giovedì 31 dicembre 2009
Buon 2010!
Si sta per aprire un decennio che sicuramente porterà le Olimpiadi in quel di Londra e che forse vedrà l'Inghilterra ospitare la fase finale di un Mondiale di calcio. Agli affezionati lettori di UK Footy intanto va l'augurio di un felice 2010.
Scotland the brave
Hibernian-Rangers 1-4, Rangers-Dundee United 7-1. E le due uniche rivali dell'oligopolio dell'Old Firm abbandonano la lotta per il titolo. Qualche settimana fa avevo scritto di un possibile ritrovato equilibrio nell’ambito della Scottish Premier League. Mal me ne incolse…
Un fine 2009 all’insegna delle grandi
Ogni anno ormai è la stessa storia. In Inghilterra durante le feste si gioca tanto e gli stadi – non solo in Premier – sono stracolmi, mentre a noi non rimane che stare a guardare. Eppure chi ha lavorato lì per tanti anni, come Claudio Ranieri, sostiene che dovremmo imitare gli inglesi e far divertire la gente quando è in ferie e ha più tempo da dedicare alle proprie passioni. Poi ci si meraviglia che nel Bel Paese gli impianti sono sempre più vuoti…
Torniamo però oltre Manica, dove il Chelsea chiude il 2009 in vetta alla classifica. Ma quanta fatica! Sia a Birmingham che nel derby casalingo contro il Fulham i Blues avrebbero potuto perdere l’intera posta in palio, per cui alla fine aver rimediato quattro punti è un risultato più che soddisfacente. Il Chelsea ha perso un po’ dello smalto dei mesi passati, anche perché l’assenza di Michael Essien in mezzo al campo si fa sentire tantissimo – e non a caso da quando manca il ghanese la difesa, complice un Peter Cech ancora troppo incostante, subisce più gol. La sesta rimonta stagionale nel match contro i Cottagers arriva grazie al solito, immenso Didier Drogba e a uno degli autogol più comici del 2009, che ha visto come protagonista la riserva di Brede Hangeland, Chris Smalling, al suo debutto in Premier. Ora scatta la Coppa d’Africa e la rosa dei Blues è destinata a restringersi. Guai in vista per Mister Ancelotti?
A proposito di allenatori italiani, si sono già versati fiumi di inchiostro per narrare le prime gesta di Roberto Mancini alla guida del Manchester City. Di certo la tifoseria locale, al di là di qualche mugugno, non ha reagito al licenziamento di Mark Hughes con lo stesso disappunto del 1993, quando Peter Reid fu cacciato dopo sole tre giornate nonostante i buoni risultati collezionati nelle stagioni precedenti. Le due facili vittorie contro lo Stoke (prima volta che il City non ha subito gol in casa dall’esordio stagionale con i Wolves) e il 3-0 proprio in casa del Wolverhampton hanno contribuito a dare “una buona impressione” dell’ex interista. Un Mancini che per il momento ha registrato un po’ la difesa, affiancando a un Carlitos Tevez in grande spolvero (tre gol in due partite) a rotazione Robinho e il possibile dissidente Craig Bellamy, in precedenza schierati da esterni alti a sostegno delle due punte. Una scelta definitiva oppure un ripiego, in attesa del recupero di Emmanuel Adebayor? Questo è forse il principale interrogativo tattico dei Light Blues targati Mancio.
La sponda bianco-rossa di Manchester segue con apprensione le tristi vicende familiari di Edwin van der Sar, sbarazzandosi senza troppe difficoltà degli ostacoli Hull e Wigan. Fa (quasi) tutto Wayne Rooney, specialmente al KC Stadium – gol, assist e autogol provocato. Con i Latics finisce 5-0 come all’andata, con l’ex Everton ad aprire le danze. I Red Devils sono sempre lì, a contatto con il Chelsea. La classifica dice meno due sia per i punti che per la differenza reti.
“Lo rifarei senza problemi”, così si è espresso Arsene Wenger in merito alla sua decisione di mandare in campo Cesc Fabregas al 57° del match contro l’Aston Villa, nonostante lo spagnolo fosse in precarie condizioni fisiche. In 28 minuti il centrocampista ha segnato una meravigliosa doppietta che ha segnato in maniera indelebile la gara. Peccato per la ricaduta del risentimento muscolare, che ha impedito allo spagnolo di essere in campo a Portsmouth. Poco male. Al Fratton Park il suo sostituto, la giovane promessa gallese Aaron Ramsey, non sfigura (anzi, segna pure uno splendido gol), mentre gli altri Gunners hanno un compito agevole contro i disastrati Pompey. Qualora l’Arsenal dovesse vincere il non proibitivo recupero contro il Bolton, salirebbe a meno uno dal Chelsea. E in quel caso il gioco si farebbe ancora più interessante.
Ultimi scampoli d’anno in controtendenza per due nobili del calcio inglese. L’Aston Villa rimane a secco per la prima volta dallo 0-2 interno con il Wigan di metà agosto, non riuscendo a superare le difese di Arsenal e Liverpool. Quel che è peggio, specialmente per le ambizioni di titolo dei Villans, è non aver preso nemmeno un punto contro le due rivali d’alta classifica. Rinascono invece i Reds, finalmente con Alberto Aquilani titolare (bene con i Wolves, così così al Villa Park). Ma a mettere il marchio del fuoriclasse ci pensa Fernando Torres, divenuto anche il giocatore dei Reds più veloce di sempre a raggiungere le 50 marcature in campionato (gli sono bastate solo 72 partite).
Ultima annotazione sulla terza panchina saltata in Premier dall’inizio della stagione. Dopo poco più di due anni in carica, a Gary Megson è stata fatale la doppietta di Stephen Hunt, dell’Hull, che negli ultimi 20 minuti ha vanificato il doppio vantaggio costruito in precedenza dal sempre più pericolante Bolton.
Sabato niente campionato. Tranquilli, si gioca lo stesso. Di scena il terzo turno della centoventinovesima edizione della FA Cup.
