Pubblicato ieri sul Manifesto.
Mentre Roma freme per l'affare Soros e il misterioso ruolo dell'avvocato Joe Tacopina, i tifosi del Liverpool dichiarano guerra ai proprietari yankee che hanno comprato il club inglese e litigano tra di loro
La piega farsesca presa dal grande sogno americano della Roma ha vissuto ieri mattina un momento assolutamente stracult. All'alba è sbarcato a Fiumicino proveniente da New York Joe Tacopina, avvocato italo-americano di George Soros. Gli inservienti gli hanno subito messo in mano una sciarpa giallorossa e lui si è fatto immortalare dai fotografi presenti come una superstar del pallone appena arrivata nel Belpaese: occhiali alla Stallone, catenina al collo ben in vista, sciarpa srotolata con su scritto Forza Roma. Tutti sapevano del suo arrivo perché il giorno prima era rimbalzato nella capitale l'eco di un'articolo del New York Post che annunciava il suo viaggio romano per chiudere l'acquisto del club giallorosso per conto di Soros. La Roma aveva prontamente smentito dopo che già i media nazionali avevano annunciato il ritiro del magnate ungherese dall'affare ma in questo giallo infinito di finanza e pedate che va avanti da mesi basta un nulla per trasformare un tabloid di quarta serie in un autorevole fonte giornalistica. E così ieri, sull'onda dello sbarco di Tacopina e di ulteriori contraddittorie notizie provenienti dagli Usa (il New York Daily News, altro tabloid, ha scritto che Soros della Roma non vuole più saperne, il Post invece ha ribadito che nel weekend la società sarà sua), il titolo del club giallorosso ha fatto registrare in borsa l'ennesima impennata: +17,23%, sospeso più volte per eccesso di rialzo. Il mercato, sotto sotto, sembra dunque credere alla missione di Tacopina ancorché circondata dalle sembianze di un viaggio di piacere.
Comunque finisca questa strana vicenda, dove Soros e il suo avvocato sono attesi dal popolo romanista come i liberatori americani (rispetto alle ristrettezze e ai debiti della famiglia Sensi), può essere utile vedere che brutta piega abbia preso la storia di un altro club europeo che ha venduto l'anima allo Zio Sam. Il Liverpool. Qui la luna di miele è ormai finita da tempo. La buona accoglienza che i tifosi avevano riservato alla coppia di ricconi yankee George Gillett Junior e Tom Hicks sembra un ricordo assai remoto, almeno a giudicare dall'ondata di proteste che negli ultimi mesi ha investito la nuova dirigenza. Dopo quasi un anno di convivenza pacifica, i supporter dei Reds già non ne possono più dei nuovi padroni americani. La pietra dello scandalo è stata a fine 2007 la voce di una possibile cacciata del tecnico spagnolo Rafa Benitez. La squadra non stava rendendo al massimo e l'ex allenatore del Valencia pareva pretendesse qualche nuovo acquisto, nonostante sul mercato estivo il Liverpool fosse stato molto attivo, riuscendo a portare ad Anfield Road giovani campioni come lo spagnolo Torres e l'olaandese Babel. Si faceva già il nome del suo possibile sostituto: Jurgen Klinsmann, contattato personalmente dalla coppia statunitense.
Benitez è un vero idolo della Kop (la curva dei tifosi bianco-rossi, quella dove parte il famoso coro You'll never walk alone), che ha ancora davanti agli occhi le due finali di Champions League raggiunte nel 2005 e 2007. E poi da quelle parti sono abituati a cambiare allenatori molto raramente - se ne sono avvicendati solo 17 in oltre 110 anni di storia - e soprattutto ad idolatrarli senza alcuna remora. Bella forza, quando hai gente come Bill Shankly o Bob Paisley che ti fa vincere tutto. A gennaio si è scatenata la protesta, con cartelli e cori che invitavano il duo Gillett & Hicks a fare le valige e tornare da dove erano venuti, auspicando l'arrivo della Dubai International Capital come possibile nuovo compratore. La compagnia di proprietà del governo degli Emirati Arabi, specializzata in private equity, era stata accostata al Liverpool già negli anni passati, ma con esiti insoddisfacenti. Negli ultimi tempi si è rifatta sotto, accortasi delle frizioni sempre più eclatanti tra i due proprietari che si sono rinfacciati a vicenda l'impopolare gaffe su Benitez e non vedono più le partite insieme neanche in tribuna. Stufo della convivenza con Hicks, Gillett ha provato a vendere la sua quota agli investitori arabi ma il socio ha bloccato l'operazione mettendo il veto.
Gillett ha anche pensato di lasciare il club nelle mani di Hicks ma sono stati i tifosi dei reds a fargli cambiare idea con minacce neanche tanto velate nei confronti della sua famiglia. I kopites, come vengono definiti i frequentatori della Kop, hanno infatti scoperto con ritardo, o prima avevano fatto finta di niente, che la nuova proprietà per acquistare il Liverpool si era fatta prestare 270 milioni di euro dalla Royal Bank of Scotland, caricando il debito sulle spalle del club pentacampione europeo, con costi annuali che si aggirano intorno ai 40 milioni. Una tattica usata a qualche miglia di distanza da un altro magnate americano, quel Malcolm Glazer che nel maggio 2005 è riuscito a mettere le mani nientemeno che sul Manchester United, per cui ha staccato un assegno di oltre 850 milioni di euro, non provenienti però dal suo conto bancario personale. Ma a Glazer i supporter dei Red Devils la vita l'hanno resa molto difficile fin dal giorno del suo sbarco nel Lancashire.
D'altronde Hicks, il vero pezzo da novanta tra i due, è abituato a fare compravendita di grosse compagnie e di società sportive - negli Usa è proprietario di una franchigia nel baseball, gli altalenanti Texas Rangers, e di una nell'hockey su ghiaccio, gli ottimi Dallas Stars. Appena sbarcato sulla Merseyside, aveva paragonato l'acquisizione del Liverpool a quella della Weetabix, azienda che produce cereali per la prima colazione. Un passo falso subito cancellato con un po' di acquisti di grido e la seria intenzione di costruire un nuovo impianto da 70.000 posti a Stanley Park, nel cuore di Liverpool e a poca distanza dall'Anfield Road. Poi è arrivato il conflitto con Benitez, le litigate con Gillett e da ultimo le voci di seri problemi finanziari che cominciano a mettere in forse la costruzione dello stadio. Qualche mese fa suo figlio è stato cacciato a male parole da un pub di Liverpool mentre guardava una partita dei reds.
Da febbraio il Liverpool Supporters Network, una coalizione che al suo interno annovera siti web e fanzine tra le più seguite ed autorevoli della Merseyside, ha minacciato il boicottaggio finanziario di qualsiasi realtà commerciale collegata alle attività del club - a partire dallo sponsor per finire al merchandising. C'è chi sta pensando ancora più in grande. Il gruppo auto-definitosi Share Liverpool FC si è dato l'obiettivo, molto ambizioso, di radunare una base di 100mila possibili azionisti disposti a versare 5mila sterline a testa, così da poter rilevare la società di Anfield Road. Rogan Taylor è uno dei promotori dell'iniziativa. Abbonato della Kop e direttore del Football Industry Group all'Università di Liverpool, è convinto che questa sia l'unica via per rispondere alle crescenti preoccupazioni dei tifosi in merito alle discusse nuove proprietà dei principali club della Premier League. «I debiti derivanti dalle acquisizioni dei vari Hicks o Glazer comportano dei costi anche per i fan, in termini di aumento del prezzo dei biglietti e degli abbonamenti. A questo punto perché non comprarci direttamente noi il club ed evitare tutto ciò?», ha dichiarato Taylor ai media britannici.
