“Non credo che si terrà mai un Game 39. Io sono contrario e penso che non si debba organizzare”. Così si è espresso di recente Alex Ferguson, notoriamente uno che non ha peli sulla lingua, sul progetto di giocare una giornata supplementare di Premier in giro per il pianeta. La sua voce, ovviamente molto autorevole, si va a unire alle tante che del “Game 39” – come lo hanno ribattezzato in Inghilterra perché si aggiungerebbe alle attuali 38 giornate di campionato – hanno detto peste e corna. Tantissimi tifosi e anche un buon numero di addetti ai lavori sono nella migliore delle ipotesi scettici, nella peggiore disgustati da questo (ennesimo) possibile strappo alla tradizione in nome del Dio soldo. Eppure Richard Scudamore, il potentissimo amministratore delegato della Premier League, da quasi un anno porta avanti la sua idea di campionato con appendice globale. Dopo una prima levata di scudi e un apparente ridimensionamento dell’idea, Scudamore è ritornato alla carica. Nel 2010-11 potremmo assistere a un Chelsea-Portsmouth a Tokyo piuttosto che a un Manchester United-Middlesbrough a Singapore o ancora a un Arsenal-Sunderland in quel di New York – non sarebbero previsti scontri diretti tra le grandi, così da non concentrare l’interesse solo su una manciata di partite.
La scadenza temporale non è scelta a caso. All’inizio di quella stagione scadono i contratti per i diritti tv della Premier (che al momento garantiscono alla lega inglese introiti che si aggirano sui tre miliardi di euro a triennio). Il Game 39 potrebbe quindi permettere un’ulteriore impennata ai guadagni della stessa Premier, che per la verità sta addirittura valutando la possibilità di mettere in piedi un canale satellitare tutto suo. Quasi scontato che a ospitare gli incontri sarebbero ricchi stati asiatici, gli Usa o l’Australia, il tutto sulla scorta dei tornei e delle amichevoli estive che le compagini della Premier – dietro lauti compensi – disputano proprio in quelle parti del globo. Grazie a un sapiente uso dello strumento del marketing la massima divisione inglese è ormai il campionato più popolare del mondo.
Il revival della diabolica pensata di Scudamore si è avuto verso la metà dello scorso ottobre, quando Mohamed bin Hammam, presidente della Federazione Asiatica, ha manifestato il suo interessamento per il Game 39, dopo un primo giudizio negativo espresso a febbraio. Ripensamento merito di un chiarimento intercorso con l’amministratore delegato della Premier, “reo” di non aver consultato Hammam in precedenza. Insomma, “questo matrimonio si ha da fare”, sembrerebbe di capire. Considerata la scarsa attenzione che di solito viene riservata dagli spin doctors del football inglese alle opinioni dei consumatori – pardon, dei tifosi – forse un aiuto al fronte del no potrebbe arrivare da altri personaggi di spicco del calcio ai tempi della globalizzazione. Michel Platini e Sepp Blatter, rispettivamente presidente di UEFA e FIFA, sono nettamente contrari. Blatter ha addirittura prefigurato che una mossa del genere potrebbe pregiudicare la corsa dell’Inghilterra all’aggiudicazione del mondiale 2018. Per onor di cronaca anche il governo di Sua Maestà britannica non sembra troppo a favore del progetto.
È ancora presto per dire come andrà a finire, se il numero dei presidenti e allenatori dei club di Premier vogliosi di andare a cimentarsi all’estero aumenterà vertiginosamente oppure se rimarrà limitato come è adesso.
Come già evidenziato da molti osservatori, non solo oltre Manica, la sostanza dei fatti è che spostare baracca e burattini – anche se una tantum – fuori dal suo habitat naturale potrebbe rivelarsi un flop proprio perché si verrebbero a perdere quegli elementi fondanti (stadi, tifo, atmosfera) che sono motivo del fascino e dell’unicità del football inglese. Fulham-Everton al Craven Cottage, a due passi dal Tamigi e con sullo sfondo la Johnny Haynes Stand vecchia come il cucco, sarà molto più allettante dello stesso match disputato in qualche modernissima arena giapponese, al di là delle giocate mostrate dai 22 in campo – e a dirla tutta va rimarcato come anche in Premier ci siano partite dal livello tecnico non eccelso. Chissà se Scudamore, tra un business plan e un contratto di sponsorizzazione, saprà rendersene conto.
Scritto per Goal.com
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