Scritto per Goal.com
Torniamo però oltre Manica, dove il Chelsea chiude il 2009 in vetta alla classifica. Ma quanta fatica! Sia a Birmingham che nel derby casalingo contro il Fulham i Blues avrebbero potuto perdere l’intera posta in palio, per cui alla fine aver rimediato quattro punti è un risultato più che soddisfacente. Il Chelsea ha perso un po’ dello smalto dei mesi passati, anche perché l’assenza di Michael Essien in mezzo al campo si fa sentire tantissimo – e non a caso da quando manca il ghanese la difesa, complice un Peter Cech ancora troppo incostante, subisce più gol. La sesta rimonta stagionale nel match contro i Cottagers arriva grazie al solito, immenso Didier Drogba e a uno degli autogol più comici del 2009, che ha visto come protagonista la riserva di Brede Hangeland, Chris Smalling, al suo debutto in Premier. Ora scatta la Coppa d’Africa e la rosa dei Blues è destinata a restringersi. Guai in vista per Mister Ancelotti?
A proposito di allenatori italiani, si sono già versati fiumi di inchiostro per narrare le prime gesta di Roberto Mancini alla guida del Manchester City. Di certo la tifoseria locale, al di là di qualche mugugno, non ha reagito al licenziamento di Mark Hughes con lo stesso disappunto del 1993, quando Peter Reid fu cacciato dopo sole tre giornate nonostante i buoni risultati collezionati nelle stagioni precedenti. Le due facili vittorie contro lo Stoke (prima volta che il City non ha subito gol in casa dall’esordio stagionale con i Wolves) e il 3-0 proprio in casa del Wolverhampton hanno contribuito a dare “una buona impressione” dell’ex interista. Un Mancini che per il momento ha registrato un po’ la difesa, affiancando a un Carlitos Tevez in grande spolvero (tre gol in due partite) a rotazione Robinho e il possibile dissidente Craig Bellamy, in precedenza schierati da esterni alti a sostegno delle due punte. Una scelta definitiva oppure un ripiego, in attesa del recupero di Emmanuel Adebayor? Questo è forse il principale interrogativo tattico dei Light Blues targati Mancio.
La sponda bianco-rossa di Manchester segue con apprensione le tristi vicende familiari di Edwin van der Sar, sbarazzandosi senza troppe difficoltà degli ostacoli Hull e Wigan. Fa (quasi) tutto Wayne Rooney, specialmente al KC Stadium – gol, assist e autogol provocato. Con i Latics finisce 5-0 come all’andata, con l’ex Everton ad aprire le danze. I Red Devils sono sempre lì, a contatto con il Chelsea. La classifica dice meno due sia per i punti che per la differenza reti.
“Lo rifarei senza problemi”, così si è espresso Arsene Wenger in merito alla sua decisione di mandare in campo Cesc Fabregas al 57° del match contro l’Aston Villa, nonostante lo spagnolo fosse in precarie condizioni fisiche. In 28 minuti il centrocampista ha segnato una meravigliosa doppietta che ha segnato in maniera indelebile la gara. Peccato per la ricaduta del risentimento muscolare, che ha impedito allo spagnolo di essere in campo a Portsmouth. Poco male. Al Fratton Park il suo sostituto, la giovane promessa gallese Aaron Ramsey, non sfigura (anzi, segna pure uno splendido gol), mentre gli altri Gunners hanno un compito agevole contro i disastrati Pompey. Qualora l’Arsenal dovesse vincere il non proibitivo recupero contro il Bolton, salirebbe a meno uno dal Chelsea. E in quel caso il gioco si farebbe ancora più interessante.
Ultimi scampoli d’anno in controtendenza per due nobili del calcio inglese. L’Aston Villa rimane a secco per la prima volta dallo 0-2 interno con il Wigan di metà agosto, non riuscendo a superare le difese di Arsenal e Liverpool. Quel che è peggio, specialmente per le ambizioni di titolo dei Villans, è non aver preso nemmeno un punto contro le due rivali d’alta classifica. Rinascono invece i Reds, finalmente con Alberto Aquilani titolare (bene con i Wolves, così così al Villa Park). Ma a mettere il marchio del fuoriclasse ci pensa Fernando Torres, divenuto anche il giocatore dei Reds più veloce di sempre a raggiungere le 50 marcature in campionato (gli sono bastate solo 72 partite).
Ultima annotazione sulla terza panchina saltata in Premier dall’inizio della stagione. Dopo poco più di due anni in carica, a Gary Megson è stata fatale la doppietta di Stephen Hunt, dell’Hull, che negli ultimi 20 minuti ha vanificato il doppio vantaggio costruito in precedenza dal sempre più pericolante Bolton.
Sabato niente campionato. Tranquilli, si gioca lo stesso. Di scena il terzo turno della centoventinovesima edizione della FA Cup.
Scritto per Goal.com
lunedì 28 dicembre 2009
Bellamy
Il gallese nega di aver avuto già una prima lite con il nuovo manager Roberto Mancini. Non so perché, ma dubito che passerà molto tempo prima che ci possa essere qualche "discussione". A meno che l'ex tecnico dell'Inter capisca che Robinho è uno dei giocatori più sopravvalutati della storia (ovviamente quest'ultima è una mia opinione, che si va radicalizzando ogni mese che passa...).
mercoledì 23 dicembre 2009
Addio Albert Scanlon
Purtroppo se n'è andato uno dei Busby Babes sopravvissuti alla tragedia di Monaco di Baviera del 6 febbraio 1958. Esordì con i Red Devils nel 1954, dopo essere passato per la trafila delle giovanili. Nativo di Salford, sobborgo di MAnchester, vinse il campionato nel 1956 e 1957. L'addio all'Old Trafford nel 1960, dopo 115 partite disputate e 34 gol. La permanenza al Newcastle non portò i frutti sperati, tanto che Scanlon finì la sua carriera di calciatore nelle divisioni minori. RIP.
mercoledì 16 dicembre 2009
World Cup 2018
Ecco a seguire l'elenco dei 15 stadi candidati a ospitare le partite dei mondiali 2018, qualora la FIFA li dovesse assegnare all'Inghilterra:
Birmingham: Villa Park
Bristol: New Ashton Vale Stadium
Leeds: Elland Road
Liverpool: Anfield o New Anfield
London: Wembley
London: Emirates Stadium
London: New White Hart Lane o Olympic Stadium
Manchester: City of Manchester Stadium
Manchester: Old Trafford
Milton Keynes: Stadium MK
Newcastle: St James' Park
Nottingham: New stadium
Plymouth: Home Park
Sheffield: Hillsborough
Sunderland: Stadium of Light
Mancano Leicester e Derby, c'è Milton Keynes. Peccato.