Mentre il progetto di azionariato popolare sta muovendo timidamente i suoi primi passi, ci sono tifosi che hanno deciso di creare un club tutto loro, sulla scorta dell'esempio tracciato da l'AFC Wimbledon e l'FC United of Manchester. La nuova realtà si chiamerà AFC Liverpool, che partirà dai gradini inferiori della piramide calcistica inglese, ovvero dalla divisione dilettantistica denominata Vodkat North West Counties League, Division Two, la stessa dove nel 2005 esordì la compagine anti-Glazer dell'FC United. Il deus ex machina di tutta quest'operazione, Alun Parry, ha dichiarato che la reale motivazione della nascita del nuovo club è la difficoltà di continuare a seguire il Liverpool in Premier, dato l'elevato costo dei biglietti (non tra i più cari della massima serie inglese, per la verità). Insomma, la colpa è proprio del sistema in generale, non è solo del litigioso duo Gillet & Hicks, che nel frattempo continua a farsi la guerra e a destabilizzare un ambiente frustrato dalle incertezza societarie e dall'ennesima stagione di fallimenti in campionato. E' dal 1990, infatti, che il Liverpool non vince il titolo inglese. Benitez, ma a questo punto il condizionale è d'obbligo, ci dovrebbe riprovare l'anno prossimo.
sabato 31 maggio 2008
giovedì 29 maggio 2008
England vs USA
La hola, una banda musicale che “lancia” i cori dei tifosi, la scenografia pre-partita con i cartoncini distribuiti dalla Football Association che formano un’enorme bandiera con la croce di San Giorgio. Insomma, è cambiato lo stadio di Wembley – non più le due torri ma l’enorme arco alto 133 metri – ed è cambiato pure il modo di fare il tifo per i ragazzi con i tre leoni sul petto? Niente più battimani e cori spontanei, via libera a soluzioni “alternative”? E’ vero, stiamo pur sempre parlando di un’amichevole, però alcuni elementi stonano, almeno agli occhi di chi, come me, è ancora legato a vecchie modalità di fare il tifo e di intendere il calcio. Intendiamoci, la passione degli inglesi per la loro nazionale è sempre fortissima. Non a caso ieri erano quasi in 72mila per un’amichevole di fine stagione – e con la squadra esclusa dalla fase finale degli Europei. Certo, oggi alcuni giornalisti inglesi si lamentavano che ieri a Wembley ci fossero per l’appunto “solo” 72mila supporter. Provate a immaginare se a vedersela con gli Stati Uniti in casa ci fosse stata un’altra nazionale – una a caso – con grande blasone ma costretta a vedere Euro 2008 in televisione. Scommettiamo che le presenze sarebbero state nell’ordine delle poche migliaia?
lunedì 26 maggio 2008
Niente da fare
Ci hanno sperato, eccome. Erano pure passati in vantaggio, poi lo Stockport County ha ribaltato il risultato, aggiudicandosi la promozione in League One (Third Division, per i puristi). Sto parlando del Rochdale e dei suoi tifosi, da ben 34 anni “condannati” a vivere nell’ultimo livello, il quarto, del calcio professionistico inglese. Questa volta sembrava finalmente essere arrivato il loro momento, con tanto di viaggio premio a Wembley. E invece no. Niente lieto fine per The Dale. In compenso lo Stockport, che insieme a Brentford e Notts County ha un trust di tifosi in possesso della maggioranza delle azioni del club, potrà rimpinguare le sue esangui casse sociali sfruttando il tanto atteso salto di categoria.
Dedicato ad Anelka
"Qualsiasi attaccante che evita di calciare un rigore commette il più grande dei peccati". Martin Taylor sul sito del Times.
Come dargli torto…
Come dargli torto…
sabato 24 maggio 2008
La terza volta dell'armata rossa nel ricordo dei Babes
Dedicata ai Busby Babes. La terza vittoria in Coppa dei Campioni nella storia del Manchester United non poteva non essere dedicata a quella splendida e sfortunata squadra fatta di giovani campioni a cui solo un destino crudele impedì di arrivare sul tetto d'Europa. Una larga parte di quei giocatori perì proprio 50 anni fa a Monaco di Baviera a causa di un maledetto incidente aereo. Dopo il rocambolesco trionfo di Mosca sul Chelsea (7-6 ai calci di rigore), Alex Ferguson ha subito ricordato coloro che hanno dato inizio al mito dei Red Devils, sottolineando come quest'anno i suoi ragazzi avessero una motivazione in più per vincere: dovevano onorare la memoria dei Babes. I cinque ultimi sopravvissuti di quel fantastico gruppo mercoledì sedevano in tribuna d'onore al Luzhniki.
Uno di loro, Bobby Charlton, alto dirigente del club, ha guidato Ronaldo e compagni a ricevere le medaglie e la coppa dalle mani di Michel Platini. Il volto trasfigurato dalla cascata d'emozioni vissute nell'interminabile serata moscovita, Sir Bobby avrà sicuramente fatto i complimenti al mago gallese, Ryan Giggs, che entrando in campo a partita già iniziata gli ha sottratto il record assoluto di presenze in maglia United (ora fissato a quota 759). Giggs c'era già nel 1999, quando Ferguson mise per la prima volta le mani sulla coppa dalle grandi orecchie. Anche quella non fu una partita banale, anzi, rimane una delle finali che occupano di diritto un posto privilegiato nel grande libro della storia del calcio. Sotto per tutta la gara, i diavoli rossi nei minuti di recupero seppero con la forza della disperazione prima pareggiare e poi addirittura vincere un incontro dominato da un Bayern Monaco ormai certo della vittoria. I tedeschi colpirono due pali, circostanza occorsa anche al Chelsea nel match di mercoledì.
Charlton, invece, era presente nel 1968. A dieci anni dallo schianto di Monaco, Matt Busby coronava il suo sogno: a Wembley lo United si aggiudicava la coppa imponendosi per 4-1 con il Benfica ai supplementari. Insieme al campione con il riporto più famoso del calcio mondiale c'erano gente del calibro di Kidd, Law, Stiles e soprattutto Best. Migliori loro o i Red Devils di Tevez, Rooney, Ferdinand e Ronaldo? Chissà, è sempre difficile fare questi paragoni. Per Ferguson quello del 2007-08 è il team più forte che ha mai allenato. Tra i grandi meriti dell'inossidabile scozzese c'è quello di aver portato all'Old Trafford un portoghese di Madeira. Già, Cristiano Ronaldo. Spocchioso, irritante, teatrale - il suo pianto solitario dopo lo sbaglio di Anelka non sembrava genuino al 100% - e perché no, anche arrogante. Ma ora come ora il migliore al mondo. Uno capace di segnare 42 reti stagionali - 8 in Champions League - senza essere un attaccante puro. L'uomo dallo scatto bruciante e dai dribbling modello playstation, su cui la stampa di mezzo mondo ha già scatenato una ridda di illazioni. Se ne va o resta? Nelle immediate 24 ore post Mosca il nostro ha già affermato tutto e l'incotrario di tutto. Intanto il Real Madrid rimane alla finestra.
Ma i rossi di Manchester non sono solo l'estro del loro numero sette. Per la doppietta campionato-Champions è servita la solidità difensiva della coppia Ferdinand-Vidic, la cattiveria agonistica di Tevez, l'intramontabile classe di Scholes, i tackle di Hargreaves e Carrick, la versatilità di Rooney, la freddezza di Van der Sar, cacciato con l'etichetta del brocco dalla Juve e ora di nuovo campione d'Europa dopo i fasti dell'Ajax. Ma forse troppi dimenticano l'unico mancuniano della squadra: Wes Brown. In passato tartassato da troppi infortuni, quest'anno ha saputo occupare con continuità il ruolo lasciato vacante dal capitano Gary Neville, come terzino destro. L'ha fatto alla grande anche in finale, crossando per il gol di Ronaldo.
