Stranezze del calcio. La scorsa stagione il Wolverhampton dominò il campionato di Championship, mentre il Birmingham City ottenne sì la promozione diretta, ma solo dopo mille patemi d’animo e nonostante fosse partita come favorita d’obbligo nella competizione. Quest’anno i Blues si battono per un posto in Europa, i Wolves rischiano seriamente di tornare subito nella serie cadetta del calcio inglese. Nel recentissimo derby al St Andrew’s, la compagine allenata da Alex McLeish ha vinto in rimonta una partita che potrebbe rivelarsi decisiva per il destino di entrambi i club. I tifosi dell’Old Gold masticano amaro, amarissimo. La rosa formata da oltre 30 elementi si sta rivelando più un handicap che un vantaggio. Colpa del vituperato Mick McCarthy e di come cambi in continuazione l’undici titolare? Sembrerebbe proprio di sì. L’ex difensore di Barnsley e Manchester City e allenatore dell’Irlanda – celeberrimo il suo litigio con Roy Keane prima del mondiale nippo-coreano che determinò l’addio alla nazionale da parte dell’allora centrocampista del Manchester United – non sembra un raffinato stratega tattico ma nemmeno uno che sappia gestire al meglio il materiale umano a sua disposizione.
Davanti l’alternanza tra i vari Sylvan Ebanks-Blake, Kevin Doyle e Chris Iwelumo ha prodotto solo una manciata di reti, in difesa i primi flop di Michael Mancienne, giovane di belle speranze in prestito dal Chelsea, ne hanno determinato uno sciagurato avanzamento a centrocampo. L’apice, o sarebbe meglio dire il nadir, di quello che in Italia, sbagliando, chiameremmo turnover, ma che in Inghilterra si definisce rotation, McCarthy lo ha raggiunto prima di Natale. Contro il Manchester United ha schierato una sorta di formazione riserve onde preservare i titolari per il match contro il Burnley, in programma quattro giorni dopo. E pur vero che i Wolves hanno almeno vinto la sfida con i Clarets, ma la resa anticipata all’Old Trafford – il match è poi terminato 3-0 – ha fatto andare su tutte le furie i supporter locali e non solo.
Ormai dalle parti del Molineux Ground ci si prepara al peggio, iniziando a contestare apertamente McCarthy. Dopo una sconfitta come quella rimediata al Selhurst Park nel replay del quarto turno di FA Cup, con le Eagles londinesi a segno per ben tre volte con il terzino improvvisato attaccante Danny Butterfield e i Wolves a fare catenaccio dal primo minuto con ben sei difensori messi in campo, ai sostenitori del club delle Midlands non rimane che fare qualche nostalgico tuffo nel passato. Quando il Wolverhampton dominava il calcio inglese, come negli anni Cinquanta, oppure quando ci pensava un tale Steve Bull ad infiammare i cuori della tifoseria nero e arancio. Il club languiva addirittura in Quarta Divisione, era indispensabile un “salvatore della patria”, un giocatore simbolo in grado di risollevare le sorti di una delle compagini più gloriose della storia del Beautiful Game. Serviva uno come Bull, che in 561 presenze tra il 1986 e il 1999 stabilì il record di gol segnati per i Wolves, 306 (250 dei quali in campionato), il record di marcature in una singola stagione (52 nel 1987-88) e di triplette (ben 18). Nonostante ciò, il buon Steve non riuscì a riportare il Wolverhampton nella massima divisione inglese dove, anzi, in vita sua giocò solo una manciata di minuti il 12 aprile del 1986 con la maglia del West Bromwich Albion. Non fosse entrato in campo quel giorno avrebbe eguagliato un altro record, quello ancora in possesso dell’attaccante del Bristol City John Atyeo, unico ad aver vestito la maglia dei Tre Leoni nel Secondo Dopo Guerra senza aver mai disputato una partita di First Division e Premier League che dir si voglia. E sì, perché Bull in nazionale ci ha giocato 13 partite (quattro ad Italia 90), trovando il modo di insaccare quattro gol.
Nel 2003 una delle tribune del Molineux ha cambiato nome da John Ireland Stand in Steve Bull Stand, un giusto omaggio alla leggenda vivente dei Wolves. Ma un onore che ben difficilmente sarà riservato a McCarthy.
Nessun commento:
Posta un commento