Birmingham: Villa Park
Bristol: New Ashton Vale Stadium
Leeds: Elland Road
Liverpool: Anfield o New Anfield
London: Wembley
London: Emirates Stadium
London: New White Hart Lane o Olympic Stadium
Manchester: City of Manchester Stadium
Manchester: Old Trafford
Milton Keynes: Stadium MK
Newcastle: St James' Park
Nottingham: New stadium
Plymouth: Home Park
Sheffield: Hillsborough
Sunderland: Stadium of Light
Mancano Leicester e Derby, c'è Milton Keynes. Peccato.
lunedì 14 dicembre 2009
In vetta c’è spazio anche per l’Aston Villa?
I minimi comuni denominatori della sedicesima giornata di Premier? Lo spettacolo e le sorprese, non c’è dubbio. Scoppiettanti 3-3, l’Aston Villa che viola dopo 26 anni l’Old Trafford, gol da centrocampo, i Wolves che sorprendono il Tottenham in casa, le prodezze di quel fenomeno di Didier Drogba, l’Everton che strappa un clamoroso pareggio allo Stamford Bridge.
A proposito del Chelsea, nelle precedenti sette partite casalinghe in Premier aveva sempre vinto, subendo un solo gol all’esordio stagionale con l’Hull. Con i Toffees i Blues incappano nel quarto incontro senza vittoria, ma giocano meglio e con più concentrazione rispetto a quanto mostrato in coppa con l’Apoel. Il problema per Carlo Ancelotti è che a un Drogba da leggenda – con la doppietta di sabato è capocannoniere con 13 reti – fa da contraltare un Peter Cech in un pessimo stato di forma. Dopo la papere del City of Manchester Stadium, con l’Everton il ceco ha preso ben due abbagli. Certo continuando di questo passo Henrique Hilario o il giovane Ross Turnbull potrebbero giocarsi le loro chance, anche se è improbabile che il tecnico italiano voglia privarsi di Cech troppo a cuor leggero.
“E’ stata solo una giornata storta”. Così ha commentato Alex Ferguson il primo passo falso casalingo in Premier dal capitombolo (1-4) contro il Liverpool del marzo scorso. Grande merito all’Aston Villa della stella Gabriel Agbonlahor e del fumantino allenatore nord-irlandese Martin O’Neill. Se era quasi tre decenni che i Villans non passavano all’Old Trafford, era comunque 14 anni che non battevano i Red Devils che, a dirla tutta, un pareggio lo avrebbero più che meritato. Però a pensare che Dimitar Berbatov è costato oltre 30 milioni di euro e a vederlo ciccare palle facili come un paio con il Villa si inizia a credere che il bulgaro sia un dei peggiori investimenti degli ultimi anni dell’intero campionato inglese.
La scorsa stagione aveva segnato tutti i gol dell’Arsenal nell’incredibile 4-4 finale di Liverpool-Arsenal, domenica Andrey Arshavin ha realizzato una sola rete (per altro uguale a una del celebre poker), ma così facendo ha regalato tre punti che tengono i Gunners sulla scia delle prime due. Fa impressione come i Reds si siano spenti dopo un bel primo tempo, chiuso peraltro in vantaggio. La sfortuna ci ha messo sicuramente lo zampino – vedi il comico autogol di Glen Johnson – ma anche la decisione di Rafa Benitez di concedere solo 25 minuti a un Alberto Aquilani apparso tonico e in buona forma ha giocato un ruolo non proprio secondario.
Ottavo pareggio in nove partite per il Manchester City, che però insieme al pericolante Bolton è protagonista di una delle partite più intense della giornata. Lì dove serve la grinta, la “garra” come si dice al suo Paese, ecco primeggiare Carlitos Tevez, tornato a segnare con una certa costanza dopo un inizio campagna con le polveri bagnate – la doppietta al Reebok Stadium, dopo il gol della vittoria con il Chelsea, lo porta a cinque in totale in Premier.
Forse la sorpresa più eclatante di questo turno giunge dal White Hart Lane. Un Tottenham brutto e confusionario cede l’intera posta in palio contro il Wolverhampton, adesso fuori dalle zona caldissima della classifica, dove invece precipita il West Ham. Al St Andrews decide un tifoso e un ex giocatore degli Irons, quel Lee Bowyer che regala al Birmingham la quarta affermazione consecutiva e l’ottava piazza in Premier.
Chiusura d’obbligo per la prodezza di Maynor Figueroa. Nell’agosto del 1996 David Beckham segnò un gol al Wimbledon da centrocampo. Al Britannia Stadium di Stoke il difensore honduregno lo ha imitato alla perfezione. Chapeau!
Scritto per Goal.com
A proposito del Chelsea, nelle precedenti sette partite casalinghe in Premier aveva sempre vinto, subendo un solo gol all’esordio stagionale con l’Hull. Con i Toffees i Blues incappano nel quarto incontro senza vittoria, ma giocano meglio e con più concentrazione rispetto a quanto mostrato in coppa con l’Apoel. Il problema per Carlo Ancelotti è che a un Drogba da leggenda – con la doppietta di sabato è capocannoniere con 13 reti – fa da contraltare un Peter Cech in un pessimo stato di forma. Dopo la papere del City of Manchester Stadium, con l’Everton il ceco ha preso ben due abbagli. Certo continuando di questo passo Henrique Hilario o il giovane Ross Turnbull potrebbero giocarsi le loro chance, anche se è improbabile che il tecnico italiano voglia privarsi di Cech troppo a cuor leggero.
“E’ stata solo una giornata storta”. Così ha commentato Alex Ferguson il primo passo falso casalingo in Premier dal capitombolo (1-4) contro il Liverpool del marzo scorso. Grande merito all’Aston Villa della stella Gabriel Agbonlahor e del fumantino allenatore nord-irlandese Martin O’Neill. Se era quasi tre decenni che i Villans non passavano all’Old Trafford, era comunque 14 anni che non battevano i Red Devils che, a dirla tutta, un pareggio lo avrebbero più che meritato. Però a pensare che Dimitar Berbatov è costato oltre 30 milioni di euro e a vederlo ciccare palle facili come un paio con il Villa si inizia a credere che il bulgaro sia un dei peggiori investimenti degli ultimi anni dell’intero campionato inglese.