Chiusura d'obbligo con l'onore delle armi per gli sconfitti. Secondo in campionato dopo una bella rimonta, il Chelsea si è visto sfuggire la sua prima Champions League per «colpa» del suo simbolo, del suo capitano: John Terry. Senza l'incredibile scivolata sul dischetto del rigore, tutti si sarebbero ricordati della finale persa per l'errore di Ronaldo. Ora tutti si ricorderanno del pianto inconsolabile del duro londinese. Il calcio è propri cambiato, ve lo immaginate negli anni settanta un capitano di un team inglese che scoppia a piangere in campo?
Dal Manifesto, 23 maggio 2008
Uno di loro, Bobby Charlton, alto dirigente del club, ha guidato Ronaldo e compagni a ricevere le medaglie e la coppa dalle mani di Michel Platini. Il volto trasfigurato dalla cascata d'emozioni vissute nell'interminabile serata moscovita, Sir Bobby avrà sicuramente fatto i complimenti al mago gallese, Ryan Giggs, che entrando in campo a partita già iniziata gli ha sottratto il record assoluto di presenze in maglia United (ora fissato a quota 759). Giggs c'era già nel 1999, quando Ferguson mise per la prima volta le mani sulla coppa dalle grandi orecchie. Anche quella non fu una partita banale, anzi, rimane una delle finali che occupano di diritto un posto privilegiato nel grande libro della storia del calcio. Sotto per tutta la gara, i diavoli rossi nei minuti di recupero seppero con la forza della disperazione prima pareggiare e poi addirittura vincere un incontro dominato da un Bayern Monaco ormai certo della vittoria. I tedeschi colpirono due pali, circostanza occorsa anche al Chelsea nel match di mercoledì.
Charlton, invece, era presente nel 1968. A dieci anni dallo schianto di Monaco, Matt Busby coronava il suo sogno: a Wembley lo United si aggiudicava la coppa imponendosi per 4-1 con il Benfica ai supplementari. Insieme al campione con il riporto più famoso del calcio mondiale c'erano gente del calibro di Kidd, Law, Stiles e soprattutto Best. Migliori loro o i Red Devils di Tevez, Rooney, Ferdinand e Ronaldo? Chissà, è sempre difficile fare questi paragoni. Per Ferguson quello del 2007-08 è il team più forte che ha mai allenato. Tra i grandi meriti dell'inossidabile scozzese c'è quello di aver portato all'Old Trafford un portoghese di Madeira. Già, Cristiano Ronaldo. Spocchioso, irritante, teatrale - il suo pianto solitario dopo lo sbaglio di Anelka non sembrava genuino al 100% - e perché no, anche arrogante. Ma ora come ora il migliore al mondo. Uno capace di segnare 42 reti stagionali - 8 in Champions League - senza essere un attaccante puro. L'uomo dallo scatto bruciante e dai dribbling modello playstation, su cui la stampa di mezzo mondo ha già scatenato una ridda di illazioni. Se ne va o resta? Nelle immediate 24 ore post Mosca il nostro ha già affermato tutto e l'incotrario di tutto. Intanto il Real Madrid rimane alla finestra.
Ma i rossi di Manchester non sono solo l'estro del loro numero sette. Per la doppietta campionato-Champions è servita la solidità difensiva della coppia Ferdinand-Vidic, la cattiveria agonistica di Tevez, l'intramontabile classe di Scholes, i tackle di Hargreaves e Carrick, la versatilità di Rooney, la freddezza di Van der Sar, cacciato con l'etichetta del brocco dalla Juve e ora di nuovo campione d'Europa dopo i fasti dell'Ajax. Ma forse troppi dimenticano l'unico mancuniano della squadra: Wes Brown. In passato tartassato da troppi infortuni, quest'anno ha saputo occupare con continuità il ruolo lasciato vacante dal capitano Gary Neville, come terzino destro. L'ha fatto alla grande anche in finale, crossando per il gol di Ronaldo.
Chiusura d'obbligo con l'onore delle armi per gli sconfitti. Secondo in campionato dopo una bella rimonta, il Chelsea si è visto sfuggire la sua prima Champions League per «colpa» del suo simbolo, del suo capitano: John Terry. Senza l'incredibile scivolata sul dischetto del rigore, tutti si sarebbero ricordati della finale persa per l'errore di Ronaldo. Ora tutti si ricorderanno del pianto inconsolabile del duro londinese. Il calcio è propri cambiato, ve lo immaginate negli anni settanta un capitano di un team inglese che scoppia a piangere in campo?
Dal Manifesto, 23 maggio 2008
giovedì 22 maggio 2008
Onorare la memoria
Sir Alex Ferguson lo ha detto quasi subito: il Manchester United quest’anno aveva un motivo in più per vincere la Coppa dei Campioni – scusate, io la chiamo ancora così. C’era infatti da onorare la memoria dei Busby Babes, una buona parte scomparsa a causa di un tragico incidente aereo occorso nel febbraio di 50 anni fa. Sir Bobby Charlton, il più famoso di quel gruppo di fantastici giocatori, e soprattutto uno dei pochi in grado di continuare la sua carriera, ha guidato la squadra durante la cerimonia di premiazione proprio nel giorno in cui Ryan Giggs gli ha sottratto il record di presenze in maglia United (ora fissato a 759 partite). Sembra quasi tutto perfetto per essere vero, però è così. Per fortuna il calcio riesce ancora a regalarci di queste emozioni, no?
martedì 20 maggio 2008
Per le cose belle vale la pena aspettare tanto tempo...
“1927-2008: per le cose belle bisogna aspettare”. Così recitava uno striscione esposto dai tifosi del Cardiff City nella West Stand di Wembley sabato pomeriggio. Un chiaro augurio che dopo ben 81 anni dalla loro prima ed unica vittoria in FA Cup i gallesi potessero ripetersi nella finale di quest’anno, in una delle edizioni più pazze di sempre della Coppa. Purtroppo per loro è andata diversamente. Come tutti sanno, ci ha pensato l’ex pupillo di Moratti Nwanku Kanu a tramutare in un incubo il sogno degli oltre 25mila supporter dei Blue Birds accorsi a Londra con ogni mezzo disponibile. In tanti erano arrivati in treno insieme alla squadra, che aveva deciso di rinunciare al volo charter e aveva invece preferito sentire da vicino il calore dei propri sostenitori.
Al di là del risultato, tutto sommato prevedibile, visto che il Portsmouth era arrivato ottavo in Premier dopo un ottimo campionato mentre il Cardiff si era piazzato solo dodicesimo nella serie cadetta, quella di sabato è stata una festa di sport e passione – e qui non vogliamo rischiare di cadere nel più scontato luogo comune ma, essendo stati presenti, abbiamo potuto vivere un’atmosfera che ci ha riconciliato con il calcio con la C maiuscola.
