Dieci anni fa il Coventry City giocava la sua ultima stagione in Premier League. Da allora il club della città delle Midlands, divenuta tristemente famosa per le devastazioni subite durante i pesanti bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, non è mai riuscito a tirarsi fuori dalle secche dell’ex Second Division, ora Championship. In quest’ultimo decennio gli Sky Blues hanno flirtato più spesso con la zona retrocessione che con le parti alte della classifica (terminando tra le prime dieci una sola volta). Un’aurea mediocritas che si è confermata anche durante la campagna attuale.
Le incoraggianti vittorie nei primi mesi del 2010-11 sono già un lontano ricordo, a cui sta facendo da contraltare un periodo nero coinciso con il licenziamento dell’allenatore Aidy Boothroyd. Il rischio del capitombolo in League One esiste e se non fosse per le pessime prestazioni delle pericolanti Scounthorpe, Sheffield United e Preston North End sarebbe ancora più concreto. Nelle ultime gare si sono visti ben pochi progressi e ci sono ben pochi dubbi che il compito affidato al duo Andy Thorn-Steven Harrison sia quanto mai complicato.
E pensare che prima del 2001 per 34 anni il Coventry non si era mosso dalla massima serie, condividendo un’impresa che in quel periodo era riuscita solo ad Arsenal, Everton e Liverpool ma non al Manchester United, nel 1974 precipitato in Second Division. Nel 1967 il match che valse la promozione fece registrare il record di presenza al vecchio Highfield Road (ora sostituito dalla moderna ma anonima Ricoh Arena). Furono oltre 51mila i tifosi che festeggiarono il 3-1 inflitto al Wolverhampton Wanderers. Tre anni dopo gli Sky Blues conquistarono un posto in Coppa Uefa piazzandosi sesti, miglior risultato in campionato della loro storia. Insomma, a quei tempi c’era che di essere allegri in quello spicchio d’Inghilterra.
Sulla panchina si succedettero manager di grande spessore come Joe Mercer, Dave Sexton, Don Howe e Ron Atkinson, ma furono i carneadi George Curtis e John Sillett (allenatori ad interim) a centrare il trionfo più prestigioso. All’ombra delle due torri del vecchio Wembley, nel 1987 il Coventry si ritrovò a giocare il match decisivo della FA Cup con il Tottenham. Contro tutti i pronostici, sconfisse gli Spurs per 3-2 dopo i tempi supplementari, in una delle finali più belle e drammatiche di tutti i tempi.
Poi arrivò il lento ma inesorabile declino, corredato da una pesante crisi finanziaria che sempre accompagna le squadre incapaci di risalire in fretta in Premier. Per la verità ancor prima della retrocessione in Championship, il debito complessivo arrivò a toccare i 70 milioni di euro, tanto che se nel 2000 l’Inter non avesse versato nelle casse del club oltre 15 milioni per garantirsi i servigi di un allora giovanissimo Robbie Keane, la situazione avrebbe senza dubbio preso una piega ancora peggiore.
I supporter degli Sky Blues adesso sperano che passi l’ennesima buriana, augurandosi che in un futuro molto vicino ci siano i fondi per rafforzare la rosa. Ma dietro l’angolo di miracoli come quello del 1987 non sembrano essercene…
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