La scorsa stagione aveva segnato tutti i gol dell’Arsenal nell’incredibile 4-4 finale di Liverpool-Arsenal, domenica Andrey Arshavin ha realizzato una sola rete (per altro uguale a una del celebre poker), ma così facendo ha regalato tre punti che tengono i Gunners sulla scia delle prime due. Fa impressione come i Reds si siano spenti dopo un bel primo tempo, chiuso peraltro in vantaggio. La sfortuna ci ha messo sicuramente lo zampino – vedi il comico autogol di Glen Johnson – ma anche la decisione di Rafa Benitez di concedere solo 25 minuti a un Alberto Aquilani apparso tonico e in buona forma ha giocato un ruolo non proprio secondario.
Ottavo pareggio in nove partite per il Manchester City, che però insieme al pericolante Bolton è protagonista di una delle partite più intense della giornata. Lì dove serve la grinta, la “garra” come si dice al suo Paese, ecco primeggiare Carlitos Tevez, tornato a segnare con una certa costanza dopo un inizio campagna con le polveri bagnate – la doppietta al Reebok Stadium, dopo il gol della vittoria con il Chelsea, lo porta a cinque in totale in Premier.
Forse la sorpresa più eclatante di questo turno giunge dal White Hart Lane. Un Tottenham brutto e confusionario cede l’intera posta in palio contro il Wolverhampton, adesso fuori dalle zona caldissima della classifica, dove invece precipita il West Ham. Al St Andrews decide un tifoso e un ex giocatore degli Irons, quel Lee Bowyer che regala al Birmingham la quarta affermazione consecutiva e l’ottava piazza in Premier.
Chiusura d’obbligo per la prodezza di Maynor Figueroa. Nell’agosto del 1996 David Beckham segnò un gol al Wimbledon da centrocampo. Al Britannia Stadium di Stoke il difensore honduregno lo ha imitato alla perfezione. Chapeau!
Scritto per Goal.com
venerdì 11 dicembre 2009
FA Cup on tour
“Martedì 15 dicembre la Coppa d’Inghilterra sarà al Madejski Stadium dalle ore 15 alle 19. Prenotatevi per incontrarla”. Questo pomeriggio mi è arrivata una e-mail dalla Football Association che più o meno in questi termini mi avvisava di tale opportunità, che certo tanti tifosi del Reading non si lasceranno sfuggire. Del Reading così come di numerose altre squadre, visto che la Coppa sta girando il Paese. Serve altro per spiegare il lodevole attaccamento alla storia e alla tradizione che hanno oltre Manica, nel caso di specie per la competizione calcistica più antica del globo?
giovedì 10 dicembre 2009
Zamora e i ciber-tifosi
Bobby Zamora è il classico attaccante inglese vecchio stampo. Un lungagnone che ci mette tanta grinta, buono a colpire la palla di testa, con un discreto fiuto del gol, ma dotato di mezzi tecnici a dir poco limitati. Nato e cresciuto a Barking, nell’East End londinese, il buon Bobby ha imparato fin da piccolo a non farsi mettere i piedi in testa, dal momento che nell’area della metropoli inglese dove abitava non era – non è – sempre tutto rose e fiori. Quando era ragazzino, grazie alla sua determinazione, Zamora si è messo ben presto in evidenza nel Senrab F.C., mitico club delle Sunday Leagues (divisioni amatoriali) dove ha giocato insieme a gente del calibro di John Terry e Ledley King.
Domenica scorsa il suo carattere di East Ender fiero e deciso è uscito fuori con prepotenza in occasione di un evento che, in teoria, per lui sarebbe dovuto essere lieto, e che invece si è trasformato in una fonte di polemiche. Il nostro ha segnato il gol della vittoria nel match casalingo di Premier contro il Sunderland, astenendosi però dal festeggiare. Anzi, rabbuiato in volto, ha mandato a quel paese qualcuno senza troppi giri di parole o forbite espressioni oxfordiane. Le sue lamentazioni erano dirette ad alcuni tifosi assiepati sugli spalti del vecchio Craven Cottage, impianto tra i più belli e “old style” di tutto il calcio mondiale? Forse, ma non è così scontato. La colorita risposta era infatti in riferimento ad aspre critiche ricevute sui forum aperti su internet dai sostenitori dei Cottagers. Gente che si è spinta a dire che se mai Zamora avesse vestito la maglia dell’Inghilterra “Gesù avrebbe pianto”.
L’ex giocatore di Tottenham e West Ham United – squadra per cui ha fatto il tifo fin da bambino e che nel 2005 riportò in Premier con un suo celeberrimo gol nella finale dei play off di Championship contro il Preston – non ha proprio mandato giù il fatto di essere insultato da persone che rimangono per lo più anonime e che si fanno scudo di una tastiera e di uno schermo di computer. Una cosa che, evidentemente, ha anzi letteralmente mandato in bestia il povero Bobby, abituato a trattare con la gente in maniera molto più diretta, da puro East Ender che, figlio di immigrati di Trinidad & Tobago, qualche volta forse avrà pure dovuto difendersi per il colore della sua pelle. Intendiamoci, Zamora è uno degli idoli assoluti dei supporter del Fulham. Nonostante da quando sia giunto al club che ha sede nel ricco ed elegante quartiere della parte ovest della città nell’estate del 2008 non abbia ancora raggiunto la doppia cifra di realizzazioni, il suo dare sempre il 100 per cento in campo viene immensamente apprezzato dalla stragrande maggioranza degli appassionati. La minoranza silenziosa – almeno allo stadio – continuerà a pontificare sulla rete, uno strumento che l’attaccante del team che fu anche di George Best e Bobby Moore sembra detestare con tutto il cuore.