Già solo percorrendo tre ore prima della sfida l’Olympic Way, il maestoso vialone che dalla fermata della metro di Wembley Park conduce allo stadio, si poteva assaporare la sensazione del grande evento. Un lungo serpentone blu – il colore di entrambi i club – si snodava lentamente, tra una pausa per acquistare la sciarpa o la spilletta commemorativa e il programma del match (invero molto esoso) e le immancabili foto ricordo. Per stuzzicare la voglia di un “souvenir speciale”, la Football Association aveva posto ai lati della Olympic Way una serie di pannelli di legno con la riproduzione a grandezza naturale di un giocatore di una delle due squadre che alzava la coppa. Al posto della testa un foro, dove potevano fare capolino i capoccioni dei supporter di Portsmouth o Cardiff per uno scatto degli amici. Mentre un fan gallese si apprestava a farsi immortalare tutto sorridente, ci è capitato di sentire un caustico commento di un anziano appassionato dei Pompey: “Amico, più vicino di così alla coppa oggi non ci arrivate”. Alla fine avrà ragione lui.
Il pre-partita all’interno del maestoso impianto di Wembley – si vede che è stato realizzato dagli stessi architetti dell’Emirates dell’Arsenal, è del tutto simile, con qualcosa come 30mila posti in più... – è stato un misto di tradizioni e concessioni alla modernità, con la musica d’antan della banda dei granatieri e l’”inno” della FA Cup Abide with me inframezzati da musica pop sparata a tutto volume e lo speaker a sgolarsi di brutto per fomentare un pubblico già caldo di suo. Ma è stata la parte finale della lunga cerimonia di avvicinamento al match a riservare le emozioni più forti, con l’entrata in campo della coppa e delle squadre, accolte per la stretta di mano di rito da un Sir Bobby Robson fiaccato dalla malattia contro cui combatte da anni ma non per questo meno combattivo del solito.
Agli inni, sia il gallese Land of my Fathers che l’inglese God save the Queen, è arrivato forse l’unico momento spiacevole della giornata, con qualche fischio di troppo a rimarcare una rivalità tra due popoli che non si sono mai amati troppo. Il resto è ormai storia, sebbene chi si aspettava, come noi, una partita più combattuta e vibrante sia rimasto deluso, soprattutto dal secondo tempo incolore disputato dalle due squadre. Allora meglio pensare ai tanti cori intonati dalle due tifoserie – quello sulle note di Hey Jude dei Beatles cantato a squarciagola dai supporter del Cardiff era da pelle d’oca – allo sventolio di bandierine – ora vanno di moda, nelle finali anni settanta e ottanta era invece un florilegio di striscioni – e al boato della metà stadio occupata dai seguaci dei Pompey alla chiusura delle ostilità. Ai vincitori l’onore di alzare le coppa, ai vinti il plauso della propria gente. Il Portsmouth non si aggiudicava la coppa dal 1939 (4-1 al Wolverhampton). Ma si sa, per le cose belle val la pena aspettare tanto tempo.
Da Goal.com di oggi
Al di là del risultato, tutto sommato prevedibile, visto che il Portsmouth era arrivato ottavo in Premier dopo un ottimo campionato mentre il Cardiff si era piazzato solo dodicesimo nella serie cadetta, quella di sabato è stata una festa di sport e passione – e qui non vogliamo rischiare di cadere nel più scontato luogo comune ma, essendo stati presenti, abbiamo potuto vivere un’atmosfera che ci ha riconciliato con il calcio con la C maiuscola.
Già solo percorrendo tre ore prima della sfida l’Olympic Way, il maestoso vialone che dalla fermata della metro di Wembley Park conduce allo stadio, si poteva assaporare la sensazione del grande evento. Un lungo serpentone blu – il colore di entrambi i club – si snodava lentamente, tra una pausa per acquistare la sciarpa o la spilletta commemorativa e il programma del match (invero molto esoso) e le immancabili foto ricordo. Per stuzzicare la voglia di un “souvenir speciale”, la Football Association aveva posto ai lati della Olympic Way una serie di pannelli di legno con la riproduzione a grandezza naturale di un giocatore di una delle due squadre che alzava la coppa. Al posto della testa un foro, dove potevano fare capolino i capoccioni dei supporter di Portsmouth o Cardiff per uno scatto degli amici. Mentre un fan gallese si apprestava a farsi immortalare tutto sorridente, ci è capitato di sentire un caustico commento di un anziano appassionato dei Pompey: “Amico, più vicino di così alla coppa oggi non ci arrivate”. Alla fine avrà ragione lui.
Il pre-partita all’interno del maestoso impianto di Wembley – si vede che è stato realizzato dagli stessi architetti dell’Emirates dell’Arsenal, è del tutto simile, con qualcosa come 30mila posti in più... – è stato un misto di tradizioni e concessioni alla modernità, con la musica d’antan della banda dei granatieri e l’”inno” della FA Cup Abide with me inframezzati da musica pop sparata a tutto volume e lo speaker a sgolarsi di brutto per fomentare un pubblico già caldo di suo. Ma è stata la parte finale della lunga cerimonia di avvicinamento al match a riservare le emozioni più forti, con l’entrata in campo della coppa e delle squadre, accolte per la stretta di mano di rito da un Sir Bobby Robson fiaccato dalla malattia contro cui combatte da anni ma non per questo meno combattivo del solito.
Agli inni, sia il gallese Land of my Fathers che l’inglese God save the Queen, è arrivato forse l’unico momento spiacevole della giornata, con qualche fischio di troppo a rimarcare una rivalità tra due popoli che non si sono mai amati troppo. Il resto è ormai storia, sebbene chi si aspettava, come noi, una partita più combattuta e vibrante sia rimasto deluso, soprattutto dal secondo tempo incolore disputato dalle due squadre. Allora meglio pensare ai tanti cori intonati dalle due tifoserie – quello sulle note di Hey Jude dei Beatles cantato a squarciagola dai supporter del Cardiff era da pelle d’oca – allo sventolio di bandierine – ora vanno di moda, nelle finali anni settanta e ottanta era invece un florilegio di striscioni – e al boato della metà stadio occupata dai seguaci dei Pompey alla chiusura delle ostilità. Ai vincitori l’onore di alzare le coppa, ai vinti il plauso della propria gente. Il Portsmouth non si aggiudicava la coppa dal 1939 (4-1 al Wolverhampton). Ma si sa, per le cose belle val la pena aspettare tanto tempo.
Da Goal.com di oggi
Il Portsmouth alza la Coppa d'Inghilterra
Questo articolo è uscito domenica sul Manifesto. E' più corto del previsto, ma per ragioni di spazio ho dovuto tagliare...
Il sogno di riportare la Coppa d'Inghilterra in Galles dopo 81 anni alla fine non si è avverato. Il Cardiff City, compagine appena classificatasi dodicesima nella seconda serie inglese, ha perso con onore contro il più quotato Portsmouth, ottavo in Premier League. Nel 1927 il Cardiff aveva beneficiato di una papera del portiere dell'Arsenal per vincere la finale 1-0. Questa volta è stato l'estremo difensore dei Blue Birds a regalare la coppa agli avversari nell'atto conclusivo della FA Cup più imprevedibile degli ultimi anni, che ha visto le grandi uscire prima delle semifinali.Sin dalle prime ore del mattino le due tifoserie hanno invaso felici l'Olympic Way, il lungo viale che dalla fermata della metro conduce al nuovo Wembley, quello del mastodontico arco e non più delle due torri. I gallesi giocavano a calcio con delle improbabili pecore gonfiabili. La finale però ha un po' tradito le attese, regalando emozioni quasi solo nel primo tempo. L'inizio è vibrante, con l'attaccante gallese Parry che si trova due volte a tu per tu con James, bravo a evitare il peggio. Sono gli underdog a fare la partita, creando diversi grattacapi al centrocampo più quotato del Portsmouth. L'ex Udinese Muntari recupera pochi palloni, la stellina croata Kranjcar è evanescente, il solo Diarra si fa apprezzare per qualche buona iniziativa. Eppure dopo un tiro di Whittingham che esce di un soffio, è cuore matto Kanu ad avere la chance più grande. Dribblato anche il portiere, l'ex pupillo di Moratti riesce nella poco invidiabile impresa di tirare sul palo da due metri di distanza. Si rifarà ad una manciata di minuti dalla fine del tempo. Discesa sulla fascia di Utaka, sul cross papera di Enckelman (che nel 2002 prese gol da una rimessa laterale battuta da un compagno) e Kanu questa volta da pochi centimetri non può proprio sbagliare. La partita di fatto termina lì. Nella ripresa il Cardiff non riesce a impensierire James, che pure nel 1996 e 2000 di errori nelle finali ne aveva fatti di clamorosi. Fateci un gol, cantano i supporter gallesi sulle note di Give peace a chance di John Lennon. Ma non c'è niente da fare, a nulla serve l'inserimento del 17enne Ramsey. Finisce come era iniziata, con entrambe le tifoserie a sgolarsi per i loro beniamini. Peccato che la coppa la possa alzare solo il Portsmouth.
