“Io nuovo manager del Chelsea? Non ci penso nemmeno, mi distruggerebbe la carriera!”. Non ha tutti i torti Brendan Rodgers, tecnico che tanto bene sta facendo allo Swansea City: la panchina dei Blues è ormai ufficialmente la più calda e difficile di tutta l’Inghilterra, anche più di quella della nazionale. Le statistiche parlano chiaro: dal 2004 a oggi Roman Abramovich ha cambiato sette manager. Quasi uno l’anno, compreso il ruolo ad interim affidato a Roberto Di Matteo.
Uno che si mormora non sia proprio amatissimo dalla vecchia guardia, ovvero i veterani di mille battaglie (e successi) come Frankie Lampard, John Terry e Didier Drogba che, sempre a dar credito ai media britannici, “comandano” all’interno dello spogliatoio. Uno spogliatoio che a dir la verità è sempre più spaccato, come ha lasciato intendere in maniera molto netta Raul Mereiles durante il replay di FA Cup a Birmingham di martedì scorso.
Dopo aver segnato il goal del 2-0 con uno splendido tiro da fuori area, il portoghese non ha festeggiato e anche nel dopo partita non ha avuto contatti 'amichevoli' con i compagni. Lui, che era uno dei pupilli di André Villas-Boas, evidentemente non ha preso troppo bene il licenziamento dell’ex allenatore del Porto, cui ha contribuito parecchio la condotta dei senatori.
Sempre a dar credito ai bene informati, adesso al Chelsea è però giunto il momento del redde rationem un po’ per tutti. Domenica scorsa Abramovich ha tenuto a rapporto la squadra e ha chiarito senza troppe perifrasi che continuando di questo passo in estate ci sarà un bel ripulisti.
Già, le cose non vanno e ci si butta sul mercato. Ma siamo sicuri che non siano state proprio le scelte della dirigenza – e del miliardario russo in particolare – a determinare la situazione di crisi attuale?
Anche in questo caso un po’ di numeri ci sono d’aiuto: dalla doppietta Premier-FA Cup del 2010, il club dello Stamford Bridge ha speso circa 180 milioni di euro per rafforzare la squadra (senza contare i denari buttati via per assicurarsi Villas-Boas), a fronte di entrate derivanti da cessioni che arrivano a stento a 25 milioni e con tanto di contratto non rinnovato a Fabio Borini.
Come siano stati investiti quei quattrini è sotto gli occhi di tutti: cifre folli per flop clamorosi come Fernando Torres o David Luiz, per non parlare dell’oggetto misterioso Romelu Lukaku (quasi mai impiegato, sebbene all’Anderlecht siano entrati in cassa una ventina di milioni).
Adesso si parla con insistenza di uno sforzo titanico per strappare Ronaldo al Real Madrid, qualora dovesse ritornare l’idolo della piazza, ovviamente Josè Mourinho. A proposito, i tifosi vogliono unicamente lo Special One, il solo bisbiglio che allo Stamford Bridge possa arrivare uno dei grandi 'nemici' del portoghese, Rafa Benitez, li ha fatti trasalire – ed esprimere tutto il loro dissenso nel match del St Andrew’s.
Tuttavia il duo lusitano non basta. L’ideale sarebbe dare tempo e spazio ai giovani di crescere. Tra quelli acquistati e i prodotti del vivaio – coloro che nel 2010 hanno vinto la prima FA Youth Cup nell’arco di 49 anni – in teoria gente di valore ci sarebbe, però spedirli in prestito (come accaduto ai vari Josh McEachren, Jeffrey Bruma e Gael Kakuta) non è la migliore delle soluzioni.
Paradossalmente se i Blues non si dovessero qualificare per la prossima Champions League ci potrebbe essere qualche margine in più per puntare sulle nuove leve. Ma non andatelo a raccontare ad Abramovich che, ci scommettiamo, ha già messo in caldo il libretto degli assegni. Con l’augurio per tutti i tifosi del Chelsea che non sperperi soldi come fatto nel recente passato.
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