È invece un grande esperto di internet uno degli avversari di Zamora nella gara del “fattaccio”. Anche lui centravanti, ma senza dubbio più valido dal punto di vista tecnico, Darren Bent ha accelerato il suo passaggio dal Tottenham al Sunderland usando Twitter per manifestare tutta la sua frustrazione per l’allora situazione di stallo del suo trasferimento nel Nord-Est dell’Inghilterra. Daniel Levy e Harry Redknapp, rispettivamente presidente e allenatore degli Spurs, hanno prontamente ascoltato il “cinguettio” di Bent e l’affare tra i due club si è compiuto senza troppe esitazioni. Il Tottenham ci ha guadagnato circa dieci milioni di euro e maggiore serenità in una squadra dove gli attaccanti sono tanti e segnano pure con costanza, il Sunderland ha potuto accogliere un giocatore che si sta mettendo in grande evidenza e non a caso potrebbe rientrare tra i 23 che Fabio Capello porterà in Sud Africa per il Mondiale.
Un altro utente di Twitter è monsieur Thierry Henry, che sul sito di social network ha chiesto scusa al mondo intero per la “maradonata” contro l’Irlanda, non riuscendo però ad evitare l’ira – e le rappresaglie – dei bulli telematici. Per la cronaca, negli ultimi giorni Henry non si è fatto più vedere nell’etere cibernetico…
Tratto da Goal.com
Domenica scorsa il suo carattere di East Ender fiero e deciso è uscito fuori con prepotenza in occasione di un evento che, in teoria, per lui sarebbe dovuto essere lieto, e che invece si è trasformato in una fonte di polemiche. Il nostro ha segnato il gol della vittoria nel match casalingo di Premier contro il Sunderland, astenendosi però dal festeggiare. Anzi, rabbuiato in volto, ha mandato a quel paese qualcuno senza troppi giri di parole o forbite espressioni oxfordiane. Le sue lamentazioni erano dirette ad alcuni tifosi assiepati sugli spalti del vecchio Craven Cottage, impianto tra i più belli e “old style” di tutto il calcio mondiale? Forse, ma non è così scontato. La colorita risposta era infatti in riferimento ad aspre critiche ricevute sui forum aperti su internet dai sostenitori dei Cottagers. Gente che si è spinta a dire che se mai Zamora avesse vestito la maglia dell’Inghilterra “Gesù avrebbe pianto”.
L’ex giocatore di Tottenham e West Ham United – squadra per cui ha fatto il tifo fin da bambino e che nel 2005 riportò in Premier con un suo celeberrimo gol nella finale dei play off di Championship contro il Preston – non ha proprio mandato giù il fatto di essere insultato da persone che rimangono per lo più anonime e che si fanno scudo di una tastiera e di uno schermo di computer. Una cosa che, evidentemente, ha anzi letteralmente mandato in bestia il povero Bobby, abituato a trattare con la gente in maniera molto più diretta, da puro East Ender che, figlio di immigrati di Trinidad & Tobago, qualche volta forse avrà pure dovuto difendersi per il colore della sua pelle. Intendiamoci, Zamora è uno degli idoli assoluti dei supporter del Fulham. Nonostante da quando sia giunto al club che ha sede nel ricco ed elegante quartiere della parte ovest della città nell’estate del 2008 non abbia ancora raggiunto la doppia cifra di realizzazioni, il suo dare sempre il 100 per cento in campo viene immensamente apprezzato dalla stragrande maggioranza degli appassionati. La minoranza silenziosa – almeno allo stadio – continuerà a pontificare sulla rete, uno strumento che l’attaccante del team che fu anche di George Best e Bobby Moore sembra detestare con tutto il cuore.
È invece un grande esperto di internet uno degli avversari di Zamora nella gara del “fattaccio”. Anche lui centravanti, ma senza dubbio più valido dal punto di vista tecnico, Darren Bent ha accelerato il suo passaggio dal Tottenham al Sunderland usando Twitter per manifestare tutta la sua frustrazione per l’allora situazione di stallo del suo trasferimento nel Nord-Est dell’Inghilterra. Daniel Levy e Harry Redknapp, rispettivamente presidente e allenatore degli Spurs, hanno prontamente ascoltato il “cinguettio” di Bent e l’affare tra i due club si è compiuto senza troppe esitazioni. Il Tottenham ci ha guadagnato circa dieci milioni di euro e maggiore serenità in una squadra dove gli attaccanti sono tanti e segnano pure con costanza, il Sunderland ha potuto accogliere un giocatore che si sta mettendo in grande evidenza e non a caso potrebbe rientrare tra i 23 che Fabio Capello porterà in Sud Africa per il Mondiale.
Un altro utente di Twitter è monsieur Thierry Henry, che sul sito di social network ha chiesto scusa al mondo intero per la “maradonata” contro l’Irlanda, non riuscendo però ad evitare l’ira – e le rappresaglie – dei bulli telematici. Per la cronaca, negli ultimi giorni Henry non si è fatto più vedere nell’etere cibernetico…
Tratto da Goal.com
lunedì 7 dicembre 2009
Il City ridà incertezza al campionato
È stata la giornata dei rigori sbagliati: quattro su altrettanti concessi, un record. Quelli rivelatisi poi influenti per il risultato finale sono stati tirati in due sfide molto importanti per la zone nobili della classifica. Li hanno sbagliati Frank Lampard ad Eastlands e Jermain Defoe al Goodison Park. Ne consegue che il Chelsea ha visto ridursi a sole due lunghezze il vantaggio sullo United, mentre il Tottenham ha perso il terzo posto ai danni degli eterni rivali dell’Arsenal.
Ma andiamo con ordine, partendo dalla non brillantissima prova del Chelsea a casa di un Manchester City reduce da sette pareggi consecutivi in Premier ma anche dalla qualificazione alle semifinali di Carling Cup. Trovato il vantaggio in maniera quanto mai rocambolesca, i Blues sono apparsi passivi, hanno lasciato giocare fin troppo gli avversari per poi svegliarsi solo una volta subito il gol dell’1-2 su una mezza papera di Peter Cech. Insomma, dopo l’eliminazione ai rigori contro il Blackburn, la settimana di Carlo Ancelotti e dei suoi si è chiusa – male – ancora dal dischetto con l’inusuale errore di Lampard. Finalmente brillanti in attacco e non svagati in difesa, i Light Blues ora aspettano il miglior Robinho per fare un ulteriore salto di qualità. Sempre che il brasiliano voglia rimanere nel Lancashire alle dipendenze di Mark Hughes…
Il Manchester United accorcia il distacco passeggiando al Boleyn Ground, ma paga a caro prezzo lo sforzo sostenuto contro gli Irons. Più che a pensare alle solite belle prove e ai gol di Wayne Rooney e Antonio Valencia, o a un Darron Gibson ancora in rete dopo la splendida doppietta in coppa contro il Tottenham, Alex Ferguson si dovrà preoccupare delle tantissime assenze nel reparto arretrato in vista della gara di Champions League a Wolsburg. Già con il West Ham si era partiti con un inedito Darren Fletcher terzino destro, poi in corso d’opera si sono infortunati pure Gary Neville e Wes Brown, tanto che i Red Devils hanno finito la gara con un solo difensore di ruolo e Michael Carrick a fare lo stopper! Purtroppo per loro, in Germania la situazione rischia di non essere migliore, anzi.