Il sogno di riportare la Coppa d'Inghilterra in Galles dopo 81 anni alla fine non si è avverato. Il Cardiff City, compagine appena classificatasi dodicesima nella seconda serie inglese, ha perso con onore contro il più quotato Portsmouth, ottavo in Premier League. Nel 1927 il Cardiff aveva beneficiato di una papera del portiere dell'Arsenal per vincere la finale 1-0. Questa volta è stato l'estremo difensore dei Blue Birds a regalare la coppa agli avversari nell'atto conclusivo della FA Cup più imprevedibile degli ultimi anni, che ha visto le grandi uscire prima delle semifinali.Sin dalle prime ore del mattino le due tifoserie hanno invaso felici l'Olympic Way, il lungo viale che dalla fermata della metro conduce al nuovo Wembley, quello del mastodontico arco e non più delle due torri. I gallesi giocavano a calcio con delle improbabili pecore gonfiabili. La finale però ha un po' tradito le attese, regalando emozioni quasi solo nel primo tempo. L'inizio è vibrante, con l'attaccante gallese Parry che si trova due volte a tu per tu con James, bravo a evitare il peggio. Sono gli underdog a fare la partita, creando diversi grattacapi al centrocampo più quotato del Portsmouth. L'ex Udinese Muntari recupera pochi palloni, la stellina croata Kranjcar è evanescente, il solo Diarra si fa apprezzare per qualche buona iniziativa. Eppure dopo un tiro di Whittingham che esce di un soffio, è cuore matto Kanu ad avere la chance più grande. Dribblato anche il portiere, l'ex pupillo di Moratti riesce nella poco invidiabile impresa di tirare sul palo da due metri di distanza. Si rifarà ad una manciata di minuti dalla fine del tempo. Discesa sulla fascia di Utaka, sul cross papera di Enckelman (che nel 2002 prese gol da una rimessa laterale battuta da un compagno) e Kanu questa volta da pochi centimetri non può proprio sbagliare. La partita di fatto termina lì. Nella ripresa il Cardiff non riesce a impensierire James, che pure nel 1996 e 2000 di errori nelle finali ne aveva fatti di clamorosi. Fateci un gol, cantano i supporter gallesi sulle note di Give peace a chance di John Lennon. Ma non c'è niente da fare, a nulla serve l'inserimento del 17enne Ramsey. Finisce come era iniziata, con entrambe le tifoserie a sgolarsi per i loro beniamini. Peccato che la coppa la possa alzare solo il Portsmouth.
lunedì 19 maggio 2008
Un 17 maggio da ricordare
L’emozione di assistere a una finale di FA Cup dal vivo è di quelle che ti rimangono per sempre dentro – non vorrei esagerare, ma per me è stato così. Non la baratterei nemmeno con una finale dei mondiali, forse perché mi sono appassionato al calcio inglese proprio vedendo qualche atto conclusivo della coppa nei lontani anni ottanta. Lo so, Portsmouth vs Cardiff City non è stata una bella partita, anzi, il secondo tempo è stato decisamente brutto. Il famoso inno abide with me, introdotto nel 1927 proprio in un match che vedeva protagonista il Cardiff City (poi vincitore 1-0 sull’Arsenal), non lo cantano più tutti come accadeva qualche anno fa e gli inni di Galles ed Inghilterra sono stati pure fischiati da una parte non trascurabile delle tifoserie. Però arrivare a Wembley insieme ai fan delle due squadre, felici di vivere una giornata comunque indimenticabile, percorrere l’Olympic Way sapendo che non stavo per vedere una partita come le altre e poi realizzare che sì, l’accredito c’era davvero e che sarei entrato nel sacro tempio – rifatto quanto volete, ma comunque impressionante – beh, tutto ciò a me è bastato. I tifosi dei Blue Birds nella loro end hanno esposto uno striscione che recitava: “1927-2008, per le cose belle bisogna aspettare”. Purtroppo a loro è andata male, ma io spero di non dover attendere ancora troppi anni per vedere un’altra finale di coppa dalle tribune di Wembley.
venerdì 16 maggio 2008
Il sogno si avvera
Sono oltre 25 anni che ho un chiodo fisso: vedere una finale di FA Cup dal vivo. Ci ho provato seriamente già 2-3 volte, sempre con scarsissimo successo (accrediti rifiutati e amenità varie). Domani invece sarò a Londra per Portsmouth – Cardiff City. Mercoledì la FA ha confermato che ho un posto tutto per me nella tribuna stampa di Wembley. Certo, parliamo del nuovo Wembley, non del vecchio impianto dove Tottenham e QPR si affrontarono nel 1982 (quella è la prima finale che ricordo di aver visto in televisione). Fortunatamente all’ormai defunto Empire Stadium ho potuto assistere al match di Charity Shield del 1996 tra Manchester United e Newcastle, poi vinto dai Red Devils per 4-0 – pochi giorni dopo David Beckham segnò il famoso gol da centrocampo contro il Wimbledon, che ricordi… Insomma, l’attesa è tanta e la partita è di quelle che stuzzica il palato di qualsiasi grande appassionato di calcio inglese. Vinceranno gli underdogs gallesi o i favoriti Pompey? A me basta godermi l’atmosfera, sperando che il volo Ciampino-Stansted delle 6.35 di domani sia puntuale…
giovedì 15 maggio 2008
Watford vs Hull City
A volte nel calcio 18 mesi possono sembrare un’eternità. Tanti ne sono passati da quando mi avventuravo nelle propagini nord-occidentali di Londra per assistere ad un match tra Watford e Hull City, lo stesso incrocio verificatosi quest’anno nei play offs di Championship – con gli Hornets usciti decisamente con le osse rotte dal doppio confronto. A fine ottobre 2006 la gara, valida per il terzo turno di Coppa di Lega, vedeva opposti un Watford impegnato nella difficile lotta (poi in realtà persa) per la sopravvivenza in Premier, ma pur sempre facente parte dell’elite del calcio inglese e con una stellina come Ashley Young (poi passato all’Aston Villa) a brillare di luce propria, e un Hull ultimo in classifica in Championship – e qui c’è poco da aggiungere... Noi 12mila del Vicarage Road ci godemmo un match tutto sommato discreto, vinto 2-1 dai padroni di casa, che sul 2-0 pensarono a risparmiare energie per il sabato successivo. Il gol dei Tigers fu una prodezza di Nicky Barmby – “bicicletta” d’altri tempi. Una realizzazione talmente bella che in tanti nella Rookery Stand, dove avevano trovato posto le mie terga, tributarono un lungo applauso all’ex nazionale inglese. Non sapevano, ahiloro, che 18 mesi dopo Barmby li avrebbe trafitti ancora, sia a Hull che a Watford, estromettendo il club caro a Elton John dalla finale dei play offs di Championship. Certo, se ai 200 tifosi nero-arancio che un anno e mezzo fa decisero di affrontare il lungo viaggio dallo Yorkshire per una partita di Coppa di Lega in infrasettimanale aveste detto che l’Hull non solo si sarebbe salvato, ma a maggio 2008 avrebbe raggiunto la terra promessa di Wembley, forse vi avrebbero presi per matti.
martedì 13 maggio 2008
Il decimo sigillo di Sir Alex
Uscito ieri su Goal.com, ultimo punto sul campionato inglese 2007-08.
