Pubblicato ieri sul Manifesto.
Mentre Roma freme per l'affare Soros e il misterioso ruolo dell'avvocato Joe Tacopina, i tifosi del Liverpool dichiarano guerra ai proprietari yankee che hanno comprato il club inglese e litigano tra di loro
La piega farsesca presa dal grande sogno americano della Roma ha vissuto ieri mattina un momento assolutamente stracult. All'alba è sbarcato a Fiumicino proveniente da New York Joe Tacopina, avvocato italo-americano di George Soros. Gli inservienti gli hanno subito messo in mano una sciarpa giallorossa e lui si è fatto immortalare dai fotografi presenti come una superstar del pallone appena arrivata nel Belpaese: occhiali alla Stallone, catenina al collo ben in vista, sciarpa srotolata con su scritto Forza Roma. Tutti sapevano del suo arrivo perché il giorno prima era rimbalzato nella capitale l'eco di un'articolo del New York Post che annunciava il suo viaggio romano per chiudere l'acquisto del club giallorosso per conto di Soros. La Roma aveva prontamente smentito dopo che già i media nazionali avevano annunciato il ritiro del magnate ungherese dall'affare ma in questo giallo infinito di finanza e pedate che va avanti da mesi basta un nulla per trasformare un tabloid di quarta serie in un autorevole fonte giornalistica. E così ieri, sull'onda dello sbarco di Tacopina e di ulteriori contraddittorie notizie provenienti dagli Usa (il New York Daily News, altro tabloid, ha scritto che Soros della Roma non vuole più saperne, il Post invece ha ribadito che nel weekend la società sarà sua), il titolo del club giallorosso ha fatto registrare in borsa l'ennesima impennata: +17,23%, sospeso più volte per eccesso di rialzo. Il mercato, sotto sotto, sembra dunque credere alla missione di Tacopina ancorché circondata dalle sembianze di un viaggio di piacere.
Comunque finisca questa strana vicenda, dove Soros e il suo avvocato sono attesi dal popolo romanista come i liberatori americani (rispetto alle ristrettezze e ai debiti della famiglia Sensi), può essere utile vedere che brutta piega abbia preso la storia di un altro club europeo che ha venduto l'anima allo Zio Sam. Il Liverpool. Qui la luna di miele è ormai finita da tempo. La buona accoglienza che i tifosi avevano riservato alla coppia di ricconi yankee George Gillett Junior e Tom Hicks sembra un ricordo assai remoto, almeno a giudicare dall'ondata di proteste che negli ultimi mesi ha investito la nuova dirigenza. Dopo quasi un anno di convivenza pacifica, i supporter dei Reds già non ne possono più dei nuovi padroni americani. La pietra dello scandalo è stata a fine 2007 la voce di una possibile cacciata del tecnico spagnolo Rafa Benitez. La squadra non stava rendendo al massimo e l'ex allenatore del Valencia pareva pretendesse qualche nuovo acquisto, nonostante sul mercato estivo il Liverpool fosse stato molto attivo, riuscendo a portare ad Anfield Road giovani campioni come lo spagnolo Torres e l'olaandese Babel. Si faceva già il nome del suo possibile sostituto: Jurgen Klinsmann, contattato personalmente dalla coppia statunitense.
Benitez è un vero idolo della Kop (la curva dei tifosi bianco-rossi, quella dove parte il famoso coro You'll never walk alone), che ha ancora davanti agli occhi le due finali di Champions League raggiunte nel 2005 e 2007. E poi da quelle parti sono abituati a cambiare allenatori molto raramente - se ne sono avvicendati solo 17 in oltre 110 anni di storia - e soprattutto ad idolatrarli senza alcuna remora. Bella forza, quando hai gente come Bill Shankly o Bob Paisley che ti fa vincere tutto. A gennaio si è scatenata la protesta, con cartelli e cori che invitavano il duo Gillett & Hicks a fare le valige e tornare da dove erano venuti, auspicando l'arrivo della Dubai International Capital come possibile nuovo compratore. La compagnia di proprietà del governo degli Emirati Arabi, specializzata in private equity, era stata accostata al Liverpool già negli anni passati, ma con esiti insoddisfacenti. Negli ultimi tempi si è rifatta sotto, accortasi delle frizioni sempre più eclatanti tra i due proprietari che si sono rinfacciati a vicenda l'impopolare gaffe su Benitez e non vedono più le partite insieme neanche in tribuna. Stufo della convivenza con Hicks, Gillett ha provato a vendere la sua quota agli investitori arabi ma il socio ha bloccato l'operazione mettendo il veto.