Un super Arshavin regala una facile affermazione all’Arsenal nel match casalingo contro lo Stoke.
Acque agitate in casa dei Potters. La sconfitta era prevedibile, l’alterco – pare che siano addirittura arrivati alle mani – tra il tecnico Tony Pulis e il centravanti James Bettie un po’ meno.
Per i Gunners fa nulla che Cesc Fabregas sprechi un penalty procuratosi dal “solito” centrocampista russo. Conta invece l’ennesimo infortunio ad Eduardo. Se lo United può vantare numerose assenze dietro, ai Gunners iniziano a non sapere chi mettere in attacco – Van Persie, Walcott e Bendtner sono tutti out, con l’olandese che ne avrà per oltre quattro mesi.
Almeno Arsene Wenger si è potuto consolare con la bella rimonta del traballante Everton ai danni del Tottenham. Mastodontica l’occasione sprecata dagli Spurs, in vantaggio di due reti e con in mano il pallino del gioco fino a un quarto d’ora dalla fine. Se poi Defoe butta alle ortiche il 3-2 in pieno recupero c’è proprio tanto su cui recriminare.
C’è invece tristemente poco da dire sul pareggio a reti bianche tra Liverpool e Blackburn – che almeno ritrovava il suo allenatore Sam Allardyce, reduce da un’angioplastica che lo ha tenuto fuori causa per quasi un mese. Brutto incontro, povero di contenuti tecnici e di occasioni da rete. Ancora inutilizzato Alberto Aquilani, che ha passato tutti i 90 minuti a prendere freddo in panchina.
Oltre a Wolverhampton-Bolton (con i Wolves vittoriosi dopo un’astinenza di otto partite), in coda spiccava Portsmouth-Burnley. Al Fratton Park i problemi non finiscono mai, tra difficoltà finanziarie e stipendi non pagati, ma almeno sabato sono arrivati tre punti di platino. Ad aprire le marcature il difensore islandese Hermann Hreidarsson. Uno che di retrocessioni se ne intende, avendone già vissute quattro. E che ovviamente ora vuole evitare a tutti i costi la quinta.
Scritto per Goal.com
Ma andiamo con ordine, partendo dalla non brillantissima prova del Chelsea a casa di un Manchester City reduce da sette pareggi consecutivi in Premier ma anche dalla qualificazione alle semifinali di Carling Cup. Trovato il vantaggio in maniera quanto mai rocambolesca, i Blues sono apparsi passivi, hanno lasciato giocare fin troppo gli avversari per poi svegliarsi solo una volta subito il gol dell’1-2 su una mezza papera di Peter Cech. Insomma, dopo l’eliminazione ai rigori contro il Blackburn, la settimana di Carlo Ancelotti e dei suoi si è chiusa – male – ancora dal dischetto con l’inusuale errore di Lampard. Finalmente brillanti in attacco e non svagati in difesa, i Light Blues ora aspettano il miglior Robinho per fare un ulteriore salto di qualità. Sempre che il brasiliano voglia rimanere nel Lancashire alle dipendenze di Mark Hughes…
Il Manchester United accorcia il distacco passeggiando al Boleyn Ground, ma paga a caro prezzo lo sforzo sostenuto contro gli Irons. Più che a pensare alle solite belle prove e ai gol di Wayne Rooney e Antonio Valencia, o a un Darron Gibson ancora in rete dopo la splendida doppietta in coppa contro il Tottenham, Alex Ferguson si dovrà preoccupare delle tantissime assenze nel reparto arretrato in vista della gara di Champions League a Wolsburg. Già con il West Ham si era partiti con un inedito Darren Fletcher terzino destro, poi in corso d’opera si sono infortunati pure Gary Neville e Wes Brown, tanto che i Red Devils hanno finito la gara con un solo difensore di ruolo e Michael Carrick a fare lo stopper! Purtroppo per loro, in Germania la situazione rischia di non essere migliore, anzi.
Un super Arshavin regala una facile affermazione all’Arsenal nel match casalingo contro lo Stoke.
Acque agitate in casa dei Potters. La sconfitta era prevedibile, l’alterco – pare che siano addirittura arrivati alle mani – tra il tecnico Tony Pulis e il centravanti James Bettie un po’ meno.
Per i Gunners fa nulla che Cesc Fabregas sprechi un penalty procuratosi dal “solito” centrocampista russo. Conta invece l’ennesimo infortunio ad Eduardo. Se lo United può vantare numerose assenze dietro, ai Gunners iniziano a non sapere chi mettere in attacco – Van Persie, Walcott e Bendtner sono tutti out, con l’olandese che ne avrà per oltre quattro mesi.
Almeno Arsene Wenger si è potuto consolare con la bella rimonta del traballante Everton ai danni del Tottenham. Mastodontica l’occasione sprecata dagli Spurs, in vantaggio di due reti e con in mano il pallino del gioco fino a un quarto d’ora dalla fine. Se poi Defoe butta alle ortiche il 3-2 in pieno recupero c’è proprio tanto su cui recriminare.
C’è invece tristemente poco da dire sul pareggio a reti bianche tra Liverpool e Blackburn – che almeno ritrovava il suo allenatore Sam Allardyce, reduce da un’angioplastica che lo ha tenuto fuori causa per quasi un mese. Brutto incontro, povero di contenuti tecnici e di occasioni da rete. Ancora inutilizzato Alberto Aquilani, che ha passato tutti i 90 minuti a prendere freddo in panchina.