Alex Ferguson che vince il decimo titolo alla guida dei Red Devils, il fenomeno Cristiano Ronaldo che segna il quarantunesimo gol della sua meravigliosa stagione spianando la strada per il successo e Ryan Giggs che entra in campo, uguaglia il record di presenze di Sir Bobby Charlton (758) e mette il sigillo all’ennesima cavalcata trionfale dello United. Sembra quasi il copione di qualche mediocre film sul calcio – come purtroppo escono ogni tanto – e invece è la realtà di un pomeriggio di festa vissuto dai tifosi del Manchester United a pochi passi da casa, per l’esattezza sul campo di un Wigan già salvo ma pronto a vendere cara la pelle – tanto che i Latics più di una volta rischiano di trafiggere Van der Sar.
In attesa della finale di Mosca, i Diavoli Rossi non mollano la loro presa ferrea sul campionato inglese, vinto con merito per il secondo anno consecutivo dopo aver riacciuffato l’Arsenal e quindi tenuto a bada, non senza qualche patema d’animo di troppo, un sempre coriaceo Chelsea.
I Blues chiudono non andando oltre il pareggio contro il Bolton, che impatta nel recupero, quando i ragazzi di Grant avevano ormai capito che non c’erano più speranze di un clamoroso sorpasso. Il gol del partente Shevchenko è un po’ lo specchio dei tanti rimpianti che l’ucraino lascerà allo Stamford Bridge, tanto è inutile e fine a se stesso. In vista dell’atto conclusivo della Champions League, il Chelsea ha una preoccupazione in più, dal momento che Terry si è infortunato in uno scontro di gioco e rischia seriamente di saltare l’appuntamento in terra russa.
Oltre alla lotta per il titolo, la Premier aveva lasciato ancora aperto il capitolo retrocessione. Passando nei minuti finali a Portsmouth il Fulham riesce nell’impresa del great escape, come lo chiamano in Inghilterra, salvandosi da un capitombolo in Championship che solo un mese fa sembrava ormai cosa fatta. Quattro vittorie negli ultimi cinque incontri sono il segnale dell’ottimo lavoro svolto da Roy Hodgson alla guida dei Trotters. Salutano la compagnia il Birmingham City, protagonista di un pessimo finale di stagione, e il Reading, a cui non bastano i quattro gol rifilati al Derby per raggiungere la migliore differenza reti del Fulham. Già spacciato da mesi proprio il club del Pride Park, che ora detiene il poco invidiabile record dei punti (non fatti) in Premier, undici.
L’Everton giocherà la Coppa Uefa 2008-09. I Toffeemen, dopo aver cullato a lungo ambizioni di Champions League, si consolano battendo il Newcastle e relegando l’Aston Villa al torneo Inter-Toto.
Le altre qualificate per l’Uefa sono il Tottenham – in quanto detentore della Coppa di Lega – e una tra Cardiff e Portsmouth, attese sabato prossimo dalla finale di FA Cup. Anche il Manchester City potrebbe rientrare nel lotto per l’estrema correttezza dimostrata in campo – l’Uefa premierà l’Inghilterra con un posto in più nella seconda competizione continentale proprio in base al criterio del fair play. Per la verità dopo gli otto gol rimediati a Middlesbrough i Citizens meriterebbero ben altri palcoscenici, ma forse una volta trovato il successore di Eriksson – che brutto commiato… - le cose dovrebbero solo migliorare.
Chiusura sulle grandi deluse: Liverpool e Arsenal. Se i primi falliscono per l’ennesima volta la rincorsa ad un titolo che manca dal 1990, i secondi sono stati protagonisti di una splendida campagna, minata da una serie di risultati negativi a marzo. Nei successi al White Hart Lane e a Sunderland per Reds e Gunners brillano le stelle di Walcott e Torres, due giocatori su cui i rispettivi club stanno già costruendo il loro futuro. Da notare che il Nino, con il ventiquattresimo gol in campionato, supera il record dello straniero più prolifico alla prima stagione in Premier, che prima apparteneva a Van Nistelrooy con 23 reti.
Appuntamento ad agosto, sperando che non siano le solite Big Four a contendersi la coppa di campioni d’Inghilterra.
Alex Ferguson che vince il decimo titolo alla guida dei Red Devils, il fenomeno Cristiano Ronaldo che segna il quarantunesimo gol della sua meravigliosa stagione spianando la strada per il successo e Ryan Giggs che entra in campo, uguaglia il record di presenze di Sir Bobby Charlton (758) e mette il sigillo all’ennesima cavalcata trionfale dello United. Sembra quasi il copione di qualche mediocre film sul calcio – come purtroppo escono ogni tanto – e invece è la realtà di un pomeriggio di festa vissuto dai tifosi del Manchester United a pochi passi da casa, per l’esattezza sul campo di un Wigan già salvo ma pronto a vendere cara la pelle – tanto che i Latics più di una volta rischiano di trafiggere Van der Sar.
In attesa della finale di Mosca, i Diavoli Rossi non mollano la loro presa ferrea sul campionato inglese, vinto con merito per il secondo anno consecutivo dopo aver riacciuffato l’Arsenal e quindi tenuto a bada, non senza qualche patema d’animo di troppo, un sempre coriaceo Chelsea.
I Blues chiudono non andando oltre il pareggio contro il Bolton, che impatta nel recupero, quando i ragazzi di Grant avevano ormai capito che non c’erano più speranze di un clamoroso sorpasso. Il gol del partente Shevchenko è un po’ lo specchio dei tanti rimpianti che l’ucraino lascerà allo Stamford Bridge, tanto è inutile e fine a se stesso. In vista dell’atto conclusivo della Champions League, il Chelsea ha una preoccupazione in più, dal momento che Terry si è infortunato in uno scontro di gioco e rischia seriamente di saltare l’appuntamento in terra russa.
Oltre alla lotta per il titolo, la Premier aveva lasciato ancora aperto il capitolo retrocessione. Passando nei minuti finali a Portsmouth il Fulham riesce nell’impresa del great escape, come lo chiamano in Inghilterra, salvandosi da un capitombolo in Championship che solo un mese fa sembrava ormai cosa fatta. Quattro vittorie negli ultimi cinque incontri sono il segnale dell’ottimo lavoro svolto da Roy Hodgson alla guida dei Trotters. Salutano la compagnia il Birmingham City, protagonista di un pessimo finale di stagione, e il Reading, a cui non bastano i quattro gol rifilati al Derby per raggiungere la migliore differenza reti del Fulham. Già spacciato da mesi proprio il club del Pride Park, che ora detiene il poco invidiabile record dei punti (non fatti) in Premier, undici.
L’Everton giocherà la Coppa Uefa 2008-09. I Toffeemen, dopo aver cullato a lungo ambizioni di Champions League, si consolano battendo il Newcastle e relegando l’Aston Villa al torneo Inter-Toto.