Gillett ha anche pensato di lasciare il club nelle mani di Hicks ma sono stati i tifosi dei reds a fargli cambiare idea con minacce neanche tanto velate nei confronti della sua famiglia. I kopites, come vengono definiti i frequentatori della Kop, hanno infatti scoperto con ritardo, o prima avevano fatto finta di niente, che la nuova proprietà per acquistare il Liverpool si era fatta prestare 270 milioni di euro dalla Royal Bank of Scotland, caricando il debito sulle spalle del club pentacampione europeo, con costi annuali che si aggirano intorno ai 40 milioni. Una tattica usata a qualche miglia di distanza da un altro magnate americano, quel Malcolm Glazer che nel maggio 2005 è riuscito a mettere le mani nientemeno che sul Manchester United, per cui ha staccato un assegno di oltre 850 milioni di euro, non provenienti però dal suo conto bancario personale. Ma a Glazer i supporter dei Red Devils la vita l'hanno resa molto difficile fin dal giorno del suo sbarco nel Lancashire.
D'altronde Hicks, il vero pezzo da novanta tra i due, è abituato a fare compravendita di grosse compagnie e di società sportive - negli Usa è proprietario di una franchigia nel baseball, gli altalenanti Texas Rangers, e di una nell'hockey su ghiaccio, gli ottimi Dallas Stars. Appena sbarcato sulla Merseyside, aveva paragonato l'acquisizione del Liverpool a quella della Weetabix, azienda che produce cereali per la prima colazione. Un passo falso subito cancellato con un po' di acquisti di grido e la seria intenzione di costruire un nuovo impianto da 70.000 posti a Stanley Park, nel cuore di Liverpool e a poca distanza dall'Anfield Road. Poi è arrivato il conflitto con Benitez, le litigate con Gillett e da ultimo le voci di seri problemi finanziari che cominciano a mettere in forse la costruzione dello stadio. Qualche mese fa suo figlio è stato cacciato a male parole da un pub di Liverpool mentre guardava una partita dei reds.
Da febbraio il Liverpool Supporters Network, una coalizione che al suo interno annovera siti web e fanzine tra le più seguite ed autorevoli della Merseyside, ha minacciato il boicottaggio finanziario di qualsiasi realtà commerciale collegata alle attività del club - a partire dallo sponsor per finire al merchandising. C'è chi sta pensando ancora più in grande. Il gruppo auto-definitosi Share Liverpool FC si è dato l'obiettivo, molto ambizioso, di radunare una base di 100mila possibili azionisti disposti a versare 5mila sterline a testa, così da poter rilevare la società di Anfield Road. Rogan Taylor è uno dei promotori dell'iniziativa. Abbonato della Kop e direttore del Football Industry Group all'Università di Liverpool, è convinto che questa sia l'unica via per rispondere alle crescenti preoccupazioni dei tifosi in merito alle discusse nuove proprietà dei principali club della Premier League. «I debiti derivanti dalle acquisizioni dei vari Hicks o Glazer comportano dei costi anche per i fan, in termini di aumento del prezzo dei biglietti e degli abbonamenti. A questo punto perché non comprarci direttamente noi il club ed evitare tutto ciò?», ha dichiarato Taylor ai media britannici.
Mentre il progetto di azionariato popolare sta muovendo timidamente i suoi primi passi, ci sono tifosi che hanno deciso di creare un club tutto loro, sulla scorta dell'esempio tracciato da l'AFC Wimbledon e l'FC United of Manchester. La nuova realtà si chiamerà AFC Liverpool, che partirà dai gradini inferiori della piramide calcistica inglese, ovvero dalla divisione dilettantistica denominata Vodkat North West Counties League, Division Two, la stessa dove nel 2005 esordì la compagine anti-Glazer dell'FC United. Il deus ex machina di tutta quest'operazione, Alun Parry, ha dichiarato che la reale motivazione della nascita del nuovo club è la difficoltà di continuare a seguire il Liverpool in Premier, dato l'elevato costo dei biglietti (non tra i più cari della massima serie inglese, per la verità). Insomma, la colpa è proprio del sistema in generale, non è solo del litigioso duo Gillet & Hicks, che nel frattempo continua a farsi la guerra e a destabilizzare un ambiente frustrato dalle incertezza societarie e dall'ennesima stagione di fallimenti in campionato. E' dal 1990, infatti, che il Liverpool non vince il titolo inglese. Benitez, ma a questo punto il condizionale è d'obbligo, ci dovrebbe riprovare l'anno prossimo.
Bello questo articolo che descrive pefettamente la situazione di Liverpool lato Reds.Onestamente tuute queste presidenze straniere non mi sono molto simpatiche,questi personaggi vedono nella società solo fonte di guadagno senza rispetto alcuno per la storia,c'è davvero bisogno di un nuovo stadio per il Liverpool F.C. o è solo una ennesima fonte di speculazione?Questo è solo un esempio.Il fatto nel Merseyside è divenuto persino grottesco con ripetute litigate tra i due..ridicoli.
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