Oltre a Wolverhampton-Bolton (con i Wolves vittoriosi dopo un’astinenza di otto partite), in coda spiccava Portsmouth-Burnley. Al Fratton Park i problemi non finiscono mai, tra difficoltà finanziarie e stipendi non pagati, ma almeno sabato sono arrivati tre punti di platino. Ad aprire le marcature il difensore islandese Hermann Hreidarsson. Uno che di retrocessioni se ne intende, avendone già vissute quattro. E che ovviamente ora vuole evitare a tutti i costi la quinta.
Scritto per Goal.com
venerdì 4 dicembre 2009
Non solo Premier, il calcio delle divisioni minori
Come promesso.
Dimenticate per un attimo lo splendore della Premier, i suoi campioni acclamati e strapagati, le Big Four con milioni di tifosi sparsi per il mondo. Dimenticate gli stadi dal design avveniristico, dalle capienze imponenti e con corporate box così lussuosi a far invidia alle suite dell’Hotel Ritz di Londra. Provate ad immergevi per pochi minuti con noi nella vera essenza del calcio inglese, o almeno così credono frotte di appassionati della prima ora, cresciuti a terraces e squadre composte per undici undicesimi da giocatori britannici.
Tuffiamoci allora in quella che una volta si chiamava Third Division, e che ora in maniera un po’ buffa è denominata League One. Il match che abbiamo scelto di gustarci è Brentford vs Colchester United. Per chi non lo sapesse, Brentford è un quartiere del West End londinese, che dal 1889 può contare su una squadra con un discreto seguito nella comunità locale. Una compagine che tuttavia non gioca nella massima divisione inglese dalla fine degli anni Quaranta. Nei suoi giorni di gloria, nel decennio precedente, il Brentford si tolse lo sfizio di battere niente meno che il leggendario Arsenal di quell’epoca. In tanti, atterrando all’aeroporto di Heathrow, avranno scorto lo stadio dei Bees: il vetusto ma incantevole Griffin Park, da un po’ indiziato di pensionamento per far posto a una nuova arena nei pressi dei Kew Gardens. Dall’aereo si nota benissimo, e non a caso il tetto di una delle tribune è molto concupito per farsi pubblicità proprio dalle compagnie aeree. Adesso la copertura della ex New Road Stand, di recente ribattezzata Bill Axbey Stand in onore di un tifoso che ha seguito la squadra per 89 anni (!), reca l’effigie della Qatar Airlines. Ma i fanatici di calcio inglese, e soprattutto di stadi inglesi, sanno che il Griffin Park è famoso almeno per un altro paio di elementi: i piloni dell’illuminazione “Subbuteo style” che, quando accessi, rappresentano una sorta di faro per gli ignari appassionati che per la prima volta coprono a piedi il tragitto dalla fermata della metro di South Ealing, e i quattro pub. Unico caso in tutto il Regno Unito, agli angoli del perimetro di casette a schiera che avvolge dolcemente le piccole tribune dello stadio ci sono proprio quattro pub, ovviamente molto apprezzati dalla tifoseria locale e da quelle ospiti. Uno, forse il più bello e vissuto, è il Griffin, che deve il suo nome alla fabbrica di birra proprietaria dei terreni dove nel 1904 fu edificato anche lo stadio omonimo.
Al Griffin Park il biglietto si riceve direttamente dall’addetto che fa scattare il vecchissimo tornello di accesso alla Braemer Road Stand. Ovvero la tribuna centrale, che però costa solo un paio di sterline in più delle due end, le gradinate vecchio stile. Per la verità una delle due terraces è a due piani, e quello superiore ha pure una decina di file di posti a sedere, ma non è che l’ennesima peculiarità della casa del Brentford…
A fare i conti con una serata non piovosa ma molto fredda siamo quasi in cinquemila, con buona rappresentanza di tifosi in trasferta. Beh, Colchester non dista tanto da Londra e poi gli U’s sono terzi con legittime ambizioni di un ritorno in Championship, da dove sono retrocessi nella primavera del 2008. Il Brentford, invece, è la classica neopromossa che parte bene e poi man mano scivola nelle acque melmose della bassa classifica. A proposito di fanghiglia, a Londra di pioggia ultimamente ne ha fatta tantissima, e di conseguenza il manto erboso è piuttosto malmesso. Nonostante ciò il livello di gioco è discreto, ci azzarderemmo a dire buono, vista la categoria. Tanta corsa e agonismo ma senza un utilizzo esasperato della palla lunga, anzi, capita pure di vedere qualche bel fraseggio e gesti tecnici apprezzabili dai 22 giocatori schierati dai tecnici Andy Scott e Aidy Boothroyd (tranne due eccezioni, tutti britannici). Le Bees trovano subito un meritato vantaggio grazie all’incornata del centravanti Charlie Macdonald, imbeccato alla perfezione da John Bostock. Uno di cui forse sentiremo parlare. Piazzato alto a destra, ma dotato di un sinistro sopraffino, il giovanotto ha solo 17 anni. È stato spedito a farsi le ossa al Griffin Park dai detentori del suo cartellino, gli Spurs, che credono molto in lui. A ragione, almeno da quel che possiamo vedere. Buona presenza fisica, ottima visione di gioco e tocchi di classe che mandano in solluchero i tifosi biancorossi. Altro giocatore in prestito (dall’Arsenal) è il lungagnone polacco Wojciech Szczęsny, che tra i pali si fa rispettare, rispedendo al mittente i tanti tiri scagliati dal Colchester. Gli ospiti a tratti cingono d’assedio il Brentford, senza però grandi risultati. Purtroppo per loro, gli U’s producono lo sforzo maggiore nel primo tempo. La seconda frazione di gioco è meno spettacolare e ricca di spunti di rilievo, ma comunque passabile. Noi intanto nell’intervallo ci siamo goduti la scena del giro di campo di una inserviente delle Bees con un cartello con su scritto il numero vincente della riffa. Altro che megaschermi et similia…
Ancora più piacevole il calduccio e le battute di alcuni attempati tifosi dei Bees a fine partita dentro il Griffin Pub. Chissà, forse qualcuno di loro da bimbo avrà assistito a quel famoso Brentford-Arsenal 2-1 del novembre 1935. E rammenterà che, incredibilmente, quell’anno i biancorossi del West End arrivarono quinti in classifica, un punto sopra l’Arsenal.