Le altre qualificate per l’Uefa sono il Tottenham – in quanto detentore della Coppa di Lega – e una tra Cardiff e Portsmouth, attese sabato prossimo dalla finale di FA Cup. Anche il Manchester City potrebbe rientrare nel lotto per l’estrema correttezza dimostrata in campo – l’Uefa premierà l’Inghilterra con un posto in più nella seconda competizione continentale proprio in base al criterio del fair play. Per la verità dopo gli otto gol rimediati a Middlesbrough i Citizens meriterebbero ben altri palcoscenici, ma forse una volta trovato il successore di Eriksson – che brutto commiato… - le cose dovrebbero solo migliorare.
Chiusura sulle grandi deluse: Liverpool e Arsenal. Se i primi falliscono per l’ennesima volta la rincorsa ad un titolo che manca dal 1990, i secondi sono stati protagonisti di una splendida campagna, minata da una serie di risultati negativi a marzo. Nei successi al White Hart Lane e a Sunderland per Reds e Gunners brillano le stelle di Walcott e Torres, due giocatori su cui i rispettivi club stanno già costruendo il loro futuro. Da notare che il Nino, con il ventiquattresimo gol in campionato, supera il record dello straniero più prolifico alla prima stagione in Premier, che prima apparteneva a Van Nistelrooy con 23 reti.
Appuntamento ad agosto, sperando che non siano le solite Big Four a contendersi la coppa di campioni d’Inghilterra.
lunedì 12 maggio 2008
758 e non sentirle
Ieri quel meraviglioso campione che risponde al nome di Ryan Giggs ha eguagliato il record di presenze con la maglia del Manchester United stabilito in passato da quell’altro campione inimitabile chiamato Bobby Charlton. Nelle more di questa grande impresa ha anche trovato il tempo di segnare il gol che ha assicurato la vittoria in campionato dei Red Devils, la decima per lui e per Sir Alex Ferguson. Il mago gallese è uno dei migliori giocatori degli ultimi due decenni, almeno secondo il mio modesto parere. Tecnica sopraffina, scatto bruciante, movenze alla George Best, insomma un vero fenomeno. Chissà, se non avesse rinunciato a vestire la maglia dei Tre Leoni per indossare quella del Galles – per mere questioni “familiari”, leggi madre gallese che lo ha cresciuto e padre inglese che lo aveva praticamente abbandonato – il suo impatto e la sua visibilità sul calcio mondiale sarebbero stati anche superiori. Ma ai tifosi del Manchester United interessa poco, alla fine per loro conta soprattutto che Ryan continui a portare sul petto il profilo impertinente del diavoletto rosso.
venerdì 9 maggio 2008
AFC Liverpool
Dopo l’AFC Wimbledon e l’FC United of Manchester, ecco fare la sua comparsa l’AFC Liverpool. La ribellione contro il sistema si propaga, si sarebbe detto una volta. Fatto sta che pure alcuni tifosi dei Reds hanno deciso di creare un club tutto loro. Ovviamente anche nel caso dell’AFC Liverpool si inizierà dai gradini inferiori della piramide calcistica inglese, ovvero dalla divisione dilettantistica denominata Vodkat North West Counties League, Division Two. La stessa dove nel 2005 esordì la compagine anti-Glazer dell’FC United. Il deus ex machina di tutta quest’operazione, Alun Parry, ha dichiarato ai media britannici che la reale motivazione alle spalle della nascita del nuovo club è la difficoltà di continuare a seguire il Liverpool in Premier, dato l’elevato costo dei biglietti (non tra i più cari della massima serie inglese, per la verità). Insomma, la colpa non è solo del litigioso duo di imprenditori americani Gillet & Hicks, ma proprio del sistema in generale. Chissà se i nuovi Reds riusciranno a scalare rapidamente la piramide come stanno facendo i loro rivali del Lancashire. A quando un derby tra AFC Liverpool e FCUM? Intanto lunedì prossimo saranno in almeno 300 a sostenere il provino per far parte della rosa in vista della prossima stagione. In bocca al lupo!
giovedì 8 maggio 2008
Bye bye De Canio
La notizia era nell’aria da qualche giorno, ma ora è divenuta ufficiale: Gigi De Canio e il Queen’s Park Rangers hanno divorziato. La partenza del tecnico italiano dal Loftus Road sarebbe avvenuta “di comune accordo”, a leggere il comunicato stampa diramato dal club. Nell’aere telematico c’è più di un sussurro che indica Zinedine Zidane come il successore dell’ex allenatore di Siena e Napoli. Zizou che affronta la sua prima esperienza su una panchina nel difficilissimo ed estremamente equilibrato campionato cadetto inglese? Scelta quanto meno bizzarra, a mio parere. Certo, da Briatore & co. ci si può aspettare questo e altro. Però forse per centrare la promozione in Premier servirebbe qualche manager più navigato, abituato a palcoscenici di provincia e a lottare contro squadre che non fanno della raffinatezza tecnica il loro credo principale. In attesa di eventi, ogni tanto continuo a sognarmi il club shop del QPR e quelle splendide maglie vintage...
martedì 6 maggio 2008
Tutto rimandato all’ultima giornata
Il solito punto sulla Premier, pubblicato oggi su Goal.com
Bisognerà attendere la fine delle trentottesima giornata per sapere il nome della squadra campione d’Inghilterra. Il turno appena completato ha infatti lasciato invariata la situazione al vertice della classifica, con le prossime protagoniste della prima finale di Champions League tutta inglese, Manchester United e Chelsea, appaiate a quota 84 ma divise dalla differenza reti favorevole al team di Sir Alex.
Proprio i Red Devils hanno patito ben poco l’assenza di Rooney contro un West Ham senza troppe ambizioni e oggettivamente inferiore agli attuali campioni. Se poi Ronaldo infila in un amen i gol numero 39 e 40 di una stagione semplicemente meravigliosa, per gli Irons rimane ben poco da fare. Per la verità dopo la perla dell’ex Tevez ci pensa Nani – bravo ma ancora troppo indisciplinato, anche tatticamente – a mettere un po’ di pepe sulla sfida, facendosi cacciare in maniera molto sciocca. Un altro ex dell’Academy claret & blue, Carrick, archivia la pratica. Lo United domenica compirà la breve trasferta a Wigan. Serviranno i tre punti per aggiudicarsi il diciassettesimo campionato della storia del club.
Il Chelsea ci mette un tempo per prendere le misure ad un buon Newcastle, a cui evidentemente la cura Keegan ha iniziato a far bene. I Blues trovano il gol con il solito Ballack, sempre decisivo di questi tempi, soffrono per qualche minuto e poi chiudono il discorso con una rete del miglior Malouda visto oltre Manica.
Arsenal e Liverpool si accomiatano dal loro pubblico con una vittoria di misura rispettivamente su Everton e Manchester City. Due gare giocate al piccolo trotto, da fine stagione. In teoria i Toffeemen con un punto avrebbero centrato la qualificazione matematica in Coppa Uefa, ma ora a Johnson e compagni basterà un pareggio nel prossimo incontro casalingo contro il Middlesbrogh per tornare a giocare in Europa nel 2008-09. Niente da fare per l’Aston Villa, che fa harakiri e butta alle ortiche ogni residua speranza di raggiungere il quinto posto soccombendo al Villa Park con il Wigan – ora salvo a tutti gli effetti – dell’ottimo honduregno Valencia, che pare essere già nel mirino delle grandi (e che sabato tanto per gradire ha messo a segno una splendida doppietta).
