Championship si fa caldissima. Il Leeds rimane favorito, non fosse altro perché attualmente occupa la seconda piazza e sabato gioca in casa contro un Bristol Rovers apparentemente demotivato (ma in Inghilterra non si applicano certe “categorie di pensiero” così ben radicate altrove, poi ci si meraviglia che i diritti TV della Premier siano più concupiti di altri). La serie cadetta invece non è più la dimora dello Sheffield Wednesday, al quale il pareggio nello scontro diretto con il Crystal Palace è andato molto di traverso. Per gli Owls si è trattata della seconda retrocessione nella ex Third Division negli ultimi sette anni. Da segnalare che gli incidenti di fine partita – con tifosi di entrambi le squadre che hanno invaso il campo – hanno portato all’arresto di otto persone.
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