Dimenticate per un attimo lo splendore della Premier, i suoi campioni acclamati e strapagati, le Big Four con milioni di tifosi sparsi per il mondo. Dimenticate gli stadi dal design avveniristico, dalle capienze imponenti e con corporate box così lussuosi a far invidia alle suite dell’Hotel Ritz di Londra. Provate ad immergevi per pochi minuti con noi nella vera essenza del calcio inglese, o almeno così credono frotte di appassionati della prima ora, cresciuti a terraces e squadre composte per undici undicesimi da giocatori britannici.
Tuffiamoci allora in quella che una volta si chiamava Third Division, e che ora in maniera un po’ buffa è denominata League One. Il match che abbiamo scelto di gustarci è Brentford vs Colchester United. Per chi non lo sapesse, Brentford è un quartiere del West End londinese, che dal 1889 può contare su una squadra con un discreto seguito nella comunità locale. Una compagine che tuttavia non gioca nella massima divisione inglese dalla fine degli anni Quaranta. Nei suoi giorni di gloria, nel decennio precedente, il Brentford si tolse lo sfizio di battere niente meno che il leggendario Arsenal di quell’epoca. In tanti, atterrando all’aeroporto di Heathrow, avranno scorto lo stadio dei Bees: il vetusto ma incantevole Griffin Park, da un po’ indiziato di pensionamento per far posto a una nuova arena nei pressi dei Kew Gardens. Dall’aereo si nota benissimo, e non a caso il tetto di una delle tribune è molto concupito per farsi pubblicità proprio dalle compagnie aeree. Adesso la copertura della ex New Road Stand, di recente ribattezzata Bill Axbey Stand in onore di un tifoso che ha seguito la squadra per 89 anni (!), reca l’effigie della Qatar Airlines. Ma i fanatici di calcio inglese, e soprattutto di stadi inglesi, sanno che il Griffin Park è famoso almeno per un altro paio di elementi: i piloni dell’illuminazione “Subbuteo style” che, quando accessi, rappresentano una sorta di faro per gli ignari appassionati che per la prima volta coprono a piedi il tragitto dalla fermata della metro di South Ealing, e i quattro pub. Unico caso in tutto il Regno Unito, agli angoli del perimetro di casette a schiera che avvolge dolcemente le piccole tribune dello stadio ci sono proprio quattro pub, ovviamente molto apprezzati dalla tifoseria locale e da quelle ospiti. Uno, forse il più bello e vissuto, è il Griffin, che deve il suo nome alla fabbrica di birra proprietaria dei terreni dove nel 1904 fu edificato anche lo stadio omonimo.
Al Griffin Park il biglietto si riceve direttamente dall’addetto che fa scattare il vecchissimo tornello di accesso alla Braemer Road Stand. Ovvero la tribuna centrale, che però costa solo un paio di sterline in più delle due end, le gradinate vecchio stile. Per la verità una delle due terraces è a due piani, e quello superiore ha pure una decina di file di posti a sedere, ma non è che l’ennesima peculiarità della casa del Brentford…
A fare i conti con una serata non piovosa ma molto fredda siamo quasi in cinquemila, con buona rappresentanza di tifosi in trasferta. Beh, Colchester non dista tanto da Londra e poi gli U’s sono terzi con legittime ambizioni di un ritorno in Championship, da dove sono retrocessi nella primavera del 2008. Il Brentford, invece, è la classica neopromossa che parte bene e poi man mano scivola nelle acque melmose della bassa classifica. A proposito di fanghiglia, a Londra di pioggia ultimamente ne ha fatta tantissima, e di conseguenza il manto erboso è piuttosto malmesso. Nonostante ciò il livello di gioco è discreto, ci azzarderemmo a dire buono, vista la categoria. Tanta corsa e agonismo ma senza un utilizzo esasperato della palla lunga, anzi, capita pure di vedere qualche bel fraseggio e gesti tecnici apprezzabili dai 22 giocatori schierati dai tecnici Andy Scott e Aidy Boothroyd (tranne due eccezioni, tutti britannici). Le Bees trovano subito un meritato vantaggio grazie all’incornata del centravanti Charlie Macdonald, imbeccato alla perfezione da John Bostock. Uno di cui forse sentiremo parlare. Piazzato alto a destra, ma dotato di un sinistro sopraffino, il giovanotto ha solo 17 anni. È stato spedito a farsi le ossa al Griffin Park dai detentori del suo cartellino, gli Spurs, che credono molto in lui. A ragione, almeno da quel che possiamo vedere. Buona presenza fisica, ottima visione di gioco e tocchi di classe che mandano in solluchero i tifosi biancorossi. Altro giocatore in prestito (dall’Arsenal) è il lungagnone polacco Wojciech Szczęsny, che tra i pali si fa rispettare, rispedendo al mittente i tanti tiri scagliati dal Colchester. Gli ospiti a tratti cingono d’assedio il Brentford, senza però grandi risultati. Purtroppo per loro, gli U’s producono lo sforzo maggiore nel primo tempo. La seconda frazione di gioco è meno spettacolare e ricca di spunti di rilievo, ma comunque passabile. Noi intanto nell’intervallo ci siamo goduti la scena del giro di campo di una inserviente delle Bees con un cartello con su scritto il numero vincente della riffa. Altro che megaschermi et similia…
Ancora più piacevole il calduccio e le battute di alcuni attempati tifosi dei Bees a fine partita dentro il Griffin Pub. Chissà, forse qualcuno di loro da bimbo avrà assistito a quel famoso Brentford-Arsenal 2-1 del novembre 1935. E rammenterà che, incredibilmente, quell’anno i biancorossi del West End arrivarono quinti in classifica, un punto sopra l’Arsenal.
mercoledì 2 dicembre 2009
Griffin Park
Ieri rapida capatina a Londra per vedere Brentford-Colchester - in realtà avrei dovuto anche intervistare Roy Hodgson, ma alla fine la cosa non è stata più possibile. Mi sono consolato con la splendida atmosfera del Griffin Park, che ormai pare prossimo al pensionamento. Il nuovo impianto non lontano da Kew Gardens di cui si parla da anni dovrebbe sorgere tra il 2011 e il 2014, come riportava lo stesso programma del match. Staremo a vedere, intanto chi ne ha l'occasione non può esimersi dal fare una visita dalle parti di South Ealing. Ulteriori impressioni della serata a casa del Brentford tra domani e venerdì, tempo - che in questi giorni è pochissimo - permettendo.
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