Il big match della penultima giornata di Premier andava però di scena al Craven Cottage. In palio non c’erano il titolo o la qualificazione in Champions League, bensì la permanenza – e i milioni di sterline – della massima serie inglese. Di fronte due allenatori seri e competenti come Roy Hodgson e Alex Mc Leish, alle prese con la difficile missione di portare in salvo rispettivamente Fulham e Birmingham City. Alla fine, dopo una partita nervosa e non troppo bella – ma non poteva essere altrimenti – la spunta Mr Roy , sull’orlo di un vero e proprio miracolo sportivo. Se Mc Bride e Nevland, gli eroi del match contro i Brummies, si sapranno ripetere domanica prossima al Fratton Park, al cospetto di un Portsmouth che ormai ha in mente solo la finale di FA Cup del 17 maggio, la salvezza sarà cosa fatta.
I Cottagers, infatti, in un colpo solo hanno sopravanzato Birmingham e Reading. I Royals hanno offerto l’ennesima pessima prestazione di questa tribolata stagione lasciando l’intera posta in gioco ad un Tottenham che, senza patemi di classifica, ha tuttavia onorato alla grande l’impegno. Il quindicesimo gol di Robbie Keane mette la cera lacca ad un successo fin troppo striminzito, soprattutto dopo il dominio totale imposto dagli Spurs nel primo tempo. Ora al Reading non rimane che battere il Derby al Pride Park – compito tutt’altro che proibitivo – e sperare. Anche il Bolton ha compiuto un passo decisivo verso la permanenza in Premier, regolando con facilità un Sunderland ormai pago e a corto di stimoli. I Trotters, visti i tre punti di vantaggio sulla terzultima e la differenza reti favorevole, dovranno evitare di subire troppi gol contro il Chelsea allo Stamford Bridge.
Domenica tutti in campo allo stesso orario (le 16 italiane), per una giornata decisiva, sia in vetta che nelle retrovie.
Bisognerà attendere la fine delle trentottesima giornata per sapere il nome della squadra campione d’Inghilterra. Il turno appena completato ha infatti lasciato invariata la situazione al vertice della classifica, con le prossime protagoniste della prima finale di Champions League tutta inglese, Manchester United e Chelsea, appaiate a quota 84 ma divise dalla differenza reti favorevole al team di Sir Alex.
Proprio i Red Devils hanno patito ben poco l’assenza di Rooney contro un West Ham senza troppe ambizioni e oggettivamente inferiore agli attuali campioni. Se poi Ronaldo infila in un amen i gol numero 39 e 40 di una stagione semplicemente meravigliosa, per gli Irons rimane ben poco da fare. Per la verità dopo la perla dell’ex Tevez ci pensa Nani – bravo ma ancora troppo indisciplinato, anche tatticamente – a mettere un po’ di pepe sulla sfida, facendosi cacciare in maniera molto sciocca. Un altro ex dell’Academy claret & blue, Carrick, archivia la pratica. Lo United domenica compirà la breve trasferta a Wigan. Serviranno i tre punti per aggiudicarsi il diciassettesimo campionato della storia del club.
Il Chelsea ci mette un tempo per prendere le misure ad un buon Newcastle, a cui evidentemente la cura Keegan ha iniziato a far bene. I Blues trovano il gol con il solito Ballack, sempre decisivo di questi tempi, soffrono per qualche minuto e poi chiudono il discorso con una rete del miglior Malouda visto oltre Manica.
Arsenal e Liverpool si accomiatano dal loro pubblico con una vittoria di misura rispettivamente su Everton e Manchester City. Due gare giocate al piccolo trotto, da fine stagione. In teoria i Toffeemen con un punto avrebbero centrato la qualificazione matematica in Coppa Uefa, ma ora a Johnson e compagni basterà un pareggio nel prossimo incontro casalingo contro il Middlesbrogh per tornare a giocare in Europa nel 2008-09. Niente da fare per l’Aston Villa, che fa harakiri e butta alle ortiche ogni residua speranza di raggiungere il quinto posto soccombendo al Villa Park con il Wigan – ora salvo a tutti gli effetti – dell’ottimo honduregno Valencia, che pare essere già nel mirino delle grandi (e che sabato tanto per gradire ha messo a segno una splendida doppietta).
Il big match della penultima giornata di Premier andava però di scena al Craven Cottage. In palio non c’erano il titolo o la qualificazione in Champions League, bensì la permanenza – e i milioni di sterline – della massima serie inglese. Di fronte due allenatori seri e competenti come Roy Hodgson e Alex Mc Leish, alle prese con la difficile missione di portare in salvo rispettivamente Fulham e Birmingham City. Alla fine, dopo una partita nervosa e non troppo bella – ma non poteva essere altrimenti – la spunta Mr Roy , sull’orlo di un vero e proprio miracolo sportivo. Se Mc Bride e Nevland, gli eroi del match contro i Brummies, si sapranno ripetere domanica prossima al Fratton Park, al cospetto di un Portsmouth che ormai ha in mente solo la finale di FA Cup del 17 maggio, la salvezza sarà cosa fatta.
I Cottagers, infatti, in un colpo solo hanno sopravanzato Birmingham e Reading. I Royals hanno offerto l’ennesima pessima prestazione di questa tribolata stagione lasciando l’intera posta in gioco ad un Tottenham che, senza patemi di classifica, ha tuttavia onorato alla grande l’impegno. Il quindicesimo gol di Robbie Keane mette la cera lacca ad un successo fin troppo striminzito, soprattutto dopo il dominio totale imposto dagli Spurs nel primo tempo. Ora al Reading non rimane che battere il Derby al Pride Park – compito tutt’altro che proibitivo – e sperare. Anche il Bolton ha compiuto un passo decisivo verso la permanenza in Premier, regolando con facilità un Sunderland ormai pago e a corto di stimoli. I Trotters, visti i tre punti di vantaggio sulla terzultima e la differenza reti favorevole, dovranno evitare di subire troppi gol contro il Chelsea allo Stamford Bridge.
Domenica tutti in campo allo stesso orario (le 16 italiane), per una giornata decisiva, sia in vetta che nelle retrovie.
lunedì 5 maggio 2008
Combine, no thanks!
Speriamo che i sospetti di combine sul derby del Lancashire tra Accrington Stanley e Bury, valido per l’ultima giornata di Fourth Division (oops, League Two...), non siano fondati. Sta di fatto che numerosi allibratori hanno cessato di raccogliere scommesse sulla partita dopo che un “anomalo flusso di denaro” era stato piazzato sul Bury vincente in trasferta. Alla fine il club del Gigg Lane ha effettivamente portato a casa i tre punti – ininfluenti per la classifica, così come non avevano particolari ambizioni nemmeno i padroni di casa. Di risultati “addomesticati”, non necessariamente solo i proventi derivanti dal giro delle scommesse, se ne vedono già tanti altrove...
venerdì 2 maggio 2008
Il catenaccio dei Rangers
Ok, ammettiamolo, tra Fiorentina e Rangers meritavano più i Viola di passare il turno. Però ho sentito commenti molto vicini all’insulto, quasi che il catenaccio fosse un corpo estraneo al calcio italiano. “Anche all’andata, in casa, gli scozzesi hanno pensato solo a difendersi”. Che poi gli mancassero cinque-sei titolari quello è elemento secondario. “Chi è senza peccato scagli la prima pietra”, diceva qualcuno. Frase da tenere a mente, quando si danno alcuni giudizi molto netti. Dimenticavo, aiuterebbe anche rivedersi la finale dei mondiali 2006 – in particolare i supplementari. Certo, poi i rigori hanno regalato l’immortalità a Lippi & company, “una squadra che ha saputo soffrire” e via sbrodolando...
Iscriviti a:
Post (Atom)